Il testo stampabile

Transcript

Il testo stampabile
Finito di stampare nel mese di Dicembre 2002
Casa editrice Tabula fati
66100 CHIETI - C.P. 34
Renato Sigismondi
APPUNTI
SULL’AUTONOMIA
SCOLASTICA
Tabula fati
[ISBN-88-7475-016-1]
Copyright © 2002, Tabula fati
66100 Chieti - C. P. 34
Tel. 0871 63210 - Fax 0871 404798
Internet: http://www.tabulafati.it
E-mail: [email protected]
INTRODUZIONE
La scuola italiana sconta le insufficienze di un sistema politico che per decenni non è stato in grado di risolverne i gravi
problemi strutturali dovuti allo scollamento tra società e sistema di istruzione.
La sua organizzazione risale infatti alla grande riforma
della scuola attuata tra il 1923 e il 1928 dal senatore Giovanni
Gentile.
Il grande filosofo fu infatti chiamato da Mussolini a realizzare un progetto di riforma del sistema di istruzione organico
alla ideologia fascista e di classe che fosse celebrazione dello
Stato Etico e privilegiasse la classe sociale dirigenziale formata, attraverso la cultura umanistica, nel liceo classico (Regio
Decreto 6 maggio 1923 n. 1054).
Il connotato fortemente idealistico di questo progetto portava a ritenere infatti come unica scuola formativa quella fondata sullo studio dei classici, della storia e della filosofia perché queste discipline garantiscono il dispiegarsi dello Spirito,
mentre relegava in secondo piano lo studio delle discipline
scientifiche e tecniche ritenute “pseudoconcetti” e quindi
conoscenze parziali e per ciò stesso false.
La scuola assumeva, soprattutto nei suoi gradi superiori,
il ruolo di strumento di un sistema educativo a carattere fortemente selettivo, mentre erano riservati agli altri, nella società come nella scuola, posizioni e ruoli marginali. Non inganni l’istituzione di istituti tecnici e di istruzione professionale ad ordinamento speciale (Regio Decreto del 21 dicembre
1938, n. 2038) che nel pensiero di Gentile sono solo preparatori a svolgere compiti subordinati e servili.
—3—
Con questa riforma lo stato italiano si attribuiva il ruolo di
formatore unico della coscienza e dei valori nazionali anche se
veniva riconosciuto un ruolo nei livelli inferiori alla istruzione
privata soprattutto religiosa.
Una scuola vecchia di settant’anni i cui ordinamenti antiquati, le procedure e i metodi sono ancora in parte, anche se
più o meno dimenticati, ancora in vigore.
A questo quadro si è cercato nel corso degli anni di porre
rimedio con alcune riforme strutturali come l’istituzione della
scuola media unica (1962) e nel 1974 con i famosi decreti delegati. Queste però hanno modificato solo parzialmente il quadro normativo e strutturale di una scuola pensata per essere
strumento di selezione non rispondente più alle esigenze di
una società complessa, globalizzata e in rapido cambiamento.
Questo breve saggio ha lo scopo primario di puntualizzare
e di riflettere, a scopo didattico, e quindi a volte esemplificativo, su alcuni spunti derivati dalla riforma del sistema scolastico che ad oggi ha portato alla elaborazione delle idee e dei
principi che sono alla base del regolamento in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche così come è stato approvato
dal Consiglio dei Ministri il 25 Febbraio 1999.
—4—
Capitolo primo
MOTIVI DI UNA RIFORMA
Il mondo di oggi è caratterizzato soprattutto dalla rapidità
dei cambiamenti che richiedono sistemi educativi flessibili e
aperti alla formazione di persone dotate di conoscenze e competenze che consentano di agire in maniera autonoma e flessibile di fronte alle sfide culturali della società.
Per chiarire questa affermazione lapidaria occorre far riferimento all’esperienza di ognuno di noi. Le tecnologie si evolvono, le teorie scientifiche cambiano, si trasformano i modi di
vivere e le strutture organizzative, cambiano le persone. Nuovo però non è tanto il mutamento quanto invece la sua velocità.
Andando indietro di venti anni, ricordiamo un mondo senza computer, senza telefonini, senza disoccupazione drammatica, senza i flussi migratori di oggi, senza la necessità di cambiare lavoro (il benedetto posto fisso che durava tutta la vita!).
Se andiamo indietro di ottanta anni ci troviamo in un mondo
senza radio, senza automobile, senza televisione, senza cinema.
Nell’arco di un secolo i progressi delle conoscenze scientifiche e tecniche hanno cambiato radicalmente la prospettiva e
la qualità della vita in Occidente.
Il progresso però è stato talmente rapido da non poter essere eguagliato nemmeno da altri mille anni che ci hanno preceduto.
Il bagaglio di conoscenze che un giovane in passato riceve-
—5—
va bene o male dalla scuola serviva per tutta la vita. Oggi quello
che un giovane apprende a scuola sarà già superato fra dieci
anni.
È questa la sfida e l’opportunità a cui la scuola deve rispondere : calibrare il proprio intervento in un mondo che cambia a ritmi così rapidi.
Oggi la scuola italiana si trova infatti a dover affrontare
problemi nuovi e complessi, la società in continua trasformazione richiede che i giovani abbiano conoscenze e competenze
più ampie e approfondite, ma non solo: la rapidità delle innovazioni scientifiche, tecnologiche e culturali rende spesso obsoleto in breve tempo ciò che si insegna e si impara a scuola.
Tutto ciò richiede non solo di rivedere i programmi delle
discipline, ma anche le competenze professionali e chiama a
uno sforzo di originalità creativa chi opera nella scuola per
preparare giovani che hanno conoscenze, interessi, atteggiamenti, stili cognitivi e motivazionali vari e frutto spesso di una
società profondamente condizionata da agenzie educative informali e massificanti come i mass-media.
Non sempre però la scuola è stata pronta a rispondere a
questa sfida: i programmi di insegnamento appaiono eclettici,
enciclopedici e a volte ripetitivi. Essi sembrano voler inglobare tutto il sapere umano con il risultato che questioni importanti e punti fondamentali di ogni disciplina vengono affrontati con superficialità e messi sullo stesso piano di elementi di
scarsa rilevanza tanto da provocare disorientamento, in altre
parole chi insegna e chi impara coltiva la sensazione di non
sapere fare bene nulla. A volte questo sapere superficiale è
talmente ridondante da rendere difficile qualunque processo
di revisione, accrescimento e aggiornamento.
Ecco perché negli ultimi anni all’interno della scuola è andata emergendo l’esigenza di modificare i processi e le metodologie di insegnamento in vista di un apprendimento fondato
più che su nozioni, sulla formazione di competenze e abilità
—6—
INDICE
INTRODUZIONE ................................................................... 3
Capitolo primo
MOTIVI DI UNA RIFORMA ................................................. 5
Capitolo secondo
ISTRUZIONE E FORMAZIONE. I TERMINI DELLA DISCUSSIONE SECONDO BERTAGNA .......................... 17
Capitolo terzo
AUTONOMIA SCOLASTICA: ALCUNI ELEMENTI DI
DISCUSSIONE ................................................................ 23
PROGETTO DI UN LABORATORIO DI STORIA
Lineamenti teorico-pratici di una programmazione modulare
di storia ............................................................................ 37
Introduzione ......................................................................... 39
Definizione delle finalità
e degli obiettivi di apprendimento ....................................... 47
La lezione ............................................................................. 49
Il modulo ............................................................................... 55
— 59 —
metacognitive, basate cioè su consapevoli ed efficaci procedure di acquisizione ed elaborazione delle informazioni. Oggi infatti conta più aver appreso un efficace metodo di studio che
rispetta le specificità delle discipline che una conoscenza approfondita dei contenuti delle stesse. Infatti i saperi, come già
detto, sono destinati a divenire velocemente inutili, mentre le
strategie di studio delle discipline, una volta apprese, consentono un rapido autoaggiornamento e una formazione continui.
Questo processo di revisione tiene inoltre conto delle recenti scoperte nell’ambito delle neuroscienze che hanno dimostrato come ogni conoscenza viene inserita nel processo di apprendimento all’interno di una rete di strutture cognitive
preesistenti nel soggetto modificandone la struttura globale.
Si può dire che l’apprendimento è legato a una serie di
pre-concetti, pre-saperi, pre-giudizi che costituiscono una sorta di rete nei cui nodi e nei cui lacci si inseriscono conoscenze
e competenze nuove modificandone tutta la struttura.
Come scrive Bruner: «Comprendere significa cogliere il
posto occupato da un’idea o da un fatto in una più generale
struttura di conoscenza. Quando capiamo qualcosa, lo capiamo come esemplare di un principio concettuale o di una teoria
più vasti. La conoscenza stessa è organizzata in modo tale che
la comprensione della sua struttura concettuale rende i particolari più evidenti.»
Questa esigenza innovativa però non ha portato ancora ad
una trasformazione della struttura dell’istituzione scolastica
e ad una progettazione articolata di nuovi strumenti e metodi
di intervento didattico educativo e questo secondo l’autore per
diversi motivi tra i quali uno di carattere generale e uno più
specifico legato alla storia della scuola italiana.
Dal punto di vista generale abbiamo un assunto basilare
—7—
della sociologia delle istituzioni, soprattutto della scuola funzionalista di Merton poi ripresa dagli strutturalisti, secondo
cui ogni istituzione sociale nata per svolgere determinati compiti tende a perpetuarsi nelle norme, nei ruoli, nelle procedure e nelle strutture indipendentemente dai cambiamenti sociali che ne modificano le finalità e che quindi richiederebbero
dei cambiamenti.
