fonti documentarie dell`archivio dell`istituto nazionale
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FONTI DOCUMENTARIE DELL'ARCHIVIO DELL'ISTITUTO NAZIONALE LA DIFESA DEGLI IM PIANTI IDROELETTRICI Uno dei problemi più gravi e importanti sui quali si era concentrata l’attenzione del C.L.N. e del Comando Generale del C .V .L. negli ultimi mesi era la difesa degli impianti elettrici, la cui distruzione avrebbe recato un danno mortale ai programmi di ricostruzione che si venivano allora elaborando. In questo senso insistevano anche i comandi alleati, tanto più che i servizi d’informazione avevano dato notizia di precisi piani disposti dai tedeschi per le distruzioni sistematiche da eseguire nelle ritirate. Riflette questa situazione il documento che qui sotto riportiamo, elaborato dagli organi del Comando verso la metà dell’aprile '45. Il maggiore Max cui qui si accenna è Max Salvadori, che allora rappresentava a Milano il Comando alleato. APPU N TI E PROPOSTE PER LA DIFESA DEGLI IM PIANTI IDRO ELETTRICI IT A LIA N I 1) S ituazione degli impianti a fine marzo 1945. Gli impianti idroelettrici situati in territorio occupato dalle truppe te desche sono per la massima parte intatti. Fanno eccezione 5 centrali distrutte dalle truppe germaniche e alcuni impianti danneggiati in modo più o meno grave dalle forze partigiane (centrali di Morbegno, Darfo, Temù, Sonico, Cividate, ecc.). Si può ritenere che la producibilità di energia degli impianti fuori ser vizio non raggiunga il 5% della producibilità complessiva degli impianti dell’Italia settentrionale così che questi conservano tuttora nel complesso inalterata la loro efficienza. 2) D istruzione degli impianti da parte delle t r u ppe germ aniche . Si è preso diretto contatto con i tecnici delle società Cieli (Genova), Emiliana (Parma) e Adriatica (Venezia), alle quali appartengono le centrali Fonti documentarie 53 distrutte situate in zona tuttora occupata e precisamente: centrali di Airole e Bevera (Alpi liguri) della Cieli, centrale di Muschioso dell’Emiliana, cen trali di santa Maria e Le Piane dell’Adriatica (Appennino emiliano). Risulta che la distruzione è stata effettuata inviando sul posto in auto carro una squadra di 5-10 uomini delle «Technische Truppen » che reca vano con sè l’esplosivo necessario. Senza bisogno di ricorrere ad alcun lavoro preliminare di preparazione (scavo di fornelli per mina, ecc.), la distruzione viene rapidamente eseguita nel termine di 2-4 ore collocando l’esplosivo nei vani delle turbine e degli alternatori, sotto i trasformatori e gli interruttori, entro i quadri e infine ai piedi dei pilastri provocando così il crollo dell’edificio della centrale. La parte idraulica degli impianti (dighe, canali, ecc.) viene generalmente risparmiata. Si può perciò ritenere — e si gradirà in proposito conferma in rela zione a quanto è avvenuto nell’Italia centrale — che la distruzione viene eseguita senza lavori preliminari, in brevissimo tempo e ad opera di una debole squadra autotrasportata di specialisti delle truppe tecniche. 3) Organizzazione della difesa degli im pianti . In relazione a quanto precisato al punto 2) si è ritenuto che per la difesa degli impianti si debba tendere contemporaneamente a: a) neutralizzare, nelle loro sedi, le truppe tecniche incaricate della distruzione; b) interrompere il traffico lungo le strade che devono essere percorse dalle truppe tecniche per recarsi dalle loro sedi agli impianti da distruggere; c) difendere, con squadre dislocate in luogo, i singoli impianti.. Si conviene che le misure di cui sopra potranno consentire un’efficace difesa di molti impianti solo se la ritirata delle truppe tedesche dall’Italia settentrionale sarà effettuata rapidamente sotto la pressione delle forze alleate. E ’ inteso che, per gli impianti situati in zone eccentriche rispetto alle direttrici della ritirata tedesca, la difesa potrebbe essere assicurata, ove la consistenza delle forze patriote lo consenta, ricorrendo all’occupazione inte grale del territorio, purché attuata tempestivamente. In tali condizioni si trovano ad es. gli impianti della valle d’Aosta, del bacino del Toce, della zona di Chiavenna, ecc. 54 Fonti documentarie 4) N eutralizzazione delle t r u