La Rocca
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5/2003 NOTIZIARIO DI STORIA E ATTUALITÀ SANTAGATESE N. 4 REG. TRIB. PS NR. 427 - DIR. RESP. G. DALL’ARA REDAZIONE SANT’AGATA FELTRIA FAX 0541/929744 - GRAFICA E FOTOCOMPOSIZIONE IL PONTE STAMPA TIPOLITO LA PIEVE, VILLA VERUCCHIO - EMAIL [email protected] Sommario 2 Cronaca 3 L’archivio Battistelli 4 E’ zabajòn 5 Il mistero del piatto di ceramica 6 Festa per i 10 anni della Rocca 7 Prenota il tuo cd “Paese mio” 8 Personaggi: Giannetto Vicini 9 Lutto fra i minatori 10 La festa di Maiano 11 Un racconto di Marani ROCCA È UN’INIZIATIVA COMITATO FIERE ED INIZIATIVE PROMOZIONALI Scomparso uno stemma dell’urna di S. Agata L ’urna contenente le reliquia di S. Agata, i santagatesi lo sanno bene, era impreziosita da due stemmi della famiglia Fregoso. Oggi ne resta uno solo. La notizia ha dell’incredibile e pone seri interrogativi su come sia conservato il patrimonio religioso e artistico della nostra Comunità! Francamente, una notizia come questa non è facile da commentare e lascia molto amaro in bocca. Come è potuto accadere che un oggetto così prezioso, il cuore di una devozione popolare antica, che è alla base della storia civile e religiosa del nostro paese, sia scomparso? Lo stemma mancante che impreziosiva l’urna è ligneo, dorato, e documenta il ruolo dei Fregoso, Signori di questa terra, nella storia della reliquia di provenienza siciliana. Ecco l’immagine dello stemma dei Fregoso scomparso festa con a ll e d o t o f le tte All’interno tu ella Rocca d i n n a 0 1 i r i pe Fausto Rinald La Rocca Settembre/Ottobre 2003 CRONACA Nuove ipotesi sulla Madonna di marmo di San Girolamo N ella chiesa di San Girolamo si conserva - tra gli altri - un capolavoro che non cessa di interessare gli esperti. Si tratta di una Madonnina di marmo che si trova all'ingresso della chiesa. In passato si riteneva che la Madonna fosse di scuola urbinate. Matteo Ceriana della Sovrintendenza di Milano, che si è a lungo e più volte occupato della Pietà di Berruguete (che da San Girolamo è finita alla pinacoteca di Brera), oggi ritiene che sia possibile che la Madonna provenga da Sarzana, città che nel ’500 era feudo della famiglia Fregoso. Ceriana ha scritto questa ipotesi in un saggio appena pubblicato per l’Università degli Studi di Milano (“Oltre il visibile”). Uno spunto in più dunque per considerare l'altorilievo con le figure della Vergine e del bambino, come una scultura delicata e importante che merita di essere considerata uno dei capolavori conservati nel nostro paese, del quale probabilmente presto conosceremo anche l’autore. La Madonna del Soccorso di S. Agata è all’origine del culto analogo di Ravenna vedono appese per voto parecchie pitture in tavolette, varie delle quali rappresentano barche in mare burrascoso e si sa colà portavansi in pellegrinaggio i marinai che in pericolo solevano invocarla con fiducia tanto più viva quanto più veniva animata dalla vista del tempio che sorge isolato e bianco su quella vetta da cui si domina la marina dalla parte di Cesenatico fino al porto di Rimini. In Sant’Agata Feltria, e a Palermo, vi è tradizione che abbia dato occasione di invocare Maria sotto questo titolo, un prodigio della SS.ma Vergine che soccorse e liberò dalle mani del demonio un fanciullo a cui sua madre aveva rabbiosamente imprecato. U n documento del 1881, contenuto nell’archivio arcivescovile di Ravenna, scovato dal nostro Bruno Baroncelli, e riferito alle Sacre Uscite, conferma tutte le tradizioni relative alla Madonna del Soccorso di S. Agata, delle quali il nostro giornale ha più volte riferito. Lo riportiamo integralmente: “Crede il sottoscritto che la divozione a Maria del Soccorso sia stata qui introdotta (sia stata cioè introdotta nella chiesa di San Biagio di Ravenna, ndr) dai marinai che frequentavano o per pesca o per traffico la spiaggia dell’Adriatico, perché seppe dal Sindaco di Sant’Agata Feltria che nelle vicinanze di questo