Non possiamo approfondire questo aspetto del problema
perché ciò ci porterebbe lontano dai nostri scopi e dai limiti
posti dal nostro stesso lavoro. Basti pensare all’inerzia se non
al rifiuto esplicito di parte del corpo docente di fronte alla richiesta di maggiore flessibilità didattica e alla necessità di acquisire una maggiore consapevolezza degli stili di comunicazione e della distinzione tra funzioni manifeste e funzioni latenti all’interno della scuola che condizionano il comportamento
di ogni operatore.
Vorremmo approfondire l’altro fattore di tipo storico. Sebbene l’Italia sia tra i paesi a sviluppo avanzato, per quanto
riguarda la scolarizzazione occupa una posizione particolare
sia per il ritardo di attuazione di un buon livello di
scolarizzazione sia in relazione agli altri paesi.
La fase di alfabetizzazione si è realizzata solo da pochi decenni con un notevole ritardo nel declino dell’analfabetismo.
Già alla fine del XIX secolo la maggior parte dei paesi occidentali industrializzati aveva raggiunto livelli di alfabetizzazione
molto elevati. In Italia si può dire che solo negli anni 90 la
fascia di analfabeti si è abbassata sotto il 2%.
Alcuni indicatori però mostrano un quadro ancora per certi versi drammatico.
Il cosiddetto “analfabetismo di ritorno”, cioè il tasso di coloro che, pur avendo frequentato la scuola, dopo alcuni anni
mostrano un notevole deterioramento nella abilità di lettura e
di scrittura, è molto alto, pari secondo alcune stime al 2-3% di
quindicenni.
—8—
SPAZI E TEMPI
• Gli spazi sono quelli definiti dall’edificio scolastico: aula,
aule audiovisive e multimediali… e da luoghi esterni alla scuola: musei, edifici storici, mostre, ecc.
• La definizione dei tempi è uno degli elementi più importanti nell’ambito della costruzione di un unità didattica o di
un modulo, perché vanno previsti anche i tempi per le verifiche e per gli eventuali recuperi. Essendo a disposizione dell’insegnante poche ore alla settimana (2 ore), occorre utilizzare e programmare in modo efficace il tempo a disposizione. I
moduli per la loro ampia espansione tematica possono essere
in media 3 o 4 all’anno e il tempo si definisce, secondo alcuni
studiosi, ipotizzando i tempi di apprendimento dei migliori e
dei peggiori e sommando il primo a un quinto del secondo. L’unità didattica richiede tempi di svolgimento notevolmente ridotti perché inseriti nel percorso modulare.
STRUMENTI DI VERIFICA E DI VALUTAZIONE
• Interrogazioni, questionari a risposta aperta e multipla,
esercizi di lettura di tavole sinottiche e di mappe e cartine, di
grafici di tipologia diversa…
• L’attribuzione di una valutazione numerica o verbale ha
senso soprattutto in rapporto a un processo di recupero e in
vista di una più efficace calibrazione degli interventi didattici.
— 57 —
di un modulo, bisogna avere ben chiaro quali conoscenze, competenze e capacità l’allievo deve avere in ingresso e quali in
uscita.
• Le finalità e gli obiettivi di apprendimento vanno cioè
concretizzate e esplicitate in una serie di abilità che l’allievo
deve possedere e/o acquisire.
• Problematizzazione del sapere storico è uno stimolo allo
sviluppo della motivazione intesa come curiosità, come bisogno cognitivo di trovare un significato alle esperienze individuali e collettive.
MEZZI DI ACCERTAMENTO PREREQUISITI
• Si possono accertare i suddetti elementi attraverso questionari, dialogo e discussioni in classe, osservazione dei comportamenti degli allievi, costruzione di mappe concettuali
(brain-storming)…
• Gli stessi mezzi potrebbero favorire la presa di coscienza
della problematizzazione di un sapere storico.
STRATEGIE E METODI
• Lezione frontale
• Lavoro individuale e/o di gruppo sui testi proposti dal
docente
• Cooperative learning
• Costruzione di linee del tempo e cronologie
• Naturalmente ognuna di queste presuppone l’acquisizione da parte dell’alunno di conoscenze, competenze e abilità di
cui è necessario accertarsi.
STRUMENTI
• Manuali scolastici, libri di testo, fotocopie, giornali e quotidiani, audiovisivi e multimediali, atlanti geografici e storici,
tavole sinottiche, ecc.
— 56 —
Altro motivo di preoccupazione è rappresentato dal modesto tasso di scolarizzazione cioè la percentuale di persone che
frequentano regolarmente la scuola nella fascia di età che normalmente vi accede e dal basso tasso di riuscita, cioè la percentuale di coloro che superano l’esame finale di un ciclo tra i
giovani della fascia di età di riferimento.
Tassi relativi alla scuola media superiore 1991 Fonte OECD
Questi dati, come si evince dal grafico, sono particolarmente
sconfortanti soprattutto confrontati con quanto avviene nel
resto del mondo industrializzato.
Ad un alto tasso di scolarizzazione non corrisponde un altrettanto alto tasso di riuscita, molti si iscrivono, ma complessivamente sono in percentuale pochi quelli che completano il
corso di studi iniziato. Per questo motivo il livello di istruzione
dei giovani non è salito di molto e sicuramente è lontano dai
livelli di altri paesi.
Significativo da questo punto di vista è il fenomeno della
—9—
dispersione scolastica che costituisce uno dei nodi problematici della scuola italiana. Una quota abbastanza consistente di
studenti non segue percorsi formativi ideali con il risultato di
una formazione poco lineare e disomogenea, alcuni si allontanano dalla scuola (dropouts), alcuni ripetono mentre altri abbandonano e riprendono dopo un certo periodo gli studi
(stopouts).
Nella mentalità comune e più diffusa si ritiene che si tratti
di un fenomeno fisiologico della scuola in quanto non tutti, si
dice, hanno le capacità, la volontà e il desiderio di continuare
a studiare.
Questa affermazione dal punto di vista scientifico e
sociologico è errata per diversi motivi: sul piano esclusivamente
sociale ed economico si tratta di uno spreco di risorse e causa
turbamento sociale creando una massa di individui marginali
e propensi alla devianza, alla disoccupazione o alla sottoccupazione in quanto privi di titolo; sul piano logico scientifico si
tratta di una convinzione non fondata empiricamente in quanto
si basa su generalizzazioni non verificabili.
Siamo sicuri che chi abbandona sia poco dotato o sia semplicemente un individuo che non accetta l’autorità scolastica o
le regole ritenute formative da una scuola poco propensa a
riconoscere l’influenza dei cosiddetti curricoli impliciti?
Alcune indagini hanno messo in discussione questi pregiudizi mostrando l’infondatezza di alcune conseguenze logiche
di tali affermazioni.
Ci si potrebbe aspettare, ad esempio, che la più alta dispersione si verifichi nei paesi e nelle scuole che offrono percorsi didattici più severi e selettivi. La tabella precedente mette
in luce che in Giappone o in Francia, paesi dove le scuole sono
fortemente selettive e severe, i tassi di scolarizzazione e di
riuscita sono elevati e soprattutto identici. In Italia solo il 50%
di chi frequenta le superiori ha un percorso formativo regolare mentre i dropouts si aggirano intorno al 30%, per non par-
— 55 —
• Il modulo si definisce in rapporto a una o più unità tematiche che i docenti, alla luce delle finalità e degli obiettivi della
storia e alle caratteristiche motivazionali e socio ambientali
degli alunni, scelgono di svolgere nel corso dell’anno scolastico
Nella sua costruzione sono presenti elementi indispensabili
che vanno esplicitati nella stesura dello stesso.
• Esplicitazione della motivazione: La scelta dei temi da
trattare va motivata in base ai suddetti elementi.
• Vanno chiaramente definite le finalità e i corrispondenti
obiettivi di apprendimento e socio-affettivi che si intendono
raggiungere.
• Vanno definiti i prerequisiti che gli allievi devono possedere e vanno elaborate le prove di verifica per accertarne la
presenza e i livelli di acquisizione.
• Vanno definite le strategie di recupero in caso di lacune
e carenze che possano condizionare il processo di apprendimento.
• Occorre preparare testi opportunamente montati di varia natura e definite le consegne per le operazioni che gli studenti devono svolgere.
• In questo modo si definiscono anche le strategie e gli
strumenti da utilizzare nello svolgimento dell’intervento didattico.
• Vanno definiti i tempi e gli spazi.
• Vanno approntate le prove per le verifiche formative delle
singole unità didattiche e sommative per il modulo.
• Eventuali strategie per il recupero.
• Nella elaborazione di una unità didattica e soprattutto
IL MODULO
— 10 —
nell’istituto.
— 54 —
lare dell’Università, altra nota dolente del tradizionale sistema educativo italiano.
Tassi di ripetenza 1987-88 (Censis)
— 11 —
Ancora più interessante è notare che la qualità della scuola è inversamente proporzionale alla dispersione.
Altro dato che aiuta a riflettere sul problema della dispersione nasce dalla constatazione che il maggior numero delle
ripetenze e presumibilmente di abbandoni si verifica nelle fasi
di passaggio da un ordine di studi ad un altro.
Quanto scritto finora ci porta a fare due considerazioni:
1) L’alto tasso di fallimenti scolastici non è il risultato fisiologico del sistema di istruzione in quanto esso è inversamente proporzionale alla qualità dell’offerta formativa.
2) C’è uno scollamento significativo tra un livello di istruzione e un altro tanto da far pensare che tra ordini di studi
non esista rapporto tra le conoscenze e le competenze finali di
un ciclo e i requisiti per una buona riuscita nel ciclo successivo.
e spazi di recupero.
STRUTTURE DEI QUESTIONARI
• Vero-falso: Asserzione da identificare come vera o falsa o
da richiedere una risposta Sì-No.
• Scelta multipla: Domande o asserzioni accompagnate da
più di due risposte tra le quali scegliere quella corretta.