ppe tecniche . Il Comando generale del Corpo Volontari della Libertà è in possesso di una dettagliata descrizione delle sedi delle truppe tecniche : sede del co mandante col. Langhans, sedi dei comandi di battaglione e di compagnia e dei singoli distaccamenti, nomi dei comandanti, forza dei singoli reparti, mezzi a disposizione (automezzi, esplosivo, ecc.). Ogni comando o distaccamento delle truppe tecniche è stato segna lato ai comandi di zona, o direttamente alle formazioni patriote, compe tenti per territorio. Essi hanno ricevuto l’ordine di predisporre sin d’ora i mezzi e i piani per la neutralizzazione delle truppe tecniche. Si tratta evi dentemente di un compito non facile che in certi casi non potrà essere nep pure tentato: si rileva tuttavia che l’opera delle truppe tecniche potrà essere pur sempre intralciata anche interrompendo i telefoni, distruggendo o dan neggiando i mezzi di trasporto, interrompendo le strade in prossimità dei singoli comandi, distruggendo i depositi di carburante e di esplosivo, ecc. E ’ necessario che la neutralizzazione delle truppe tecniche sia attuata tempestivamente, e, allo scopo di non porre in allarme le truppe tecniche, contemporaneamente nelle varie Zone. A questo scopo si è stabilito un messaggio convenzionale che, al momento opportuno e previo accordo col Comando alleato, potrà essere trasmesso dal Comando generale di Milano alle formazioni e ai comandi competenti, utilizzando alcune reti telefoniche private non controllate dai tedeschi. Il Comando generale di Milano possiede già un piano esecutivo nel quale sono dettagliatamente precisati le linee telefoniche e gli intermediari, ormai preavvertiti, che dovranno essere utilizzati per la trasmissione del messaggio convenzionale. Il testo del messaggio è unico e potrà essere trasmesso direttamente dalle stazioni radio della BBC, se le circostanze lo richiedessero. 5) Interruzione del traffico stradale . Numerosi impianti elettrici sono ubicati in modo che l’interruzione, spesso facilmente attuabile, di poche strade può effettivamente impedire l’accesso delle truppe tecniche agli impianti : si citano ad es. le centrali delle valli piemontesi, del bacino del Toce, della vai di Chiavenna, dell’alta Vaitellina, della vai Gerola (Barbellino), delle valli Brembana e Seriana, della valle Saviore, ecc. Si possono perciò attuare, al momento opportuno, interruzioni stradali che impediscano alle truppe tecniche l’accesso a molti impianti. L ’ubica Fonti documentane 55 zione delle interruzioni risulta da uno schema a mani del Comando gene rale, del quale l’ing. Gino ha consegnato copia al maggiore Max. Per ogni singola interruzione stradale si è preso contatto con la forma zione patriota che deve attuarla e si stanno predisponendo i mezzi neces sari allo scopo. L ’interruzione viene eseguita su disposizione del Comando generale, resa nota per mezzo di un messaggio convenzionale da trasmettere telefonicamente come accennato al punto 4). 6) D ifesa locale dei singoli im pianti . Per la difesa delle singole centrali si è provveduto a: a) dislocare piccole squadre di patrioti (10-20 uomini per ogni squadra) in vicinanza (1-2 ore di cammino) degli impianti; b) ad attuare ove possibile alcune misure che possono favorire la difesa dell’edificio della centrale: ad es. si è provveduto a sbarrare gli accessi la sciando un’unica piccola porta di entrata posta in posizione battuta dal tiro di armi automatiche, si sono circondati con muretti i trasformatori e coperte con sacchi di sabbia le macchine per rendere più difficoltosa la collocazione dell’esplosivo, si è predisposto il crollo della galleria di accesso per le centrali situate in caverna, ecc. Quando si ritenga imminente l’arrivo delle truppe tecniche incaricate della distruzione, le forze patriote saranno messe in allarme con un mes saggio convenzionale trasmesso come accennato al punto 4). I distruttori incontreranno al loro arrivo in centrale una certa resistenza armata che potrà essere in certi casi sufficiente a impedire o comunque intralciare e compromettere la riuscita del lavoro di distruzione. 