paese, presso le falde di monte Ercole si eleva un colle sulla cui vetta si ha una antica chiesa dedicata a Maria Santissima del Soccorso ivi venerata in una immagine del tutto simile a quella che qui in San Biagio fu venerata prima del 1828. Alla parete di questa chiesa si Immagine della Beata Vergine del Soccorso, che si venera nella chiesa arcipretale di S. Biagio, nel sobborgo Adriano di Ravenna. Questa immagine è del 1832, l'immagine che si venerava nella chiesa di San Biagio prima del 1828, ed alla quale si riferisce il documento pubblicato in questa pagina però, raffigurava Satana "in forma umana, sotto ai piedi della Vergine". 2 La Rocca Settembre/Ottobre 2003 CRONACA L’archivio Battistelli trova casa a S. Agata L a vita nel Seicento, i ponti di una vallata, l’epopea delle miniere. A questi studi e ricerche relativi all’Alta Valmarecchia e al Montefeltro, il professor Marco Battistelli (che ha insegnato a Perticara e Novafeltria, prima di fare ritorno nella nativa Pesaro) ha dedicato una vita intera. Il “canto del cigno” dell’appassionato storico e ricercatore era stato proprio un libro dedicato alla vallata, “la genga del barcaiolo”, realizzato con il contributo della Comunità Montana, prima che nel febbraio scorso (all’età di 65 anni) una grave malattia lo strappasse agli amati studi. Battistelli, collaboratore di spicco del nostro giornale, aveva però un sogno: che tutte le sue ricerche fossero conservate in Valmarecchia. Ad assecondare il desiderio dello studioso (e per la gioia di tanti ricercatori) ci ha pensato il comune di Sant’Agata Feltria. La delibera di giunta del 17 luglio è già diventata esecutiva. E’ stato lo stesso sindaco Goffredo Polidori, accompagnato dall’assessore al Turismo dell’ente monta- no Francesco Vicini, a recarsi a Pesaro, a casa di Battistelli, per ricevere dalle mani dell’erede, la signora Silvana Rastelli, le casse contenenti libri, annotazioni, ricerche e carte. Questo corpus andrà a costituire un fondo intitolato al professor Battistelli e potrebbe trovare ospitalità all’interno del palazzo Celli, che l’amministrazione ha intenzione di ristrutturare, e nel quale dovrebbe trovare spazio anche la biblioteca comunale. La Fondazione Banca delle Marche si è già detta disponibile ad acquistare contenitori adeguati per esporre al pubblico i materiali. Battistelli, inoltre, si era dedicato ai minerali e ai fossili, di cui possedeva un’ingente collezione. Le centinaia di pezzi saranno donate al comune di Novafeltria; saranno esposte presso il Museo Storico minerario di Perticara, che già vanta un’interessante collezione non appena verrà completata la catalogazione di tutti i pezzi. Quanto alla Rocca, continuerà a pubblicare i suoi studi. Chiesa Capuccini S. Agata Feltria 19992: 50° di sacerdozio di padre Giancarlo Guidi 3 Marcinelle Venerdì 8 agosto 2003 si è celebrata la prima giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo. Il ministro per gli Italiani nel mondo, Mirko Tremaglia ha partecipato alla cerimonia che si è svolta in Belgio, a Marcinelle, città nella quale l'8 agosto 1956 persero la vita 136 minatori italiani, per un incendio scoppiato nella miniera di carbone. Una cerimonia identica si è svolta nelle numerose città italiane gemellate con Marcinelle. A Casarano (Lecce) è stato inaugurato un monumento al minatore per ricordare i numerosi morti nelle miniere in Belgio. Tre di loro erano di Sant'Agata e Perticara. Depliant Pro loco Nel corso dell'estate la Pro Loco di S. Agata ha dato alle stampe un depliant che presenta gli aspetti turistici e culturali del paese di S. Agata. Molto carini gli itinerari a piedi e in bicicletta suggeriti ai visitatori (e ai residenti), e molto bella l'introduzione-invito di Sandro Piscaglia. Il depliant è distribuito dal nuovo ufficio della Pro Loco in piazza Garibaldi (0541-8480229. S. Agata 1975, il campanile. Foto Sergio Vicini La Rocca Settembre/Ottobre 2003 RICETTA E’ zabajòn E Ritornando al tema della