• Integrazione di testi incompleti: Discorso che presenta
parole o espressioni mancanti che l’alunno deve completare.
• Corrispondenze: Due elenchi, a ciascuno degli elementi
del primo è da far corrispondere uno degli elementi dell’altro.
Nel secondo elenco il numero degli elementi deve essere superiore al primo.
• Produzione di testi: Risposte scritte a domande.
STRUMENTI PER UNA VALUTAZIONE DELLA SITUAZIONE DI PARTENZA
• Test d’ingresso volti a valutare l’acquisizione di strumenti
cognitivi di competenze specifiche in rapporto alle unità tematiche che si intendono sviluppare.
• Questionari di analisi delle variabili socio-ambientali,
affettive e motivazionali degli alunni.
• Schedatura delle risorse materiali e didattiche presenti
Quali possono allora essere i motivi alla base della dispersione scolastica? Esistono ovviamente ragazzi con gravi difficoltà intellettive, ma ciò non giustifica l’alto tasso di questo
indice.
Generalmente le indagini hanno messo in luce tre ordini
di ragioni:
— Sociali e economiche: L’estrazione socio culturale e economica degli alunni è spesso causa, ancora oggi dopo le esperienze
innovative e le riforme degli anni 60 (scuola media unica) e 70
(decreti delegati), di difficoltà scolastiche. L’ambiente di provenienza non incoraggia e non offre strumenti di accrescimento
culturale. In queste realtà disagiate spesso la scuola è vista con
indifferenza se non con disprezzo in quanto offre valori e modelli
lontani da quelli della vita quotidiana e da quanto viene ritenuto
di moda e socialmente apprezzabile e preferibile.
— 53 —
ELEMENTI DEL CONTESTO
• Contesto socio-economico e culturale di provenienza: Condiziona fortemente le motivazioni, gli interessi e gli atteggiamenti degli alunni, determinandone a volte pesantemente il
successo o meno negli studi.
• Contesto reale di provenienza dell’alunno: Le relazioni
familiari, il gruppo amicale, le mode…
• Contesto scolastico: La rete complessa di relazioni e di
norme espresse e soprattutto inespresse determina una serie
di attese e di relazioni.
— 12 —
• Per “saper essere” si fa riferimento agli schemi operativi
e mentali che le suddette conoscenze e competenze vengono a
strutturare nel soggetto, costituendone modi caratteristici di
agire, pensare o essere.
• Nella elaborazione di una unità didattica e soprattutto
di un modulo bisogna avere ben chiaro quali conoscenze, competenze e capacità l’allievo deve avere in ingresso e quali in
uscita.
• Le finalità e gli obiettivi di apprendimento vanno cioè
concretizzate e esplicitate in una serie di abilità che l’allievo
deve possedere e/o acquisire.
• Bisogna quindi definire ed elaborare mezzi e procedure
per verificare il livello della loro acquisizione e del loro
raggiungimento.
• Importante e significativa è inoltre la valutazione della
situazione di partenza cioè del contesto individuale e del gruppo
classe nel quale intendiamo operare.
I possibili rimedi a questa situazione vanno ricercati da
un lato nel confronto con altri sistemi di istruzione del mondo
e dall’altro in uno sforzo di riflessione e di progettazione creativa e coraggiosa che tutti, dai governi agli operatori che svolgono la loro attività nella scuola, sono chiamati a fare.
Mentre negli anni Sessanta e Settanta la scuola italiana si
trovava a dover affrontare problemi organizzativi adeguati all’afflusso di un numero notevole di giovani, il problema della
scuola di oggi è fornire una formazione di qualità.
TASSONOMIA
• Una classificazione deve essere gerarchica, strumento
di lavoro (definire obiettivi e…) e identificare i parametri su
cui fondare l’azione di verifica.
STRUMENTI PER LA VERIFICA E LA VALUTAZIONE
DELLE CONOSCENZE, COMPETENZE E CAPACITÀ
• Valutazione formativa: Analisi dei risultati in termini di
apprendimento - Prove oggettive costruite sulla base degli
obiettivi specifici dell’unità didattica. In caso di risultati non
soddisfacenti deve essere prevista una fase di recupero con
utilizzo di strumenti alternativi e strategie diverse.
• Valutazione sommativa: Posta in genere al termine del
modulo o di unità didattiche particolarmente complesse. Tiene conto soprattutto degli obiettivi previsti nella unità tematica del modulo. Anche in questo caso vanno previsti momenti
— 13 —
— Psicologiche: Esistono ragazzi con difficoltà di apprendimento, ma dovrebbe essere la scuola di oggi a favorirne l’integrazione e il sostegno. In altri casi però non si tratta di questo. In alcuni troviamo una struttura della personalità incompatibile con la vita scolastica. I curricoli impliciti tendono a
favorire stili di vita e comportamenti come la disciplina formale, il rispetto della autorità e delle regole e a finalizzare
l’attività al premio del voto e alla competizione. Tutto ciò favorisce i ragazzi che per temperamento sono più tranquilli, inibiti, conformisti e rispettosi dell’autorità e emargina coloro che
non si riconoscono in questi modi di essere e di agire. In molti
casi troviamo ragazzi con una bassa autostima e sicurezza nelle
proprie capacità e una modesta resistenza alla frustrazione.
Essi, a volte per insuccessi scolastici precedenti (la cosiddetta
selezione differita), possono convincersi di non essere capaci e
di non essere portati per lo studio tanto da mascherare questa
consapevolezza con atteggiamenti ostili e conflittuali nei confronti di chi rappresenta l’autorità a scuola o possono iscriversi a corsi di studio ritenuti “facili” tanto per provare e alla
prima difficoltà abbandonano.
— Organizzative: I ragazzi più deboli socialmente e/o psicologicamente spesso pagano le conseguenze del malfunzionamento dell’istituzione scolastica e del pessimo raccordo tra
i livelli di istruzione come si è già visto.
— 52 —
La crisi economica e la concorrenza con altri paesi richiedono una gestione delle risorse che tenga conto della qualità
del servizio offerto, che nel caso della scuola è una istruzione
che renda i nostri giovani preparati ad affrontare le sfide della
società globalizzata.
L’obiettivo della scuola del passato era quello di promuovere l’accesso all’istruzione da parte di tutti, quello della scuola di oggi è garantire una scuola per ciascuno assicurando le
condizioni del successo per ognuno.
Quali sono le conoscenze e le competenze che bisogna sviluppare? In che modo (strutture, persone, strumenti, competenze professionali) ottenere questi obiettivi?
Oggi, sulla scorta degli studi compiuti negli anni Novanta,
disponiamo di alcuni importanti indicatori di qualità del sistema scolastico (vedasi l’importante saggio The international
education indicators: a framework for analysis) che permettono anche un confronto con altri sistemi di istruzione senza
penalizzare le differenze storiche e culturali dei diversi paesi
che sono:
a) Efficienza intesa come buon funzionamento della istituzione in termini di costi e servizi offerti.
b) Efficacia intesa come capacità di produrre effetti socialmente utili e desiderabili.
• Tutto ciò suggerisce nuove possibilità didattiche di apprendimento attivo individualizzato e graduale, consentendo
anche percorsi di recupero di conoscenze e competenze.
INTERNET
• Internet: Materiale di informazione in formato
ipertestuale. Struttura a rete (dispersiva) o meglio ad albero
perché consente di tornare sui propri passi e ripercorrere a
ritroso il cammino fatto.
• Motori di ricerca
• Newsgroups: gruppi di discussione su argomenti storici
e storiografici
• Mailing list: liste di indirizzi di posta elettronica interessati a un determinato argomento.
• L’uso di Internet non va visto solo in rapporto ai contenuti, ma anche agli atteggiamenti e ai metodi che è in grado di
stimolare. Essa favorisce l’interdisciplinarietà e attiva processi mentali che non vanno in direzione della memorizzazione
ma della capacità di recuperare informazioni e discernere strutture logiche dalla massa delle stesse.
• Consente quindi una partecipazione attiva dell’allievo e
permette l’acquisizione della importante abilità metacognitiva
dell’imparare ad apprendere.
CONOSCENZE, COMPETENZE E CAPACITÀ
• Per “sapere” si intende il fatto che l’alunno conosce o
deve conoscere un determinato tipo di contenuto;
• Per “saper fare” si intende il fatto che la persona sa svolgere o deve imparare a svolgere determinate operazioni.
SAPERE, SAPER FARE E SAPER ESSERE
• Le scienze dell’educazione suddividono l’apprendimento
in tre grandi classi: conoscenze (sapere), competenze (saper
fare), capacità (saper essere).
a) Indicatori di input — alunni, personale, risorse finanziarie, attrezzature, ecc.
— 51 —
Questi due fattori, inseparabili perché strettamente interconnessi tra di loro, vanno utilizzati per verificare la qualità
del servizio offerto dalla istituzione scolastica che a sua volta
può essere intesa come un sistema aperto, complesso e interagente con il contesto socio-economico e culturale.
Gli elementi che costituiscono questo sistema sono:
— 14 —
AUDIOVISIVI E MULTIMEDIALITÀ
• In passato la lezione si riduceva a un semplice monologo
dell’insegnante interrotto solo da qualche domanda o da richieste di chiarimenti. Oggi gli strumenti che il docente ha a
disposizione per lo svolgimento della sua attività didattica sono
tanti: tra questi il più in uso è quello dei supporti audiovisivi.
