Porpora, Ilaria Wlderk - Parole In Corsa 2011

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Porpora, Ilaria Wlderk - Parole In Corsa 2011
Porpora
Aveva vent’anni quando l’aveva vista per la prima volta. Indossava un semplice abito celeste ma, ai
suoi occhi, era vestita di sole.
Era un pomeriggio d’Agosto. Camminava lungo la strada che dai campi portava in paese. Aveva
lavorato tutto il giorno, era stanco, affannato, con il pensiero rivolto solo alla cena che avrebbe trovato
in casa.
Il sole stava calando e le ombre si facevano strada. Forme scure sembravano voler ostruire il passaggio,
creare una barriera, un’esitazione almeno. Ma solo uno sciocco non avrebbe riconosciuto quel semplice
gioco di luce, quotidiano ormai, eterno.
Si sentivano soltanto i suoi passi sul selciato. Era solo. Aveva mandato avanti gli altri, se l’era presa
comoda, aveva inventato una scusa dicendo di dover ancora finire il lavoro per quella giornata ma
infondo voleva solo stare un po’ da solo. A volte se ne ha bisogno di tranquillità, di silenzio, senza un
particolare motivo. Quella sera era affascinato dallo spettacolo dell’imbrunire, quello strano senso di
immobilità che acquistano i campi intorno, gli alberi, il sentiero stesso. Fermi come partecipassero del
desiderio umano di un po’ di pace.
Una figura, da lontano, si avvicinava.
Non ci badava, continuava la sua marcia verso casa ascoltando solo il rumore dei suoi passi e ora,
sempre più forte, quello della bicicletta che stava per incrociare. Pensava potesse essere qualcuno che
aveva dimenticato qualcosa giù al campo…il cappello, la borsa magari. Non gli interessava, avrebbe
tirato dritto senza guardare…voleva evitare chiacchiere inutili, incontri decisamente indesiderati. Ma la
curiosità lo vinse e non poté far a meno di tirar su lo sguardo.
Aveva lunghi capelli scuri, la pelle chiara e lo sguardo fisso davanti a sé, perso in chissà quale
pensiero. Un abito azzurro, un nastro tra i capelli.
Non l’aveva mai vista prima, non sapeva chi fosse. Eppure conosceva tutti giù in paese.
Lei gli rivolse uno sguardo frettoloso, quando gli fu davanti. Un sorriso cordiale le si dipinse sul volto.
Non poté fare a meno di ricambiare. Fece ancora pochi passi e si voltò. Era già lontana. Correva
incontro al sole che scompariva dietro la collina, come a volerlo supplicare di concederle solo qualche
ora in più.
Quella notte l’aveva sognata. Quando si era voltato a guardarla si era alzata in volo e veniva avvolta nel
rosso porpora di quel cielo di fine Agosto.
Il giorno dopo era Domenica e girando in paese l’aveva cercata tra la gente. Aveva cercato in ogni
angolo, in qualsiasi posto dove avrebbe potuto rivedere quel viso. Ma non l’aveva trovata. Nessuno
sembrava averla vista. Nessuno aveva notato quella sconosciuta. Che l’avesse immaginata? Stava
iniziando a pensare di esser diventato pazzo, di avere le allucinazioni per il troppo sole preso durante il
giorno.
Allora la vide sbucare da dietro un angolo. Era sola. Aveva un giacchetto di filo bianco tra le mani, nel
caso l’aria della sera si fosse fatta troppo fresca. Camminava guardando avanti a sé, incerta.
Probabilmente era nuova del posto.
Passarono i giorni e gli inizi di Settembre resero l’aria più tiepida.
L’aveva incontrata altre volte, sul sentiero. Alcune sere si era attardato proprio per vederla arrivare e
scomparire in un attimo sulla sua bicicletta. La domenica pomeriggio la aspettava sempre al solito
posto, sulla fontana. Sarebbe passata di lì, verso le cinque.
Una domenica le si era fatto accanto. E da quel momento non si era più scostato dalla sua destra.
L’aveva amata come più poteva. Sarebbe andato in capo al mondo per lei. Avrebbe viaggiato giorni e
giorni per farle avere una goccia dell’oceano, se lei lo avesse desiderato.
L’aveva sposata una mattina d’autunno, con un tiepido sole che provava a filtrare dalle vetrate di quella
piccola chiesa di campagna, così lontana dal mondo ma sufficientemente vicina a quelle due anime
arrivate lì per incatenarsi dolcemente l’una all’altra.
Aveva giurato davanti a Dio che le sarebbe stato accanto fino alla fine dei suoi giorni.
Ma in cuor suo aveva gridato che neanche la morte avrebbe potuto spegnere quel fuoco che da dentro
lo consumava quanto gli permetteva di vivere.
Lei era la causa, il mezzo e il fine di ogni cosa.
Quella mattina, appena fuori della chiesa, l’aveva guardata negli occhi e vi aveva visto tutto il mondo.
Giorno dopo giorno in quegli occhi aveva trovato conforto ai suoi pensieri.
Il tempo era corso via.
C’erano stati giorni pieni di gioia e giorni in cui si erano sentiti soffocare dalle stesse pareti di casa.
Giorni in cui il sole aveva inondato le loro finestre e giorni che la pioggia aveva travolto come un
uragano.
C’erano stati giorni in cui erano stati lontani anche senza separarsi mai. E poi c’erano stati quei giorni
in cui di nuovo l’aveva presa per mano e insieme avevano proseguito.
Le aveva stretto forte la mano anche quella sera d’inverno, l’ultima notte passata insieme, l’ultimo
sguardo perso in quello di lei, l’ultimo bacio dato a quelle labbra che a vent’anni aveva tanto sognato.
Non c’era stato bisogno di parole. Non sarebbe mai stato capace di scegliere le frasi giuste per
salutarla, finché poteva.
Neanche la morte li avrebbe separati, se l’era ripromesso e quello era il momento di rispettare quel
giuramento.
Era impossibile lasciarla andare. Vederla consumarsi era stato come morire ogni giorno. Una malattia
aveva spento quell’animo, si era portata via tutto quello che il tempo aveva impiegato così tanto a
costruire. Non era giusto. Avrebbe voluto seguirla. Era vecchio, ormai. Ma anche se non lo fosse stato
il suo desiderio non sarebbe mutato.
C’era il sole quella mattina. L’aria era fredda. Tutto sembrava fermo e immobile pronto per
assecondare e accogliere il suo dolore, la sua nostalgia, il suo desiderio di silenzio come quella sera in
cui l’aveva vista per la prima volta. Si sentiva impotente, abbandonato, vuoto.
Niente serviva più. Nulla l’avrebbe riportata accanto a lui.
Non gli restava altro da fare se non ringraziare il cielo per aver avuto la fortuna di esser stato suo per
tutta la vita, per l’eternità.
Quella notte l’aveva sognata di nuovo. Aveva vent’anni. Indossava un semplice abito celeste ma, ai
suoi occhi, era vestita di sole. Era in bicicletta, in una sera d’Agosto. Quando si era voltato a guardarla
stava volando verso il sole per chiedergli pochi attimi ancora.
Allora, avvolta in quell’infinito manto porpora, si era voltata verso di lui, un istante.
Di nuovo il suo sorriso e, per l’ultima volta, il mondo chiuso dietro i suoi occhi.
Ilaria Wlderk