il medioevo-le origini della lingua e della letteratura italiana
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il medioevo-le origini della lingua e della letteratura italiana
L'età e la cultura medievale L'età medievale Nel lungo periodo dell'età medievale, cioè nell'arco di tempo che va dalla caduta dell'impero romano (476 d.C.) fino almeno a tutto il XII secolo, la lingua d'uso rimase, nella maggioranza dei casi, il latino. Nell'età medievale si registrarono innegabili sintomi di decadimento e di imbarbarimento nella vita civile e culturale, con il conseguente declino dell'arte classica e della letteratura latina. Bisogna tuttavia specificare che, dietro le più appariscenti manifestazioni di decadenza, si celava in realtà un faticoso processo di trasformazione, dal quale ebbero origine e si elaborarono le forme di una nuova civiltà e di una nuova letteratura (la cosiddetta letteratura medievale, ricca di opere scritte in un latino sempre più diverso da quello dell'età classica). Contemporaneamente alla caduta degli antichi ideali politici e religiosi, sorse e si sviluppò la nuova forza del Cristianesimo (con la sua più intima e profonda concezione del mondo), che penetrò nelle coscienze, si diffuse in tutti gli strati sociali e seppe rinnovare nell'intimo la vita morale e spirituale e le stesse strutture politiche dell'Impero romano. È però da precisare che, pur nello sfacelo del mondo antico, durante il Medioevo non venne mai meno l'influenza della civiltà romana. Si deve anzi parlare di una vera e propria continuità della tradizione culturale classica (come gli studi di diritto, le scuole di grammatica, la cultura retorica), preservata dalla continuità della vita politica e civile, pur attraversando le più varie e profonde trasformazioni spirituali e sociali (come il trionfo del cristianesimo, le invasioni barbariche, lo sviluppo dell'economia feudale). Il Cristianesimo, infatti, raccolse l'eredità culturale e politica della tradizione romana e, lungi dal contrastarla o negarla, l'arricchì progressivamente di un nuovo contenuto spirituale, proponendo una più intima e profonda concezione del mondo, basata sul riconoscimento della presenza provvidenziale di Dio in ogni vicenda umana e terrena e sull'esaltazione dei valori morali. La decadenza della cultura nell'alto medioevo 1. Agli inizi del secolo VI risalgono le opere di due notevoli scrittori che rappresentano le prime testimonianze della cultura medievale, classica e cristiana. Il primo è Cassiodoro, segretario di Teodorico, che lasciò, oltre a opere storiche e teologiche, numerose lettere d'ufficio (Variae), redatte in uno stile piuttosto ampolloso, ma di grande importanza documentaria per la storia del tempo. L'altro è Severino Boezio (vissuto anch'egli al tempo di Teodorico), che fu la figura di maggior rilievo culturale della sua epoca, e che, caduto in disgrazia, scrisse in carcere il trattato De consolazione philosophiae, opera di grande dignità umana e letteraria, che ebbe particolare fortuna e diffusione durante tutto il Medioevo, giungendo fino a Dante. 2. Il secolo VII fu caratterizzato da una effettiva decadenza della vita intellettuale e culturale, che si protrasse all'incirca fino al secolo X. Tuttavia anche in questo periodo non mancarono i segni di una persistente, sebbene sporadica, vitalità della nuova cultura medievale. Tra gli scrittori di questo periodo ricordiamo soltanto le due personalità di maggior rilievo: -Paolo Diacono (720-797), di origine longobarda, autore di numerosi versi, non privi di eleganza e di un'importante opera la Historia Langobardorum. Quest'ultimo componimento contiene notizie interessanti sulle imprese di guerra e sulla vita del popolo longobardo. -Liutprando di Pavia (922-972), vescovo di Cremona, che scrisse l'Antapodosis (o contraccambio), una vivace opera di polemica storica contro Berengario II, in cui sono narrati, con acume e con indubbio senso della realtà, i più importanti avvenimenti dell'epoca. Il risveglio della vita comunale e il risorgimento della cultura nei secoli XI e XII 1. A partire dal secolo XI con il progressivo disgregamento delle strutture economico-sociali del mondo feudale e con il conseguente sviluppo della vita cittadina e delle nuove forme della civiltà comunale, si registrò una mirabile fioritura della vita culturale e artistica. La cultura, parzialmente trascurata dalla società barbarico-feudale, assunse in questo periodo sempre maggiore importanza e si diffuse nei diversi strati sociali. In particolare gli autori ecclesiastici coltivarono maggiormente gli studi di teologia e di filosofia, mentre i laici diedero speciale incremento agli studi di diritto e di medicina. 