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Mente e bellezza
1. Una specie creativa
La vita, quella umana in particolare, si propone come una proprietà emergente e radicalmente creativa. Il "fare
arte" e il creare sono radicati nei processi naturali della nostra evoluzione biologica. TATTERSALL considera "
la capacità di pensare simbolicamente l'apice dell'evoluzione della mente umana". Allo stesso tempo, cercare di
comprendere la creatività artistica e l'esperienza estetica significa riconoscere che, come per le lingue umane, la
creatività possibile non è infinita, ma limitata biologicamente ed evolutivamente. Oggi appare rilevante
chiedersi come si ridefinisce la natura del processo creativo e dell'arte e, inoltre, il ruolo dell'arte nelle relazioni
sociali e nella psicologia del fruitore che dall'arte ricava piacere, mentre è anche condotto a riesaminare il
chiaroscuro della propria vita. La comprensione di noi stessi e del mondo si è rivelata, nei primi 7 milioni circa
di anni di vita, un compito impegnativo che abbiamo cercato di affrontare con le riduzioni della complessità per
mezzo del mito e della scienza. Anche se si possono annoverare circa 150 anni nel periodo che prepara
l'avvento dell'esplosione del simbolico nell'esperienza umana, l'emergenza effettiva, stando alle evidenze a
tutt'oggi disponibili, si mostra mediante artefatti e i segni da non più di 40/50 mila anni. Rispetto al tempo
profondo dell'evoluzione, da tempi recentissimi abbiamo creato segni per un altro, mostrando di sentire quello
che l'altro sente e di avere, perciò,abbiamo elaborato una rappresentazione simbolica della mente dell'altro;
abbiamo da allora riconosciuto di poter assumere più p.d.v. Si può sostenere che la "fatica" del salto evolutivo,
lo sforzo richiesto, ha prodotto un sistema di comprensione e di spiegazione della nostra condizione e di cosa
significa essere umani che possiamo definire "pesante". "Pesante" per indicare proprio il peso che la costruzione
della comprensione di noi stessi ha comportato e comporta. Un peso che ha almeno 2 facce: la prima riguarda
la " distrazione" della capacità creativa da noi stessi a entità esterne a noi di cui abbiamo subito e subiamo il
dominio, molto spesso venerandole. Quella distrazione ha limitato e limita il riconoscimento delle nostre
possibilità di autofondazione e libertà e perciò limita le nostre possibilità creative. La seconda riguarda le vie
prescelte per la costruzione della civiltà umana sulla terra, vie caratterizzate quasi completamente dalla
creazione di istanze separate (sacro, da sacer, vuol dire separato) a cui abbiamo dedicato e dedichiamo interi
periodi della nostra storia e delle nostre forme politiche e di esercizio del potere. Una volta che ci siamo
autoelevati, quell'autoevoluzione è divenuta circolare e ricorsiva con la nostra stessa individuazione e non
stiamo mai più stati Adamo. Anche il concetto di arte si rivela a uno sguardo storico-evolutivo una riduzione
anch’essa per certi aspetti separata, dalla nostra natura creativa. La separazione più impegnativa e "pesante",
che abbiamo operato a proposito dell'arte, riguarda la costruzione spiritualistica e idealistico-romantico con cui
l'abbiamo catalogata e categorizzata, fino ad assumere quella costruzione, per lo meno ad Occidente, come
criterio per definire l'arte tout court. Quindi il riconoscimento della nostra capacità creativa e della creazione
artistica è stato ed è vincolato da ragioni storiche e dai modi di leggere e interpretare la nostra storia. Il corpo
parla e non lo fa solo con la parte alta, la testa, e con la bocca. Noi crediamo e non lo facciamo solo con la
mente. Noi pensiamo, ma senza il movimento non avremmo avuto accesso e non accederemo al pensiero. La
nostra creatività è incarnata, il nostro linguaggio è incarnato e le nostre espressioni estetiche lo sono. La nostra
mente relazionale incarnata è anche immersa in una cultura e in un contesto, e quel contesto ha favorito la
separatezza tra parte "alta" e parte è "bassa" della nostra esistenza come essere umani. Pensare per cause ed
effetti, inoltre e "localizzare" la causa è ciò che facciamo più immediatamente, oltre a essere orientate
principalmente alle conferme piuttosto che all'innovazione. Se ciò può andare bene per gli aspetti deterministici
dei processi, non può essere impunemente esteso ai fenomeni che hai processi in cui non è la località della
funzione il criterio costitutivo, ma le proprietà emergenti e le loro dinamiche complesse, come nelle espressioni
delle menti relazionali incarnate e risuonati. In quelle dinamiche esprimiamo la nostra possibilità di non
coincidere con noi stessi e di creare o di fruire dell'arte. Se è possibile ipotizzare che un tratto distintivo delle
forme di vita umane sia l'emergenza e l'espressione costante della capacità creativa, a distinguere la specie è la
sua tensione a muoversi verso l'inedito, verso ciò che ancora non c'è. Per GARRONI la creatività si situa
come tratto indispensabile nelle modalità con cui la nostra specie, fatti di animali che pensano con le parole, si
adatta all'ambiente. La funzione biologica-evolutiva della creatività è associata per GARRONI alla distanza di
cui siamo divenuti capaci, cioè alla capacità di "presa di distanza" tra noi e l'ambiente. Una "distanza
rappresentativa e riflessiva rispetto agli oggetti" , che comporta per noi che la pratichiamo un grado elevato di
disorientamento e di incertezza. Di animali simbolici, ci siamo disincarnati dall'appartenenza tacita e coerente
con l'ambiente e gli oggetti. Un disancoramento e ci ha visti e ci vede incerti. Secondo GARRONI la creatività,
intesa come generazione dell'inaspettato ed esperienza di meraviglie, necessita di regole e di leggi per esprimersi
e si esprime al momento dell'esecuzione di quelle regole e di quelle leggi. Essa, allo stesso tempo, non si riduce
alle regole e alle leggi necessarie, le quali non danno mai conto di come le si debba applicare in una singola
circostanza. Connettendo "applicazione" e "creatività" si profila la possibilità di incarnare la creatività nella
umana natura, come un suo tratto distintivo specie/specifico, sottraendola, o meglio, liberando dal mito
romantico di "attività dello spirito". L'ipotesi di GARRONI è che nell'accoppiamento strutturale con il mondo,
l'essere umano disponga di una struttura profonda come di una condizione fondamento di ogni possibile
cambiamento creativo. In quello che appare come un fecondo intreccio tra filosofia e biologia evolutiva,
l'autogenerazione e l'autorganizzazione della vita e l'autopoiesis, è un'infinita specificazione variata ed istruisce i
codici e i giochi mediante il libero esprimersi dell'immaginazione. La capacità riflettente dell'essere umano,
mentre costituisce un aspetto decisivo di un'attività pratica e intellettuale, non è però ne pratica né intellettuale,
ma estetica. L'esperienza estetica, in quanto esperienza riflettente, riguarda il sentire la presenza del mondo. Per
estetico s’intendono i molteplici modi in cui specifichiamo certe leggi universali per accoppiarci creativamente
con l'ambiente. La capacità creativa interviene, nell'accoppiamento con l'ambiente, sia nell'istituzione di nuovi
giochi, sia generando mosse impreviste all'interno di un gioco consueto. L'atto creativo e l'esperienza estetico
emergono in una semiosi. Nella complessa rete delle relazioni risuonanti e nella discontinuità dirompente che in
essa infinitamente emergono, si staccano continue e indecidibili derivazioni dal dominio di senso, impreviste
interpretazioni dei canoni. Una nuova visione scientifica del mondo e della vita si sta progressivamente
affermando, in grado di superare il riduzionismo verso una visione di un universo emergente e creativo, le cui
dinamiche possono essere comprese ma non sempre previste. L'incompletezza e la plasticità, in quelle nuove
visioni, sono l'alveo generativo della creatività costitutiva del vivente. In quella prospettiva l'artista è un tramite.
La creazione emerge da una ricongiunzione con le origini, con lo spazio interno/esterno pre/linguistico,
pre/intenzionale, vergine e perciò stesso vertiginoso di orrore e bellezza. L'incompletezza dei sistemi viventi è
condizione della loro vita; l'incompletezza della conoscenza, lungi dal consegnarci al mistero, è condizione
dell'emergenza della conoscenza stessa. Il nucleo portante dell'orientamento della complessità è il concetto di
emergenza. In base a questo concetto, il sistema vivente che osserviamo genera espressioni che vanno ben oltre
le sue componenti, in modo tale che "il tutto è maggiore della somma delle parti". L'esperienza estetica appare
perciò come la porta d'ingresso per l'eccellenza alla generazione di domini di senso e di significati emergenti,
verso una continua rigenerazione dei significati del mondo. In quell'esperienza e la matura che "si fa"attraverso
il gesto dell'artista creatore. L'opera d'arte è, così, il più naturale fra gli oggetti culturali. Cosa si intende per
bellezza? Probabilmente non la corrispondenza a un canone. Sembra proprio che la bellezza come espressione
della ricerca di elaborare l'incompletezza costitutiva attraverso la plasticità, riguardi la possibilità che abbiamo,
come specie, di creare noi stessi creando le espressioni della nostra capacità creatrice.
2. Mente relazionale ed esperienza estetica
Fantasia, immaginazione e creatività sono espressioni umane connesse alla nostra capacità di estensione. Ci
siamo evoluti dando vita e proprietà emerse per exaptation. Una di queste è l'estensione creativa. Sono la
plasticità e la neotenia, i tratti distintivi alla base della generatività: nasciamo incompleti e l’incompletezza di
vie nell'utero della natura plasticità, della nostra peculiare capacità di adattamento e in base alla quale ognuno
di noi, per essere se stesso, è allo stesso tempo ciò che diviene adattandosi. Nel cercare di comprendere
l’esperienze estetica nella più ampia esperienza evolutiva umana, si assume come riferimento una continuità
tra le emozioni primordiali degli stati vegetativi e gli stati emotivi propri dell'emergenza dell’esperienza
estetica e creativa. La distinzione tipicamente umana di non coincidenza con se stessi e con l'ambiente ci mette
nella condizione di essere in "ritardo nella risposta", che per noi non è mai immediata e pratica. Dalla stessa
distinzione emerge, probabilmente, la distanza relativa dal mondo che ha dato vita in termini evolutivi
all'autoelevazione semantica. Quell’autoelevazione fa di noi dei continui "ricercatori di significato" e
costruttori di domini di senso. Pare proprio che sia la rottura temporanea e provvisoria, ancorché improvvisa e
imprevedibile, di quei domini di senso e significato a essere all'origine della creazione artistica e dell'esperienza
estetica. Quella rottura riporta per tempi più o meno brevi, a seconda della capacità di tollerare il vuoto da
parte di chi crea, e di connettersi in presa diretta con le emozioni primordiali e a esprimerle e comunicarle nei
linguaggi condivisibili dell'arte. Il creatore estrae dal ricongiungimento e dall'interazione momenti con le
emozioni primordiali, espressioni che egli stesso e il fruitore possono riconoscere per risonanza e condivisione
semantica, immediatamente o nel corso del tempo, a seconda del diverso grado di rottura,discontinuità,
innovazione. La mente è quello che il cervello fa nelle relazioni situate da cui emerge ed è contraddistinta da
caratteristiche di plasticità evolutiva particolarmente accoppiate con il linguaggio e con la coscienza di essere
coscienti. L'interdipendenza tra mente umana, linguaggio parlato ed esperienza simbolica ed estetica genera,
probabilmente, la distinzione dell'altra specie. La creatività è composizione e ricomposizione originale di
repertori disponibili, nella creazione artistica l'originalità della ricomposizione è particolarmente discontinua e
in certi casi si esprime come rottura, alla ricerca di orizzonti di sensi inediti rispetto a quelli esistenti. Quindi la
bellezza è intesa non solo e non tanto come canone estetico, ma come la possibilità umana di progettazione e
invenzione della propria autorealizzazione da parte di ognuno o come ricerca della tensione a evitare il proprio
all'auto tradimento e la minorizzazione e dispersione vane delle proprie potenzialità. Le espressioni "è bello" e
"mi piace", nell'arte contemporanea possono riguardare, perciò, le opportunità che l'arte offre di conoscere
aspetti interiori e inediti delle proprie espressioni possibili e di ampliare le frontiere del senso e del significato.
