iv convegno adotta 2013 umberto fiori incontro

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iv convegno adotta 2013 umberto fiori incontro
IV CONVEGNO ADOTTA 2013
UMBERTO FIORI
INCONTRO/WORKSHOP
BIO/BIBLIO
Per informazioni: www.marcosymarcos.com
UMBERTO FIORI è nato a Sarzana nel 1949. Dal 1954
vive a Milano, dove si è laureato in filosofia. Negli anni
’70 ha fatto parte, come cantante e autore di canzoni,
degli Stormy Six, gruppo storico del rock italiano. In
seguito ha collaborato con il compositore Luca
Francesconi (per il quale ha scritto due libretti d’opera,
Scene e Ballata, e numerosi altri testi), con il fotografo
Giovanni Chiaramonte e con i videoartisti di Studio
Azzurro. E’ autore di saggi e interventi critici sulla
musica (Scrivere con la voce, 2003) e sulla letteratura
(La poesia è un fischio, 2007), di un romanzo, La vera storia di Boy Bantàm
(2007) e del Dialogo della creanza (2007). Del 2009 è Sotto gli occhi di tutti, un
cd di canzoni tratte dalle sue poesie, in collaborazione con il chitarrista Luciano
Margorani. Il suo primo libro di poesia, Case, è uscito nel 1986 per San Marco
dei Giustiniani. Sono seguiti, per Marcos y Marcos, Esempi (1992), Chiarimenti
(1995), Parlare al muro (con immagini del pittore Marco Petrus, 1996), Tutti
(1998) e La bella vista (2002). L’ultima raccolta è Voi, Mondadori, 2009.
INTERVENTO CONVEGNO SCRIVERE CON LA VOCE. DALLA POESIA
“ATTREZZATA” ALLA “FRASE NORMALE”
Nel mio intervento cercherò di mettere a fuoco quello che mi ha spinto –molti
anni fa- ad abbandonare progressivamente un certo modo di fare poesia
(“poesia attrezzata”, la chiamavo) e a cercare –come potevo- di “scrivere con la
voce”. Fino a un certo punto, componendo, pensavo alla lingua come a uno
strumento, un’immensa tastiera-dizionario nella quale erano disponibili i toni e i
timbri più disparati; si trattava di cercare i più adatti a costruire la poesia che
avevo in mente. In quella prospettiva, il testo era per me un oggetto linguistico
al quale bisognava far assumere determinate qualità estetiche. Per ragioni che
cercherò di spiegare, quel modo di scrivere non mi soddisfaceva più; i testi che
andavo fabbricando mi suonavano freddi, inerti, meccanici; in loro, sentivo la
mancanza di quella che ho chiamato voce. Che cos’è una voce? In musica,
può apparire uno strumento tra gli altri; ma mentre uno strumento lo si usa, una
voce la si è. Certo, possiamo perfezionarla, raffinarla, potenziarla, ma dai suoi
caratteri di fondo non possiamo uscire. Scrivere con la voce significa fare
esperienza del nostro limite, di ciò che che inconsapevolmente ci norma, della
frase che ci è normale. Verso questa “normalità”, verso un discorso che si offre
nudo e disarmato all’ascolto, si è mossa la mia ricerca.
WORKSHOP CONVEGNO DIRE UNA COSA, FARE UNA POESIA
CONSIGLIATO AI DOCENTI SCUOLA SECONDARIA I E II GRADO
Ho intenzione di analizzare e discutere insieme ai partecipanti, attraverso una
lettura critica il più possibile disincantata di alcuni testi, come ho cercato di dire, in
versi, le cose che avevo da dire. Sarà anche l’occasione per ragionare su che cosa
sia un verso, su che cosa siano il ritmo e la “musicalità” della poesia, sul rapporto
tra comunicazione ordinaria e comunicazione poetica, tra parlato e testo scritto.
OCCHIATA(da Tutti, 1998)
Col sole, una mattina, ho visto come
la vostra forza vi ha fermato,
care case.
Voi non andate da nessuna parte.