7) C onclusioni. Lo schema di difesa sopra accennato potrà essere efficiente solo nel caso di una rapida ritirata delle truppe tedesche e limitatamente agli impianti situati fuori delle linee principali di transito : la maggioranza degli impianti è tuttavia in queste condizioni. La difesa come sopra schematizzata potrà condurre a risultati concreti solo se attuata tempestivamente in stretto accordo fra il Comando alleato, il Comando generale delle forze patriote e le società elettriche interessate. Si propone perciò un incontro, presso il Comando alleato, tra gli in caricati di questo, Maurizio e un tecnico delle società elettriche, allo scopo di mettere a punto tutti i dettagli necessari per l’esecuzione del piano di difesa. Fonti documentarie 56 LA SITU AZIO N E DEGLI IN TER N A TI ITALIA N I IN SVIZZERA Da ima relazione della delegazione del C.L.N . di Milano, costituitasi a Lugano nel marzo 1944, stralciamo alcuni capitoli, relativi alla situazione degli internati italiani e dei problemi educativi ed organizzativi sollevati dalla loro assistenza. La pubblicazione reca insieme una testimonianza non senza rilievo sulla delicata situazione politica creatasi in Svizzera, dove l’opera di riorganizZA' Zione democratica trovava ostacolo nella resistenza opposta dall’eredità del fascismo ancora operante in Svizzera. COMITATO DI LIBERAZIO NE N AZIO N ALE Delegazione in Svizzera RELAZIONE Lugano, novembre 1944 X. - Cam pi d’ internamento Come si è detto, sono divisi in due categorie: militari e civili. 1) I primi dipendono dal Commissariato Federale per l’Internamento e l’Ospitalizzazione, sotto il controllo del Comando dell’Armata: trattasi di tutti coloro che all’atto dell’entrata in Svizzera hanno potuto dimostrare di aver fatto parte sino a quel giorno di una unità militare, ma che sono entrati non inquadrati ed in abito civile. Per questi è stata creata la figura (non prevista dalla convenzione dell’Aja) di rifugiati militari e di conseguenza è stato ammesso che possano rientrare in Patria dietro semplice domanda. Un piccolo numero che ha passato il confine in formazioni organiche (Squadroni di Savoja Cavalleria, ecc.) è considerato composto di veri e propri internati militari a termini della predetta convenzione internazionale; e a tale stregua sono stati ammessi anche i partigiani rifluiti dall’Ossola. 2) Rifugiati civili sono considerati tutti gli altri. Nei primi tempi si ammettevano con una certa larghezza: ora sono accettati esclusivamente i profughi politici, i ragazzi al di sotto dei 16 anni con i rispettivi genitori, i vecchi di più di 65 anni, le coppie in cui uno dei congiunti oltrepassi detta età, i feriti, gli ammalati, le donne incinte e coloro che possono dimostrare di dover raggiungere parenti stretti già residenti in Svizzera. Dette persone Foriti documentarie 57 all’atto del passaggio vengono affidate alle autoiità militari e sottoposte a quarantena sanitaria, poi passano sotto il controllo della Divisione di Polizia del Dipartimento Federale di Giustizia e Polizia. Esse vengono ripartite come segue: a) se trovano un garante, o dimostrano di possedere i mezzi di sussi stenza necessari possono essere liberati e devono stabilire la loro residenza in una determinata località (le più recenti disposizioni non consentono più di stabilirsi nel Canton Ticino); b) i bambini vengono sistemati presso famiglie o in pensioni sotto il controllo della Croce Rossa; c) gli uomini e le donne atte al lavoro possono essere occupati presso privati in lavori agricoli, casalinghi, ecc.; d) oppure — e sono in maggiore numero — vengono sistemati in cam pi di lavoro speciali o negli Homes. Gli uni e gli altri dipendono dalla dire zione centrale dei Campi di Lavoro di Zurigo, organizzazione controllata dalla direzione di polizia, la quale attualmente ospita 12.000 rifugiati di ogni nazionalità. V i sono attualmente 35 campi di lavoro, dove vengono eseguiti lavori agricoli, migliorie fondiarie, lavori militari, ecc. 17 Homes per famiglie, 6 Homes per donne, 4 campi-scuola per ragazzi, 8 Homes per uomini, madri e bambini, 8 Homes per inabili al lavoro, 5 per convalescenti e 6 campi-scuola e di formazione professionale per maschi. 