Solo creare quello che ancora non c'è merita la fatica di vivere. Homo sapiens tende a quello che non è, e che
non ha e così si individua e si distingue. In quella tensione, frutto della storia evolutiva, emerge la creazioni di
tutto quello che ancora non c'è e, in particolare, per discontinuità rispetto di domini di senso, la generazione di
artefatti simbolici e opere che da un certo momento in poi abbiamo chiamato opere d'arte. Il pensiero, a sua
volta, emerge da un processo di trasformazione dalla biochimica al significato. Sembra proprio che sia la
relazione a creare l'esperienza estetica, non una persona sola. La creatività, peraltro, è frutto di una mente
incorporata relazionale e situata, non di una "mente senza corpo". La creatività è una ricerca ulteriore di
contenuto, è frutto della tensione verso la irrisolvibile ricerca di contenuto. Il continuo cambio di prospettiva è
una caratteristica della mente relazionale umana: la constatazione scientifica di questa distinzione accredita una
forma d’identità diversa da quella della tradizione idealistica,un'identità controddistinta dal divenire e dalla
discontinuità. Così come le regole sono fatte per essere cambiate, secondo il pensiero di Gregory Bateson,
sembrano le continue discontinuità a generare l'individuazione e l'emergere della creazione nell'esperienza
umana. L'emergenza creativa pare generata da molteplici fattori ma sono non riducibili a nessuno di essi. La
vita dell'esperienza estetica, sia a livello di creazione che di fruizione, si genera nella discontinuità. La scena di
creazione o di fruizione è una scena in cui agisce la contingenza. Non si tratta di una scena deterministica,
anche se ciò che accade è evolutivamente emergente, né si tratta di una scena del tutto casuale: bensì di
un'emergenza tra vincoli e possibilità. In quella contingenza coevolvono " l'altro interno" di ogni artista e di
ogni fruitore; l'artista e il fruitore, l'altro a cui ci si riferisce creando o fluendo; e il " terzo" per cui si crea o a
cui si narra la fruizione facendone emergere il senso e il significato. Nati originali, come accade che moriamo
copie? Nel gioco infinito tra persistenza nella discontinuità e tensione verso l'inedito, in base all'unicità delle
storie e delle esperienze individuali, noi accediamo allo spazio creativo in diversa misura. Tendiamo a perdere
l'unicità perché ci consegnamo al conformismo. Pur di appartenere a qualche etnia o aggregazione, che
ovviamente crea ed esibisce tradizioni, e, spesso superiorità indiscutibili e padronanza territoriale, rinunciamo
alla nostra originalità di pensiero e ci consegnamo a qualche "causa". L'arte è una delle possibilità che
abbiamo di rompere l'isolamento e il conformismo. Il potenziamento delle capacità individuali, la capacitazione,
può aiutarci a non divenire copie. Nuovi modelli di pensare richiedono che si provi a pensare: dal finalismo al
riconoscimento dell'evoluzione: il riconoscimento della nostra autofondazione può generare un senso di
responsabilità mai sperimentato e una nuova civilizzazione attenta non solo al "perché" ma anche al "come"
delle nostre scelte e dei nostri comportamenti; dalla realtà fissa alla realtà creata con i nostri linguaggi e nostre
scelte; vivere la realtà e il mondo come frutto della nostra conversazione e dei nostri giochi linguistici rinvii a
noi stessi il compito di rinventarci nelle relazioni con gli altri. La nostra appartenenza all'evoluzione non vuol
dire perdere di vista le distinzioni specie/specifiche che ci caratterizzano. Le origini delle nostre abilità
cognitive rimangono ancora in gran parte da scoprire. Lo studio, con nuove tecniche sperimentali, delle
differenze rispetto alle altre specie rivela che sono almeno 4 le caratteristiche distintive che costituiscono ciò
che Marc Hauser chiama Humanuniqueness. Il termine è un neologismo per cambiare Human, Unique e il
riflesso Ness che consente nella lingua inglese di ottenere un sostantivo da un aggettivo, alternando in tal modo
una parola per indicare l'unicità degli esseri umani. La prima caratteristica è la computazione generativa che
indica la "capacità di generare una varietà virtualmente illimitata di espressioni". La seconda caratteristica
distintiva della mente umana, secondo Hauser, è la sua capacità di combinare le idee che provengono da
domini di conoscenza diversi. La terza caratteristica è l'uso dei simboli mentali. La quarta caratteristica è la
capacità di impegnarsi in forme di pensiero astratto creando "oggetti sociali". Nella lenta ed estenuante
ripetizione evolutiva sarebbe emersa una parte del tutto, la specie umana, che seppure non da subito e seppure
immersa nella ripetizione, avrebbe espresso una differenza peculiare: essere vincolata alla persistenza e generare
un'emergenza discontinua in grado di interrompere o sospendere la perfetta coincidenza con se stessa. Quel
minuscolo scarto di autospiazzamento, con la relativa capacità di elaborare sospendendolo, anche se per brevi
istanti, il vincolo, ha generato, con la nostra specie, la possibilità di dare senso al tutto, ma anche l'ostacolo a
creare nuovi sensi del mondo che quella possibilità in se stessa contiene. Nella tensione a elaborare e superare
quell'ostacolo, gli individui della specie vivono l'esistenza in parte coincidendo con esso e in parte rinviando ad
un altro o all'altro. Forme che si autogenerano sono le forme di vita e dell'uomo, che è una forma tra le tante,
si distingue per la tensione a non accettare di autogenerarsi, in quanto, appunto, tende a cercare a creare
continuamente il senso della propria autogenerazione rinviandolo ad altro. Laddove esiste un vincolo emerge
una possibilità e per l'uomo, quella possibilità è continuamente estesa. Noi siamo infanti simbolici. La biologia
evolutiva e la paleoantropologia ci aiutano oggi a comprendere che il nostro avvento come specie Homo è stato
casuale e recente nella dinamica dei cespugli evolutivi. Ciò lungi dall'essere fonte di autodenigrazione e di
sentimenti di delusione, può essere la ragione di un inedita consapevolezza delle proprie caratteristiche
distintive. La plasticità della mente viene riconosciuta come un tratto specie/specifica della mente relazionale
umana situata e della nostra esperienza nel mondo. Quella plasticità riceve oggi conferme importanti dalla
ricerca scientifica e in particolare, dalle neuroscienze cognitive. La scoperta dei neuroni specchio e dei
meccanismi e processi di risonanza naturali e prelinguistici evidenziano che la nostra relazionalità precede la
consapevolezza e che esiste un legame empatico io/altro che non è riducibile all'intenzione e ai processi mentali,
ma che è tacito e connesso al movimento. Sistemi cognitivi e affettivi che si modulano e rimodulano
reciprocamente interagiranno a partire dalle differenze specifiche alla ricerca delle risonanze possibili, guidati
dalla nostra tensione creativa. Ci stiamo cimentando con 2 movimenti simmetrici e difficili che configurano un
vero e proprio salto evolutivo e la ri-figurazione di cosa significa essere umani. Il primo movimento tende a
riportare la mente nel corpo e nel cervello; il secondo, simmetrico al primo, cerca di collocare la mente nella
relazione con gli altri. La "capacità negativa" del poeta John Keats, riconosciuta da Bion come capacità di
sostenere nella riflessione necessaria per riconoscersi e di riconoscere il mondo che creiamo e la possibilità di
continuare a crearlo, assume i caratteri di una neotenia storica di specie, rispetto alla possibilità di riconoscersi
come animali incessantemente creativi. A ciò possono concorrere gli svelamenti recenti di quelle che sono state
vere e proprie presunzioni di funzionamento "idealistico" della mente umana:
 Pregiudizio della conferma: in base a ciò noi tendiamo a reagire agli eventi conformando la
consuetudine e negando la discontinuità.
 Realismo ingenuo: tendiamo ad accettare le "spiegazioni" più immediate ricorrendo raramente alla
riflessione.
 Contaminazioni mentali: siamo convinti di essere artifici autonomi delle nostre scelte, mentre i nostri
comportamenti emergono da continui processi di influenza reciproca.
 Ancoraggio: la forza dell'abitudine vincola le nostre decisioni anche quando sono evidentemente
svantaggiose.
Framin: ogni nostra azione si esprime all'interno di una cornice che codifica i comportamenti e influenza le
dinamiche.
Autocontrollo inadeguato: siamo spesso nella condizione di "non vedere di non vedere" non riuscendo così a
controllare gli effetti delle nostre azioni.
Ciclo ruminativo: intercorre tra un equilibrio cognitivo e un dominio di significati e un altro intervallo che
dipende dal tempo necessario ad assimilare un nuovo orientamento e una nuova tendenza nello stile nel gusto.
Illusione di focalizzazione: un particolare o una parte sono spesso in grado di essere scambiati per il tutto e
ritenuti tali.
Ragionamento interessato: il sostegno di una tesi è spesso governato da un interesse che rende opache le
alternative.
Falsi ricordi: dell'organizzazione della memoria e i ricordi sono spesso frutto di un "presente ricordato" e
risultano falsi al di là delle intenzioni.
Vulnerabilità: ogni convinzione è tale in quanto nostra almeno un lato vulnerabile che le rende incomplete e
perciò sostenibili.
Sistema linguistico polisemico: l'emergenza di significati è potenzialmente illimitata in ogni sistema linguistico.
Il margine infinito della creazione umana, dell'immaginazione, configura e ri-figura incessantemente l'atto
estetico e l'interpretazione delle sue espressioni. I poli di un approccio transdisciplinare, la filosofia e la
neuroscienza, unitamente alle scienze del profondo, permettono di individuare alcuni processi emergenti per
l'analisi delle esperienze estetiche della mente e per la formulazione di una teoria della mente estetiche creativa:
 La negazione: siamo animali relazionali capaci di esprimere una negazione discontinua del dominio di
senso a cui apparteniamo e che noi stessi abbiamo concorso a istituire.
 L’exopatia: essere naturalmente dotati delle condizioni per vivere in risonanza empatica con gli altri è
una nostra distinzione specie/specifica, accompagnata dalla capacità di rompere e interrompere la
risonanza esprimendo posizioni exopatiche generativamente inedite.
 La capacità negativa: siamo dotati di una capacità negativa: un assimoro linguistico che disegna con
efficacie la nostra possibilità di sostare riflessivamente tra una situazione che ci appare innanzi e la
nostra azione in quella situazione.
 Assenza: nel vuoto che si produce nelle relazioni primarie si generano possibilità di elaborazione, allo
stesso tempo dolorose e generative, da cui prende forma il pensiero e le sue molteplici espressioni.