Restate qui, a portata di mano,
ma guardate lontano,
via, laggiù, dove siete
veramente fondate.
DI GUARDIA (da Chiarimenti, 1995) Mi conoscono bene, hanno ragione:
io sono come un cane,
una di quelle bestie nere che dormono
intorno ai capannoni industriali
e se passi, si avventano di colpo
sulla rete metallica
e più gli dici “Buono!”, più si sgolano.
Adesso, chi li consola?
Finché non hai girato l’angolo
gli bolle il sangue. Tirano tutti sordi.
Scoprono i denti, mordono
anche il filo spinato; ma sono gli occhi
che fanno più paura: sereni
e puri come quelli di un neonato
o di una statua.
Hanno imparato il compito: questo recinto
tenerlo sgombro. Sia senso del dovere
o invece solo istinto, non ti commuove
almeno per un attimo
la scena che -loro- sempre, tutta la vita,
li fa smaniare, li esalta
e li avvelena?
Io, per me, lo capisco
meglio di tutti gli altri che ho mai sentito,
questo discorso.
La riconosco bene la voce
fanatica, che sbraita per difendere
-così, alla cieca, per pura gelosial’angolo dove l’hanno incatenata.
Tu non sai che cos’è, stare di guardia,
in ogni odore
sentire una minaccia
a quei tre metri di terreno,
urlare in faccia al mondo intero
fino a perdere il fiato, e non sapere
cosa c’è da salvare, a che cosa
veramente si tiene.
BIBLIOGRAFIA
UMBERTO FIORI, Sotto gli occhi di tutti, Con CD Audio, Nota, 2009
Scavi che si spalancano tra le case come immensi teatri, muri che oppongono al
primo sole le loro "facce da eroi", allarmi che in piena notte suonano "con la furia di
un bambino che gioca". Poesie che diventano canzoni. Umberto Fiori, poeta con
un sostanzioso passato musicale (negli anni 70 era la voce degli Stormy Six) e
Luciano Margorani, chitarrista "puro" in cerca di parole e di immagini, trovano qui
un suggestivo, originalissimo punto d'incontro fra musica, poesia e canto. La
formula che hanno scelto è la più semplice che si possa immaginare: voce e
chitarra (elettrica). Da questi mezzi ridotti all'essenziale, Fiori e Margorani riescono
a far nascere una ricca e varia corona di canzoni, che si avvale anche dei
contributi, in qualità di autori, di tre ex-Stormy Six (F.Fabbri, T. Leddi, P. Martini).
UMBERTO FIORI, La vera storia di Boy Bantàm, Le Lettere, 2007
Noi umani ci culliamo nella credenza che Madre Natura sia assoggettata:
perimetrata e cartografata nelle sue pieghe più riposte. Viviamo nel senso di colpa,
anzi, di esserci allontanati da uno stato di natura nel quale si era tutti più buoni e
più umani. E sulla nostra agenda politica spicca la difesa (o il restauro, ormai)
dell'ambiente. Ma il problema è che crediamo sempre di saperla troppo lunga. Un
bel giorno, in una forra selvosa appare - deforme, graffiata, albina - una Creatura.
Un coniglio, o forse un pollo. E tuttavia la sua pare una lingua "incomprensibile ma
chiara". Un bambino, allora, perduto e inselvatichito? Un pollo mannaro? Solo una
cosa è certa: Boy Bantàm, come lo battezzano i media, ha una voce che non è di
questo mondo. O di questa specie. Attorno alla Creatura si affannano scienziati,
religiosi, politici, grandi comunicatori mediatici. Col solo risultato di attirare una
fama planetaria sul bambino-pollo che canta come un angelo. Di Boy Bantàm si
appropriano impresari e discografici, e poi i partiti politici in lotta: il Patto per la Vita
e il Movimento Antropista. Solo il professor Merli si prodiga perché venga educato
come un essere umano. Ma le cose finiranno per prendere una piega imprevista e stupefacente. Nell'ironica cornice di un futuro di finzione si dispiega una satira
appuntita e divertentissima, un'anti-operetta morale sulle nostre convinzioni in
merito a cosa significhi essere umani: sul piano filosofico, politico o artistico
(musicale e poetico, nella fattispecie). Un denso saggio di Rocco Ronchi esplicita
le questioni, cruciali, qui implicate. Con leggerezza apparente, e una lingua limpida
e sorvegliata, Fiori fa rivivere uno spirito sulfureo come quello di Michail Bulgakov.