2. Per quanto riguarda lo sviluppo degli studi teologici e del pensiero filosofico, è da tenere presente l'eccezionale personalità di San Pier Damiani (1007-1072), autore di vigorose opere polemiche contro la decadenza è la corruzione dei costumi ecclesiastici dell'epoca. Nello stesso periodo, contrassegnato dall'espansione della vita comunale e dal grandioso conflitto tra l'Impero e i Comuni, acquistarono sempre maggiore importanza e assunsero un nuovo slancio creativo gli studi giuridici. A questo proposito è da ricordare in modo particolare la fondazione dello Studio di Bologna, che diede impulso alle nuove interpretazioni del Corpus Juris di Giustiniano, diventando il centro di formazione dei più autorevoli maestri del diritto romano. Tra questi ricordiamo la figura di Irnerio, fondatore di una vera e propria scuola di interpreti del diritto antico. Infine, in campo scientifico, specialmente in virtù dei nuovi studi di medicina, è degno di menzione il cartaginese Costantino Afro (sec. XI), fondatore della famosa scuola di Salerno. 3. Non mancarono in questi secoli interessanti, ma non molto profonde, opere storiche, caratterizzate da una concezione provvidenziale della vita, che riconosceva la presenza e la volontà razionale di Dio in ogni azione umana. Particolarmente notevole fu, a questo proposito, l'opera del milanese Sire Raul e del lodigiano Ottone Morena (entrambi del secolo XII) che riportarono, con una certa vivacità artistica e sentimentale, la cronaca e le vicende politiche di Milano e della Lombardia. Si devono ricordare il genovese Caffaro, autore degli Annales Januenses, particolareggiata cronaca della città di Genova e Ugo Falcando che scrisse un'interessante opera sulla storia della Sicilia sotto i Normanni, animata da interessi terreni e mondani, è redatta con un particolare cura dello stile, non ignaro del l'esempio dei classici. Nello stesso periodo acquistarono sempre maggiore importanza anche gli studi retorici, che promossero la nascita di una precisa tradizione letteraria, atta a fornire i precetti e le regole per una scrittura formalmente raffinata ed elegante (non esente, tuttavia, da inutili ricercatezze fin troppo artificiose ed elaborate). Per quanto riguarda gli studi di retorica (intesa come una sorta di scienza dello scrivere) ricordiamo nel secolo XI, l'opera di Alberico da Montecassino e nel secolo XII la composizione delle famose Artes dictandi, veri e propri trattati di arte retorica, destinati ad avere particolare influenza anche sulla letteratura creativa seguente. 4. La complessa attività culturale e letteraria che caratterizzò i secoli XI e XII comprende, inoltre, numerose composizioni in versi, non prive di sentimento e di un certo decoro espressivo, sebbene spessi trascurabili sul piano di un effettivo valore artistico. Tra i più notevoli cultori della poesia latina, particolarmente significativa fu l'opera del toscano Arrigo da Settimello (secolo XII), autore del poemetto in metro elegiaco De diversità te fortunae et philosophiae consolazione. In quest'opera di stile mediocre, ma improntato all'esempio dei classici, riecheggiano i motivi psicologici e morali che avevano già animato l'opera di Boezio. Sono poi da ricordare, sempre nel secolo XII, i cosiddetti canti goliardici (particolarmente diffusi in Francia e in Germania e in seguito anche in Italia), composti in versi singolarmente agili e vivaci e ispirati a un sentimento libero e gioioso della vita (come per esempio l'esaltazione del vino e dell'amore). 5. Nel frattempo, già alla fine del secolo X cominciarono ad apparire i primi componimenti scritti nelle lingue neolatine o volgari. Proprio in questo arco di tempo, infatti, vennero gettate le basi per la nascita delle letterature romanze, dove l'impronta della grande tradizione latina, a contatto con le varie caratteristiche nazionali, trovò la sua espressione in nuove forme di poesia, spontanea e dotta nel medesimo tempo. La cultura latina del secolo XIII 1. Nel corso del secolo XIII la cultura latina raggiunse la sua espressione più complessa e più alta. In questo periodo, infatti fiorirono le opere più significative nel campo degli studi teologici, dell'arte retorica, degli studi storici e delle scritture poetiche. Nel campo degli studi teologici si levò su tutti l'eccezionale personalità del domenicano San Tommaso d'Aquino (1225-1274), docente all'università di Parigi, che scrisse la Summa Theologiae, l'opera più alta della filosofia medievale, improntata alle più rigorose esigenze del razionalismo scolastico. Accanto a San Tommaso si deve ricordare il francescano San Bonaventura da Bagnoreggio (1221-1272), che insegnò anch'egli all'università di Parigi e scrisse l'Itinerario mentis in Deum, un'opera percorsa da una fervida ispirazione mistica. 