nostra rubrica: lo zabaione, fra tutte le ricette che riguardano le uova, tenta con lo sbattimento di costringerne e di comprimerne la carica energetica, ma è proprio attraverso questa elaborata sublimazione gastronomica che esse invece riescono a liberarla alla stregua di una piccola eruzione solare. Ingredienti : 3 rossi d’uovo di gallina, 30 grammi di zucchero velo, 150 gr. di Marsala (per 4 persone). Preparazione: sbattere le uova con lo zucchero fino a quando l’impasto non diventa quasi bianco. Aggiungere il Marsala. Farlo scaldare (meglio se a bagnomaria) lentamente sul fuoco agitando in continuazione per evitare la coagulazione. Servire ben caldo. Un bicchierino di Sauterne Guignard per una chiusura degna. P.S. Questa ricetta tira su il morale, ma, ahimè, anche pericolosamente il colesterolo. Perciò si tenga presente la massima latina: Semel in anno licet insanire. Una volta all’anno si può fare follìa.. Tonino Marani siste una infinità di ricette relative al consumo delle uova, un cibo semplice, genuino, ricco di energia e di facile disponibilità. Ma l'uovo è molto più che un alimento. L’uovo è, nella tradizione prima pagana e poi cristiana, simbolo di fecondità e di vita. All’uovo è legata una certa parte della nostra cultura non solo gastronomica. Brevemente, si pensi all’uovo di Colombo, alla benedizione delle uova (da bambini ci si divertiva a colorarle prima della Pasqua), all'uovo di Pasqua al cioccolato. Mi vengono alla mente anche gli onomatopeici versi del poeta: “e le galline cantavano, un cocco! Ecco ecco, un cocco, un cocco per te!” (“Valentino” di Giovanni Pascoli). Certamente per chi, come è il caso di chi scrive, viene dalla campagna, l’uovo sbattuto con lo zucchero in tazza, ci ricorda le prime fasi della alimentazione infantile, così come ci resta ancora oggi impresso nella nostra memoria visiva lo stupefacente miracolo della schiusa delle uova con quei batuffoli gialli pigolanti per la casa. SOTTOSCRIZIONI Alessandro Paci (benemerito), S. Agata Erika Caminati (sost) S. Agata Don Ivo Mancini (sost.) San Donato Marisa Ronchi (sost.), S. Agata Don Piero Perego (benemerito), Trezzano (BG) Emilio Faeti (sost.), Sesto San Giovanni Aroldo Vicini. S. Agata Evandro Bellocchi (sost) S. Agata Lazzaro Cappelli (sost) Paderno Dugnano Marco Zanchini (sost) S. Agata Evelyne Cottingham (ben) Arundel (GB) Giovanni Vicini (sost) S. Agata Don Luigi Giannotti (sost) Sartiano Agata Paci (sost) Maasmechlen Belgio Antonio Bartolini (sost) Genova Pinedo Simoncelli (sost) Ferrara Aldo Giorgetti (sost) S. Agata Maria Paci (sost) Genova Berardi Lucia (sost) S. Agata Municipio S. Agata benemerito, Alba Morris sost Feltham (G.B.) Sincero Mariani (sost) S. Agata Fermino Giovannetti (sost) S. Agata Renzo Zanotti (sost) Cesena Bernardo Polidori (sost) S. Agata Nunzio Mosconi (sost) Fano Ulderico Sabba ben Novafeltria Nevina Cappelli (sost) Limbiate Milano Nello Rinaldi (sost) Maiano Stefano Paci (sost) Pesaro Fernando Liverani Bologna RosaAnna Cecchi (sost) Rimini AnnaMaria Mastini, Casteldelci Piero Rinaldi (sost) Bologna Daniele Rossi (sost) S. Agata Giorgio Sampaoli (sost) S. Agata Marino Ruffini (sost) S. Agata Maria Nofri Rinaldi (sost) Bologna Angeli Riziero, (sost) Limbiate. Come e quanto sottoscrivere? Ordinario 13 Euro Sostenitore 15 Euro Benemerito 25 Euro Le sottoscrizioni possono essere inviate alla redazione della Rocca, Casella Postale 26, 61019 S. Agata Feltria (Pesaro), oppure possono essere consegnate ai vari collaboratori che distribuiscono (volontariamente) il giornale a S. Agata, Novafeltria e nei paesi vicini. 