3) I campi dei rifugiati militari italiani si possono calcolare in circa 200 (con frequenti e notevoli variazioni così di luogo come di capienza) e si dividono in campi di internamento comuni, di lavoro, di studi in numero di 6, Campi ufficiali in numero di 4, campi di punizione. Tutti questi campi si trovano generalmente in villaggi della Svizzera interna; gli internati sono accantonati in baracche, scuole, ristoranti ecc.: dormono su paglia a terra, nei campi di lavoro su sacconi; sono provvisti di due coperte. Gli studenti sono ripartiti in pensionati ed alberghi dove dormono in letti; gli ufficiali hanno camere presso privati, pagati dalle auto rità svizzere. I campi sono raggruppati in settori e sottosettori vigilati da militari comandati da ufficiali al cui fianco stanno ufficiali italiani internati con fun zioni di collegamento e di responsabilità. II trattamento materiale (laddove per colpa del personale svizzero ed italiano non si verifichino abusi) è in generale soddisfacente — migliore che nei campi civili. Il soldo va da un minimo di 25 cent, al giorno per il semplice soldato a frs. 2,50 ed oltre dal grado di capitano in su, il più 58 Fonti documentane soprassoldo per cariche od incarichi speciali. Quando l’internato lavora prèsso privati, riceve una remunerazione (molto bassa). Nei campi di lavoro, in cui dovrebbero prestare servizio per turno tutti gli internati validi, la paga è di circa frs. 2 al giorno, di cui 1 alla mano e 1 accantonato in un conto speciale per indennizzo spese; anche questa mercede deve conside rarsi molto bassa perchè si tratta di lavori pesanti. Da parte delle autorità italiane la sorveglianza, o per meglio dire l’as sistenza a questi campi militari è stata affidata al gen. Bianchi, addetto mili tare, che lo esercita per mezzo di propri fiduciari. A più riprese la Delega zione ha chiesto che questi deferisse le proprie funzioni ad altro ufficiale generale, ma sempre invano. Ora il modo come il detto ufficiale intende le proprie funzioni è senza dubbio ispirato a criteri disciplinarmente gretti e politicamente retrivi e si esplica: a) nella deficiente assistenza materiale (molti militari, e quasi tutti i partigiani, sono ad esempio in condizioni di vestiario assolutamente pietose); b) nel considerare l’assistenza morale solo ed unicamente sotto l’aspetto disciplinare, stimolando, anziché frenare, ciò che può esservi di eccessivo al riguardo nei sistemi applicati dal comando svizzero; c) nel perseguire criteri di parte, ispirati alla così detta « difesa del l’ordine ». Del che il latore del presente rapporto si riserva di presentare numerose riprove. Tale atteggiamento del gen. Bianchi, e degli ufficiali da lui pre posti ai campi universitari, condusse a deplorevoli incidenti in quello di Losanna, ricordati dal rettore in apposita relazione indirizzata al Ministro della P. I. XI. - C entri studi in S vizzera per la ricostruzione italiana Il Centro Studi ha ottenuto direttamente il riconoscimento da parte del Governo nazionale e ne ha ricevuto direttive e comunicazioni di vario genere. Inoltre, il presidente del centro stesso è ora chiamato in Italia dal Governo medesimo, onde avrà ampia occasione di riferire al riguardo. Que sta Delegazione si astiene pertanto dall’esporre, sia pure sommariamente, l’attività svolta da detto istituto e si limita a precisare la propria posizione nei suoi confronti. Come è noto, il centro studi è sorto nel maggio 1944 in seguito ad una intesa fra il Ministro Magistrati ed il prof........ dell’università di Lo sanna : organo eminentemente apolitico, esso godette sin dal principio del più benevolo apprezzamento da parte delle autorità federali, nonché da Foriti documentarie 59 parte degli alleati, ferma restando per questi ultimi la pregiudiziale che dovesse occuparsi unicamente di studi e non fare nè predisporre affari di sorta. La Delegazione, che trovavasi allora nel periodo più delicato delle proprie relazioni con la Legazione di Berna, si preoccupò a sua volta del pericolo che l’iniziativa in parola potesse contrastare, indipendentemente dalla volontà dei suoi promotori con le direttive politiche da essa perse guite, o venisse da altri sfruttata in tal senso. Presi pertanto accordi con la Legazione e con il prof......... avocò a sè la designazione dei membri del Comitato direttivo, che venne così costituito in modo analogo alla compo sizione della Delegazione stessa. E, da allora in poi, senza minimamente interferire con l’attività tecnica dell’Istituto, la Delegazione ne segue e ne controlla il lavoro. XII. - S ituazione interna della S vizzera , colonie fa scist e e colonie libere . S cuole italiane del T icino. Ca se d’Italia . « S quilla italica ». A ssociazione C ombattenti. « D ante A lighieri ». 