La lettura stimolante del saggio da cui sono tratte queste
informazioni ci ha portato a riflettere, tenuto conto di quanto
si è detto riguardo i fallimenti scolastici, soprattutto sugli indicatori di processo che concretizzano nei comportamenti, nelle
relazioni tra diversi soggetti della vita scolastica, nello stile —
più o meno trasparente — di comunicazione, nel modo di esercitare l’autorità da parte del dirigente, i programmi impliciti e
sugli indicatori di output che definiscono le conoscenze, le competenze e le capacità che i ragazzi dovrebbero aver acquisito
non solo alla fine del percorso formativo ma anche in itinere e
in particolare nel passaggio da un ordine di studi a un altro.
Un altro protagonista della scuola, accanto agli alunni che,
non dimentichiamolo, sono gli utenti dell’istituzione, è il docente. Questa figura riveste un ruolo fondamentale perché è
colui che giornalmente gestisce un rapporto che non è solo didattico ma anche umano e affettivo con bambini o con adolescenti. Si tratta sempre di una relazione comunicativa asimmetrica ed emotivamente sbilanciata e a volte frustrante perché l’adolescente non è in grado di ricambiare in modo adulto
e maturo richieste, emozioni e affetti.
Il suo lavoro è costituito da una miscela di componenti affettive e intellettuali:
— Il docente entra in classe ogni giorno e si muove, parla e
scrive sotto lo sguardo che può essere vigile, indifferente, annoiato o addirittura ostile di venti o trenta persone. Spesso
non ha mai svolto- se si escludono i pochi momenti delle attivi-
b) Indicatori di processo — organizzazione della scuola, clima scolastico, ecc
c) Indicatori di output — obiettivi e livelli raggiunti dagli
allievi
d) Indicatori di overcomes — effetti a distanza del processo di formazione (occupazione, livelli di reddito, qualità della
vita…)
DIDATTICA MULTIMEDIALE
• Gli audiovisivi e gli strumenti multimediali hanno spesso un uso puramente passivo di semplice fruizione da parte
degli allievi. Invece, una presentazione più efficace potrebbe
trasformarli anche in percorsi di acquisizione di strategie di
pensiero, di rielaborazione del materiale, di costruzione di conoscenze.
• I testi multimediali infatti permettono una serie di operazioni che la carta stampata non consente: inserire immagini, annotazioni e commenti, operare ricerche personalizzate,
copiare e esportare i testi, ecc.
— 15 —
CARATTERI DELLA MULTIMEDIALITÀ
• Questi strumenti di presentazione permettono di costruire e/o presentare schemi e mappe cognitive utili al processo
di apprendimento degli alunni soprattutto preadolescenti.
Occorre infatti sempre ricordare che nel triennio di scuola superiore gli alunni devono essere in grado di muoversi e di padroneggiare gli strumenti del pensiero astratto senza necessità di riferimenti concreti o simbolici.
Per fare ciò hanno però bisogno di costruirsi degli schemi
mentali. Non sempre questa abilità è posseduta fin dall’inizio
e quindi preparare le lezioni in questo modo può essere utile a
perseguire una importante finalità metacognitiva:
Utilizzare tecniche di ascolto e di comprensione e acquisire metodi autonomi di elaborazione e di organizzazione dei
dati.
— 50 —
tà collegiali- una attività lavorativa accanto ad altri adulti, in
un rapporto fra pari.
Il lavoro di insegnante è quindi di relazione, ma si svolge
in condizioni di isolamento adulto e per questo non esiste alcuna forma di controllo sociale e culturale sulla qualità del suo
intervento didattico.
Senza contare poi che c’è uno squilibrio tra il potere e l’autorità che l’insegnante possiede in classe e la bassa considerazione che questo mestiere ha nella società e nella percezione
collettiva che si manifesta con la modestia degli stipendi e la
passività di fronte alle istruzioni scolastiche che lo subissano
di richieste, di doveri e di responsabilità.
Nel vissuto giornaliero l’insegnante vive una condizione di
perenne adolescenzialità, ma più passano gli anni maggiore
diventa la distanza tra il suo mondo e quello dei ragazzi con
cui ha a che fare.
Gli studenti infatti cambiano, rimangono paradossalmente sempre giovani, mentre l’insegnante invecchia. La macchina della scuola si ripete di anno in anno sempre identica a se
stessa con le stesse scansioni, gli stessi ritmi e gli stessi rituali
portando con sé a volte noia e indifferenza.
Per questi motivi il mestiere è così difficile e fragile: richiede attitudine introspettiva, capacità di distinguere le proprie emozioni da quella degli altri , una solida vita privata (ma
entriamo nell’utopia), che possa equilibrare il caotico mondo
affettivo nel quale è coinvolto durante tutta la sua vita lavorativa e, cosa estremamente difficile, deve abolire il desiderio
umano di essere ricambiato e riconosciuto, di ricevere dopo
aver dato se non eccezionalmente e casualmente quanto all’altro piace.
— 16 —
LA LEZIONE
La lezione conserva il suo ruolo centrale e principale dell’intervento didattico. La flessibilità di questo strumento
va di pari passo con il percorso didattico per cui alcuni argomenti richiederanno una analisi approfondita, altri invece si
fermeranno a un livello puramente informativo. Possiamo distinguere a grandi linee tre modalità specifiche di lezione:
• La lezione propedeutica o di sintesi;
• La lezione esposizione;
• La lezione elaborazione.
LEZIONE INTRODUTTIVA
• Annuncia o riassume quadri sintetici di un argomento
ed è estremamente importante per impostare una nuova unità didattica o per richiamare informazioni o nozioni.
LA LEZIONE ESPOSIZIONE
• La lezione esposizione trasmette conoscenze che sono
vincolate a un sapere ricavabile per parafrasi o sintesi dal
manuale. Queste conoscenze vengono organizzate e comunicate attraverso un ordine che ne permette la comprensione o
la memorizzazione.
LEZIONE ELABORAZIONE
• Questo tipo di lezione costituisce un momento fondamentale di riflessione oltre che di trasmissione. Comporta la
problematizzazione e la attualizzazione delle conoscenze storiche e richiede un intervento attivo e orientato degli alunni.
— 49 —
stilistici e sequenziali di testi informativi, narrativi e argomentativi, è in grado di produrre sintesi di testi espositivi, è capace di riconoscere la natura delle fonti a sua disposizione…
• Apprendimento di abilità: compie operazioni di lettura
di cartine di varia tipologia, è in grado di costruire semplici
operazioni su tabelle e grafici, sa collocare sulla linea del tempo eventi di lunga e di breve durata, coglie persistenze e mutamenti, ecc….
• Apprendimento di regole: È in grado di cogliere relazioni tra situazioni, contesti e elementi di cultura materiale, politico-istituzionale e socio-economico; utilizza correttamente in
contesti esplicativi termini come ciclo, rivoluzione, tradizione,
reazione, ecc.
• Sviluppo di competenze: Posto di fronte a situazioni problematiche è in grado di muoversi autonomamente per elaborare schemi esplicativi, verificare ipotesi, confrontare dati e
fonti, ecc.
• Valutazione: È in grado di rapportare se stesso, il proprio presente e passato al futuro (?).
— 48 —
Capitolo secondo
ISTRUZIONE E FORMAZIONE
I TERMINI DELLA DISCUSSIONE
SECONDO BERTAGNA
Secondo una definizione ormai comune e diffusa, educare
significa far crescere e maturare un individuo portando alla
luce le sue potenzialità individuali.
Si è educati nel momento in cui si è liberi, autonomi nelle
proprie scelte, capaci di assumersi le proprie responsabilità in
un mondo che cambia, capaci di ragionare, di lavorare e di
apprendere cose nuove.
Il concetto però oscilla tra due importanti poli: quello della
istruzione e quello della formazione.
L’istruzione è un processo attraverso il quale un soggetto
acquisisce conoscenze utilizzando altre conoscenze riferite a
ambiti di sapere e/o di produzione. In senso proprio e rigoroso
è un processo attraverso il quale si elaborano concetti di secondo grado, astraendo, formalizzando e sistematizzando quanto è già astratto e formalizzato. Si tratta di una attività di
riflessione su conoscenze e non su cose, su esperienze, su fatti
o su azioni.
La sua natura sistematica richiede in termini psicologici
la maturazione di processi mentali superiori ed è quindi possibile solo quando il soggetto ha acquisito la capacità di riflettere in termini formalizzati e astratti.
Secondo alcuni, attenti soprattutto agli aspetti
neurofisiologici e genetici dei processi di maturazione delle
— 17 —
strutture mentali come Piaget e altri, l’individuo elabora queste capacità attraverso un processo di maturazione graduale,
sequenziale e rigido intorno agli 11-12 anni, pertanto un sistema educativo che punti alla istruzione prima di tale periodo è
destinato al fallimento in quanto può generare frustrazione e/
o noia.
Secondo altri, pronti a cogliere gli aspetti sociali e ambientali dei processi educativi, come Vigotsckij e Fuernstein, tale
capacità è acquisibile attraverso un intervento mediato di apprendimento. Se si pone un soggetto di fronte a un problema
che va oltre le sue possibilità attuali di sviluppo, egli può giungere ugualmente alla soluzione e all’apprendimento se opportunamente guidato, sollecitato e motivato dall’adulto. Lo spazio che separa il livello attuale dal livello possibile va sotto il
nome di area di sviluppo potenziale.
Il rischio di un sistema acritico di istruzione è che esso può
risultare tanto meno critico quanto più diviene mnemonico e
meccanico l’apprendimento. Il nozionismo infatti consiste nell’acquisire concetti privati però della loro referenzialità nei
confronti dell’esperienza umana.
Accanto a quello di istruzione troviamo un altro importante termine: formazione. Vi sono stati nel passato vari modi di
intendere questo termine come sinonimo di educazione. Noi
preferiamo seguire in questo il Prof. Bertagna che definisce la
formazione il processo attraverso cui un soggetto acquisisce
concetti a partire da attività pratiche o progetta attività pratiche a partire da concetti.