 La pausa: è probabile che il linguaggio verbale abbia preso inizio dal canto e dalle pause tra la
percezione e la nominazione per progressivi adattamenti dei suoni fino alla loro riconoscibilità; un
processo analogo sembra accompagnare ogni atto creativo.
 Mancanza: la mancanza è un segno distintivo evidente della specie umana, in grado di sentire il
possibile rispetto al reale esistente.
 Conflitto estetico: lo spazio di individuazione, generativo e ambiguo tra il riconoscimento della propria
autonomia e il vissuto di dipendenza, dalla cui elaborazione possono emergere processi creativi.
 Dissonanza cognitiva: la rottura che si genera nel flusso continuo della conoscenza e nella relativa
appartenenza a un contesto cognitivo.
 Rottura di senso: l'interruzione provvisoria della condivisione del senso e del significato e l'emergere di
nuovi orizzonti in campo semantico.
 Rivoluzione del gusto: il gusto e le sue tendenze sono caratterizzati da continui processi di evoluzione e
rivoluzione.
 Esplosioni: nelle semiosi culturali si generano continui processi di implosione ed esplosione.
 Trasformazioni cosmologiche: nelle "foreste di simboli" si generano profonde trasformazioni
cosmologiche.
 Il cambiamento delle forme di vita: i giochi linguistici e le dinamiche evolutive delle forme di vita.
 Il margine evolutivo sociale: i processi evolutivi e le innovazioni si verificano ai margini del caos
costitutivo di ogni sistema vivente.
 Il dubbio: l'esercizio del dubbio si propone come tratto distintivo di specie nel consentire di aprire la
strada all'inedito.
 La vita come provvisoria sospensione del flusso evolutivo: l'origine stessa della vita appare connessa a
processi di adattamento ed exaptation.
 La neuroestetica.
 La funzione compensativa e compositiva a livello emozionale rispetto all'altro mancato: l'arte informale
permette all'artista di raccontare le proprie emozioni senza oggettivarle.
 L'avvento evolutivo del simbolico: è immerso in una lunga latenza ed esploso in exaptation.
 La soglia: esiste nei processi cerebrali una soglia al di sotto e al di sopra della quale si generano le
espressioni che ci fanno umani.
 La risonanza incarnata ed esperienza estetica.
 L'ambiguità: sia a livello originario e nelle relazioni sperimentiamo la convivenza e la contingenza
della pluralità e della molteplicità anche contraddittoria, dalla cui elaborazione possono emergere
processi creativi.
 Il ri-creare: l'attività immaginativa collegata alla memoria implicita che non è possibile di ricordo
esplicito, ma si presenta come sentimento che può essere rappresentato nell'attività creativa e artistica.
 Linguaggio che non vuole informare ma creare.
 L'emergenza nella persistenza e la neurofenomenologia: nella circolarità tra caratteri persistenti e
continui dei sistemi viventi e le loro peculiarità emergenti, il riconoscimento a livello fenomenologico
degli accoppiamenti soggetto-mondo genera espressioni creative.
Parlando di arte è possibile ipotizzare che ci riferiamo a una fenomenologia relativa a una tensione rinviante:
•
Al liminale (con il terrore e con l’ascesi).
•
All’ineluttabile (riguardante l’impossibilità di fare a meno di esprimerla).
•
All’inaudito (generante l’inatteso e discontinuo).
•
All’eccedente (e trascendente l’esistente).
•
All’universale (tendenti).
Pare che queste esperienze sono riconducibili:
•
Alla creazione artistica.
•
Alla genesi dell'ipotesi scientifiche.
•
All'amore.
•
Alla genesi del sacro.
•
Alla progettualità politica.
Così come a livello individuale cerchiamo continuamente la via della nostra individuazione, allo stesso tempo
cerchiamo di semplificare la complessità del mondo con il creare incessantemente istituzioni. Perché
istituiamo? È bene riconoscere che il gioco istituente comincia dentro di noi, dal modo stesso di elaborare le
ansie. L'istituente e le istituzioni sono ambigue. Ma siccome è difficile sostare nell'attenzione, accade che
prevalgono le esigenze di sicurezza e stabilità. Le istituzioni cominciano perciò a essere usate per difendersi dai
pericoli del mondo. L'ambiguità è nella tensione tra istituto e istituente. Quella tensione è generativa e difficile
allo stesso tempo, perché sostare nel vuoto implica sofferenza. Il vuoto e l'assenza generano il pensiero. Come
la pausa è alla base della genesi del linguaggio. La sospensione dell'azione immediata e pratica apre alla fatica,
al dolore e alla meraviglia di pensare. Quel particolare tipo di conflitto è il conflitto estetico. Quel conflitto non
si interrompe, e non si interrompe la sua elaborazione. Forse la principale espressione della ferita della
modernità è l'esito del riconoscimento graduale e difficile della nostra appartenenza e partecipazione al flusso
del vivente, particolare espressione del flusso della materia. Il cervello umano, che nelle relazioni si evolve, è
quantità che genera pensieri. Abbiamo ritenuto che non ci fossero rapporti tra cervello e pensiero, accogliendo e
confermando nel tempo l'ipotesi dualistica. Tuttora non riusciamo a uscire del tutto da queste prospettive.
Abbiamo ritenuto, inoltre, che il pensiero fosse del tutto riducibile al cervello. Gli sforzi in questa direzione, se
portati fino in fondo, creano un modello il quale, più che spiegare il pensiero, né manca i caratteri distintivi.
La scoperta della relazionalità naturale, in fondo, la scoperta della conferma della nostra distinzione
naturalculturale. L'individuazione ci viene offerta dall'altro nel pluriverso delle relazioni; fra negazioni e
riconoscimento; elaborandone ambiguità e conflitti, ognuno di noi sceglie provvisoriamente di sostare,
consistere o difendersi in quella fragile esperienza che a lungo abbiamo chiamato identità. Le interruzioni, la
sospensione della coincidenza con se stessi e con il dominio del significato, a seconda di come sono elaborate,
possono dare vita a finestre di creatività artistica. Ciò che accade, è, di fatto,una sospensione istantanea o
temporanea di un mondo sensato, per la genesi di un vuoto creativo, o meglio, che può essere creativo.
L'esperienza estetica è creativa in quanto interrompe e ri-crea la struttura di legami tra soggetto e mondo; in
quanto interrompe e riattiva la capacità autopoietica di un flusso vitale. Perché il vedere sia un atto creativo
deve almeno in parte interrompe la circolarità con il credere. Non è plausibile una concezione fissista
dell'opera d'arte. Ogni sguardo la vede a modo suo e la rende a sé contemporanea e contingente. Siamo la
specie simbolica, contraddistinta dalla coscienza di second’ordine, del linguaggio verbale e della ricerca di
senso e significato. Tutto questo, per il modo in cui si integra nella nostra esperienza relazionale, fa di noi una
specie creativa. I metalinguaggi e l'immaginazione sono altrove, la frontiera della nostra stessa possibilità. Ogni
altrove risolto, realizzato, definito una volta per sempre è mortificazione della tensione immaginativa. Sono i
correlati neurocognitivi a dare oggi, finalmente,un'opportunità straordinaria di verifica alle ipotesi
neurofenomenologiche. Infatti i neuroni specchio sono circuiti di gruppi neurali che si attivano, in una
molteplice varietà di circostanze, sia quando ognuno di noi esegue direttamente un'azione, sia quando
osserviamo qualcun’altro compiere un'azione. Ogni volta che guardiamo qualcuno agire, nel nostro cervello
simuliamo la sua azione. Accade per la prima volta che la ricerca neuroscientifica riesca a descrivere i processi
e i meccanismi della relazioni della reciprocità che stanno all'origine della capacità di immedesimazione, di
imitazione e di comprensione implicita delle azioni altrui. In questo modo si forniscono i correlati
neurocognitivi della mente e dell'intelligenza relazionale. Tutto ciò significa una rivoluzione nel modo di
intendere la cognizione, l'apprendimento e l'individuazione della persona stessa. Tutte queste esperienze sono
intrinsecamente intersoggettive e generate dalla relazione: non emergono se non all'interno di un contesto di
relazioni tra cervelli in risonanza, e la condizione stessa è pragmaticamente incarnata nel sistema sensomotorio.
Una teoria appropriata della mente che apprende può scaturire oggi solo da un orientamento e da un approccio
transdisciplinare. Un simile approccio dovrebbe comprendere le contaminazioni paradigmatiche e le ibridazioni
di codici possibili tra neuroscienze, psicologia cognitiva, psicologia del profondo, paleoantropologia, scienze del
linguaggio e studi organizzativi. Quindi si passa da un'epistemologia ingenua basata sulle certezze della
centralità di chi insegna a un'epistemologia necessaria fondata sulla mente razionale e complessa.
3. Kind of mind. La tensione rinviante. Per una neurofenomenologia della mente estetica
Il linguaggio dell'arte, senza per questo essere mortificato a qualche riduzioni bio-chimica, potrebbe trovare
forse condizioni per essere compreso in un'alleanza con la storia naturale dell'evoluzione umana. Per
l'esplorazione di quest'ipotesi emerge l'opportunità di interagire in modo transdisciplinare i risultati della ricerca
neuroscientifica e biologica-evolutiva e quelli dell’epistemologia evolutiva e del naturalismo critico come
espressione più recente della svolta linguistica in filosofia. Dopo la fase di ritrazione dal mondo naturale di
lunga durata e di grande impegno, prospettiva di distinzione nonché profondamente difensiva, in cui
l'epistemologia si è impegnata a separarsi dalla natura, si assiste oggi a un momento opposto. In quanto vita
siamo dei percorsi evolutivi naturali, di una naturalità in grado di concepirsi, e i concetti operano entro lo
spazio delle ragioni in modo che un naturalismo restrittivo non ne può dar conto. Una tensione rinviante
l’individuo al movimento distintivo specie/specifico con cui Homo sapiens sapiens si riconosce e diviene
riconoscibile nella relazione circolare tra mondo interno e mondo esterno tra continuità ed emergenza
dell'inedito nell'esperienza. Quella tensione distingue e caratterizza la specie simbolica, dotata di conoscenza di
second’ordine, sense-market, capace di linguaggio verbale, i cui individui non coincidono con se stessi, ma
vivono in quanto si trascendono. In l'occhio dell'evoluzione Susan Oyome getta le basi per ripensare la
dicotomia tra biologico culturale nei sistemi di sviluppo del vivente. L'autrice pone in particolare l'accento sulla
contingenza nei processi di sviluppo. La contingenza è espressa dal fatto che lo spazio del possibile è
infinitamente più ampio dello spazio del reale. Proprio rinviandosi al possibile la specie Homo si distingue. E il
riconoscimento costante della non coincidenza con se stessi è un processo che sostiene l'antropogenesi. La sua
elaborazione avviene mediante l'espressione della funzione immaginativa. Noi ci creiamo umani nella relazione
mentre riconosciamo la nostra incompletezza e la nostra mancanza. Sia l'incompletezza che la mancanza
vengono ad assumere perciò un rilievo del tutto particolare nel divenire umani. La mente emerge finalmente
con un sistema che non si limita a rispondere a stimoli, interni ed esterni, ma nelle relazioni seleziona strategie,
opera scelte fra possibilità molteplici e crea mondi che abita nella continuità o distrugge nella discontinuità
creatrice, alimentata dalla fantasia e dell’immaginazione, che risultano i processi più vitali del nostro spazio
potenziale, della nostra tensione rinviante e, quindi, il grembo nel nostro essere e fare creativo. Privilegiando un
naturalismo non riduttivo, liberalizzato o critico è probabilmente possibile giungere a riconoscere la differenza
umana. L'ipotesi è quella di estendere il naturalismo evolutivo non riduzionista alla sfera umana. L'orientamento
epistemologico e conoscitivo volto a superare la scissione tra scienze della natura e scienze dello spirito assume
la circolarità, l’epigenesi e le proprietà emergenti come caratteri distintivi della vita e della conoscenza. In
questa prospettiva J. Varela sostiene che le connessioni tra i fenomeni naturali e la costituzione del senso
esigono un'esplorazione che porta alla facoltà specie/specifiche della vita umana, ovvero da ciò che rende
umana la vita. La considerazione appropriata dell'integrazione:

Dell’uso estetico del linguaggio.

