Un fantasma percorre l`Europa
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Un fantasma percorre l`Europa
Un fantasma percorre l'Europa 1949/50, olio su tela, cm. 260x300, Galleria d'Arte Moderna di Cà Pesaro, Venezia Aratura 1949, olio su tela, cm. 130x150, Collezione Azen, Pittsburgh Figlio di un caffettiere, Armando Pizzinato nasce il 7 ottobre 1910, a Maniago, piccolo paese del Friuli, ai piedi della montagna, ed è subito festeggiato dalla bandiera tricolore esposta dal padre sul "pergolo" della casa, che si affaccia sulla grande piazza: in mezzo una fontana esagonale. Stinte pitture nella Loggia e un grande leone rampante, affrescato dall'Amalteo, sul muro del palazzetto dei Signori, accendono la sua fantasia di bambino. Armando cresce in un'atmosfera anche fantastica, in una famiglia nella quale per ramo materno - a cominciare dalla madre, Andromenda Astolfo (e la "n" in eccesso è bizzarria dell'anagrafe) - gli zii si chiamano Annibale, Sigismondo, Alessandro, per non parlare della nutrita schiera delle nove zie e della mitica nonna Regina, tutti "personaggi" destinati a restare bene impressi nella sua fantasia. Fra gli alberi, nei boschi, scopre i luoghi segreti delle tane delle volpi, studia la nascita degli uccelli, conosce i loro canti; osserva per ore il grande maglio cadere con fragore sul ferro incandescente, mentre la luce abbagliante rende misteriosa, sovrumana, la figura del battiferro. Ogni lunedì, dalla finestra, vede la fiera che riempie la piazza di contadini, di mercanti, di venditori di stoffe, di animali, di tende multicolori. Disteso sul pavimento della soffitta, poi, per ore disegna a carbone su fogli che nasconde sopra un grande armadio. È il suo segreto. Dopo la guerra la sua famiglia si trasferisce a Pordenone. Pizzinato ha dieci anni. Per gravi dissesti finanziari suo padre muore suicida. A quindici anni, per seguire la propria vocazione, è garzone di un decoratore; pochi mesi dopo è costretto ad impiegarsi in una banca come fattorino e vi resta quattro anni. A contatto con due giovani comunisti scopre Marx e il socialismo: letture, discussioni appassionate nelle lunghe camminate in montagna. Il confronto con l'ambiente gretto della banca fa il resto. Fra i libri di uno studente di architettura vede per la prima volta riproduzioni di opere di Picasso, di Matisse, dei maestri italiani del Novecento. Compra Le Vite di Vasari, che ancora conserva, e una cassetta di colori; ogni volta che può dipinge dal vero dei piccoli paesaggi. Il direttore della banca scopre questa sua passione e gli fa dare lezioni di disegno dal pittore Pio Rossi. Nel 1930 si iscrive all'Accademia di Venezia e segue i corsi di pittura del maestro Guidi. A Venezia incontra Viani e stringe amicizia con Turcato, che a volte lo ospita nella sua casa: interminabili discussioni sulla poesia e sulla pittura moderna francese. Altra "apertura" culturale: la grande mostra di Modigliani alla Biennale. Già in questo periodo il suo interesse è portato alla struttura del quadro e al suo contenuto. Esegue, oltre a un gran numero di nature morte e di figure, quasi tutte distrutte o ridipinte sulla stessa tela (i mezzi erano scarsi), un grande quadro: La famiglia del saltimbanco, di derivazione picassiana (periodo rosa), poi distrutto (esistono del medesimo soggetto due incisioni del 1932). Esegue anche una composizione, Radiosa aurora, ispirata all'idea socialista, esposta a Venezia alla Mostra universitaria d'arte del 1933. La visione della sua pittura di quel tempo è romantica, ma già fuori dal "Novecento" e staccata anche dal provinciale intimismo in cui si rifugiavano allora altri buoni pittori. Nello stesso anno incontra Afro, che da Milano tornava a Udine; parlano di pittura e di socialismo, nasce una solidarietà e una amicizia che dureranno molti anni e si estenderà presto a Mirko e Dino. L'arrivo di Cesetti a Venezia scuote l'ambiente; Cardazzo, fino a quel momento legato ai pittori lagunari di paesaggio, allarga i suoi interessi