1. - Allorché i rifugiati italiani affluirono in Svizzera, la situazione po litica era singolarmente confusa, la Regia legazione aveva fatto atto di adesione al Governo Badoglio ed in conformità agli ordini ricevuti da esso, aveva sciolto i fasci occupandone le sedi rispettive; tuttavia, se l’impalca tura era crollata, tutto il vecchio regime era ancora in piedi; i fascisti domi navano nella totalità delle associazioni, e le stesse colonie, composte in mas sima parte di brave persone dedite ai propri affari ed affatto estranee alla politica, abituate ad essere guidate da consoli e da segretari federali, non si sentivano di abbandonare gli uni e gli altri per seguire i piccoli nuclei anti fascisti che esistevano bensì in ciascuna colonia, ma erano stati sino allora considerati reprobi e dissidenti e tacciati di antipatriottismo. 2. - Colonie fasciste e colonie libere. In tali condizioni era necessario: a) modificare l’attività dei Consolati, così che questi cessassero dal rap presentare una sola parte della collettività italiana e più che funzioni di rettive e di comando esercitassero quelle di fiancheggiamento e di assistenza, che erano d’altronde nelle tradizioni e nella prassi pre-fascista; b) promuovere una nuova organizzazione delle colonie, che rappresen tasse anzitutto le energie libere e sane delle colonie stesse, desse opera alla epurazione dei vari istituti, sostituisse, per quanto le condizioni lo consen tivano, i disciolti fasci nelle funzioni assistenziali e promuovesse la più larga conciliazione degli animi su nuove basi democratiche e popolari; c) a tal uopo occorrerà altresì far perno sui nuclei antifascisti rimasti 6o Fonti documentarie vivi nel ventennio dell’oppressione in ciascuna colonia, attenuandone e smussandone le tendenze anticollaborazionistiche, ed estendendone il carat tere, sicché da spiccatamente proletarie si trasformassero in organi sempre più comprensivi della collettività italiana senza distinzione nè di classe nè di parte, escludendo soltanto dalle funzioni direttive gli elementi più com promessi fra i seguaci del cessato regime, nonché i segugi dello spionaggio e della propaganda fascista. In tal senso la Delegazione procurò di influire, così presso le autorità diplomatiche e consolari come presso la Federazione delle Colonie libere (già Proletarie) avviando queste ultime a divenire semplicemente comunità ita liane. Come è facile comprendere, il lavoro da svolgersi in questo campo è complesso ed irto di ostacoli, ma qualcosa si è ottenuto e molto più si potrà ottenere, beninteso a condizione di impiegare strumenti adatti e non con troperanti specie nel campo della rappresentanza consolare, (allegato 22). 3. - Scuole italiane del Ticino. Case d’Italia. « Squilla Italica ». Sin dall’autunno del ’43, alcuni membri della Delegazione prima, la Delegazione in corso poi, nei contatti che poterono rispettivamente avere con la Legazione di Berna, chiesero fra le altre misure ritenute improro gabili, le seguenti: a) soppressione delle Scuole Italiane del Ticino, che coi loro 60 inse gnanti costituivano un inutile e costoso pleonasmo, strumento di propa ganda irredentistica e fascista atto fra l’altro a turbare i buoni rapporti fra Italia e Svizzera. La chiusura venne eseguita al termine dei corsi (25 lu glio 1943). E ’ augurabile e si sta studiando la istituzione nei centri più im portanti di doposcuola ad uso dei fanciulli regnicoli con corsi di storia d’arte, geografia e storia dell’arte italiana. Nei cantoni di lingua tedesca e francese, invece, le scuole italiane con servano tutto il loro valore, e devono soltanto essere adeguate per personale ed insegnamento, al nuovo clima spirituale d’Italia; cosa tutt’altro che facile, data la resistenza di certi elementi. b) Utilizzazione delle Case d’Italia, sedi dei fasci italiani in Svizzera e di altre organizzazioni fasciste, a campi di