"Per una maggiore integrazione locale e plurale nell`assistenza

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"Per una maggiore integrazione locale e plurale nell`assistenza
"Per una maggiore integrazione locale e plurale nell'assistenza domiciliare agli anzi ani. Dai quartieri alle Web
Communities"
Relazione del Prof. Achille Ardigò (relazione tenuta a Bologna in occasione del convegno "Anziani ancora soli?
Web Communities, e-Care e quartieri" del 27 Ottobre 2003 al CUP 2000 di Bologna)
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La tragedia di migliaia di anziani morti nella lunga, torrida, estate del 2003, anche per l’esposizione alle
solitudini involontarie nei Comuni di massimo esodo estivo, hanno fortemente colpito l'opinione pubblica.
E con effetti che, almeno sino ad ora, appaiono molto più efficaci di tanti precedenti propositi riformistici
di amministrazioni pubbliche. Così mi sono deciso ad impostare l'ultima stesura di questa mia relazione
mettendo in maggior luce e priorità due forti discontinuità, anche se ancora da precisare, di eventi che
derivano dalle emozioni dopo il surplus di anziani uccisi dal caldo killer. Sono inoltre convinto che gli
effetti di tali forti discontinuità, provocate sull'opinione pubblica più vasta, dovranno portare a seri
cambiamenti in gran parte delle politiche socio-sanitarie dedicate all'assistenza agli anziani non
autosufficienti. E l’Istat ci ha detto che in Italia circa 600 mila anziani sono gravemente non autosufficienti.
La prima delle due grosse discontinuità di cui sopra è partita dal Parlamento e dal Governo italiani i quali
hanno cominciato, dal lato della maggioranza come dell’opposizione, a cercare di dare una risposta forte,
nazionale al bisogno di cure e di solidarietà degli anziani disabili, a partire dal modello della tanto
conosciuta legge tedesca del 1995. E’ stata la ben nota legge ad hoc sull’assicurazione contro la dipendenza
per le persone in gravi condizioni di salute che hanno un bisogno elevato di assistenza per gli "atti
essenziali" della vita. Dal 1995 tale legge tedesca garantisce una copertura speci fica per le cure di lunga
durata delle persone anziane e seriamente disabili tutte già aderenti al sistema di assicurazione pubblico. La
legge si rivolge ad assicurare quanti, senza distinzione di reddito, non possano "provvedere alla cura della
propria persona e a mantenere una normal e vita di relazione senza l’aiuto determinante di altri". Essa copre
anche i familiari degli assicurati e con ciò una gran parte della popolazione. Per il 70% gli assistiti da
questa legge sono curati a domicilio da professionisti oppure ricevono prestazioni in denaro. A questa legge
tedesca si è rifatto l'ultimo programma dell'Agenzia sanitaria della Regione Emilia-Romagna del 2003, in
collaborazione con la Direzione generale Sanità e Politiche Sociali e con la Direzione Risorse Finanziarie e
strumentali. Alla Camera dei Deputati del Parlamento italiano sono state presentate proposte di legge,
promosse dall'opposizione e dalla maggioranza, per istituire il "Fondo per il sostegno alle persone non
autosufficienti" a favore di anziani seriamente malati. E si è anche diffusa la speranza che si possa varare
una legge bipartisan. Tale "Fondo" sarebbe amministrato presso il Ministero del Welfare State e vincolato,
si direbbe sull'esempio tedesco, alle sole persone non autosuffici enti anche se già garantite dagli interventi
del Servizio Sanitario Nazionale. Gli oneri per tale Fondo sarebbero coperti da addizionali sull'Irpef (e
futura Ires ) cui non sarebbero tenuti i percettori di redditi medio bassi.
La seconda grossa discontinuità, molto più modesta della precedent e, ma con già diverse applicazioni, è la
recentissima disposizione di varie Regioni a dare compensi direttamente alle famiglie che si sono assunte
l'onere di pagare di tasca propria col f e badanti. In più le Regioni hanno cominciato a proporre servizi
formativi per famiglie e colf. Quanto più accentuato diviene il fabbisogno delle famiglie di assicurare ai
propri anziani disabili, specie dopo la spietata legge Bossi-Fini, assistenza domiciliare prolungata, anche
notturna, tanto più si afferma la propensione di tali famiglie a cercare sul mercato alternative, in qualche
modo solvibili, ai servizi pubblici domiciliari. La nuova grossa discontinuità nella politica sociale delle
Regioni può essere letta in extremis come un salutare intervento di recupero del loro ruolo pubblico. Tale
intervento è, però, già in parte una revisione del Welfare State non in direzione individualistica, ma per
moderare lo stesso mercato dell’assistenza alle famiglie che hanno familiari inabili da mantenere a cas a. A
nostra conoscenza si sono mosse per prime il Veneto, la Liguria , il Piemonte, la Toscana e più di recente
l'Emilia Romagna, con aggiunto il Comune di Roma, ma sarò grato loro di ricevere altre segnalazioni.