e inizia la sua importante collezione. Comincia la frequentazione con Santomaso, Viani, De Luigi e con Carlo Scarpa. Nell'aprile del '33, in una mostra di cinque giovani artisti alla Galleria del Milione a Milano, espone cinque quadri. Nel 1936 con la borsa Marangoni è a Roma. Frequenta gli artisti della Cometa: Cagli, Mirko, Mafai, Capogrossi; poi Guttuso, che negli ultimi tempi lo ospita nel suo studio di piazza Melozzo da Forlì. Frequenta anche il Caffé Greco, dove conosce molti scrittori e intellettuali, da Longhi a Montale, da Vittorini a Argan, da Brandi a Landolfi, a Bobi Bazlen, ecc. Nonostante i contatti con gli artisti della Scuola romana e la conoscenza dell'opera del gruppo dei Sei di Torino, la sua posizione non si inquadra in nessuna di quelle tendenze; vi è qualche affinità coloristica con i torinesi, ma il suo interesse è più portato verso lo studio della realtà contro l'intimismo di evasione. Con l'aiuto di Argan, al suo ritorno dal servizio militare, ottiene un incarico presso la Scuola d'arte di Marino. A Roma nel 1940 partecipa con quattro pitture alla IX Intersindacale del Lazio, e gli viene assegnato un premio. Nel '41 conosce Zaira Candiani, che in seguito sposerà e dalla quale avrà l'unica figlia Patrizia (attualmente architetto a Roma). Zaira lo accompagnerà in un fervido sodalizio, condividendo entusiasmi e difficoltà fino alla sua morte, avvenuta la vigilia di Natale del 1962. A lei sarà dedicato l'intenso ciclo dei Giardini di Zaira. La guerra lo riporta a Venezia: riprende contatto con l'ambiente del Cavallino: Arturo Martini, Viani, Santomaso, De Luigi, poi Afro e Dino Basaldella e infine Vedova. Nel 1941 tiene la sua prima mostra personale alle Botteghe d'arte; Viani vi espone una grande scultura. Seguono due anni di intenso lavoro, contrassegnati da vivaci discussioni in particolare sul cubismo, alla fine dei quali espone in due personali, una a Milano, alla Galleria del Milione (in marzo), e l'altra a Venezia, alla Galleria del Cavallino, nell'estate del '43. Nello stesso arco di anni partecipa (nel '40, nel '41 e nel '42) al Premio Bergamo (nel '40 ottiene un premio). Nel settembre del 1943 interrompe la sua attività di pittore e partecipa attivamente alla lotta di liberazione. La sua casa diventa luogo di riunioni clandestine, rifugio di partigiani; il suo studio una stamperia clandestina. Nel dicembre 1944 è arrestato dai fascisti. Liberato dall'insurrezione dell'aprile del '45, nell'ardente clima della Liberazione incontra Vedova, reduce dalla montagna. Vedova è, tra gli artisti veneziani, quello col quale più si approfondisce un'intesa fraterna di ricerca, carica di slanci e di mordente: partenza, tabula rasa del passato, ricominciamento: da zero. Si incontrano tutti giorni, compiendo sempre nuovi esperimenti con la volontà di spogliare di ogni contenuto le vecchie forme per realizzarle in una forma nuova, libera, per consegnarla, con significati e colori nuovi nella purezza della sua astrazione. "Era necessario dirà più tardi Pizzinato - questo atto di coraggio, a costo di essere fraintesi, per conquistare i propri mezzi di espressione liberati da ogni incrostazione tradizionale. II contenuto sarebbe venuto dopo; allora si sarebbe veramente potuto parlare di una nuova civiltà". Il '46 è l'anno più fervido e movimentato, ricco di iniziative, di scontri e di incontri, di polemiche e dibattiti. Nel '46 Pizzinato e Vedova realizzano ed espongono alla Galleria dell'Arco, al Palazzo delle Prigioni, grandi pannelli sulla Resistenza. La mostra ottiene un successo clamoroso: la folla deve essere ordinata dai vigili urbani. L'Arco è una associazione culturale dei giovani di sinistra, che si interessa di letteratura, arte, teatro engagé; nel febbraio vi aveva già organizzato una mostra, Omaggio alla letteratura russa, alla quale avevano partecipato i pittori Bacci, Bortoluzzi, Breddo, De Luigi, De Pisis, Gaspari, Guidi, Minassian, Morandi, Pizzinato, Pornaro, Ravenna, Saetti, Santomaso, Vedova