rifugiati o ad altri scopi analoghi. Tale misura venne effettuata infatti, ma in alcuni centri — per esempio Lo sanna — vennero suscitate difficoltà di carattere giuridico che si andranno man mano superando. c) Soppressione del giornale « Squilla Italica », fondato e finanziato dal governo fascista e strumento particolarmente odioso di propaganda fascista ed irredentistica. Quest’ultima misura, che era delle tre la più importante e Ponti documentarie èi significativa, fu anche la più difficile ad ottenersi: il direttore del giornale, dott. Richelmy, che pretendeva anche di esserne il proprietario, aveva com piuto dopo il 25 luglio una evoluzione la quale — per grottesca e scandalosa che fosse agli occhi di ogni lettore in buona fede — doveva a suo dire porlo al riparo da ogni rappresaglia. Mise dunque in campo le più svariate difficoltà giuridiche e burocratiche e riuscì a mobilitare in proprio favore, non solo i relitti del fascismo — rappresentanti in Isvizzera una forza tutt’altro che trascurabile — e lo stesso addetto militare a Berna, ma anche i sedicenti partigiani dell’ordine, in seno agli stessi rifugiati italiani: il che non fu ultimo motivo a render lenta ed esitante al riguardo l’azione del ministro a Berna. Come si vede dai documenti allegati, la Delegazione fece della soppressione pura e semplice di « Squilla Italica » la condizione « sine qua non » alla ripresa delle proprie relazioni con il ministro, ed ottenne final mente lo scopo. 4. - Si va anche gradatamente preparando la trasformazione della Fe derazione Elvetica dell’Associazione Combattenti (all. 23), della Dante Ali ghieri ed in genere di quelle associazioni italiane, talora potenti, che du rante il periodo fascista erano divenute strumenti di propaganda e, per quanto riguarda il Ticino, anche di irredentismo. Senza intromettersi diret tamente nella vita di tali associazioni, la Delegazione ha posto le basi di tale mutamento; circa quanto siasi fatto e resti a fare al riguardo, ci rife riamo ai documenti sopra allegati (all. 21 e 22). Colonie Libere Allegato 22 - Prò-memòria della Federazione delle Colonie Libere italiane in Svizzera. FEDERAZIO NE D ELLE COLONIE IT A LIA N E LIBERE IN SVIZZERA Pro-memoria Sullo sviluppo delle Colonie Libere e sulla situazione generale dell’emigra zione italiana in Svizzera. èi Fonti documentarie In seguito agli avvenimenti del 25 luglio 1943 la vita delle diverse Colonie italiane delja Svizzera entrò in un periodo di passività e di diso rientamento. L ’attività delle associazioni legate al Partito fascista (Dante Alighieri, Combattenti, Dopolavoro, ecc.) fu sospesa e i relativi incartamenti e fondi di cassa furono ritirati dalle autorità consolari. Queste autorità, nonostante che avessero aderito quasi tutte, in seguito all’atteggiamento preso dalla Legazione di Berna al governo Badoglio, rimasero per lungo tempo inerti e riluttanti, ad iniziare un lavoro di purificazione delle Colonie dagli elementi fascisti irrimediabilmente compromessi e rimasti fedeli al fascismo. L ’ambiguità di atteggiamento dell’autorità italiana si rivelò so prattutto nel campo delle scuole italiane all’estero che furono chiuse, nono stante fossero tutte focolai di fascismo, con estremo ritardo. La scuola di Zurigo, che funziona ancora, conserva sempre (novembre ’44) tutti i suoi insegnanti fascisti; per tutti questi motivi i vecchi nuclei antifascisti (in Svizzera quasi esclusivamente democratici e socialisti) si tennero per lunghi mesi lontano dalle vecchie colonie e dalle autorità consolari, nonostante che rappresentassero la nuova Italia liberatasi dal fascismo. In questo periodo la Legazione di Berna rimase anch’essa passiva. Essa non soppresse, come avrebbe dovuto, « Squilla Italica », organo dei fasci della Svizzera, ma si accontentò di abbandonarla alla gestione personale del signor Carlo Richelmy, direttore. Questo giornale fu sospeso dal Governo svizzero su richiesta della Legazione, soltanto un anno dopo. Nel novembre 1943 si costituiva intanto, ad opera dei vecchi elementi antifascisti, la Federazione dejle Colonie Libere. Essa promosse dovunque potè la costituzione di Colonie Libere destinate a rappresentare all’estero la nuova Italia democratica. Fu soltanto verso