Il processo educativo della formazione è quindi a doppia
direzione: si usano conoscenze per trasformare determinate
realtà secondo le proprie esigenze o si elaborano concetti a
partire da realtà determinate.
Nel primo significato le conoscenze hanno lo scopo di impedire o di favorire l’emergenza di determinati stati di fatto,
nel secondo di spiegare concettualmente abilità, arti e com— 18 —
DEFINIZIONE DELLE FINALITÀ
E DEGLI OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
• Gli obiettivi di apprendimento dovrebbero essere definiti sempre in maniera operativa.
• Questo significa che quando se ne definisce uno, bisogna
chiedersi cosa l’alunno deve dimostrare di saper fare.
• Gli esercizi di verifica devono infatti essere coerenti con
un saper fare dello studente.
• Pur nella varietà delle possibilità un obiettivo si pone su
un livello di maggiore o minore astrazione e complessità.
• La competenza, l’impegno e la creatività del docente consistono anche nell’essere in grado di articolare l’obiettivo complesso in una serie di elementi operativi verificabili e quindi
valutabili. Questo sia nella definizione dei prerequisiti (crediti) che a conclusione del percorso didattico.
CLASSIFICAZIONE
• Facendo riferimento alla classificazione degli obiettivi
cognitivi di Bloom, forse a mio parere la più lineare e intuitiva
tra le tassonomie, possiamo così classificarli sulla base del livello di complessità:
• Conoscenza: Conosce e sa riferire fatti, nomi, date, termini propri del linguaggio storiografico e le sequenze di avvenimenti…
• Concettualizzazione: Sa cogliere gli elementi formali,
— 47 —
portamenti umani. Con questo non si intende naturalmente
ridurre queste caratteristiche del fare umano a una loro formalizzazione astratta con la pretesa che tale processo esaurisca l’esperienza stessa. Se fosse così, imparare a nuotare significherebbe conoscere le leggi fisiche dell’idrodinamica.
D’altra parte il pericolo di un sistema educativo basato sulla
formazione consiste nell’imparare per semplice imitazione e
in modo meccanico, senza problematizzare le conoscenze acquisite.
Ma come si collocano istruzione e formazione nel processo
educativo? Nella nostra società è fortemente sentita l’esigenza che ogni individuo ha diritto al massimo di educazione possibile. Tale scopo non è perseguito solo dalla scuola ma da tutte le agenzie educative come la famiglia, i mass media, luoghi
di lavoro, ecc. In questi luoghi però il carattere non intenzionale e formalizzato degli interventi di apprendimento rischia
di accentuare i rischi del nozionismo e della meccanicità.
A differenza degli altri ambienti educativi nella scuola le
esperienze sono simulate, semplificate e programmate in base
alla logica interna delle discipline in un contesto relazionale e
comunicativo asimmetrico.
La scuola è la sede privilegiata per educare attraverso
l’istruzione, essa promuove l’apprendimento mediante l’elaborazione di sistemi concettuali astratti di tipo dichiarativo,
esplicativo, condizionale e predittivo.
Dichiarativo perché definisce il che cosa delle esperienze
cogliendone proprietà e aspetti, esplicativo perché collega esperienze e fenomeni secondo schemi di causa e effetto, condizionale in quanto definisce il quando e il dove dei fatti, predittivo
infine perché definisce il sapere come si fa qualcosa.
Persegue in altri termini la conoscenza formale e lo studio
attraverso metodologie consapevoli e simulate. La scuola dell’istruzione si basa sulla consapevolezza dei perché e delle ragioni delle esperienze e dei comportamenti superando la sem-
— 19 —
— 20 —
plice constatazione della realtà così come è e del si fa così.
Nelle scuole che invece privilegiano la formazione, si valorizza l’esperienza reale e diretta del lavoro (fabbrica, laboratorio, stages, ecc.) inteso in senso ampio come azione in vista
di uno scopo pratico, di una abilità e/o di un’arte.
Istruzione e formazione però non vanno considerati
antitetici in quanto le esigenze sociali e culturali della società
contemporanea fanno sì che dove c’è istruzione debba esserci
anche un momento di formazione. Basti pensare ai corsi
postsecondari o ai master postuniversitari.
Gli assunti psicopedagogici portano a riconoscere che le
scuole primarie rivolgendosi ad una fascia di età in cui non
sono ancora maturate le capacità logiche e formalizzanti debbano essere soprattutto scuole di formazione in cui il processo
educativo passa attraverso il fare, l’osservare, il manipolare e
l’agire e la loro concettualizzazione secondo quanto detto precedentemente.
Le scuole secondarie invece, rivolgendosi a ragazzi più
maturi dal punto di vista cognitivo, dovrebbero essere soprattutto scuole dell’istruzione, anche se, a seconda delle
potenzialità, degli interessi e delle inclinazioni degli allievi e
in vista del massimo di educazione individualmente possibile,
sono auspicabili percorsi misti o addirittura di formazione.
Mirare al massimo dell’educazione individuale rispettando le inclinazioni e le potenzialità è la sfida della scuola di
oggi.
In Italia, come si evince da quanto detto nelle pagine precedenti, i risultati sono deludenti. I livelli di drop out sono eccessivi e spesso, come spiegato, derivano dalle difficoltà di un
sistema scolastico che nei vari livelli mostra scarsa continuità, non è in grado di offrire orientamento adeguato e percorsi
alternativi e misti di istruzione e formazione.
Nella mentalità diffusa la scuola secondaria per eccellenza è quella dell’istruzione, la scuola di formazione ha un ruolo
— 45 —
sul campo, come affronta un problema storiografico, come svolge l’analisi delle fonti riconoscendone la plausibilità o meno
sulla base anche di presupposti ideologici, come “spiega” o “interpreta” un evento (con tutte le implicazioni epistemologiche
di questi termini), come scrive uno storico, tra narrativa e argomentazione…
Come si vede sono tanti i nodi concettuali, le teorie, le ricostruzioni esplicative e narrative del passato che caratterizzano il lavoro storiografico e su questi elementi è importante
anche lavorare per consentire allo studente non solo di conoscere il passato ma anche di problematizzarne la ricostruzione mantenendo un punto di vista autonomo e critico.
Ecco perché nella scuola italiana di oggi si comincia a utilizzare la programmazione modulare anche per la didattica
della storia.
Quanto detto va integralmente riferito anche alla programmazione modulare di storia.
Si può dire infatti che la didattica della storia ha subito
nell’arco degli ultimi decenni profondi cambiamenti soprattutto
in relazione alla funzione formativa e culturale della disciplina.
In passato infatti la storia è entrata all’interno dei curricula
come disciplina umanizzante, essa prepara culturalmente l’individuo ad affrontare con coscienza e maturità le scelte della
vita, con la consapevolezza che il presente è il risultato del
passato e che i problemi contemporanei possono essere meglio
compresi e quindi affrontati conoscendone l’origine.
Ciò non può essere contestato, ma bisogna notare che tale
opinione ha determinato una didattica in cui il momento
formativo è stato ridotto all’apprendimento di cronologie, fatti, personaggi, contesti ambientali, sociali, economici e culturali, cosa che ha mascherato il carattere disciplinare ed gnoseologicamente fondato della materia.
La storia in quanto disciplina utilizza una terminologia
specifica, strumenti concettuali e teorici coerenti e logicamente fondati, scienze ausiliarie “dure” come la fisica e la chimica,
ecc. Per questo la metodologia didattica della storia deve avere come obiettivi di apprendimento conoscenze, competenze e
abilità proprie del lavoro storiografico.
Sono decenni ormai che storici francesi (vedi Le Goff e la
scuola de “Annales”) e anglosassoni, richiamano l’attenzione
sul fatto che il giovane non deve essere subissato da date, fatti, nozioni tutto sommato ricavabili da enciclopedie e da repertori, ma deve piuttosto conoscere come lavora uno storico
— 21 —
meno importante e vi accedono inoltre coloro che non sono in
grado di reggere per vari motivi la prima. Questi ultimi paleserebbero quindi un deficit educativo che li porterebbe a svolgere compiti e mansioni sempre meno qualificati e di bassa
considerazione sociale. Si tratta a ben vedere del principio che
è alla base della scuola di Gentile.
Nel nostro sistema scolastico si continua a legittimare la
permanenza di un ordine formativo gerarchico tra i licei, gli
istituti tecnici e professionali, la formazione professionale, l’apprendistato e il lavoro manuale. Una stratificazione dall’alto
verso il basso non solo culturale e pedagogico ma anche sociale e di classe.
La società moderna, globalizzata e in rapida trasformazione però non può più favorire un sistema di educazione di questo genere e questo per varie ragioni.
La distinzione tra cultura classica-umanistica e cultura
scientifica non ha più ragione di esistere: la cultura è unitaria
sia dal punto di vista umano che da quello gnoseologico e filosofico. Sono ambedue opera dell’uomo, della sua mente, della
sua immaginazione e della sua creatività. Le differenze vanno
riconosciute e sostenute ma non lo sono di importanza e di
valore.
Tra scienza e tecnica esiste una profonda interrelazione
che rende le due conoscenze due facce della stessa medaglia.
Lo sviluppo scientifico ha dato impulso alla tecnologia e quest’ultima ha fatto da motore e da stimolo alla ricerca scientifica. In altri termini i perché e i come vanno di pari passo in un
rapporto dialettico aperto anch’esso alla immaginazione, all’operosità e alla creatività umana.
Ciò ci porta alla considerazione importante che la distinzione e la frattura tra istruzione e formazione va superata attraverso percorsi che devono risultare equivalenti dal punto di
vista conoscitivo e culturale. Le diversità dei curricoli, che pure
esistono, non devono portare a una gerarchizzazione dei per-
— A questo punto la preparazione dei moduli affronta la
definizione dei singoli contenuti o conoscenze suddivise in unità
didattiche.