e lo scultore Viani. È durante l'estate di questo agitato '46 che Birolli arriva a Venezia e si unisce al gruppo che, col critico Marchiori, incontra al ristorante L'Angelo: nasce il Fronte Nuovo delle Arti. La vicenda del Fronte è nota. Per volontà di Guttuso e di Pizzinato, il Fronte Nuovo non vuol essere un gruppo di tendenza, ma fronte aperto a quegli artisti che aspirano a un deciso rinnovamento della cultura italiana. Vi coesistono posizioni contrastanti. Pizzinato, in questo momento, è vicino al futurismo, più a quello di Majakowskij che a quello di Boccioni. Non è astrattista, non gli interessa la pittura pura; le sue composizioni hanno sempre una tematica realistica resa dinamicamente e il colore potenziato nei suoi significati simbolici. Al senso e significato di queste sue ricerche un riconoscimento importante viene dal gruppo di artisti e letterati torinesi, che nel febbraio del '47 è accolto con ostilità e diffidenza; l'anno successivo, alla XXIV Biennale di Venezia, ottiene ampio successo di critica, particolarmente straniera. Nel 1949 è largamente rappresentato alla "XX Century Italian Art" organizzata da Barr e Soby al Museum of Modern Art di New York; sempre a New York, l'anno successivo, la Galleria Viviano inaugura la stagione con una mostra di Afro, Cagli, Guttuso, Morlotti e Pizzinato, le cui opere sono successivamente esposte in varie università americane. Nel 1949, presentato da Diego Valeri, Pizzinato allestisce una personale alla Galleria di Pittura di Milano. Nel '50 e invitato al Premio Carnegie di Pittsburgh. Nonostante i successi, intanto, all'interno del Fronte si creano contrasti; vi sono incomprensioni, interventi politici anche pesanti. L'individuali- smo, messo da parte nel momento iniziale di entusiasmo, riaffiora. Il gruppo si scinde; si forma il movimento realista italiano, che si presenta alla Biennale del 1950 con L'occupazione delle terre di Guttuso, Un fantasma percorre l'Europa di Pizzinato, L'osteria di via Flaminia di Mafai, Legittima difesa di Mucchi, Braccianti di Cormor di Zigaina. Nel 1952 Pizzinato espone in una mostra personale alla Galleria Il Pincio di Roma; per lui, l'adesione al movimento realista è scelta estetica oltre che etica. Nei suoi Costruttori, Contadini, Saldatori, porta avanti un discorso contenutistico all'interno però di una incessante ricerca dinamico-costruttiva; infatti le impalcature, le macchine, le gru, i binari, le barche, "l'ambiente" nel quale opera il suo protagonista, "l'uomo nuovo", gli permettono di esaltare quella dinamica futuristica che ancora lo interessa. Ad esempio i binari: linee di fuga lucide, ossessive nel contrappunto ottagonale che viene esaltato nel Ponte della Libertà esposto alla XXVII Biennale. Oppure Costruttori del '62: concatenazione della forma e dei segni, inquadrature sfasate in un'accezione del movimento che chiaramente richiama le precedenti esperienze. Partecipa, con una personale, alla XXVI Biennale di Venezia nel 1952 e con un gruppo di opere alla XXVII. Esegue a Parma, dal 1953 al 1956, un ciclo di affreschi nella sala del Consiglio dell'Amministrazione provinciale, testimonianza, questa, delle sue aspirazioni: "Gli artisti chiedono pareti da dipingere", perché la pittura non sia solo destinata ai musei ma consumata da tutti. Nel 1962 il Comune di Venezia realizza all'Opera Bevilacqua La Masa una antologica della sua pittura (85 opere con presentazione di De Grada). Dopo questa mostra, occasione per Pizzinato di rivedere in sintesi la sua storia di pittore, egli sente la necessità di sciogliere il suo linguaggio, l'esigenza di immergersi nella realtà, non cerca un paradiso terrestre, ma uno spazio vitale dove far rivivere le sue figure; porta avanti quindi il suo discorso dinamico di ricerca strutturale che, nella realtà della natura, si compone in un equilibrio mai casuale ma costruito ritmicamente. Nel '64 conosce e sposa in seconde nozze Clarice Allegrini (Clari), ispiratrice di numerosi ritratti e più in