Della conoscenza di second’ordine.

Della ricerca del senso ed significato.

Della tensione a trascendersi e a rinviare oltre la coincidenza con se stessi, può portare a individuare
alcuni riferimenti, per gli universali antropologici al punto circolare di relazione tra natura e cultura.
Il cervello umano non registra la realtà, ma interagisce e coevolve con essa. Secondo una prospettiva di
naturalismo pluralista la mente umana e le esperienze estetiche possono essere considerate emergenze della
nostra storia evolutiva, nel tempo profondo dell'evoluzione della specie così come nel tempo contingente
dell'esperienza individuale. L'obiettivo di quest'orientamento di ricerca è sottoporre a critica sia il naturalismo
sia il riduzionismo sia l'idealismo che pretendeno di prescindere dall'evoluzione umana. Le forme delle
esperienze umana sono realizzate nella coevoluzione tra caratteri naturali e fenomenologia delle relazioni. La
complessità dell'esperienza estetica si configura perciò come emergenza distintiva, in termini
neurofenomenologici, dell'evoluzione di Homo sapiens. Per la verifica di queste ipotesi si tratta di:
1. Riconoscere i contributi delle più recenti scoperte neuroscientifiche ponendoli in rapporto
transdisciplinare con altri contributi, per comprendere in termini neurofenomenologici la mente estetica.
2. Verificare una connessione impegnativa tra la dimensione profonda della psicologia umana e la lunga
durata dei processi evolutivi riguardo all'avvento del simbolico dell'esperienza estetica.
3. Estendere lo sguardo verso le implicazioni e le contingenze storico-sociali, nel tempo profondo e nella
nostra contemporaneità, nell'arte e nell'estetica.
Una teoria della mente estetica è opportuno che prenda le mosse dell'assumere la mente relazionale incarnata
come riferimento e da quella prospettiva si impegni a considerare una teoria del creatore e del fruitore in
quanto teoria:
 Dell’osservazione.
 Dell’esperienza.
La contingenza e l’incompletezza, ovvero la non coincidenza con se stessi distinguono:
o
Il creatore.
o
Il fruitore.
o
L’opera d’arte.
Possiamo concepire la creatività artistica con un’emergenza dell’incontro fra le esperienze relazionali e il
contingente e contemporaneo esprimersi delle potenzialità di sviluppo sostenute dai processi di maturazione ed
evoluzione soggettive e, in particolare dal linguaggio, mediante la tensione immaginativa.
4.La mente del fruitore d'arte. L'esperienza estetica come avventura affettivo-cognitiva e i paesaggi mentali del
fruitore
Impegnativo appare cercare di definire una distinzione tra esperienza simbolica ed esperienza artistica, al fine di
comprendere in quali circostanze e a quali condizioni avvenga la trasformazione in arte. Solo la messa a punto
di un "modello" di analisi del cambiamento dell’idee, dei simboli, del gusto potrà consentire di comprendere
qualcosa di più della creazione e della fruizione artistica. Di particolare importanza è l'approfondimento delle
condizioni in base alle quali si generano:
 Le persistenze.
 Le latenze.
 Le dipendenze dal cammino.
 Le emergenze e le discontinuità.
 Del gusto estetico e dell'esperienza estetica.
Differenza tra modello mentalista e modello evolutivo
Modello mentalista: tutto spirito e ideali, senza corpo. In grado di calcolare e scegliere razionalmente le proprie
preferenze, recettore dipendente dai segnali estetici provenienti dal di fuori; dotate di rappresentazioni,
intenzioni e modelli mentali predisposti che si muovono nella sua testa; capace di un atto individuale per
eccellenza, da solo di fronte all'opera; cultural end contextual free, indipendente dalla storia e dai significati
circolanti nel mondo in cui vive.
Modello evolutivo: mente incorporata in un corpo in movimento, che crea il senso dell'opera plasticamente,
mediante accoppiamento strutturale, affettivo e cognitivo, con essa; selezione i segni in modo attivo combinando
attraverso la relazione e il movimento, processi neurofisiologici e fenomenologia esperienziale; l'originarietà è il
tratto distintivo caratterizzante dell'esperienza estetica e dell'immaginazione, come esperienza naturale
specie/specifica e non "speciale" di Homo sapiens; le relazioni sono il grembo della sensibilità e della
condivisione estetica in uno o più gruppi di riferimento; intrinsecamente connesso alla semiosi e ai codici delle
stratificazioni culturali in un contesto.
Una delle difficoltà maggiori della nostra specie è quella di riuscire a vivere le emozioni. Ciò rende
particolarmente importante studiare i vincoli e le possibilità di elaborare e di vivere le emozioni. Cosa
sappiamo per ora dell'esperienza estetica, dell'esperienza simbolica e della mente umana in generale? Il ruolo
della paleoantropologia diviene decisivo nel preparare il terreno alla neurofenomenologia per cercare di
comprendere le origini e l'evoluzione naturale della mente e dell'esperienza estetica. Accanto a questi approcci,
risulta sempre più di particolare rilievo studiare le narrazioni e le testimonianze degli artisti sulla propria
creatività e sul proprio lavoro. Allo stesso tempo è decisivo l'approccio sperimentale per studiare gli ostacoli
all'emergere dell'esperienza dell'estetica e dei suoi cambiamenti, come ad esempio lo studio degli ostacoli
all'accesso dell'arte contemporanea. Secondo alcune ricerche vi sono 2 possibili spiegazioni dell'avvento e
dell'evoluzione dell'esperienza estetica:
a. Quella discontinuista: secondo la quale, in un tempo relativamente breve,un processo di exaptation
avrebbe prodotto un'esplosione della produzione e della creazione simbolica e artistica.
b. Quella continuista: secondo la quale si sarebbe giunti gradualmente alle espressioni e alle fruizione
degli artefatti simbolici e artistici.
L'incommensurabilità delle competenze cognitive, simboliche ed estetiche di Homo sapiens non lo portano
comunque fuori dalla natura, per quanto complessi siano gli esiti e le frontiere del simbolico in cui si è
avventurato e tutt’ora si avventura. Vi è d'altra parte la necessità, naturalizzando la mente e l’esperienza, di
non produrre una visione riduzionista del pensiero e dell'esperienza estetica. Se da un p.d.v. della biologia il
pensiero può essere considerato e il rapporto attivo tra il vivente e il suo ambiente, non è la sola biologia, per
quanto decisiva, che può condurre a una comprensione del pensiero e dell'esperienza estetica. È necessario
considerare la storia individuale e i processi coevolutivi tra individuo e ambiente, per cercare di riconoscere
l'emergere delle distinzioni specie/specifiche di Homo sapiens, ivi comprese il pensiero, il linguaggio verbale, la
conoscenza di ordine superiore e la stessa esperienza simbolica ed estetica. Dai processi simbolici profondi della
psiche umana può scaturire l’inedito, quel che prima non c'era. A caratterizzare il processo di creazione sono
alcune dinamiche che si possano riconoscere come sufficientemente costanti e vedono al centro processi psichici
rilevanti. La mancanza, l'esperienza di mancanza è uno di essi. Pagliaroni ha individuato la mancanza come una
delle fonti della generatività creativa e progettuale, mentre allo stesso tempo essa può assumere le
caratteristiche della dispersione, della perdita e dell'autotradimento. L'elaborazione delle emozioni e dei
sentimenti di mancanza può condurre alla genesi creativa se esistono le condizioni relazionali, individuali e di
contesto per la giusta attesa; se esistono il tempo e lo spazio per la scoperta. Pare che ogni processo creativo
emerga da una pausa che, in certi casi, è particolarmente impegnativa e vertiginosa,una transizione elaborativa
in cui agisce la tensione rinviante, quella tensione che ci caratterizza e ci porta a non coincidere mai con noi
stessi ne con ciò che stiamo e abbiamo già. La trasformazioni in arte e ogni processo creativo hanno a che fare
con questa dinamica, la cui natura mostra di essere essenzialmente relazionale e neurofenomenologica. La
lettura del notissimo episodio della "madeleine" narrato da Proust suscita un processo di risonanza empatica che
oggi sappiamo essere naturalmente basato sulla disponibilità evolutiva dei neuroni specchio. La risonanza
naturale fondata sui neuroni specchio si configura come una condizione necessaria e non sufficiente per i
processi relazionali umani, per la loro attivazione e sospensione o per le discontinuità che si sottendono alla
generazione e alla creazione. Movimento, relazioni e empatia sono interconnessi e, ponendo il movimento o
come tratto distintivo della specie viventi e la teoria motoria alla base della comprensione naturale
dell'esperienza relazionale, forniscono alcune premesse e le condizioni per una visione incorporata della mente e
per una ricerca mirata alla fondazione naturale dell'esperienza estetica. Nelson Goodman ha criticato la
separazione tra "cognitivo" ed "emotivo" che impedisce di scorgere che nell'esperienza estetica le emozioni
funzionano cognitivamente. Dobbiamo superare la nostra riluttanza a considerare l'emozione come parte della
condizione. Le emozioni stanno al punto di connessione tra il corpo e il sociale, tra la biologia e il sentimento.
L'opera d'arte ha un valore intrinseco. Non è la descrizione di qualcos'altro. Quel valore intrinseco prescinde da
ogni irriducibilità ha un senso e un significato definiti una volta per tutte. Un'attenzione diffusa e approfondita
all'esperienza estetica e creativa e alla sua educazione può generare una nuova cultura dell'innovazione con
rilevanza:
•
Etica:per una responsabilità critica verso il conformismo e una propensione alla ricerca
all'autoevoluzione, e dell'emancipazione individuale e collettiva.
•
Sociale: per un sistema di relazioni sociali in cui la differenza sia un valore che genera differenti
civiltà.
•
Economica: per la ricerca di forme di sviluppo appropriato in grado di valorizzare il rispetto e l'armonia
tra individuo.
•
Politica: per un'inedità capacità di cooperazione.
•
Estetica: per il riconoscimento del valore specifico della bellezza, dell'arte e della cultura per la qualità
dell'esistenza.