— 44 —
corsi educativi, anzi, la scuola nel suo complesso deve rispondere ai bisogni educativi individuali e alle nuove esigenze della società.
Questo scenario deve diventare operativo nella definizione dei curricoli, nella articolazione dei contenuti programmatici (obiettivi, contenuti, prestazioni minime accettabili), nella
coordinazione tra i vari segmenti paralleli e successivi di formazione e di istruzione.
Nasce quindi l’esigenza di sviluppare e di concretizzare una
disponibilità e una interazione sempre più stretta tra scuola e
formazione professionale a livello soprattutto territoriale.
— 22 —
dei fatti da apprendere.
— Definizione dei metodi e degli strumenti da utilizzare
— Spazi e tempi di realizzazione.
— Strumenti di verifica e di valutazione del
raggiungimento degli obiettivi previsti.
— Attività di recupero
La progettazione di un percorso modulare mette in gioco
non solo le competenze culturali e professionali dei docenti,
ma anche la loro originalità e creatività (richiamo il rischio di
frammentazione) e la loro capacità di lavorare in gruppo. Sostanzialmente però una corretta programmazione modulare
attraversa varie fasi:
— È il gruppo dei docenti della stessa materia e di materie
affini a determinare l’estensione della progettazione alla luce
degli obiettivi di apprendimento in uscita della disciplina e del
contesto ambientale degli alunni, soprattutto in rapporto al
loro livello di conoscenze e competenze pregresse, ai differenti
stili cognitivi e alle dinamiche di relazione socio-affettive.
— Si passa alla identificazione dei moduli intesi come sezioni di programma annuale dotati di omogeneità rispetto ai
contenuti, agli argomenti e di coerenza rispetto agli obiettivi
che gli alunni padroneggiano in ingresso e quelli che dovranno realizzare in uscita. Vengono definite anche le altre componenti del modulo su cui torneremo in seguito.
— La progettazione modulare proprio perché flessibile e
autonoma ma nello stesso tempo spendibile deve tener conto
delle possibili interconnessioni con altri moduli della stessa o
di altre discipline. Le connessioni potranno essere seriali (sequenze lineari di moduli secondo un principio di propedeuticità)
o paralleli (con contenuti, conoscenze nodali per più di una
disciplina).
— 43 —
MODULO 6
• Tempi: Scansione settimanale, mensile, annuale della
programmazione modulare.
Verifiche e valutazione:
• verifiche formative, in itinere e sommative;
• tecniche e strumenti di verifica;
• valutazione come accertamento del grado di conseguimento degli obiettivi ma anche di efficacia dell’intervento didattico.
• Tecniche di recupero
• Conclusione
Il modulo (definito nelle pagine precedenti) a sua volta è
costituito da una serie di Unità didattiche. L’unità didattica si
differenzia da un modulo in quanto ne costituisce un momento
del percorso e un elemento della struttura. È relativo a una
parte dei contenuti previsti dal modulo. Essa è costituita da :
— Descrizione operativa degli obiettivi che si intendono
perseguire.
— Descrizione operativa dei prerequisiti che deve possedere lo studente.
— Descrizione di attività intese a verificare, a richiamare
e a potenziare queste abilità in ingresso, stimolando e motivando gli studenti attraverso la problematizzazione della situazione o del contesto che si intende studiare e la consapevolezza della insufficienza delle conoscenze possedute per comprendere il problema cognitivo.
— Definizione dei contenuti, dei concetti, degli schemi e
— 42 —
Capitolo terzo
AUTONOMIA SCOLASTICA
ALCUNI ELEMENTI DI DISCUSSIONE
Il concetto di autonomia è entrato di prepotenza nella discussione sulla scuola italiana del duemila. Tale termine viene ad assumere una pluralità di significati che in queste pagine, tenendo conto anche di quello che è stato scritto in precedenza, cercheremo di puntualizzare e approfondire.
Agire in modo autonomo, flessibile e libero tra i saperi in
continua e rapida trasformazione è un requisito essenziale che
tutti dovrebbero possedere e la scuola in particolare dovrebbe
coltivare, stimolare e sviluppare nei discenti, promovendone
le competenze e le capacità di scelta individuale fondate sulla
pari dignità di opzioni valoriali, sociali e culturali.
Il processo di decentramento amministrativo iniziato alcuni anni fa nel campo della Pubblica Amministrazione sta
coinvolgendo anche il sistema scolastico italiano, ciò lungo due
direzioni: autonomia funzionale, sinergia e contrattualità tra
territorio e scuola.
Agli istituti scolastici vengono attribuiti funzioni e compiti
che in precedenza erano di competenza dello Stato, nel rispetto però di finalità omogenee a livello nazionale, mentre si riconosce sempre maggiore importanza al legame della scuola con
il territorio, con i bisogni formativi del contesto socio-economico e familiare di provenienza degli allievi.
Questo anche per concretizzare un intervento didattico
autonomo e flessibile in sintonia con i talenti, le possibilità e le
— 23 —
attitudini di ognuno in vista del successo formativo.
Autonomia, infine, si riferisce alla libertà di insegnamento
e al pluralismo culturale che è alla base della democrazia e
nasce dalla esigenza di combattere il pericolo di un sapere unico
fonte di intolleranza e di totalitarismo.
L’art. 1 del Regolamento dell’autonomia scolastica precisa
che le istituzioni scolastiche sono espressione di autonomia
funzionale e provvedono alla realizzazione dell’offerta formativa in accordo con le funzioni delle Regioni e degli Enti locali,
interagiscono tra di loro e con gli Enti locali promovendo il
raccordo e la sintesi tra le esigenze individuali e gli obiettivi
nazionali.
Si continua precisando che l’autonomia è garanzia della
libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia
nella elaborazione di interventi educativi, formativi e di istruzione
1. mirati allo sviluppo della persona;
2. adeguati ai diversi contesti, alla domanda della famiglia
e alle caratteristiche dei soggetti coinvolti;
3. al fine di garantire il successo formativo;
4. coerentemente con le finalità e gli obiettivi del sistema di
istruzione;
5. con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e apprendimento.
Il richiamo alla libertà di insegnamento e in particolare
all’art. 33 della Costituzione è fondamentale per capire il senso della riforma in quanto autonomia significa libertà, riconoscimento della dialettica democratica e flessibilità nelle scelte
metodologiche e di contenuto, per rispondere alle esigenze del
territorio e ai bisogni formativi del contesto ambientale, senza
che venga meno però l’uniformità e l’omogeneità dei percorsi,
per garantire uguaglianza delle opportunità formative a tutti
e, soprattutto, a ciascuno.
Ciò richiede inoltre una particolare attenzione, e quindi
— 24 —
• Metodi;
• Spazi-tempi
• Verifica e valutazione;
• Recupero.
MODULO 4
Analisi situazione di partenza:
• Definizione e problematizzazione di un contesto, sviluppo della motivazione e attenzione nell’alunno;
• Verifiche e valutazione dei livelli di partenza intesi come
prerequisiti;
• Eventuale recupero.
Definizione degli obiettivi e delle competenze da sviluppare:
• Classificazione delle finalità, degli obiettivi e delle competenze;
• Sapere, saper fare, saper essere.
MODULO 5
Contenuti: La Riforma Protestante - Esempi di articolazione della unità didattica.
Strumenti: Importanza della scelta del manuale e del suo
uso didattico. Analisi e classificazione delle fonti.
Metodi: Lezione frontale, lettura e interpretazione di testi, lavori di gruppo, uso dell’aula multimediale e sue potenzialità di coinvolgimento attivo degli allievi.
— 41 —
un farsene carico, alle peculiarità, ai talenti, alle attitudini e
agli stili di apprendimento dei soggetti. Occorre che si progettino e si concretizzino percorsi integrativi di orientamento, di
sostegno, di potenziamento delle capacità e delle competenze
degli allievi per rendere efficace il processo di apprendimento
e di insegnamento e richiedono quindi a chi opera nella scuola
competenze, creatività e flessibilità nella progettualità didattica.
In questo senso l’art. 4 del succitato regolamento ci aiuta a
comprendere meglio i termini di questa flessibilità che possiamo finalmente definire autonomia didattica.
Le istituzioni scolastiche nel rispetto di quanto citato
nell’art. 1
1. concretizzano gli obiettivi e le finalità generali (richiamo art. 8) in percorsi formativi;
2. funzionali al diritto di apprendere e alla crescita di tutti
gli alunni;
3. riconoscono e valorizzano le diversità;
4. promuovono le potenzialità di ciascuno adottando tutte
le iniziative atte al raggiungimento del successo formativo.
Perché si possa raggiungere tale qualità occorre secondo
la psicologia assumere il punto di vista del soggetto per coinvolgerlo e interessarlo.
Le differenze di rendimento scolastico e i numerosi casi di
drop out non sono dovute solo ai diversi livelli di abilità ma ai
diversi stili di apprendimento e di insegnamento, non tutti gli
alunni cioè imparano allo stesso modo, ognuno ha un modo
particolare di apprendere.
Ogni apprendimento porta con sé una particolare rappresentazione del mondo da parte del soggetto, rappresentazione
che viene modificata in relazione agli input esterni proposti.
La conoscenza, secondo questi studi, è un reticolo dinamico in cui i saperi sono interconnessi. La mente costruisce connessioni, nodi e percorsi, fra concetti in risposta agli stimoli
materia non può invece non partire dalla problematicità connessa al dibattito attuale sullo statuto gnoseologico della storia. L’esigenza fondamentale oggi è quella che l’insegnamento
della storia dovrebbe essere capace di rendere attivi e
trasmissibili i momenti propri del lavoro storiografico, superando la concezione del fatto come qualcosa di dato piuttosto
che come qualcosa di costruito sulla base di metodi, procedure, modelli interpretativi e cognitivi.