generale del ciclo dei gabbiani. Nell'agosto del '63 presenta cinque opere del nuovo ciclo al Premio La Spezia (diviso tra Music, Scanavino e Pizzinato). Nell'ottobre dello stesso anno, con opere dello stesso indirizzo, allestisce una personale alla Galleria Gianferrari a Milano. Lavora in questa direzione dal '63 al '66 e, a conclusione del periodo, espone con una sala alla XXXIII Biennale di Venezia. Nel 1967, per invito del Ministero della Cultura dell'URSS, a cura del'Associazione artisti di Mosca, è allestita alla Galleria Kusnjezti Most una sua grande mostra antologica di 180 opere. La stessa esposizione è presentata poi nella più grande sala del Museo dell'Ermitage a Leningrado. L'anno successivo, su richiesta del Ministero della Cultura della Repubblica Democratica Tedesca, figura alla Neue Meister Galerie di Dresda. Ha tenuto inoltre mostre personali nelle più importanti gallerie italiane: ricordiamo l'antologica (80 opere) del Centro Inziative Culturali a Pordenone nel 1970. All'inizio degli anni Settanta presenta due mostre antologiche presso il Centro Iniziative Culturali Pordenone, una di pittura e successivamente una di grafica. Pizzinato dona al Museo di Pordenone il corpo intero delle incisioni, di cui viene allestita una mostra all'interno del museo. Nell'83 è allestita la Mostra della donazione Pizzinato - cartoni per affresco, quadri, documenti nell'ex chiesa di San Francesco, ugualmente organizzata dal Museo Ricchieri. Nell'81 il Comune e la Provincia di Venezia avevano dedicato al pittore una grande antologica nelle Sale Napoleoniche del Museo Correr, e nel catalogo il poeta Andrea Zanzotto gli dedica la poesia La contrada. Da allora la sua attività è continuata con numerose mostre personali, tra le quali ricordiamo: nel 1982 a Firenze, nel 1983 a Asolo e a Pordenone, nel 1984 a Maniago, nel 1985 a Venezia, nel 1987 a Asiago. Particolare interesse avrà per il pittore quella del 1988 a Venezia, accompagnata da un saggio di Mazzariol nel catalogo, al quale risponderà con la mostra del 1990, a Venezia, commossa dedica appunto all'amico appena scomparso, risposta figurale al suo scritto. Tra le mostre collettive, espone a Roma nell'82, nell'83 a Parma, nell'86 ancora a Roma per l'XI Quadriennale, nell'87 a Milano, nell'88 a Venezia, nell'89 a Berlino, nel '91 a Praga, nel '92 a Venezia alla Querini Stampalia in una collettiva in memoria di Mazzariol, nel 1993 a Ferrara e Cento, nel '94 a Bergamo, nel '95 a Mesola, fino alla XLVI Biennale d'arte di Venezia del '95. Pizzinato ha seguito sempre con attenzione e curiosità le manifestazioni culturali e artistiche di questi anni. Ha scritto un libro sulla sua terra, Poffabro luogo magico, uscito nel '91, che è non solo ripensamento lirico sulle sue origini, ma anche fervido atto di denuncia sul degrado naturale e architettonico tipico del nostro tempo, atto di accusa e insieme proposta costruttiva di un ritorno al rispetto della natura. Vive e dipinge a Venezia, in una solitudine rischiarata da presenze amiche che lo consolano dei tanti compagni che ha perso lungo il suo cammino. E così nel suo "eremo" si affacciano scrittori come Giuliano Scabia e Carlo Della Corte, musicisti come Claudio Ambrosini, artisti come Basaglia, Eulisse, Gasparini e Gaspari, critici come Pouchard, Pauletto, Bontempelli, Di Martino, Joachim Noller, molti amici universitari e del Centro internazionale della Grafica, più in generale persone care e affezionate, artisti e amici vicini e lontani, giovani e meno giovani che lo accompagnano in questa sua nuova stagione ancora straordinariamente ricca. "Da quando - ha scritto anni fa Pizzinato - ho cominciato a dipingere, ho sempre cercato la soluzione dello stesso problema: quello di dare concretamente volto ad una certa realtà. Quella parte di realtà che, per me pittore, non è in sostanza che il mio rapporto di uomo con l'attualità del mondo via via sempre mutevole, che, nella pittura, ho sempre cercato di rendere nell'aspetto più costruttivo".