5.Le passioni di Venere. Comune origine di violenza e bellezza ed evoluzione della mente estetica
Che Venere potesse giungere a fare l'amore con Marte è stata una delle utopie concrete più studiate da
Pagliaroni. Gli interessava porre la questione sotto forma di domanda e chiedersi perché Venere non fa l'amore
con Marte. Eppure, come Omero ci conta, il sole che tutto vede, li ha scorti abbracciati nella reggia di Efesto,
marito di Venere in questo connubio Pagliaroni vedeva la possibilità per il genere umano di trovare una via di
soddisfazione al terrore e alla distruttività,una via per l'affermazione della bellezza. L'attrazione magnetica tra
Amore e Guerra ci propone un compito di ricerca importante: quello di cercare di comprendere la fusione tra
bellezza e violenza, fra terrore e amore. La comprensione della comune radice fra bellezza e violenza potrà
forse aiutarci a riconoscere se non possono essere le passioni di Venere: codici prevalenti della creatività e
dell'estetica, a permetterci di affrontare i nostri difetti di immaginazioni e a rinvenire "quell’equivalente
morale della guerra" auspicato da Williams James. 2 polarità di particolare rilievo nell'evoluzione della
conoscenza ci consentono oggi di evolvere la nostra comprensione delle questioni della mente estetica. entrambe
hanno a che fare con i contributi che scaturiscono dall'orientamento epistemologico della complessità. Una
macro, l'altra micro. Quello macro riguarda gli sviluppi della paleoantropologia e della biologia evolutiva e
fornisce indicazioni importanti sull'origine e sull'evoluzione del simbolico nell'esperienza umana. Quello micro
riguarda la convergenza tra psicologia, psicoanalisi e neuroscienze e consente di riconoscere aspetti importanti
dell'origine della mente, dell'esperienza simbolica ed estetica. L'interdipendenza fra dimensioni filogenetiche e
ontogenetiche ci mette a disposizione la possibilità di riconoscere aspetti finora ignoti della mente estetica e dei
vincoli e delle possibilità di espressione. L'attenzione a specificare il processo attraverso cui bambini piccoli
comprendono le menti degli altri e finalmente le loro stesse menti, le considerazioni delle basi empiriche e
fenomenologiche che riconoscono il senso di sé come emergente dalla qualità affettiva della relazione con il
caregiver primario ci pongono innanzi a un tratto decisivo dell'evoluzione specie/specifica dell'uomo, e alla
possibilità di accedere agli stati mentali e alla mente estetica. Da una migliore comprensione di questi processi
potranno forse derivare migliori opportunità per domandarsi quali siano i vincoli e le possibilità. A rompere la
repressiva regolarità del consueto, la nostra predominante tendenza alla naturalizzazione sono, allo stesso tempo,
l'arte e il terrore, l'esperienza estetica e la guerra, Venere e Marte. Nella stessa esperienza affettiva e cognitiva
umana risuonano la furia di Marte e la voce di Venere, traendo origine dalla stessa passione, dalla stessa
attrazione e dallo stesso patire. Amare e Guerra non sono opposti, come non lo sono estetica e terrore.
All'origine di noi, infatti, secondo un importante prospettiva di analisi della dimensione profonda della nostra
esperienza vi è il conflitto estetico. L'origine dell'esperienza estetica coincide con l'origine della vita, secondo
Meltzer. La sua fenomenologia viene oggi supportata dalla verifica ampia delle funzioni di correlati
neurocognitivi specie/specifici. Siamo in grado di riconoscere l'origine conflittuale del senso dell'essere, la sua
corrispondenza ai processi che presiedono allo stesso riconoscimento di sé e alla conoscenza. Possiamo
intendere l'emergere della mente estetica dall’elaborazione del conflitto estetico e dai livelli di tolleranza del
conflitto stesso, con esiti diversi a seconda delle situazioni, dove non è detto che quelle apparentemente più
favorevoli siano le più propizie. Il compito diviene perciò quello di comprendere la fusione fra bellezza e
violenza, fra terrore e amore. Se l'origine del lato estetico e dell'atto violento sono comuni, il primo può essere
la via per risignificare il secondo? L'elaborazione di questa domanda richiede il confronto con un'idea dell'arte
non riduttiva ma semplificatrice. L'arte ha a che fare con l'inutilità apparente eppure si configura come il
vertice della nostra finalità evolutiva; a che fare con la sospensione dell'utilità immediata, e per questo è
generativa. Per questi motivi quando parliamo di arte parliamo:
1. Dell’esperienza umana liminale: con il terrore e la trascendenza.
2. Dell'ineluttabile: dell'impossibilità di fare a meno di esprimerla.
3. Di un senso inaudito: generatosi dall'inatteso e dal discontinuo.
4. Di una tensione eccedente: trascendente l'esistente.
5. Di un'espressione tendenzialmente universale: capace di attraversare, generando un senso, più
autonomia.
6.L’arte accade, sull’orlo del possibile. Esperienza e mente estetica
Che tipo di cosa è una cosa che non spiega gli effetti che lascia emergere, il quale però non emergerebbero se
quella cosa non ci fosse? A partire dalla ricerca sul movimento della mano è stato possibile scoprire che
l'attivazione di alcune aree del cervello, prima nella scimmia e poi nell'uomo, si attivano non solo quando si
manipola, ma quando si vede manipolare. Ciò è stato l'inizio di un proficuo processo di ricerca che ha
consentito di spostare l'attenzione dalla centratura sulla percezione alle azioni, alle emozioni. La plasticità
dell'esperienza è basata sull'attivazione del sistema premotoria e prelinguistico, cosicché il contenuto semantico
è correlato ai processi sensomotori. Secondo una dinamica dissimulazione incarnata, il movimento e l'azione si
fanno emozione per divenire sentimento e significato dell'emozione. Una verifica dell'avvento evolutivo di
questi caratteri distintivi umani si possono riconoscere nel fatto che essi si manifestano sia nella scimmia che
nell'uomo, ma ciò che è aurorale nella scimmia si presenta come il brutto dell'uomo. Da un meccanismo
automatico di basso livello emerge un processo che è decisivo nel costruire consonanza intenzionale. Una cosa
produce una non-cosa. La contingenza tra movimento e pensiero pone in evidenza che l'azione è un pensiero.
La cognizione è a sua volta incarnata come lo sono le azioni. Azioni e pensieri emergono da un
intersoggettività primaria che genera una consonanza intenzionale. La coscienza riflessiva ha, perciò,un'origine
pre-razionale. Abbiamo la possibilità, considerando i processi adattivi, di ipotizzare il possibile radicamento
senso/motorio delle competenze linguistiche e concettuali. I processi adattivi sono, con ogni probabilità, emersi
per exaptation, come valorizzazione di strutture già incarnate, generando il "grande balzo in avanti" che Homo
sapiens compie con la rivoluzione paleolitica. Considerando che la relazione viene prima dell'individuazione e
dell’emergere dell'unità, e prestando attenzione al fatto che anche le regole dell'evoluzione sono evolutive, la
catena di emergenze discorsive che compone l'evoluzione umana genera la possibilità dell'autoevoluzione
semantica, della cultura, come via per connettersi alla concretezza del mondo, e dell'estetica e della creazione
artistica. Mentre la cultura non solo evolve, ma riconnette alla concretezza del mondo, l'artista abita l'ambiguità
e l'incompletezza e cerca incessantemente di tradurla. Per cercare di farlo non abita contesti ma crea un contesto
dentro di sé, portando a una durata vertiginosa la sosta del passaggio tra disorganizzazione e autorganizzazione,
tra disordine e ordine provvisorio. Mediante la tensione verso ciò che non è mai definitivamente realizzato o
realizzabile, l'artista attualizza nella propria vita il conflitto estetico originario. Mentre nel processo di
individuazione, nel divenire umani e nel divenire individui,una catena di emergenza, combinate con la
mediazione sociale e culturale a sostegno dell'individuazione, consente di elaborare la neotenia, di far fronte alla
mancanza e di elaborare l'ambiguità tra autonomia e dipendenza, nella creazione artistica i necessari
apprendimento dell'ambiguità si interrompe per dar vita alla disposizione a stare dentro l'ambiguità. La
creazione artistica è osservabile dall'interruzione del empatia, alla rottura della ridondanza, è frutto di un
improvviso ergersi contro la continuità dell’Io.
7.Dove osa all'immaginazione. Gesti e segni inauditi nel origine naturale e ambigua dell'esperienza estetica
L’esperienza estetica a un'origine ambigua. Il gesto inaudito che può derivare dall'elaborazione della tensione
può essere un'emozione che ci porta guardare un'opera d'arte visiva come se fossimo al suo interno.
Avvalendosi di risultare della scoperta scientifica dei neuroni specchio, Gallese ipotizza che le emozioni
trasmesse da un'opera d'arte siano affini ai processi empatici che ci permettono di vivere in una certa sintonia
con gli altri. Questo fa si che possa sussistere un'interdipendenza tra movimento, emozione ed empatia
nell'esperienza estetica. L'elaborazione della tensione può però dar vita a un altro tipo di gesto inaudito,
profondamente affine per dinamica ma diverso per esiti, che connette l'arte al terrore in termini di origine
affettiva. La descrizioni che Jean-Philippe Toussaint fa del gesto di Zidane in occasione dell'incidente nel corso
della partita finale dei campionati del mondo di calcio, a Berlino 2006, è indicativa di questa finita: un istante
di ambiguità perfetta sotto il cielo di Berlino, alcuni secondi di ambivalenza vertiginosa dove bellezza e
bassezza, violenza e passione, entrano in contatto e provocano il corto circuito di un gesto inaudito. Abbiamo
una serie di osservazioni e di esperimenti empirici che ci consentono di comprendere degli aspetti dei
comportamenti correlati all'estetica, ma non giungono a una teoria. Abbiamo una teoria dell'estetica che non
spiega i comportamenti e le azioni correlate all'espressione e alla fruizione estetica. Appare però sempre più
evidente che, per essere capaci di esprimere e sperimentare l’estetica, dobbiamo imparare a farlo. L'estetica si
apprende in relazioni e processi coevolutivi naturalculturali. Coinvolge lo stesso tempo emozioni e regole,
affettività e calcolo, anche se si situa oltre i limiti di tutte queste dimensioni. Il processo immaginativo e un
processo conflittuale e si apprende all'estremo dell'invenzione dell'inedito. Il compito impegnativo è riconoscersi
come menti naturali, attive e relazionali che lasciano emergere segni e gesti estetici e della loro fruizione si
alimentano, per immaginare se stesse e i mondi inediti della creazione artistica.
8. Un campo nel buio,una ferita nel senso. Risonanza ed espressivismo dell'emergenza dell'esperienza estetica
Se l'enigma dell'esperienza è che essa risulti esprimibile, ciò è possibile perché l'esperienza risuona; se non
risuonasse prelinguisticamente noi non potremmo esprimerla nei giochi linguistici. Sostenere che l'esperienza
risuona non vuol dire che ciò avvenga nel senso dei 2 tempi; prima risuona e poi le esprimo, prima la sento e
poi la dico, ma nel senso che la deconsento. Di tutte le esperienze, quell’estetica è probabilmente correlata a
una profonda partecipazione empatica al mondo e, contemporaneamente, a una tensione a trascenderlo:
un'istantanea e provvisoria apertura nella continuità a compattare del senso,un rilancio trascendente che si
esprime e crea o riconosce per risonanza un'espressione e una creazione inedita,ridefinendo e ricodificando il
senso. Un campo nel buio, appunto,una ferita nel senso. Sia l'atto creativo che la fruizione di un artefatto
estetico sono stati considerati prevalentemente come azioni individuali. L'indicazione più rilevante che sembra
venire dalle scoperte sul rispecchiamento, la risonanza e l’empatia riguarda la fondazione relazionale del
processo di individuazione soggettiva. In quel processo di individuazione circolarmente connesso all'espressione
di sé, emergono anche la creazione e la fruizione di atti estetici. L'orientamento "mentalista", oltre a porre al
centro l'individuo solo che agisce, crea e fruisce, tendeva a separare la percezione dall'azione e dalla cognizione.
