MANIFESTO sett. (3) - i.i.s. bruno
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MANIFESTO sett. (3) - i.i.s. bruno
AVANGUARDIA NELLA TRADIZIONE: “I nostri elleni sono gli ingegneri” (Adolf Loos) [ antefatto] LEON BATTISTA ALBERTI Quando Poliziano presenta al Magnifico il De re edificatoria, esalta l’Alberti come l’ingegno più multiforme del Rinascimento, l’uomo che aveva dominato la realtà e i problemi più ardui delle lettere e delle scienze naturali, «padrone del tutto» quando pochissimi lo erano dei singoli argomenti (Epistole, X 7). L’Alberti aveva una vera sete di conoscenze scientifiche oltre che archeologiche ed edilizie. Possedeva inoltre il gusto per la soluzione dei problemi pratici, sostenuto da un compiuta cultura matematica. Ma considerava eccessivo andare oltre il sapere effettuale e cercare, col pensiero, di penetrare i segreti di Dio, anche se ritenne che l’uomo fosse dotato dalla natura della capacità di intenderne il meccanismo. Con i tre scritti sull’arte, inserì la riflessione scientifica nella struttura del processo creativo. Il De statua e soprattutto il De pictura sono le prime opere sulle arti belle che meritino il nome di “trattato”, ipotizzando che l’artefice deve conoscere i canoni della bellezza per misurare gli effetti dei mezzi che impiega: «Mai ponga lo stile o suo pennello, se prima non bene con la mente arà costituito quello che elli abbi affare et in che modo abia a condurlo» (De Pittura, III, 110). Il pittore deve padroneggiare geometria e matematica e questa convinzione della prossimità tra arte e scienza lo guidò nella comprensione teorica della prospettiva ossia della intelaiatura del nuovo modo di dipingere, già in atto con Masaccio e Brunelleschi. L’opera maggiore in campo artistico la realizzò in quanto architetto, sia con il De re edificatoria che con gli edifici eretti o ricomposti in diverse città. “Architetti”, per l’Alberti, sono quelli che noi denominiamo ingegneri, idraulici, costruttori di ponti, e perfino di navi, gl’inventori di congegni utili a tutte queste attività: ossia, l’omnium commoditatum inventor. Così, per riassumere, abitare bene e comodamente è la cosa che l’uomo deve perseguire con più impegno. Similmente, con i Ludi rerum mathemathicarum Alberti punta a dimostrare “gli interessantissimi compiti che la matematica può assolvere e gli ingegnosi artifici che può suggerire nelle varie situazioni concrete. Strumento altrettanto essenziale- secondo Ludovico Geymonatper l’arte, per la tecnica e per l’elaborazione di una immagine scientifica del mondo” , gli studi albertiani di fisica, di matematica e di geometria accostati a quelli di architettura indicano, per Cecil Grayson, il punto in cui ethos, scienza e arte si vengono incontrando: «Da lo ingegno la invenzione; da la esperienza, la cognizione; da lo giudicio, la elezione; dal consiglio, la composizione; e con l’arte poi si rechi a fine quel che altri si mette a fare» (De re edificatoria, XI 10) «Fare»: nel manuale di etica e impegno civili, Della famiglia, la condanna dell’ozio è assoluta. L’esistenza umana consta dell’energia dispiegata nel «tempo» che, accanto al «corpo» e all’«anima», è il terzo elemento della soggettività. Disposizione vitale che si ha quanto più si produce e principio costituente inalienabile (per ciò diverso dagli altri due), il tempo consente, col suo saggio impiego, di attingere quella «virtù» che può contrapporsi ai casi sinistri della «fortuna». Tra «virtù» e «fortuna», la prima è destinata a vincere, se si adottano le regole “difensive” riassunte nella nozione genera le di «prudenza». La direzione del trattato (importante anche per scelta della lingua, diretta contro la resistenza opposta dagli umanisti al volgare), “né solo etica, né solo utilitaria, ma le due cose assieme”, punta al valore schiettamente terreno dell’homo faber fortunae suae. Ma, attraverso questa scoperta del «tempo», “tutta la storia – disacralizzata – diventa fatto umano, degli uomini fattori, agenti” (A. Tenenti – R. Romano). Marco BERTOZZI –Università di Ferrara: “Il mondo alla rovescia” Riso e follia nel Momus di L. B. Alberti. Venerdì 4 novembre Alberto Giorgio CASSANI – Accademia delle Belle arti di Venezia: "Migrazioni di un simbolo". L'«occhio alato», da Leon Battista Alberti a Dylan Dog. Giovedì 24 novembre. Andrea PINOTTI – Università di Milano: “Buon giudice lo specchio” Le immagini speculari a partire dal De Pictura di L. A. Alberti. Venerdì 2 dicembre PLUS Massimo Marchiori – Università di Padova “Nuovi