fa metà del 1944 c^e comin ciarono a stabilirsi dei rapporti fra le Autorità Consolari e le Colonie Libere, disposte ad assumere la riorganizzazione delle diverse attività, sospese dopo il 25 luglio 1943. Nel Ticino, a Basilea, a Zurigo, i Consoli dimostrarono, sia pure parzialmente e con ritardo, di aver capito la necessità della nuova situazione; a Ginevra e soprattutto a Losanna, l’atteggiamento delle Autorità Consolari continuò invece ad essere tale da soddisfare i fascisti, ma non gli italiani. In generale la massa degli italiani si dimostra ancora disorientata e dif fidente. Dovunque vi sono elementi fascisti che fanno della resistenza passiva e sabotano le diverse attività delle Colonie. Gli elementi neofascisti sono meno numerosi (perchè hanno bisogno di più coraggio) ma non man cano. Da parte degli antifascisti delle Colonie Libere si desidera: 1) che non vengano allontanati quei pochissimi funzionari (come il Fonti documentarie <>3 Moritesi a Lugano) che hanno saputo mettersi d’accordo con le Colonie Libere; 2) che venga rinnovato quanto più è possibile il vecchio personale consolare nonché il personale delle scuole e quello delle istituzioni parastatali o parafasciste (istituzioni turistiche, tee.) in cui si trovano ancora elementi pericolosissimi (a Zurigo, p. e, il signor Fonix dell’Enit); 3) che le autorità consolari assumano un atteggiamento energico e at' tivo contro tutti i residui del fascismo. Allegato 23 FEDERAZIO NE D ELLE COLONIE LIBERE IT A LIA N E IN SV IZZERA Pro-memoria sulla situazione dell’Associazione Nazionale Combattenti in Isvizzera Il 25 luglio 1944 l’attività delle diverse Associazioni Combattenti fu sospesa ad opera delle autorità consolari. In Svizzera, come del resto in Italia, queste associazioni erano divenute delle vere e proprie succursali dei fasci focali. Notevole a questo proposito l’opera compiuta nel circolo consolare di Zurigo, dal Console generale Gemelli. Nonostante la ragionevolezza e il tatto del Presidente della Federazione Elvetica dei Combattenti, rag. Silvio Galli di Lugano (il quale dopo il 25 luglio pose la sua carica a disposizione di un eventuale successore), le diverse associazioni sono rimaste quasi dappertutto i principali focolai della resistenza fascista. In generale i fascisti non resistono alla democratizzazione dell’associazione in nome del fascismo, ma in nome della autonomia del movimento dei combattenti, autonomia che essi hanno rinnegato per primi dinnanzi all’invadenza del partito fascista. I Consoli hanno dimostrato do vunque, molta, troppa tolleranza dinanzi alle tendenze fasciste delle asso ciazioni combattenti, tendenze che arrivarono in alcuni casi a vere e proprie manifestazioni di connivenza con la Germania in lotta con l’Italia (vedi ad esempio a Zurigo). In alcune località (a Zurigo, a Schiaffusa, nel Ticino, tee.) elementi de mocratici antifascisti sono entrati nell’associazione combattenti assumen done in tutto o in parte la direzione. A Zurigo le resistenze sono tuttavia forti e gli elementi più o meno apertamente fascisti stanno preparando una azione legale contro il nuovo Comitato basandosi sulle disposizioni del Codice civile svizzero in fatto di associazioni. 64 Fonti documentarie A Ginevra gli elementi democratici non sono riusciti a ridurre la resi' stenza dei fascisti e hanno preferito di riunirsi in una associazione a parte a tendenze democratiche pacifiste. Nella maggior parte delle località le cose sono rimaste come prima del 25 luglio. Tutta questa situazione è molto grave ed è molto dannosa sia dal punto di vista politico che dal punto di vista morale. Le autorità consolari ma soprattutto le organizzazioni dell'associazione combattenti devono prendere dei seri provvedimenti e mostrare la più grande energia. Bisogna nominare dei Commissari straordinari che espellano dall’Associazione tutti coloro che non facciano una dichiarazione di fedeltà al paese in guerra con la Germania e che non si comportino di conseguenza. Lo Statuto generale dell’Associazione — che è ancora quello fascista — deve essere rapidamente modificato e messo d’accordo, soprattutto per quel che riguarda la formu' lazione dei fini e del carattere dell’associazione, con la nuova situazione italiana.