Si verifica invece che percezione, azione cognizione non solo sono unitariamente contingenti e parte di un unico
processo, ma sono tutte parte di una mappa spaziale che circonda il corpo e fonda l'individuazione soggettiva
nelle relazioni situate. I contributi della filosofia hanno anticipato in modo molto significativo le recenti
scoperte neuroscientifiche sulla relazionalità umana e su i suoi fondamenti naturali. Già Maurice Marleau Ponty affermava che "vivo nell'espressione facciale dell'altro, nel momento in cui lo sento vivere nella mia".
L'intuizione che i processi fisiologici e naturali potessero essere alla base della fenomenologia delle relazioni e
delle dinamiche empatiche è stata del resto abbastanza precoce nell'avvento della psicologia scientifica, anche
se altrettanto precocemente abbandonata. Nella seconda metà dell'800, infatti, lo studioso tedesco Lipps era
giunto a teorizzare una sorta di capacità empatica fondata su una presunta invariante della natura umana, nel
tentativo di comprendere la creatività insita in un'opera d'arte e la natura del giudizio dell'osservatore. Nel
dibattito che si sviluppò si cercò di comprendere la natura dell’empatia. Era una forma dell'esperienza diretta
o un meccanismo istituzionale? William James aveva utilizzato il costrutto di istituto alla fine dell'800, per
giungere alla classificazione di tutti comportamenti in 2 formule: quelli volontari e quelli automatici. Gli storici
e filosofi dell'arte lavorarono ad una versione psicologica del "volere artistico",una sorta di istinto artistico
universale. La nozioni di Kunstwollen era stata introdotta alla fine dell'800 dall'austriaco Riegl per indicare le
forme creative che si esprimono in un'opera d'arte e che vengono colte da un osservatore. Quell’osservatore
non è solo. Egli muove da una relazione, da una rete di relazioni situate in un contesto con una storia. Nel
tentativo di comprendere qual'è l'intreccio tra ciò che anima un'opera d'arte e ciò che attiva l’empatia di un
osservatore si possono oggi integrare i contributi della filosofia e quelli delle neuroscienze cognitive.
Wittegenstein nel 1949 si domanda quale sia l'esperienza che proviamo quando l'occhio scorge qualcosa di bello.
La sua risposta è semplice: la mano vuole disegnarlo. Se si associa, com'è stato fatto negli ultimi secoli, l'opera
d'arte alla bellezza, la distinzione della bellezza è la sua facoltà di indurre alla replica. Questo carattere
distintivo tende profondamente a mutare nel mondo in cui, come accade oggi, l'associazione fra le bellezza si
affievolisce o viene meno. Essere indotti alla replica della bellezza vuol dire co/sentire con il creatore del bello
l’azione generativa di quella cosa che sentiamo bella. Come possiamo "immediatamente vedere l'emozione,
nel flusso della corrente della vita quotidiana, quando ciò accade innumerevoli volte?" Per rispondere a questo
quesito, le soluzioni classiche utilizzano l'argomento dell'analogia cioè il comportamento dell'altro diventa un
indizio che mi permette di capire le sue emozioni e quanto sta accadendo nella sua mente. Anche se non posso
essere del tutto certo dello stato mentale dell'altro e non posso che approssimarmi a condividere i suoi
sentimenti e le sue esperienze, posso con una certa sicurezza dedurre con ragionevole certezza che le altre
persone hanno una mente come la mia. Questa argomentazione ha assorbito pesati critiche. La prima riguarda il
fatto che la procedura per analogia utilizzata per comprendere gli stati mentali altrui è troppo complicata e
macchinosa per qualcosa che compiamo in continuazione, con naturalezza e senza sforzo. Il problema delle altre
menti è probabilmente "più semplice" di quanto una procedura come quella dell'analogia presume. Un'altra
critica riguarda la sopravvalutazione della conoscenza della consapevolezza di sé che è implicita
nell'argomentazione basata sull'analogia; sono sempre più ampie le prove che mostrano come siano molto meno
in contatto con i nostri stati mentali di quanto avessimo creduto ed i quanto ci piace pensare. Siccome però, nel
corso di ogni giorno, in un numero infinito di circostanze riusciamo a prevedere e a spiegare con una certa
approssimazione il comportamento degli altri, dobbiamo ritenere che ciò avvenga non per la logica, né per
deduzione, né per analogia astratta. L'analogia e la simulazione sono entrambe ipotesi che sottovalutano la
comprovata capacità che noi dobbiamo di accedere alla mente degli altri. Sia la ricerca filosofica che la ricerca
neuroscientifica consentono oggi di dare vita a una prospettiva neurofenomenologica che ridefinisce i termini
della questione e c'insegna un diverso significato di cosa vuol voler dire esseri umani e comprendere gli altri,
aiutandoci a riconoscere che si tratta probabilmente della stessa cosa: riconoscere gli altri è la condizione per
riconoscersi. Se si coglie il senso del fastidio e della fatica che un'artista a quando gli viene chiesto di parlare o
ancor più di fornire spiegazioni verbali di una propria opera, si può riconoscere la rilevanza che nella creazione
artistica sembrano avere i "meccanismi di livello inferiore", i quali agiscono prima e al di sotto della mente
consapevole. Si tratta della dissonanza o simulazione incarnata e dei correlati neurali dell'intelligenza sociale
che riguardano la dispersione e il movimento che portano a creare qualcosa per un altro e l'altro a riconoscerla
influendone e sentendo almeno in parte le stesse cose di chi l'ha creata. Nel rispecchiare in noi stessi e gli altri
e il mondo, sembra si attivi un superplus,un'eccedenza che rinvia ad altro, all’altrove, all’altro e si genera
così una tensione a trascendersi.
9. Inaudite risonanze. Gli scarti della mente, l'umorismo e il riso
Possiamo "sentire e sperimentare di essere eterni" come sostiene Spinoza, nelle resistenze e strutture e
continuità prevarianti sui singoli: è lì che diviene possibile l'esercizio della libertà. L'umorismo e la satira sono
antidoti che possono mostrarsi efficaci nei confronti del potere esercitato come dominio. Benini afferma che
l'emergere dell'autocoscienza e del linguaggio è stato il passo evolutivo crucciare tra i primati e l'uomo. Se
l'autocoscienza può essere intesa come la capacità della coscienza di porre se stessa a oggetto della propria
riflessione, è probabile che proprio allentando la compattezza dell'autocoscienza e dell'appartenenza a un
dominio di senso si generi la fuoriuscita che dà vita all’umorismo. Il linguaggio dell'arte, della scrittura, della
satira, dell'umorismo, prima di ogni altra azione, può aprire brecce in quel muro fortificato che grava sul
significato. L'umorismo e la satira hanno una relazione direttamente proporzionale con la democrazia: la critica
del potere che da essi può derivare si situa in una dei posti privilegiati in cui l'immaginazione genera e rigenera
la società e l'autoemancipazione da parte di noi esseri umani. Appare sempre più confermato alla ricerca il
fatto che la facoltà di immaginazione è una facoltà costitutiva della nostra specie,una proprietà emergente
dell'evoluzione, legata al modo in cui affrontiamo la struttura casuale del mondo. L'apprendimento e
l'immaginazione sembrano procedere di pari passo e mentre, apprendendo, persistiamo nello stesso orizzonte di
senso e nello stesso dominio di significato, esiste allo stesso tempo una capacità di innovazione dovuta alla
generatività dell'immaginazione. Ecco che si individua in questo modo nella capacità di cambiare e innovare
una delle facoltà più peculiare dell'uomo: quella capacità di estinzione tanto determinante per la creazione
artistica, per l'esperienza estetica e per l'esplosione umoristica. L'umorismo può essere definito come
un'emozione vissuta in rapida progressione tra preparazione, costrizione regolata e defamazione.
Un'emergenza,una comparsa spontanea di nuovi tipi di ordine e di organizzazione del significato, di aspetti che
non si possano far risalire al carattere delle singole parti. Diversamente dalla poesia, che Wordsworth ha
definito "emozione rivissuta in tranquillità", l'umorismo invece trascorrere veloce, destabilizzando per un breve
tempo il senso dominante e generando per di-vertimento aperture al possibile e all'inedito. L'umorismo appare
allo stesso tempo come un sistema di costruzione e come esercizio di libertà,una rottura del senso. La
grammatica generativa di Chomsky distingue 2 forme di creatività linguistica: la creatività che rispetta le
regole e quella che la trasforma: l'umorismo le esige e le ricomprende entrambe. L'ampia varietà di
manifestazioni che riconducono all'umorismo riguarda comunque la comunicazione umana e l'arte e la difficiltà
di stare in bilico in una situazione che costantemente si sdoppia dal mondo interno e dal mondo esterno, queste
si alternano in continuazione.
10. Mente relazionale, l'esperienza estetica e innogenesi. Cambiare idea, cambiare significati
Perché abbiamo la possibilità di esprimere discontinuità imprevedibile se siamo naturalmente e razionalmente
vincolati? Esistono 4 presupposti per riflettere su questa questione:
 Il primo presupposto riguarda l'importanza di restituire all’estetica una motrice costitutiva dei processi
di conoscenza. Nel corso del tempo abbiamo tentato di spiegare la conoscenza mediante la logica e
razionalità. Tutto ciò ha portato a considerare la dimensione estetica un corollario secondario, mentre
oggi la dimensione estetica è un aspetto costitutivo e generativo della conoscenza.
 Il secondo presupposto è la sollecitazione necessaria ad accogliere tutte le scoperte che si configurano
come falsificazioni di convinzioni, di credenze e di teoria intorno alla centralità dell’Io, in quanto
fisso, stabile, uguale a se stesso e duraturo nel tempo.
 Il terzo presupposto riguarda la crescente verifica della dimensione incorporata dei nostri processi
conoscitivi e quindi la natura attiva, cognitiva e affettiva dei nostri processi esperienziali della
conoscenza, nonché le vaste dimostrazioni ormai indiscutibili della neuroplasticità incorporata della
nostra esperienza.
 Il quarto presupposto riguarda l'opportunità di valorizzare il particolare momento dell'alleanza
significativa tra scienza e filosofia: è tra la reciproca fecondazione tra queste 2 tradizioni di pensiero e
queste 2 modalità di accedere alla conoscenza che si costituisce il presupposto della nostra ipotesi di
ricerca.
L'ipotesi che il libro formula a proposito dell'emergere dell'esperienza estetica porta a immaginarla come una
situazione nella quale, essendo noi costantemente presi nella ricerca del significato, sperimentiamo un'istantanea
e provvisoria interruzione del flusso del senso per accedere a un'intuizione che può generare la creazione
dell'inedito. L'ipotesi che noi formuliamo a proposito dell'emergere dell'esperienza estetica ci porta immaginarla
come una provvisoria e istantanea rottura del sense-marking, cioè come una situazione nella quale, essendo noi
costantemente presi nella ricerca del significato, sperimentiamo in cent'anni una provvisoria interruzione del
flusso del senso per accedere a un'intuizione che può generare la creazione dell'inedito. Perché è così difficile
accreditare cittadinanza dell’esperienze estetica? Perché, pur essendovi la necessità di creare nuovi paradigmi
a quali fare riferimento, anche per la nostra vita sociale ed economica, rispetto all'esigenza di cambiare idea, noi
siamo in difficoltà a farlo? La rilevanza sociale e politica dell'arte e delle esperienze estetica, ha una questione
strettamente connessa al nostro essere animali deisderanti. Il desiderio non è una realtà semplice. Siamo
animali desideranti e il desiderio non si lascia imbrigliare, "esce" quando vuole, scegliendo la direzione che non
sappiamo e non prevediamo. Una delle vie principali per rompere la consuetudine e per creare quello che
ancora non c'è, per trascendere il presente e per concepire il futuro, è quello di coltivare la nostra capacità di
cambiare idea, di allenarci alla bellezza, di creare quello che non si era mai visto, quello che ancora non c'è.