Chi guardi con fiducia al da farsi per ciascuna delle due grosse discontinuità - ma anche a come
approfondire la complementarietà e il mutuo aiuto dall'insieme delle due - non può non avvertire
subito la drammaticità e insieme la forza dei cambiamenti da promuovere per migliorare le cure agli
anziani. Né va trascurata l’opportunità che le Regioni, ed altri maggiori enti pubblici di cure sanitarie e
socio-assistenziali, inizino la revisione delle strutture organizzative e delle prassi nel campo di tali
assistenze. Occorre passare da una frastagliata politica di strategie regionali pubbliche per distinti
assessorati, poi affidat a alle prassi autonome di enti locali, ad una maggiore integrazione locale e plurale
delle cure. Per una maggiore integrazione socio-sanitari a occorrerà avvalersi delle opportunità
telecomunicative e telematiche anche utilizzando le migliorie non solo economiche che il progresso
dell'ICT consente. E ciò di pari passo al crescere della fort e inclinazione alla domiciliarità delle cure.
Concentrare l'integrazione signi fica far convergere una pluralità di operatori sia pubblici che privati, profit
e no profit, ma anche di famiglie con anziani disabili che sempre più si affidano, a proprie spese, a
collaboratri ci familiari. Integrare meglio dovrà significare rendere più comunicanti tra loro tali servizi
plurali, pubblici e privati, con maggiore scambio di esperienze e di comunicazione. La Regione potrà
avvalersi di tale processo anche per cominciare a monitorare con discrezione il suo ruolo superiore nei
confronti delle famiglie con disabili a domicilio, che solo in parte dipendono dagli assegni di cura regionali.
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Con il pluralismo di associazioni di volontariato e di operatori di altre vie di integrazione locale e plural e
tra pubblico e privato, potrà infine aprirsi un nuovo mix tra Welfare state e Welfare Community, pure
quest'ultima a prevalente impegno solidaristico.
Noi non sappiamo quale sarà l'auspicato percorso parlam entare e governativo verso l'attuazione (si spera
bipartisan) della legge nazional e italiana per il "Fondo per il sostegno alle persone non autosuffici enti". Se
ci rifacci amo al modello delle legge tedesca del 1995, va colto un tratto saliente di quella legge che separa
la gestione centrale e speci alistica di tali assicurazioni ad hoc, da ogni altro intervento assistenziale globale,
pubblico e privato che sia, distribuito o meno alle autonomie degli enti locali sul territorio.
Sulla peculiarità della legge tedesca, due accurati osservatori italiani, F. Pesaresi e C. Giori, hanno
osservato di recente che tale legge ad hoc tedesca ha prodotto una notevole riduzione nel ruolo assistenziale
dei Comuni. Nel 1994 in Germania, i Comuni coprivano, nell’insieme l'80% della spesa per anziani non
autosufficienti. La quota però si è ridotta al 21% nel 1999, cioè dopo l'approvazione della legge che ha
assicurato un rilevante aumento statale diretto di risorse assistenziali.
Per concludere avanzo una prima considerazione di larga massima. Quanto più si introdurranno
nell'assistenza domiciliare agli anziani inabili sia la specializzazione nazionale della futura legge italiana
del "Fondo", sia le interpretazioni regionali della devolution, tanto più dovrà crescere, anche secondo la
legge regionale dell'E.R. n.2/2003, la maggiore integrazione locale e plurale. Si porranno temi di autonomia
funzionale all’assetto di tali nuclei di maggiore integrazione, senza dissociarli dalle comunicazioni con le
strutture distrettuali e di Usl o dai municipi. Anche con gli apporti della nuova legge sul "Fondo" e dei
programmi di e-government, si spera di potersi avvalere di un modello centrato sulla rete di
telecomunicazioni pure tra famiglie con anziani non autosuffi cienti domiciliarizzati e centri di quartiere e
sociali
Anni di consolidati servizi del CUP 2000 non solo a Bologna ma in varie regioni d'Italia, di pari passo con i
progressi dell'ICT in reti internet, ci inducono a proporre di arricchire, con nostri e-Care, tali centri di
maggiore integrazione locale e plurale. L’esperienza di CUP 2000 ci dice che gli anziani di ogni età e
condizione sociale possono essere aiutati, al meglio, all’uso dei telefoni di casa o delle farm acie o di centri
sociali anziani, per ottenere risposte a bisogni essenziali quotidiani della loro vita e per combattere in
positivo quel male sociale e morale che sempre più deprime molti anziani non autosuffi cienti e cioè la
solitudine involontaria. Per prepararci a contrastare in positivo quel terribile malessere sociale credo
vadano rafforzate, insieme, le vie della socializzazione locale a viva voce, con relazioni interpersonali e
sociali dirette, e le vie telecomunicative a supporti tecnologici per il telesoccorso. Il CUP2000 in ciò va
considerato come un laboratorio di ricerca non esclusivo, per comporre metodo e valori, aperto al
rinvigorimento dei centri civici in rete, anzitutto per favorire le migliorie alla domiciliarità. Si porrà in più
sedi il tema della transizione dei quartieri bolognesi verso moderne Web Communities. Il tutto senza
insistere sulla fissità dei confini territoriali dei quartieri amministrativi, vista la stessa forza ubiquitaria delle
reti internet, e dei sempre nuovi telefoni mobili.