2. Per quanto riguarda gli studi di retorica, proprio nel secolo XIII si annoverarono, soprattutto nel centro universitario di Bologna, i più insigni maestri e autori, come il famoso Boncompagno da Signa, autore di un celebre trattato (intitolato appunto il Boncompagnus), in cui sono affrontati in modo sistematico i problemi della retorica e della tecnica espressiva. Un altro insigne maestro, nel campo degli studi retorici, fu il bolognese Guido Faba, che scrisse la Gemma purpurea, un testo veramente esemplare sull'arte dello scrivere. Nel campo degli studi storici, è da ricordare l'importante figura del francescano Fra Salimbene Adami da Parma, autore del Chronicon, un'opera che riporta con un'informazione colorita, le principali vicende della vita italiana del Duecento (per esempio la cronaca della città di Parma o le imprese di Federico II). Il componimento scritto in un latino di tono popolare, non esente, da espressioni in volgare, risulta sostanzialmente fedele alla realtà, sebbene i fatti siano riportati in modo piuttosto disorganico. 3. Per quanto riguarda, infine, le composizioni in versi appartenenti al secolo XIII, particolare rilievo assumono alcuni inni religiosi, tra cui il Pange lingua (da attribuirsi probabilmente a San Tommaso d'Aquino), lo Stabat Mater, un fervido canto di passione religiosa e, in modo particolare, il Dies irae (attribuito al Francescano Tommaso da Celano), l'opera più significativa della poesia medievale in lingua latina. L'origine della lingua italiana Il latino volgare La lingua italiana deriva dal latino volgare. La lingua latina infatti presentava anticamente due forme: una letteraria o scritta (latino letterario), usata dai dotti e dalle persone di condizione più elevata; una volgare o parlata (latino volgare), usata dalla plebe e dalle persone meno colte. Il latino volgare veniva indicato anche con il nome di sermo plebeius, rusticus, militaris, cotidianus... L'italiano è in realtà il latino stesso, così come si è via via trasformato nei secoli, secondo un'intera legge di svolgimento storico. L'italiano è la forma assunta dalla lingua latina nel corso delle sue secolari trasformazioni, conseguenti al modificarsi degli usi, delle istituzioni e dei costumi. Le colonie latine I coloni latini esportarono nelle province il latino volgare, che subì in tal modo numerose alterazioni, a seconda delle lingue parlate dalle popolazioni locali. Queste differenze si fecero naturalmente più accentuate con la caduta dell'Impero: a partire dal secolo V in poi, spezzata l'unità politica, anche l'unità linguistica andò gradatamente perdendosi e dal latino volgare sorsero le lingue romanze o neolatine (cioè romanizzate o nuove latine). Le lingue romanze o neolatine Le principali lingue neolatine sono sei: portoghese, spagnolo, francese o lingua d'oïl, provenzale o lingua d'oc (da cui l'aggettivo occitano), rumeno e italiano. Un'altra unità linguistica neolatina è costituita dai dialetti ladini, parlati in tre zone distinte delle Alpi: il Friuli, una parte del Trentino, il Cantone dei Grigioni. Il nuovo volgare italiano I mutamenti principali subiti dal latino nella sua trasformazione in volgare italiano furono: -la perdita del neutro -la perdita dei casi (o declinazioni), sostituiti dalle preposizioni -la scomparsa della forma passiva del verbo -l'aggiunta dell'articolo -l'instaurazione di una nuova forma di futuro La nuova metrica volgare Non meno profonda fu la trasformazione subita dalla metrica antica. La metrica antica era quantitativa cioè si fondava sulla quantità delle sillabe (lunghe e brevi); la metrica volgare è accentuativa, cioè si fonda sul l'accento delle sillabe. Vengono inoltre introdotte la rima e la strofa, già molto usate nei versi latino della decadenza. I primi documenti della lingua italiana I primi documenti del volgare italiano risalgono al IX e la