Che cos’è l’innogenesi? Si tratta di un tentativo di creare un approccio transdisciplinare allo studio
dell'innovazione, attenta come nasce a come si afferma, come si sviluppa nel tempo, come si diffonde, quali
processi cognitivi, affettivi, organizzativi possono favorirlo o ostacolarlo. Certamente rilevante sono le
condizioni materiali storiche che favoriscono o ostacolano l'innovazione, ma appare più evidente che a renderla
possibile sono in primo luogo i processi mentali relazionali e i modi di creare e valorizzare la conoscenza
necessaria innovarla. L'innovazione è strettamente connessa alla creatività. Sono i climi sociali e le culture che
favoriscono i processi innovativi. L'innovazione ha natura fondante nell'evoluzione sociale e deve essere distinta
dal cambiamento. Il cambiamento è la condizione costante della vita di ogni sistema vivente, che, per il fatto
stesso di essere vivo, è vivo in quanto cambia, e nell'adattamento e nella discontinuità esprime la propria
specificità distintiva. Il cambiamento si esprime in diversi livelli da quello micro a quello macro e in tempi
diversi. I sistemi viventi sono evolutivi e per la loro stessa natura apprendono: non possono non farlo in quanto
l'apprendimento è parte costitutiva della loro natura di sistemi viventi adattattivi. Ciò rende privo di valore tutte
le cosiddette "teorie" e le conseguenti indicazioni sulle organizzazioni che apprendono. In ogni impresa vi è un
apprendimento. È importante analizzare la direzione dell'apprendimento; da considerare sono i contenuti e
l'efficacia degli apprendimenti rispetto a determinati scopi e obiettivi. Importante è analizzare attentamente
l'appropriatezza dei metodi e delle tecniche che si mettono in atto per influenzare e orientare quegli
apprendimenti. Importante è comunque riconoscere che l'apprendimento di per sé è associabile al cambiamento,
ma non necessariamente all'innovazione. Esistono strette interconnessioni fra la creatività e l'innovazione di cui
si possano trarre 2 orientamenti:
 Uno volto a sostenere l'avvento immediato, per salto evolutivo, dell'esperienza dell'innovazione e delle
esperienza estetica.
 L'altro più propenso a sostenere la prospettiva di un avvento graduale e lento delle competenze
simboliche, della capacità di riconoscere nel cambiamento l'innovazione e l'emergere dell'esperienza
estetica.
Lontana sembra comunque la possibilità di mettere a punto un modello di cambiamento e innovazione: delle
idee, dei simboli, dei gusti e delle preferenze estetiche. A lungo le esperienze estetica e l’innovazione sono
state considerate eccezionali rispetto al cosiddetto normale flusso dell'esperienza. Alla base di questo
orientamento vi è una visione idealizzata della mente, separata dal corpo. La spinta ellenistica ci porta a
considerare lo spirito, come separato dal corpo, ha certamente avuto la funzione nel processo di autoelevazione
semantica della specie Homo sapiens. La combinazione tra scienze naturali fenomenologiche ha portato alla
comprensione delle condizioni naturali del senso del significato estetico e, nella vita sociale ed economica,
dell'innovazione. Proprio una prospettiva neurofenomenologica può aiutarci a riconoscere alcune caratteristiche
distintive dell'esperienza estetica umana, si tratta cioè di valorizzare i risultati della ricerca che stanno
consentendo di comprendere il comportamento umano a partire dalla mente incorporata. Il tema del
cambiamento di idee, di atteggiamenti oggettivi, affettivi ha ricevuto contributi importanti dalla scuola neo-latino
e argentina in particolare. Enrique Pichon/Rivière ha elaborato 2 costrutti: l’ECRO, che indica i processi in
base ai quali ognuno di noi agisce e sceglie essendo" vincolato" da un contesto in cui si formano le basi
dell'attribuzione di significato e la genesi delle preferenze, gli orientamenti di valore e i codici di lettura dei
significati del mondo. Recentissime ricerche neuroscientifiche confermano quest'ipotesi:Marco Jacoboni e
Molnar Szakacs hanno concluso un esperimento nel 2007, in cui mostrano come i neuroni specchio siano
sensibili alle influenza culturali e rispondano in modo diverso a seconda che stiamo guardando qualcuno che
appartiene o meno alla nostra cultura. La rottura o il superamento di quel vincolo pongono di fronte a quella
che Pichon Rivière chiama " angoscia epistemofolica" la messa in discussione della "filia" produce la
condizioni conflittuali interna che richiede di essere elaborata. Quell'elaborazione che può produrre la
ridefinizione dell’Ecro o la sua conferma. Begler approfondito rapporto tra simbiosi e ambiguità nello
sviluppo individuale, e nell'evoluzione psico-sociale della personalità. La condizione simbiotica indica che noi
partecipiamo a una situazione, di un contesto, di un modo tacito relativamente inconsapevole, replicandone
simbioticamente codici e significati. Quell'appartenenza tacita, non è priva di conflitti, in quanto ognuno di noi
è unico e irriducibile in ragione delle nostre caratteristiche specie/specifiche. L'angoscia epistemofolica riguarda,
la costruzione di legami conoscitivi. La conoscenza in ogni caso è vissuta come angoscia, che sia positiva o
che sia negativa. Il vissuto un rischio di perdita del legame precedente e un rischio di entrare in un nuovo
legame. Il terreno favorevole a ogni processo innovativo esige la difficile affermazione in una cultura
dell'incertezza, del rischio, della probabilità e dell'errore. I processi innovativi sono probabili ma non certi. È la
loro relativa imprevedibilità a caratterizzarli e a distinguerli. Ad esempio se uno pensa che tutti i cigni sono
bianchi non riesce neppure a concepire la probabilità che possa esistere un cigno di un altro colore. La sua
comparsa (cioè il dubbio) rompe la convinzione e apre la possibilità che ci sia un altro colore rispetto al
bianco. La contingenza favorisce l'emergere dell'innovazione della ricerca.
11. La svolta simbolica e il valore del senso. Noi, infatti simbolici, sulla soglia dell'immateriale
Con la domanda di senso che ha fatto irruzione nella contemporaneità, ci sposta l'attenzione all'immateriale e al
simbolico come porte d'accesso al senso e il significato. Il materiale non è l'opposto di immateriale. È bensì ciò
che rivela il materiale, che consente di riconoscerlo per la sua distinzione e complessità. Per lo sviluppo di un
approccio sistemico alla misurazione degli immateriali non si tratta di porre l'immaterialità versus la misura
dell’abilità; né di domandarsi se l'immateriale sia misurabile o no, ma di studiare come sia misurabile. Si
deve riconoscere che misurabile è diverso di quantificabile. Si tratta di non negare l'oggettività ma di
modificare l'idea di oggettività. Si scoprirà così che è l'incompletezza dei sistemi che consente a quei sistemi
di essere e di evolvere. L'incompletezza non indica qualcosa che i sistemi viventi non hanno ancora, ma il
carattere costitutivo che li rende viventi ed evolutivi. È necessario perciò considerare il valore dell'esperienza e
del senso fonte per la comprensione alla misurazione degli immateriali. L'ossessiva ricerca dei simboli e dei
significati, e perciò di senso, a che fare con questa trasformazione. Il valore del senso cambia di carattere e di
connotazione. L'importanza è di partire da una riflessione sull'epistemologia della valutazione. Misurarsi con
l'epistemologia della valutazione è oggi una delle principali implicazioni della crisi e dell'evoluzione
paradigmatica delle scienze. La principale fonte di complessità nasce dalla relativa irriducibilità del rapporto tra
il senso e la misura. Cercare di misurare il senso, infatti, richiede di ridefinire il senso della misura. La crisi
riguarda: il mancato riconoscimento dell'impossibilità di un'osservazione a distanza. La relativa assunzione di un
paradigma bio-evolutivo o cognitivista in economia non sembra, in grado di risolvere il problema, in quanto
mantiene il principio della computabilità dall'esterno come principale riferimento analitico. La conoscenza dei
fenomeni correlati ai comportamenti rimane basata su una valutazione e una misurazione dall'esterno. La
resistenza induce gli approcci conoscitivi a non riconoscere che non si può comprendere, valutare e misurare,
né tantomeno cambiare,un sistema vivente o un sistema umano senza farne parte. Ne deriva non solo
l'ineliminabile circolarità tra osservatore e sistema osservato ma, ancor più importante, che è proprio quella
circolarità la condizione generativa della conoscenza possibile. Fa parte di un sistema riuscire a stare a distanza,
per comprenderlo e misurarlo è la condizione che dà vita a ciò che abbiamo inteso chiamando "fenomenologia
impossibile", al di fuori della relazione. Siccome il valore dell'immateriale è il senso che con l'altro gli si
attribuisce in una relazione, la misurazione si configura come una tecnologia impossibile: non realizzabile al di
fuori. Non si può osservare, valutare, e cerca di cambiare un sistema vivente se non se ne fa parte. Ciò implica
in prima istanza una posizione epistemologica inedita: misurare non è una conquista di certezza,una
determinazione di quantità certe dal di fuori, ma un tentativo provvisorio di riduzione dell'incertezza dal di
dentro. Gli atti di comprensione e valutazioni possono avvenire solo all'interno della relazione e grazie a essa,
quando in gioco sono i sistemi viventi adattattivi umani, fatti di linguaggio, senso e il significato, irriducibili,
indeterminabile, indecidibili, ma solo probabilisticamente e reciprocamente influenzabili. Questi sistemi si
distinguono per la coscienza di ordine superiore, la semiosi e il linguaggio. L'economia deve misurarsi con la
propria epistemologia. In particolare, dopo la svolta linguistica non si ha più un senso, non abbiamo, cioè un
solo senso possibile. La crisi del rispecchiamento e della corrispondenza tra parole e cose, tra concetto e
fenomeno, ha posto le indicazioni e le possibilità per riconoscere nel linguaggio la via di accesso alla realtà. I
sensi sono divenuti tanti quante sono le posizioni da cui si osserva il mondo e cambiano al cambiare delle
posizioni; così la condivisione provvisoria dei sensi genera significati. La proliferazione della moltiplicità dei
significati ha prodotto riconoscimento della ricerca del significato come uno dei tratti distintivi stessi della
società umana. Se l'esplosione degli immateriali a che fare con la svolta linguistica e la rottura del rapporto di
corrispondenza fra le parole e le cose, misurare il senso significa rivolgersi all'eccedente e quindi riconoscerlo
decisivo. Noi non coincidiamo con noi stessi e in questo siamo esseri umani, in quanto in grado di concepire la
possibilità di trascenderci e di tendere a quella possibilità. Ognuno è solo se stesso, socchiuse la propria
autonomia, seppur generato da relazioni. L'autonomia è un mito della redazione. La relazione di prima. Non
viene prima l'individuo solo, e poi la relazione: l'individuo umano è generato dalla relazione e elabora se stesso
in un processo di individuazione. Abbiamo tutti l'ombelico e ci generiamo da una separazione, gradualmente,
individuandoci. Quindi non esiste un senso standard o trasmissibile per informazione. La trasmissione di
informazioni tra esseri umani non esiste. Esiste tra esseri umani e macchine. Sono le relazioni a generare il
riconoscimento tra esseri umani e lo fanno per approssimazione, per avvicinamento, dell'incertezza del
significato. Relazioni, approssimazione, riconoscimento sono alcuni spazi in cui si genera quella costante
esperienza che, in quanto immateriale è l’Humus della vita della società umane. Gli materiali riportano
l'economia al senso delle origini, alla situazioni di una disciplina che si misura con la dimensione etica della
scelta, con i vincoli e le possibilità della mente del decisore e con le forme di condivisione del sapere e della
conoscenza. Quale economics in quest'economia che deve la conoscenza e al simbolico i suoi tratti distintivi e
caratterizzanti? La svolta simbolica e l'avvento degli immateriali sono un importante elemento analizzatore della
trasformazione possibile, in quanto coinvolgono contemporaneamente società, mercato e comportamento. La
misurazione dell'immateriale è rilevante per i costi che possono derivare da una sua non considerazione.