4 Siamo arrivati al decimo anno! Adesso abbiamo bisogno del tuo contributo! Alla fine del 2003 la Rocca compie dieci anni. Grazie ai volontari che hanno provveduto a scrivere e distribuire il giornale, grazie alle fotografie di Enzo Liverani e Marco Zanchini, e grazie ai lettori e sostenitori, numerosi come sempre. Se il giornale vi piace ditelo ai vostri amici, e chiedete loro di sottoscrivere, per ricevere regolarmente la Rocca! Se volete aiutarci a fare più bello questo giornale, inviateci articoli, fotografie, ricordi, lettere e commenti. Se non siete d'accordo con il contenuto degli articoli pubblicati, o più semplicemente volete dire la vostra opinione, scriveteci. Le vostre foto nel nostro sito Tutti i sottoscrittori che ci faranno avere la loro fotografia, potranno rivedersi nel sito web della Rocca. Se è da molto tempo che non lo visitate fatelo subito! Il sito web curato da Gino Sampaoli è ora pieno di informazioni e di fotografie inedite del nostro paese. Ci sono anche i programmi della Pro Loco. http://digilander.iol.it/santagatafeltria La Rocca Settembre/Ottobre 2003 STORIA Il significato araldico del piatto di ceramica dei Cappuccini, svelato da Baroncelli I Cappuccini di S. Agata Feltria conservano un piccolo tesoro, una splendida maiolica già sapientemente illustrata da Giuliana Gardelli nel numero 16 della collana di Studi Montefeltrani (1991). In questo scritto cercherò di dare risposta alla domanda: di chi è lo stemma del committente, dipinto su quella maiolica? Lo stemma si trova in alto a destra, sul bordo del piatto, ed è formato di tre parti (araldicamente si può definire "troncato semipartito"). La parte superiore porta nel fondo azzurro (campo dello scudo) una rovere sradicata giallo-oro, coi rami frondosi doppiamente intrecciati, cioè passati in doppia croce di S. Andrea. Dietro ad esse appare un curioso ed inconsueto rastrello, o parapetto staccionata, a forma di pettine, anch'essi giallo oro. La rovere è indubbiamente parte integrante della Casa Ducale di Urbino. L'altro elemento non è molto chiaro, e cercherò di dare una spiegazione plausibile. Potrebbe essere un elemento ornamentale riempitivo del fondo dello scudo. Comunque la rovere è molto ben evidenziata, e c'è il suo perché, come vedremo. La parte sotto dello scudo è divisa perpendicolarmente in due metà (semipartito). La prima metà, a sinistra per chi guarda, porta sull'azzurro tre gigli di Francia, due in capi ed uno in punta, separati da una traversa, banda, di rosso. Questo è lo stemma dei Borboni, anche se parzialmente modificato (la banda in realtà dovrebbe essere più stretta, o più corta, a mò di piccolo bastoncello tra i gigli). La parte contigua raffigura nel campo dello scudo bianco, un monte formato da sei colli, isolato, al centro, d'azzurro. Ci troviamo di fronte allo stemma di una celebre famiglia italiana. I Del Monte di Santa Maria tiberina (ecco lo stemma più antico del casato: il monte di sei cime d'azzurro nel campo d'argento), detti Bourbon Del Monte di S. Maria. Questa illustre casata di mitiche ascendenze franche, cominciò a chia- marsi Bourbon o Borboni nel Rinascimento, ma anche se qualcuno mise in dubbio la loro derivazione da Ariberto, cavaliere di Carlo Magno, la famiglia fu riconosciuta come appartenente in qualche modo alla famiglia reale francese. Tornando a noi, lo stemma ci dice l'appartenenza della famiglia committente la celebre maiolica che raffigura il parto e il salvamento del fuoco di un illustre infante della famiglia Bourbon Del Monte, ma perché a S. Agata Feltria? La maiolica viene datata intorno al 1540-1543, bene. Pomponio Litta nella sua celebre opera (1842) parla di questi marchesi del Monte S. Maria ramo di Pesaro, dei conti di Mombaroccio. Ecco svelato il mistero! Tra i Bourbon del Monte i fratelli Giovanbattista e Bartolomeo furono a servizio come militari del Duca Guidubaldo della Rovere, Duca di Urbino. Ranieri di Girolami, nato nel 1516 si stabilì a Pesaro dove ordinariamente soggiornavano i Duchi di Urbino, dei quali fu colonnello. E quindi fu fatto Capo delle loro Lance Spezzate e Sovrintendente delle fortezze dello Stato, e il Duca Guidubaldo tanto l'amò che nel 1543, il 5 settembre, smembrò le terre di 5 Mombaroccio da ogni giurisdizione di Pesaro e ne investì Ranieri e i suoi discendenti. Il privilegio più importante, e