X secolo, per quanto tracce di volgare si incontrino già in parole e frasi dal VI secolo, soprattutto in iscrizioni. Tracce sempre meno occasionali della trasformazione linguistica in atto, con le sue novità più spiccate, compaiono in una carta pisana del 730, assai simile a un documento lucchese del 746. Esempi di questo genere, in cui le forme volgari cominciano ad apparire e manifestarsi con una certa insistenza, diventarono in seguito sempre più frequenti. Tra i primi documenti della lingua italiana si possono ricordare: 1)l'Indovinello veronese (IX secolo): "Se pareva boves - alba pratalia araba - et albo versorio teneba - et negro se en seminaba" (Spingeva avanti i buoi, arava bianchi prati e teneva un bianco aratro, e seminava nero seme). Si tratta di un indovinello che indica l'atto dello scrivere, scoperto in un codice della Biblioteca Capitolare di Verona. I buoi sono le dita, il campo bianco è il foglio di carta, il bianco aratro la penna d'oca e il nero seme è l'inchiostro. Dal punto di vista linguistico, nel documento permangono ancora elementi latini (per esempio semen) ma si fa sempre più forte la presenza di elementi volgari (per esempio versorio, vocabolo tipico del dialetto veneto); 2)la Carta capuana (960), un documento notarile che tratta una questione di proprietà tra l'abate di Montecassino è un certo Rodelgrimo d'Aquino. Il documento è in latino, ma la formula di giuramento è scritta in una lingua ormai volgare. I primi documenti della letteratura italiana A partire dal secolo XI, i documenti in volgare non solo diventano più frequenti e diffusi, ma in alcuni casi comincia a porsi in evidenza una più o meno decisa ambizione letteraria dei componimenti stessi. Tra i documenti della letteratura italiana si possono ricordare 1)il Ritmo laurenziano (1150 circa), una cantilena in ottonari, scritta da un giullare in onore di Grimaldesco, vescovo di Osimo e di Villano, vescovo di Pisa, davanti al quale il giullare recita i suoi versi, nella speranza di ottenere in premio un bel cavallo balzano; 2)il Ritmo cassinese (fine del sec. XII), un dialogo in versi intorno alla vita celeste e alla vita terrena, sicuramente opera di uno scrittore colto. Si tratta di componimenti che dimostrano buona cultura e notevole abilità tecnica. È da osservare che, tra i vari volgari di ambito regionale (il lombardo, l'umbro, il siciliano...) prevalse alla fine, per ragioni storiche, geografiche e letterarie, il fiorentino, la lingua di Dante e della Divina Commedia. La letteratura francese provenzale L'influenza della cultura francese e provenzale sulla letteratura italiana Tra le letterature romanze, quelle che più influirono sui primordi della nostra letteratura volgare furono la letteratura francese (in lingua d'oïl) e la letteratura provenzale (in lingua d'oc). Entrambe queste letterature avevano già raggiunto il loro pieno sviluppo nei secoli XI-XII, cioè prima della nostra letteratura in volgare, perché fu in esse meno intenso il culto della tradizione latina. Negli stessi secoli in Italia si può registrare l'affermarsi di una nuova letteratura (opere teologiche, studi giuridici...), che preferisce esprimersi ancora in latino, la lingua universale della classicità. La letteratura francese 1. La letteratura francese ebbe la sua prima fioritura verso la fine del secolo XI e divenne sempre più ricca e completa lungo tutto il secolo successivo. La letteratura francese, o in lingua d'oïl, ci presenta due cicli poetici particolarmente famosi: A)il Ciclo carolingio, che comprende le canzoni di gesta (chansons de geste), poemi epici diffusi anche in Italia, soprattutto in ambienti popolari. Essi cantano le imprese leggendarie di Carlo Magno e di Orlando contro i saraceni, e hanno carattere essenzialmente religioso e patriottico. L'opera più importante di questo ciclo è la Chanson de Roland, un poema anonimo (forse di Turoldo), scritta negli ultimi anni del secolo XI o all'inizio del XII. L'opera, che narra la gloriosa e commovente morte di Orlando al passo di Roncisvalle per il perfido tradimento di Gano di Maganza, avvince per la sua composizione compatta e coerente e per la personale ispirazione artistica. B)il Ciclo bretone, che comprende i cosiddetti romanzi cortesi, molto apprezzati delle classi aristocratiche e signorili. Il ciclo, di carattere eroico e romanzesco ha per soggetto le avventure di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda: i suoi eroi principali