L'accesso alla conoscenza non è regolato, infatti sono i costi di attivazione, i quali svolgono una funzione
rilevante, ma anche da vincoli o da ostacoli epistemologici, che regolano per così dire "dal di dentro" e nella
relazione con il mondo esterno le capacità di apprendimento dei singoli. Gli ostacoli epistemologici e i vincoli
epistemofilici si combinano e in molti casi crea una situazione di tipo non vedere di non vedere. I limiti e
l’incompletezza sono perciò tratti caratteristici costitutivi dei sistemi viventi. La rilevanza degli immateriali
non è tanto relativa ai fattori in sé, quanto a capacità e alla disponibilità di elaborarne vincoli e possibilità,
opportunità e rischi da parte dei soggetti. Ognuno di noi ha un'idea abbastanza chiara di rischio esterno, mentre,
invece dei rischi interni, quelli che generiamo o alimentiamo noi stessi, sono definiti mentali e immateriali.
Proviamo a capirci qualcosa: noi tutti viviamo in un mondo fatto di cose materiali i cosidetti oggetti fisici, e
questi a loro volta vengono sostituiti rapidamente dalla conoscenza, dall'informazione, dai simboli, dai materiali
i cosidetti oggetti sociali. Non sono i boschi e le montagne in sé a rendere competitivo un settore un sistema
socio-economico locale, ma le competenze gestionali di imprenditori e maneger e le loro disposizioni a innovare.
Ciò che ci manca è immateriale e a sempre più a che fare con la cognizione, la disposizione da prendere e a
conoscere. Il rischio dunque nasce dalla nostra concentrazione sull’oggetti materiali. È opportuno riprendere 2
considerazioni fondative di un'epistemologia ed una prassi della misurazione possibile degli immateriali. La
prima riguarda la circolarità ricorsiva: dove Bateson e McCulloch sostengono che l'intera logica avrebbe
dovuto essere riconosciuta a favore della ricorsività. I sistemi viventi adattattivi esistono e si esprimono nelle
relazioni che connettono; queste sono circolari e ricorsive. Divengono perciò il luogo privilegiato di analisi e
comprensione di questi sistemi. Nel caso dell'esperienza umana, siamo di fronte a relazioni linguistiche che
sono anche la fonte del senso e del significato. Le prove di cui abbiamo bisogno per comprendere misurare con
le esperienze possono derivare dal loro ascolto. Esse si collocano a un livello che attiene all'area della
produzione e circolazione dei significati. I significati variano il tempo e tendono all'unicità. Essi hanno a che
fare con il tempo e sfidano perciò la tendenza del paradigma scientifico e dell'economia neoclassici a costruire
una scienza senza tempo. Gli immateriali sono esposti al tempo in quanto si plasmano nel tempo, sono cronoplastici. Non sono caratterizzati dall'equilibrio, ma si evolvono con l'apprendimento. Generano senso in quanto
sono esposti all'attribuzione di significato. Non si riducono alla conoscenza, ma riguardano l'immaginazione.
Essendo proprietà emergenti, sarà importante considerare che l'emergenza si manifesta in uno spazio di
possibilità ristretto, fra una condizioni di troppo ordine è una condizione di troppo disordine. Bisogna
riconoscere che la verità si produce dell'esperienza e chi non ha che fare con la certezza ma con il senso della
verità, vuol dire ammettere che l'oggetto non si riduce mai del tutto al soggetto: è così che dallo spazio di
irriducibilità emerge il senso.
12.Horror vacui,horror pleni. Vincoli e possibilità della creatività umana. Uno studio su conformismo e
saturazione
Studiare le possibilità della creatività umana vuol dire anche cercare di comprendere gli ostacoli. Alcuni di
questi si situano al punto di connessione tra mondo interno ed esterno, e sono influenzati, dal contesto e delle
relazioni sociali. Di tutte le possibili dinamiche che favoriscono o ostacolano la creatività e l’innovazione
nella vita di gruppi ne verranno considerate 2 in modo particolare: il conformismo e la saturazione. Che
funzione svolge il gruppo? I gruppi umani possono incorrere in fallimenti sostanzialmente diversi dalla
violazione di principi normativi ritenuti validi o dalla prevalenza di istanze difensive rispetto al compito e ai
compiti per cui nascono ed esistono. Violare le norme sociali interne, rischia di volta in volta di consegnare e
riconsegnare il gruppo al nulla e di riattivare il predominio delle forme di eros e thanatos. Questi fallimenti non
sono gli unici possibili. Per considerare il fallimenti del gruppo abbiamo bisogno di considerarlo nella sua
dinamica spaziotemporale e nell'evoluzione delle relazioni con il compito, in cui il gruppo più o meno si
riconosce. Se il compito e le relazioni intorno a esso suggeriscono e di fatto alimentano il senso del possibile in
un gruppo, i fallimenti possono essere ricondotti a loro volta alle relazioni e alle crisi del senso del possibile.
La coesione totalitaria, che può essere ritenuto un efficace specializzazione dell'adesione al compito, può
essere un'intrusione autodistruttiva per ragioni diverse e molteplici. Alla base del suo fallimento agisce forse il
conformismo e la sua propensione a generare reificazione. Il fenomeno della reificazione può essere inteso
come una triplice dimensione: intersoggettiva (nel rapporto con gli altri); oggettiva (nel rapporto con il mondo);
soggettiva (nel rapporto con se stessi). Fare di se stessi, degli altri fenomeni della vita, degli oggetti, delle cose
da osservare e da produrre, delle cose che finiscono per porsi immodificabili, è ciò che la reificazione produce.
In un recente contributo di Axel Honneth, sostiene che la reificazione è intesa come perdita di riconoscimento e
perciò, come caduta della possibilità di conoscere il legame fra la nostra azione creativa e responsabile e gli
effetti di quell'azione nelle relazioni e nel mondo. La negazione dell'incertezza può essere considerata una causa
del fallimento dei gruppi. La rimozione e la negazione del conflitto nei gruppi, provoca l'allucinazione di voler
creare cooperazione senza confronto. Ciò svuota di senso il legame e le relazioni e genera conformismo e
carenza o assenza di creatività ed innovazione, fattori che possono divenire causa di disgregazione del gruppo,
dell'istruzione o della società. Secondo Nash per trovare una cooperazione tra gruppo, l'unica possibilità è il
gioco dove viene a instaurarsi una sorta di cooperatività, un punto di equilibrio. Nash ci vuole sottolineare che
equilibrio non disegna sempre la situazione migliore e dice che diviene indispensabile chiedersi se è possibile
fare qualcosa perché si realizzi un equilibrio diverso? Rilevante a tal fine è il ruolo delle regole e la loro
dimensione più o meno vincolante. Le regole possono essere vincolanti per diverse ragioni: perché assumono
un fondamento divino o perché sono decise dai membri del gruppo. Nel secondo caso la reificazione e la
naturalizzazione di quanto scelto e deciso può portare la consegna delle regole a un'istanza esterna o divina,
fino a prendere i collegamenti fra il processo di creazione delle regole e la loro istituzionalizzazione. La
sacralizzazione delle regole è anche la premessa alla loro trasgressione o per la loro perdita di rilevanza e
significato. La tendenza istituzionalizzare le regole le trasforma in verità, fino al punto di perdere di vista il
fatto che per manifestarsi la verità ha bisogno di immaginazione. Le possibilità creative e immaginative sono
strettamente connesse all'autonomia e alla libertà individuali di un gruppo, pur in presenza di processi
cooperativi. La pressione gruppale e quella degli stessi processi cooperativi tende attenuare o a ridurre le
capacità individuali, fino a rischi di conformismo. La cultura di un gruppo passa attraverso la cultura dei
singoli, ma la consapevolezza o la conoscenza dei passaggi solo in parte manifesta gli stessi attori. I passaggi da
individuo a gruppo e da dentro a fuori, e viceversa, sono di particolare importanza per affrontare ogni forma di
cambiamento. Per riconoscere la propria esistenza ogni gruppo ha bisogno di un altro gruppo che lo riconosca.
La cultura, che entra circolarmente nella natura del gruppo fino a divenire indistinguibile, è l'occasione, il punto
di incontro da cui possono ripartirsi reificazione auto accecanti e cellule fallimentari, o ferite e discontinuità,
fratture e finestre di cambiamento. Molto dipende dalla capacità di contenere ed elaborare ambiguità e
conflitto. Fare esami di realtà o consegnarsi agli altri incondizionatamente. Tutto ciò rende quella del gruppo
una vita in continuo sollecitata, mentre sollecitate sono le individualità, tentate costantemente all'appartenenza
inclusiva e dalla differenza liberatoria. il gioco del dentro e del fuori può creare un margine, neutralizzando i
confini; in quel margine si istituisce il senso del possibile: quello che rende gli individui e il gruppo stesso
plastici e capaci cioè di abitare l'autonomia e la vulnerabilità allo stesso tempo. Quando gioca il gruppo si
concede, o riesce a concedersi, e quindi, questo diverrà la misura della sua capacità adattativa, della sua
disposizione ad ospitare il conflitto. La cooperazione di un gruppo non è garantito, ma è una possibilità
emergente da un campo conflittuale. Il territorio è percepito da un gruppo come fonte di negoziazione. I
cambiamenti possono partire anche dalla capacità di intuizioni in cerca di informazioni. Quando tutto appare
già detto; quando i gesti e reazioni risultano scontati ancor prima di essere espressi; quando ognuno sa come
l'altro si presenterà, cosa dirà o come reagirà, o, perlomeno, è certo e convinto di saperlo; in tutte e queste
circostanze e in altre affini, è probabile che si sia affermato un equilibrio gruppale che gravita intorno
all'assunto della saturazione. Un suo effetto analizzatore è un sentimento condiviso di improponibilità di ogni
ipotesi o proposta di cambiamento: un'impensabilità dell'avvento dell'immaginazione. La saturazione si combina
attraverso la ripetizione. I dettagli delle relazioni divengono confermanti e non discontinui, registrati come già
scontati e già visti. È un sistema che registra ogni dettaglio senza fare distinzione e rende le informazioni
continuamente conformi. La saturazione appare come l'equivalente gratificazione e soddisfacente di una dose di
sostanza ben commisurata, in ragione della quale, per il tempo dell'appagamento, l'implosione immaginativa non
concede tempi e pensabilità di scoperta. Quell ’appagamento e quell'implosione immaginativa possono
divenire la ragion d'essere di un gruppo per la lunga durata della sua esistenza.