UMBERTO FIORI, La poesia è un fischio, Marcos y Marcos, 2007
Il fischio del titolo è quello di Giuseppina, la topolina protagonista dell'ultimo
racconto di Kafka, oggetto di uno dei saggi qui raccolti. L'interessata, veramente,
sostiene che il suo è un canto; ma il popolo dei topi ha molti dubbi in proposito, e
d'altra parte di musica non sa nulla. Per gli stessi motivi, la piccola cantante non ha
modo di far valere la propria verità. Eppure, quel fischio non è solo un fischio, E il
verso dei topi, di tutti i topi, è vero; ma nei concerti di Giuseppina si trasfigura,
suona come qualcosa di inaudito, di singolare, incanta e cattura. La poesia è
questo fischio, questo canto che sfugge tanto a chi gli dà voce quanto a chi lo
ascolta; è un verso senza difese e senza fondamenti, una potenza che raduna e
protegge il popolo dei topi. La prima sezione del libro mette a fuoco una
dimensione etica della parola poetica: nella seconda vengono in primo piano
alcune questioni chiave: oscurità e chiarezza, significato e "musicalità", pagina e
corpo; la terza svolge una riflessione sulla memoria come matrice dell'opera e sul
rapporto fra scrittura e tempo. Quella che emerge da questi saggi è un'idea forte
della poesia, che di una sua crisi prende atto fino alle estreme conseguenze,
senza lasciarsene paralizzare. Interrogando i classici da Mallarmé a Montale, da
Leopardi a Kafka, da Baudelaire a Sbarbaro - Fiori ci offre un ragionamento pieno
di disincanto e di entusiasmo sul presente della lirica, sul suo futuro.
UMBERTO FIORI, Esempi, Marcos y Marcos, 2004
I versi di Fiori hanno le movenze del discorso più chiaro, più quotidiano ("la voce
sola, buia, che in un punto! ha più occhi di un coro"): loro chimerico modello è la
"frase normale" evocata in una poesia. Non si tratta solo di una scelta di stile: la
ricerca di una parola comune ("dire le cose! con gli occhi e con la bocca, da pari a
pari" per imparare infine "a stare al mondo", a "parlare al muro") è l'altro filo
conduttore di questo libro.
UMBERTO FIORI, Canzone rock e poesia, Unicopli, 2003
La canzone può essere considerata poesia? Che cosa distingue la parola
concepita per la pagina da quella scritta per essere cantata? Quali sono le
condizioni dell'incontro fra scrittori e compositori? Che funzioni hanno le parole nel
rock? Come interagiscono testo e musica? Qual è il ruolo della voce nei diversi
generi musicali? I saggi raccolti in questo libro affrontano le questioni più dibattute
del rapporto tra arte della parola e arte dei suoni non in astratto, ma a partire dalla
pratica creativa di alcuni autori tra i più significativi, dai Beatles a Pasolini, da Paolo
Conte a Peter Gabriel, da W. H. Auden a Fabrizio De André. La prima sezione è
dedicata alla canzone, la seconda al rock, la terza al rapporto tra poesia e musica.
UMBERTO FIORI, Chiarimenti, Marcos y Marcos, 1995
Una sera (infinite sere) intorno ad un tavolo, parlando del più e del meno, si tocca il
punto che vale davvero la pena, si arriva al dunque: tutti cominciano a discutere, a
scaldarsi. Ognuno dice la sua, cerca di convincere gli altri, si spiega, poi spiega la
spiegazione; alza lo voce, si sbraccia, guarda lontano (laggiù, dove le frasi stanno
di casa) cerca il suo discorso che possa legare lui e tutti, e mettere le cose in
chiaro.