chiarificatore per questa mia ricerca, fu quello di usare il cognome e lo stemma Della Rovere. Ranieri Bourbon Del Monte Della Rovere sposò Minerva di Sebastiano Pianosi di Pesaro (il cui stemma figura nel coperchio del servizio di maiolica a cui appartiene la nostra maiolica dei Cappuccini, venduto a Londra in un'asta il 3 novembre 1970), ed ebbe 12 figli, dei quali ricordiamo Guidubaldo (come il Duca!) nato nel 1545, e Virginia, che sposò Ottaviano II Fregoso, generale di Carlo V e marchese di S. Agata, da cui ebbe 7 figli. Il piatto in questione rappresenta certamente la nascita di uno dei figli di Ranieri Bourbon Del Monte Della Rovere, forse proprio Guidubaldo, che avrebbe poi sposato Felicia Della Rovere, e che era nato nel 1545, anno di morte dell'autore del piatto, il celebre Xanto Avelli. Il piatto pertanto potrebbe essere una delle ultime opere di Xanto Avelli, forse l'ultima! Bruno Baroncelli Nota di Manlio Flenghi Grazie al prof. Bruno Baroncelli per il suo contributo, che ci permette di completare un'informazione storica di rilievo per il nostro paese. Il piatto era probabilmente nel corredo di dote di Virginia del Monte, sposa di Ottaviano II. Poiché Ottaviano II era sempre fuori S. Agata per gli impegni militari, le redini del comando erano proprio in mano di Virginia del Monte sua sposa, che dunque all'epoca aveva un ruolo molto importante (firmava atti di governo). Negli atti dell'archivio storico comunale conserviamo ancora la delibera nella quale vengono approvati i preparativi per il funerale di Virginia del Monte. La Rocca Settembre/Ottobre 2003 PAESE MIO Festa per i 10 anni della Rocca La festa “Paese mio!” realizzata per i 10 anni della Rocca è stata un grande successo. L’atmosfera creata da Fausto Rinaldi, e dalle sue musiche, è stata davvero magica. Tutti i partecipanti hanno ricevuto una splendida cartolina realizzata per l’occasione, ristampando una vecchia fotografia dell’archivio fotografico “Sergio Vicini”, attualmente conservato dalla redazione della Rocca. Inoltre, grazie al contributo della Comunità Montana e dell’Amministrazione Comunale è stato possibile realizzare e distribuire un quaderno dedicato ad Angelo Mariani (“Angelo Mariani a S. Agata”, a cura di Valentina Giannini e Lorenzo Flenghi). La serata è stata arricchita da poesie pubblicate dal giornale in passato, lette da Vallino Rinaldi, Arrigo Bonci, Enzo Liverani e Marino; da articoli, e brevi racconti letti da Rita Agostini, presidente della Pro Loco, e Flora Bossari, e da “detti popolari” raccolti dal Maestro Amedeo Varotti e letti da Efrem Satanassi. Insomma, lo spettacolo si è presentato come un numero del nostro giornale, messo in scena. La serata è iniziata con i saluti del Sindaco. Presentatore è stato Vallino Rinaldi, madrina della serata: Paola Boldrini. Benedetta Rinaldi ha letto le motivazioni per le quali hanno ricevuto un attestato speciale diversi collaboratori del giornale. Al termine della serata si è deciso di organizzarne almeno una l’anno. Dunque appuntamento all’anno prossimo! 6 La Rocca Settembre/Ottobre 2003 10 ANNI “Paese mio” diventa un cd: prenota subito la tua copia! Il giornale la Rocca sta realizzando il cd musicale della serata del 12 settembre, un cd che raccoglie tutte le musiche proposte dal M° Rinaldi (una carrellata dei suoi successi e delle canzoni dedicate alla nostra terra), e che contiene anche un piccolo album fotografico della serata. Il cd sarà disponibile in un numero molto limitato di copie. Chi volesse prenotarne una o più copie, può farne richiesta ad Arrigo Bonci, e Paola Boldrini nei rispettivi negozi in piazza Garibaldi a S. Agata Feltria, o alla Pro Loco (ufficio informazioni). Per espresso desiderio di Fausto e del nostro giornale, gli eventuali utili del cd saranno devoluti in beneficenza. Rivivi i momenti più belli della festa prenotando subito il cd! Foto Zanchini 7 La Rocca Settembre/Ottobre 2003 PERSONAGGI Giannetto Vicini Il difficile mestiere