Per dirla con Le Goff: «Il fatto storico non è dato, bensì
costruito. Gli alunni vanno sensibilizzati alla fabbricazione
della storia. Bisogna mostrare loro che il lavoro dello storico
non consiste nel ricomporre la storia, ma nel fare la storia.
L’insegnante deve rendere gli alunni sensibili al fatto che le
conoscenze e i metodi della storia sono al servizio di una problematica.»
Elementi costitutivi di un modulo:
• Analisi situazione di partenza;
• Definizione delle finalità, degli obiettivi cognitivi e delle
competenze da sviluppare;
• Contenuti da inserire nel modulo: Unità didattiche;
• Strumenti;
— 25 —
ne.
MODULO 3
• Moduli interdisciplinari e multidisciplinari.
• Analisi dei modelli didattici: programma, programmazione, programmazione modulare.
• Cos’è un modulo e come si inserisce nella programmazio-
MODULO 2
— 40 —
cognitivi esterni e a seconda dei canali privilegiati che ognuno
di noi utilizza per l’accesso a questi input. Questi hanno tutti
pari dignità e consentono apprendimenti efficaci a condizione,
però, che se ne diventi consapevoli e si propongano le attività
rispettandone modalità e caratteristiche.
Occorre che gli operatori scolastici divengano consapevoli
dei propri stili di insegnamento per modificarli in rapporto agli
stili degli allievi, pena, per usare una metafora, un dialogo tra
sordi che ha come risultati l’insuccesso scolastico e la frustrazione del docente.
Se ad esempio lo stile di insegnamento di un docente è di
tipo sistematico e verbale, mentre un allievo apprende meglio
con uno stile visivo e intuitivo, sarà inevitabile, mancando la
consapevolezza della difficoltà di relazione, che tra alunno e
docente si generi incomprensione, noia, irritazione, ostilità e
bassa autostima.
L’obiettivo del successo formativo richiede quindi un tipo
di insegnamento maggiormente individualizzato e quindi competenze professionali da parte degli operatori scolastici che
vadano oltre la semplice conoscenza della materia e che riguardano soprattutto la sfera relazionale, emotiva e metacognitiva.
Queste poche note, che certamente andrebbero approfondite e articolate, sono utili per renderci coscienti della necessità di modificare il modo di operare come insegnanti nella scuola.
Nella scuola tradizionale l’abilità del docente consisteva
nello scegliere i contenuti importanti della disciplina, trasmetterli agli allievi e nel verificare e valutare la capacità di questi
nel comprenderli, ricordarli e ripeterli.
Egli studia meccanicamente e il suo impegno è finalizzato
alla interrogazione e al voto e una volta acquisito il risultato si
tende a dimenticare quanto appreso.
Questo modello si fonda sulla convinzione che la cultura,
pur enciclopedica, sia statica e possa essere trasmessa e assi— 26 —
INTRODUZIONE
• Nella scuola tradizionale la storia è vista esclusivamente come materia formativa e non professionalizzante.
• Se da un lato ciò è vero dall’altro ha privato lo studio
della disciplina di un suo statuto epistemologico.
• Occorre per questo recuperare anche nell’ambito della
didattica il momento della problematizzazione dello studio storico.
MODULO 1
• La storia è formativa, ma possiede un suo statuto
epistemologico autonomo che va didatticamente recuperato
perché sviluppa competenze logiche e critiche.
• In passato la storia è stata ritenuta formativa cioè finalizzata alla costruzione di una buona cultura generale capace
di orientare nelle scelte e di formare individui socialmente
maturi.
Bisogna però tener a mente che considerare la storia semplicemente come un repertorio manualistico di cronologie, personaggi, fatti, eventi, trattati, contesti sociali economici e culturali, rintracciabili sui manuali e acquisibili in modo più o
meno mnemonico, con o senza l’intervento dell’insegnante,
eclissa l’aspetto cognitivo della disciplina e la priva della sostanziale unicità epistemologica della prassi storiografica.
• La formulazione di una programmazione didattica della
— 39 —
milata nelle sue linee portanti.
Nel mondo d’oggi però tale concezione non può essere considerata più corretta: il progresso delle conoscenze è talmente
rapido da rendere pressoché inutilizzabile quanto appreso
qualche anno prima (vedi pag. 5).
Ad alcuni momenti senz’altro utili e necessari di sapere
meccanico, devono seguire momenti di apprendimento che vadano a incidere su quegli schemi e reticoli concettuali e che li
modifichino ristrutturandoli, in modo da rendere l’allievo capace di concretizzare autonomamente progetti di vita e di trasformarli in azione e in conoscenza.
I contenuti disciplinari così diventano strumenti in grado
di modificare i comportamenti del soggetto che apprende.
Questo tipo di programmazione si caratterizza, per la sua
elevata flessibilità, in rapporto sia al contesto educativo, famigliare e territoriale in quanto risponde sia ai bisogni socialmente e culturalmente evidenziati, sia agli stili cognitivi, alle
attitudini, alle potenzialità, ai temperamenti degli allievi.
In tale prospettiva gli obiettivi espliciti dell’intervento di
insegnamento-apprendimento sono conoscenze, metaconoscenze e metacognizione.
Con la prima si intende non solo l’acquisizione di concetti
dichiarativi, condizionali e procedurali, ma una vera e propria
ristrutturazione delle reti concettuali di cui abbiamo parlato
prima.
Con la seconda egli dovrebbe acquisire una maggiore consapevolezza delle procedure utilizzate per apprendere quelle
conoscenze.
Con la terza infine si intende l’acquisizione di strategie per
operare autonomamente in nuovi contesti di apprendimento,
in altre parole un vero e proprio bagaglio di strategie per “apprendere ad apprendere”.
Si tratta di un sapere per competenze più che per conoscenze, in altre parole ciò che l’allievo deve sviluppare è la
— 27 —
capacità di utilizzare le conoscenze per operare in situazioni e
in contesti nuovi.
In risposta a questo compito si sono cercati nuovi percorsi,
nuove strategie d’intervento per rendere efficace il processo
di apprendimento-insegnamento. La riflessione teorica negli
ultimi anni ha proposto l’uso dei moduli e della modularità
che essendo strumenti flessibili di intervento formativo individualizzato, utilizzati in passato soprattutto nella formazione e nell’aggiornamento professionale e tecnico, possono rispondere alla esigenze succitate di innovazione metodologica.
Ma che cos’è un modulo? Si tratta di una serie di blocchi di
conoscenza e di esperienza, dotati di relativa autonomia, di
coerenza interna, di propri obiettivi e verifiche che si combinano in modo coerente e flessibile tra di loro.
I moduli si costituiscono per la loro elevata omogeneità
interna rispetto ai contenuti, alle abilità, conoscenze e competenze che gli allievi devono padroneggiare e alle conoscenze,
abilità e competenze che essi devono dimostrare di possedere
alla fine del percorso modulare.
Occorre però in tutta onestà riferire che non tutti gli studiosi sono d’accordo riguardo l’introduzione della programmazione modulare all’interno della scuola. Ritenendola uno strumento di approfondimento tematico più adatto all’ambito universitario e alla formazione e all’aggiornamento degli adulti e
dei tecnici, paventano il rischio che in assenza di una elevata e
acquisita specializzazione del discente, essa produca una sorta di parcellizzazione del sapere, facendo perdere così all’alunno, necessariamente privo di solide competenze disciplinari, il
quadro d’insieme e produca così solo disorientamento.
Ma quali sono queste conoscenze e quali devono essere le
loro caratteristiche?
La loro scelta deve rispondere sostanzialmente ad alcuni
criteri. Esse devono essere:
— significative: per ogni studente queste conoscenze e abi— 28 —
PROGETTO DI UN LABORATORIO DI STORIA
LINEAMENTI TEORICO-PRATICI
Prof. Renato Sigismondi
DI UNA PROGRAMMAZIONE MODULARE DI STORIA
Presentazione
• Il laboratorio di storia avrà uno scopo eminentemente
pratico nel senso che i singoli punti presentati in questo piano
di lavoro saranno accompagnati da materiale effettivamente
in uso nella scuola mentre altro materiale verrà prodotto durante le lezioni. Per la presentazione dei contenuti utilizzerò
due moduli, uno di storia moderna (La riforma Protestante) e
uno di storia contemporanea (Scienza e tecnica alla fine dell’Ottocento).
La scansione dei tempi sarà:
• Modulo 6 e discussione finale
• Modulo 5
• Modulo 3 e Modulo 4
20 ore
6 ore
4 ore
6 ore
• Introduzione, modulo 1 e modulo 2 4 ore
• Totale
— 37 —
lità devono essere coinvolgenti sul piano cognitivo e su quello
affettivo relazionale. Essendo fortemente diminuita la spinta
sociale allo studio come strumento di miglioramento socio-economico, occorre motivare gli alunni dosando l’impegno nell’affrontare contenuti consistenti ma non tali da impedire il successo. Le conoscenze pregresse diventano strumento per stimolare la problematizzazione del sapere anche, dove possibile, chiarendo le potenziali applicazioni teorico-pratiche;
— sistematiche: tese a formare veri e propri schemi di conoscenze e di saperi, capaci a loro volta di strutturare nuove
conoscenze e informazioni derivabili da ogni contesto e circostanza;
— stabili: capaci cioè di perdurare nel tempo e utili a interpretare la realtà circostante;
— di base: che si costituiscano cioè come fondamenti della
disciplina;
— capitalizzabili: cioè aperti e flessibili in grado di promuovere nuovi saperi e ricerche.
La progettazione di un percorso modulare mette in gioco
non solo le competenze culturali e professionali dei docenti
ma anche la loro originalità e creatività ( richiamo il rischio di
frammentazione) e la loro capacità di lavorare in gruppo.