ingegnosi artifici: reti e Web” [data da stabilire] AVANGUARDIA NELLA TRADIZIONE: “I nostri elleni sono gli ingegneri” (Adolf Loos) [ compimento ] LE CORBUSIER Toccò a Le Corbuiser dimostrare la verità di ciò che Loos aveva solo intuito, e cioè che i transatlantici e le macchine per scrivere sono progettati meglio della maggior parte delle opere architettoniche. E fu lui ad avvertire che i grattacieli potevano essere usati non solo per sfruttare al massimo il valore dei terreni, ma anche perché, ampiamente distanziati tra alberi e laghetti, potevano restituire lo spazio guadagnato, concedendo alla gente comune di vivere fra la luce, l’aria e il verde. Tra i grandi artefici del rinnovamento architettonico, con Wright, Gropius e Mies, fu quello che più seppe creare interesse, dibattito e clamore. Nei movimenti degli anni ’20, l’architettura aveva assunto un ruolo egemonico. Ambiva a fondare nuove regole per una unificazione dell’arte d’avanguardia e, après le cubisme, Le Corbusier e Ozenfat diedero, con «L’esprit nouveau, la prima rivista del mondo consacrata all’estetica per tutte le sue manifestazioni nel nostro tempo, volta a far comprendere lo spirito che anima l’epoca contemporanea e a dimostrare che è altrettanto bella di quelle del passato in cui si vorrebbe aver vissuto» (ottobre 1920). Le Corbusier, ha scritto Mies van der Rohe nell’elogio funebre, faceva pensare agli artisti del Rinascimento che costruivano, dipingevano e scolpivano, tutto allo stesso tempo. Inoltre, si esponeva come risolutore dei conflitti sociali proponendo l’architettura non solo come un’arte pratica, ma anche come espressione della vicenda in cui l’uomo, dall’arredo della casa all’articolazione della città, inventa lo «spazio». Le innovazioni della tecnica costruttiva, l’industrializzazione del cantiere, l’uso di nuovi materiali all’inizio non erano l’obiettivo ultimo, ma meri strumenti di emancipazione da restrizioni storiche. Raffigurando «lo spirito dell’era della macchina», i nuovi dispositivi hanno incitato all’abbandono della decorazione. Poi, il cemento armato è diventato un simbolo di alienazione e gli architetti modernisti, accusati di esasperato esprit de géométrie, hanno sofferto di cattiva fama per l’esito manifesto di certi progetti: mura coperte di graffiti, prati fioriti di cartaccia e plastica, cemento rigato di umidità giallastra; ma molti principi espressi da Le Corbusier (pilotis, plan libre, etc.) sono comunemente accettati, anche se altri, legati al concetto provocatorio di machine à habiter, appaiono desueti. L’ idea di pianificazione e la concezione della città come “macchina per vivere” sono andate incontro alla sconfitta, affidate a soluzioni funzionali marcatamente in contrasto con valori e condizionamenti storici. Ma questo non si può dire per alcuni degli ultimi progetti: è il caso del progetto dell’Ospedale di Venezia a cui Le Corbusier stava lavorando al momento della morte. Le implicazioni morfologiche dell’intervento consideravano la città come un sistema “biologico”, un insieme calibrato in tutte le sue parti come un organismo vivente in cui ogni elemento aggiunto avrebbe dovuto trovare il giusto equilibrio nel tessuto urbano, adeguando i ritmi spaziali, la modulazione dell’edificio e la distribuzione funzionale, alle condizioni preesistenti. Le Corbusier aveva appena terminato la Cappella di Notre-Dame du Haut in Ronchamp, il manifesto dell’architettura religiosa contemporanea , era profondamente assorbito nella progettazione di Chandigarh e mentre lavorava ai due volumi del Modulor , nel 1955 pubblicò Le poème de l’angle droite, uno stupendo libro d’arte che combina disegni e testi manoscritti, in un discorso plastico e letterario globale. La ricerca di una sintesi di architettura e arti plastiche aveva già avuto terreni di confronto privilegiati ma l’aspirazione alla riunificazione dei saperi, al centro della sua riflessione in quegli anni, incoraggiò Le Corbusier a far conoscere altri aspetti interessanti della sua personalità di pittore che meritano di essere approfonditi. Francesco DAL CO - Istituto Universitario di Architettura, Venezia: “Che cos’è architettura”. Giovedì 19 gennaio Michele EMMER – Università di Roma “La Sapienza”: “L'idea di spazio da Escher all'architettura fluida”. Giovedì 26 gennaio Maria BONAITI - Istituto Universitario di Architettura, Venezia: “Verso Chandigarh”. Venerdì 27 gennaio PLUS Massimo Marchiori – Università di Padova “Nuovi ingegnosi artifici: reti e Web” [data da stabilire]