Posto fisso? L`uscita di Tremonti è anacronista
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Posto fisso? L`uscita di Tremonti è anacronista
EDITORIALE di Aldo Ferrara Posto fisso? L’uscita di Tremonti è anacronista L’ apologia del posto fisso intentata dal ministro Tremonti, per fortuna, non ha fatto granché di proseliti. Le sue esternazioni, tanto inattese quanto fuori luogo, sono state accolte tiepidamente anche dalle stesse organizzazioni dei lavoratori che, certamente, le considerano anacronistiche. Bene ha fatto Emma Marcegaglia a chiarire subito che indietro non si può tornare e che pur non essendo a favore della precarietà, non può essere il posto fisso l’obiettivo cui mirare. Perché, diciamolo francamente, di quel tipo di cultura che ha dominato l’affannosa ricerca della rendita impiegatizia sicura, in particolare negli anni ‘80, si pagano oggi le conseguenze. In particolare nel Mezzogiorno, in cui disoccupazione da un lato e sommerso dall’altro ne sono anche il frutto. Non capisco perché Tremonti abbia inteso sorprendere tutti con una uscita che contrasta, ad esempio, con gli esiti della riforma, quella di una flessibilità tutelata e regolata, voluta da Treu e Biagi che ha creato, in Italia, tre milioni di posti di lavoro. Se il ministro, in linea di principio, ha voluto far passare un messaggio - a dire il vero troppo scontato che mal si addice all’acume che gli si riconosce - secondo cui il posto fisso e la stabilità sono un bene per la vita di tutti, è un conto. Se invece intende davvero ridare attualità al vetusto impianto di salvaguardia dell’occupazione “una volta per tutte e per sempre”, allora, caro ministro, fa demagogia perché lei stesso saprà che il ritorno al passato, proprio in questa fase, non è possibile. Lo spieghi lei, ad una azienda che magari si riesce a salvare da questa grave crisi, che dovrà assumere un dipendente a vita. E, in questo senso, è calzante l’editoriale pubblicato da Beppe Severgnini sul Corriere della Sera in cui ribadisce un concetto facile facile. Scrive: “È sconsiderato obbligare un datore di lavoro ad accollarsi il dipendente per sempre. Vogliamo tarpare le ali a chiunque metta in piedi un’attività interessante e un giorno si domanda se assumere dipendenti? Se gli affari vanno male dovrà poter licenziare, o sarà condannato a spese troppo alte. Prima o poi significa il fallimento. Non vi pare che perdere dipendente e azienda sia un po’ come buttare via il bambino insieme all’acqua del bagnetto?”. Del tutto condivisibile. Dunque si metta da parte questa idea che “ingesserebbe” ancor di più le imprese e si lavori, invece, per garantire ad esse di poter assumere e mantenere i propri occupati. Che, in pratica, significherebbe stabilità. Il Governo vari quelle misure necessarie ad alleggerire la pressione sulle Pmi, soffocate come sono da impegni fiscali gravosi. Il tal senso il taglio dell’Irap di cui si sta discutendo potrebbe essere un primo segnale. Come l’agognata e finalmente realizzata istituzione delle zone franche urbane. Le esenzioni fiscali e contributive previste dal provvedimento che, nella nostra provincia, riguarda Lamezia, costituiscono un tentativo importante per dare risposte al problema dello sviluppo e dell’occupazione. Questo è ciò che serve. Confindustria Catanzaro Informa 5