La progettazione modulare proprio perché flessibile e autonoma, ma nello stesso tempo spendibile, deve tener conto
delle possibili interconnessioni con altri moduli della stessa o
di altre discipline.
Le connessioni potranno essere seriali (sequenze lineari di
moduli secondo un principio di propedeuticità) o paralleli (con
contenuti, conoscenze nodali per più di una disciplina).
Momenti essenziali nella programmazione per moduli riguardano la valutazione e la verifica che hanno soprattutto
una funzione diagnostica piuttosto che sanzionatoria del percorso didattico.
— 29 —
Verso tale apertura e flessibilità si muove l’autonomia didattica. Infatti il punto 2 dell’art. 4 del già citato regolamento
precisa che le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni
adottando forme di flessibilità che ritengono opportune e tra
l’altro:
a) articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina e attività, nel senso che la suddivisone dell’orario può rispettare criteri diversi da quelli classici e consolidati
dell’orario settimanale di lezione in relazione anche alle attività previste;
b) la definizione di unità di insegnamento non coincidenti
con l’unità oraria di lezione, nel senso che si possono progettare percorsi didattici in cui la tradizionale ora di lezione può
essere modificata secondo le esigenze programmate;
c) l’attivazione di percorsi didattici individualizzati nel rispetto del principio generale dell’integrazione degli alunni nella
classe;
d) articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti
dalla stessa o da diverse classi o da diversi anni di corso possono cioè essere programmati percorsi modulari che prevedono la partecipazione di alunni per fasce di livello anche di classi parallele o sequenziali.
Nell’ambito dell’autonomia didattica le istituzioni scolastiche assicurano, tenuto conto degli obiettivi specifici di apprendimento, interventi di recupero, sostegno, continuità e orientamento scolastico e professionale, coordinandosi con le iniziative eventualmente assunte dagli Enti locali.
Tale disposizione riconosce da un lato la carenza nella scuola tradizionale della continuità tra corsi e livelli di studio e
l’orientamento che abbiamo visto nelle pagine precedenti essere tra le cause più importanti di insuccesso scolastico.
— 30 —
Continuità dovrebbe quindi essere garantita da forme di
comunicazione più facili tra docenti e istituzioni che consentano di progettare e concretizzare interventi omogenei almeno
negli stili relazionali e nella definizione degli obiettivi e dei
prerequisiti.
L’orientamento inoltre dovrebbe essere di tipo formativo,
finalizzato cioè a far acquisire consapevolezza metacognitiva
e coscienza delle proprie motivazioni, dei propri talenti e stili
cognitivi al fine di orientare verso una scelta responsabile gli
allievi e garantire così un successo formativo che faccia di questi
dei cittadini, dei lavoratori e degli uomini responsabili e maturi nelle loro scelte.
— 35 —
Appare chiara inoltre la volontà di integrare il sistema di
istruzione e di formazione con il territorio e con le sue caratteristiche culturali, sociali e economiche alla luce del processo di
decentramento burocratico e amministrativo.
I criteri per il riconoscimento dei crediti e per il recupero
dei debiti sono individuati dalle istituzioni scolastiche:
— avuto riguardo degli obiettivi specifici definiti nei
curricoli di competenza del sistema nazionale di istruzione;
— tenuto conto della necessità di facilitare il passaggio tra
tipi e indirizzi di studio, di favorire l’integrazione tra sistemi
formativi, di agevolare il rientro e le uscite tra scuola, formazione professionale e mondo del lavoro.
Ancora una volta si tratta di una profonda e sentita volontà di integrare il sistema di istruzione con percorsi formativi
alternativi soprattutto di carattere professionale e lavorativo.
Come abbiamo infatti visto nelle pagine precedenti parlando di istruzione e formazione, riferendoci in particolare alle
tesi di Bertagna che considera educativi anche la formazione
professionale e le esperienze lavorative, bisogna riconoscere
che un difetto del sistema scolastico italiano rispetto a quelli
europei, che hanno bassi livelli di insuccesso scolastico, è il
carattere fortemente e pregiudizialmente elitario del sistema
di istruzione, retaggio questo della mentalità gentiliana, che
non garantisce per tutti un livello soddisfacente di istruzione
e di formazione in quanto considera la seconda, soprattutto
quella professionale, scarsamente o per nulla educativa.
La definizione di criteri omogenei di crediti e per il recupero dei debiti consente invece di passare da un tipo a un altro di
scuola, garantendo a tutti, secondo le caratteristiche e le
potenzialità individuali, il successo formativo e lo sviluppo e
la crescita individuali.
Per completare questo discorso vogliamo fare riferimento
anche ad alcuni punti dell’art. 8 e dell’art. 9 concernenti la
tuzione di processi di coordinamento e di integrazione tra scuole
che mettono in comune risorse tecniche, competenze e conoscenze per ampliare l’offerta formativa.
Anche in questa ottica si parla di autonomia nell’ambito
della ricerca, della formazione, della sperimentazione e dello
sviluppo. Più scuole possono progettare e condividere in rete:
— progetti riguardanti la ricerca formativa, valutativa,
metodologica e didattica;
— la documentazione e la sua diffusione all’interno della
scuola;
— scambi di informazioni, materiali ed esperienze;
— progetti di formazione e di aggiornamento del personale;
— integrazione tra diverse articolazioni del sistema scolastico e fra diversi sistemi formativi inclusa la formazione professionale.
L’orientamento e la continuità sono compiti fondamentali
attribuiti alle istituzioni scolastiche dall’autonomia in quanto
essi costituiscono i punti più deboli del sistema di istruzione e
di formazione della scuola italiana. Abbiamo già detto che l’analisi dei drop out mette in evidenza che i ragazzi scontano spesso a proprie spese carenze nella continuità tra tipi, livelli e
indirizzi di studio e nella scelta, spesso non ragionata, dei percorsi didattici.
— 31 —
Inoltre le reti di scuole possono progettare, realizzare laboratori condivisi a livello locale, regionale e nazionale riguardanti:
— la ricerca didattica e la sperimentazione;
— la documentazione di ricerche, esperienze, documenti e
informazioni
— la formazione del personale;
— l’orientamento scolastico e professionale.
— 34 —
Veniamo ora ad un altro punto nodale della riforma in senso
dell’autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche.
Il processo integrato di ampliamento, progettazione e di
realizzazione di interventi educativi e formativi, in accordo
con le iniziative degli enti locali richiede uno sforzo di organizzazione non sempre sostenibile dalle singole istituzioni scolastiche.
Per questo motivo un punto nodale della riforma è la costi-
definizione dei curricoli cioè di quegli elementi che rendono
unitario, omogeneo e quindi egualitario il processo di apprendimento su tutto il territorio nazionale, risolvendo il grave rischio di frammentarietà e di disuguaglianze di opportunità
culturale, economiche e sociali che una autonomia assoluta
potrebbe apportare.
Anche in questo articolo è riconosciuta, al punto 4, la necessità che i curricoli debbano tenere conto:
— delle esigenze formative degli alunni;
— della necessità di garantire efficaci azioni di continuità
e di orientamento;
— delle caratteristiche culturali, economiche e sociali del
territorio anche in rapporto alle esigenze espresse dalle famiglie e dagli enti locali.
Nel punto 1 dell’art. 9 si precisa che le istituzioni scolastiche singolarmente, in rete o consorziandosi, realizzano
ampliamenti dell’offerta formativa che tengano conto delle esigenze del contesto delle realtà locali soprattutto in favore dei
propri alunni e/o, coordinandosi con eventuali iniziative degli enti locali, in favore della popolazione adulta o giovanile.
Nell’ambito dell’autonomia e delle funzioni attribuite alle
istituzioni scolastiche un punto fondamentale è il principio che
la scuola deve diventare un polo di riferimento per il territorio
e per le varie agenzie formative eventualmente presenti in questo.
La scuola non può più essere un’isola dove viene trasmessa la cultura, essa deve al contrario aprirsi alle esigenze del
territorio e concertare con esso, tramite convenzioni e contratti,
interventi integrativi formativi e di istruzione che mirino allo
sviluppo della persona, coerentemente alle caratteristiche del
territorio e ai bisogni della comunità.
Punto fondamentale della riforma in senso autonomistico
della scuola è l’esigenza che essa si responsabilizzi di fronte ai
— 33 —
fruitori dell’intervento stesso in relazione ai risultati ottenuti
nel processo di intervento didattico ed educativo.
Uno dei principali ostacoli alla innovazione, infatti, è proprio il carattere autoreferenziale dell’istituzione in quanto è
mancato in passato un momento di verifica e di valutazione
della qualità in termini di efficacia e di efficienza dei processi
di insegnamento-apprendimento (vedasi pagg. 14-15).
Il principio giuridico fondamentale è che, come avviene
generalmente in ogni settore vitale della società, l’ente incaricato della valutazione sia indipendente dall’ente che eroga tale
servizio. C’è però all’interno delle scuole molta resistenza a
far passare tale idea e questo per diversi motivi il più importante dei quali è il pregiudizio che la valutazione riguardi la
persona del docente e non la qualità del suo intervento e dei
processi di insegnamento-apprendimento e questo non per una
censura o una critica, ma per orientare in senso operativo e
dove necessario modificare, attraverso la diagnosi delle carenze
relazionali e processuali, l’operato del docente.
In fondo si tratta di fare ciò che egli dovrebbe fare ogni
volta che valuta i risultati del proprio intervento sull’alunno.
Questa, infatti, non dovrebbe significare mai valutare la persona, ma prendere in considerazione i risultati per orientare,
recuperare, integrare, ciò nei processi di apprendimento e di
insegnamento è fallito.
— 32 —