del fotoreporter A nno 1914. Giannetto Vicini, intraprendente meccanico con la passione per la fotografia, con enorme sacrificio finanziario, acquista un apparecchio fotografico, ultimo grido, per immortalare Sant’Agata e i santagatesi. E’ la mattina del 15 aprile. E’ una giornata triste per il paese: si stanno celebrando i funerali di due suore e di un bambino. Giannetto, con pionieristico spirito da fotoreporter, decide di fotografare questo avvenimento per tramandarlo ai posteri. Il corteo funebre deve passare davanti alla suo officina di meccanico e il giovane fotografo predispone tutto l’armamentario per la ripresa: il cavalletto, la nuova monumentale macchina fotografica, il telo, le lastre dei negativi; un controllo alla luminosità: un lavoro lungo e difficile che egli compie con meticolosa precisione. E’ un momento importante: è il primo lavoro in “esterna” che si prepara ad eseguire. Tutto è pronto! Ed ecco, al suono triste della campana, il corteo funebre, partendo dalla chiesa, si appresta ad attraversare il paese e giungere giù in via San Donato, dove Giannetto è pronto per lo storico “scatto”. E’ sufficiente che il corteo sosti qualche minuto perché la ripresa possa risultare perfetta. Ma... ad officiare il funerale vi è Fra Maurizio, un frate cappuccino che forse non è amante di queste “diavolerie moderne” come la fotografia. Fotografare un funerale gli sembra inopportuno e disdicevole. Fatta sta che quando il Giannetto chiede di fermare il corteo, la voce del frate, imperiosa grida :- Avanti!. La cosa proprio non va giù al giovane esuberante fotografo: tolta la testa da sotto il telo, eccolo scagliarsi contro il malcapitato frate, sommergendolo di improperi forti e coloriti: quello , per lui, è un affronto, una mancanza di collaborazione, un atteggiamento medioevale... Il corteo intanto procede verso il Cimitero. Giannetto resta lì, solo con la sua bella macchina fotografica rimasta inoperosa. La rabbia, però, non sbolle, anzi nel suo intimo Giannetto sente che è stata arrecata una grave offesa al suo amor proprio. E allora si avvia verso il Cimitero, sicuro di poter incontrare il frate sulla via del ritorno, il che avviene dopo poco tempo. Appena lo intravede il carattere focoso di Giannetto esplode con rinnovata rabbia: il frate è fatto oggetto di nuove invettive, ancor più colorite di prima, e alle rimostranze del frate Giannetto, sempre più incollerito, mostra i pugni. L’intervento di alcune donne, per fortuna, fa si che la lite non degeneri ulteriormente. Ma il frate corre in caserma a denunciare il troppo violento fotografo. Parte così l’iter legale: Giannetto e denunciato per vilipendio alla religione, reato assai grave per l’epoca. A nulla vale l’appassionata difesa di Giannetto per le... nuove tecnologie. E deve subire il processo. Come è andata a finire non è dato conoscere. La speranza è, che un giudice “moderno” e meno oscurantista sia stato benevolo con il giovane fotoreporter, assolvendolo. Certo è che Giannetto non è stato fermato da questa disavventura, anzi ha coltivato per tanti anni il suo amato hobby di fotografo, e ci ha lasciato numerose immagini della vita quotidiana santagatese. Arrigo Bonci Maiano, 14 agosto, Festa dell’Assunta In dieci anni abbiamo raccontato la storia del tuo paese. Ci manca quella della tua famiglia. Abbiamo 250 abbonati che vogliono leggerla. Rocca, il giornale del tuo paese 8 La Rocca Settembre/Ottobre 2003 STORIA Lutto fra i minatori va con la famiglia ed in minera dove lavorava. I dirigenti stessi della Montecatini ebbero a dire di lui: “Non si è mai visto in miniera un ragazzo più serio e più attento al lavoro di Pietro”. Egli lavorava tre o quattrocento metri sotto terra nei pozzi della miniera per mantenere la sua famiglia, per crescere bene le sue due bambibe; poi andava alla Sezione del Partito Comunista. Lui era il segretario amministrativo della Sezione, ma ne era un poco anche l’organizzatore e l’animatore. Si arrabbiava