sono Lancillotto, amante di Ginevra e Tristano amante di Isotta, moglie del re Marco. Tra le opere principali di questo ciclo sono da ricordare il Lancillotto e il Tristano, romanzi in prosa. Nell'ambito di questo ciclo si pongono anche i poemi religiosi del Santo Graal (la coppa in cui Giovanni d'Arimatea aveva raccolto il sangue di Gesù crocefisso) con i personaggi di Parsifal, puro e generoso, e di suo figlio Lohengrin, votato alla difesa degli oppressi. Il più grande dei romanzieri francesi e il vero creatore della tradizione romanzesca bretone fu Chrétien de Troyes, che scrisse i suoi più famosi poemi nella seconda metà del secolo XII: si tratta di un poeta veramente geniale e di profonda cultura, acuto nelle intuizioni psicologiche e potente nei tratti rappresentativi. 2. Una diretta influenza della letteratura francese nella nostra penisola si nota nei cosiddetti poemi francoveneti, scritti in un linguaggio tra francese e veneto. I principali tra questi poemi sono l'Entrée d'Espagne (fine secolo XIII), di un ignoto autore padovano e La Prise de Pampelune (sec. XIV) di Nicolò da Verona, che celebrano le imprese francesi nella penisola iberica prima del tradimento di Roncisvalle. La letteratura provenzale 1. La letteratura provenzale rispecchia le condizioni culturali e il costume sociale della Provenza e ha carattere feudale, cortigiano e cavalleresco. I poeti di Provenza, detti trovatori (trobar=poetare), cantano principalmente d'amore: un amore inteso come "fino amore", cioè adorazione e omaggio quasi feudale del poeta verso la donna, creatura bellissima dotata di ogni virtù. Si tratta di una lirica sentimentale, a volte un po' arida, ma di fine sapienza psicologica e straordinaria perfezione formale. Il suo influsso sui temi letterari e sulle forme artistiche delle età successive fu veramente profondo e duraturo. Nell'ambito della scuola provenzale possiamo distinguere una corrente "dolce e leggiadra", che ha il suo poeta più melodioso in Bernart de Ventadorn (sec. XII), animato da una fervida e schietta ispirazione d'amore e una corrente "aspra e sottile", che ha dato i suoi risultati più alti nella poesia difficile e tormentata di Arnaut Daniel (sec. XII), giustamente ammirato da Dante per le sue personali e vigorose canzoni d'amore. Altri famosi poeti di Provenza furono Bertrando de Born (sec. XIII), che cantò le armi; Gerard de Borneill (sec. XII), che cantò la rettitudine; e Jaufré Rudel (sec. XIII) che cantò il suo malinconico "amore in terra lontana" per Melisenda, contessa di Tripoli. 2. Una diretta influenza della letteratura provenzale nella nostra penisola è da notare in alcuni rimatori che scrissero in lingua d'oc: I principali tra questi trovatori italiani furono Sordello da Goito (sec. XIII), autore particolarmente stimato da Dante, celebre soprattutto per il Compianto in morte di ser Blancatz, una violenta invettiva politica contro l'imperatore e i sovrani del tempo, e il genovese Lanfranco Cigala (sec. XII), che scrisse sincere Canzoni alla Vergine e appassionate poesie d'amor, in cui affiora una nuova e originale ispirazione poetica. La letteratura italiana del Duecento Nonostante la diffusione del rivoluzionario linguaggio volgare, la letteratura italiana continuò fedelmente la tradizione letteraria latina. La nostra letteratura nacque, infatti, in un ambiente colto, profondamente influenzato dall'esempio della latinità classica e medievale. A questo va poi aggiunta la più evidente influenza della letteratura francese e provenzale, così appassionatamente studiate e bene assimilate dai nostri autori. Il cosiddetto ritardo della letteratura italiana nei confronti di quella francese e provenzale non è dovuto in alcun modo a una qualsiasi nostra inferiorità di ordine spirituale, ma anzi ai nostri più stretti e intensi scontati con il mondo è con la lingua latina. Già nei secoli XI e XII, infatti, compare una letteratura che si deve riconoscere ormai come italiana (San Pier Damiani, Irnerio, Arrigo da Settimello), ma che preferisce esprimersi in latino. Allo stesso modo anche la letteratura italiana del secolo XIII va vista e studiata nella più stretta connessione con la letteratura latina del tempo (San Tommaso, San Bonaventura, Fra Salimbene Adami...). Pur nella diversità della lingua, permane nelle opere di questo periodo una comune atmosfera spirituale, che conferisce una sostanziale unità a tutto il complesso moto culturale del Duecento.