qualche volta perché i compagni non erano tutti attivi come lui voleva, ma poi passava e seguitava la sua lotta. Aveva per il Partito la stessa dedizione e cura che aveva per la famiglia. Povero Pietro, aveva lottato tanto con i compagni per fare una bandiera nuova alla sezione e voleva inaugurarla con una grande festa popolare ed invece uscirà per la prima volta a mezz’asta dietro il suo feretro. Pietro era un esempio di padre di famiglia, di lavoratore e di cittadino ed anche se era un attivo combattente della causa dei lavoratori, era amato e stimato anche dagli avversari, e se battaglia c’è stata fra gli aderenti ai vari partiti in passato, il dolore li ha riuniti tutti quanti. Tutti si sono adoperati per rendere le estreme onoranze a Pietro nel miglior modo possibile. (L’Unità, 21/9/1949) T utti i visi erano uguali: magri, giallognoli e con lo sguardo immobile; anche chi non sapeva della disgrazia, leggeva nel viso dei minatori che uscivano e che entravano in miniera, il terrore della morte. Solo la sera prima si erano svolti i funerali dei tre minatori rimasti, uccisi in un pozzo ed il mattino dopo, erano appena le una e mezza, di nuovo l’allarme in miniera: Pierin è rimasto sotto un blocco di minerale. Immediatamente Pietro venne trasportato all’ospedale di Cesena e per tutto il giorno una sola parola fu sulle labbra di tutti, una sola voce risuonava nell’aria: “Vivrà?...”. Ma le notizie non arrivano a S. Agata Feltria: molti sono gli amici ed i compagni andati all’ospefale, perché nessuno fa sapere niente? Alle cinque pomeridiane qualcuno telefona all’ospedale: “E’ morto un’ora fa” risponde una voce dall’altra parte del cavo telefonico. Subito tutto il paese sa, ed è un grido, un pianto, uno strazio generale: “Il nostro Pierin è morto, il nostro Pierin ce l’hanno uccis!”. Non ci sono parole di conforto per quella gente, niente e nessuno potrà calmare il dolore straziante della vedova di Pietro e delle sue due piccole orfanelle. Ma chi era questo Pierin? Pietro Sampaolo, giovane di 28 anni, era conosciuto da tutti a S. Agata dove vive- ... e la festa continua 9 La Rocca Settembre/Ottobre 2003 MAIANO La festa di Maiano L a Rocca! Un giornalino di informazione locale, e che con pochi euro arriva in ogni parte d’Italia, d’Europa e anche dei continenti più sperduti: basta che vi sia un nostro emigrato, ecco che il giornalino lo fa sentire a casa propria. Chi vi scrive non è nato a S. Agata Feltria, bensì a Bologna; fin da bambino però è stato a S. Agata frequentando anche le scuole elementari. Poi ha sposato una maianese e si è innamorato di questa piccola frazione di S. Agata Feltria. Piccola frazione ora, ma come ricordano gli anziani, un tempo era un grosso paese, quando la miniera dava lavoro e benessere ai suoi abitanti. Ma come sempre succede la chiusura della miniera ha fatto emigrare molti Maianesi chi in Francia, chi in Belgio o in Germania o in altre città italiane; però nessuno di loro dimentica la propria terra. Molti sono tornati, hanno rimesso a nuovo la casa dell’anziano genitore, ed ora assieme a quelli che non hanno mai abbandonato il paese a costo di sacrifici si sono riuniti e hanno formato un gruppo molto affiatato, organizzando quattro giorni di festa per far divertire in primo luogo tutti coloro che tornano per passare un breve periodo di vacanze, e poi per ritrovare tutti quelli che Maiano non l’hanno mai lasciato. Questo gruppo si è prefisso dei Maiano: monumento ai Caduti del Lavoro e delle Guerre (foto Nalin) Maiano, 14 agosto: inaugurazione del nuovo monumento 10 traguardi con quello che si raccoglie in quei giorni di festa paesana. Obiettivo primario è stato quello di non far chiudere la chiesa. L’anno scorso è cominciato il recupero, ci sono ancora molti lavori da finire, ma se restiamo tutti uniti ce la faremo. L’altro obiettivo è stato quello di realizzare un monumento ai caduti in guerra e del lavoro, un obiettivo realizzato con l’inaugurazione del 14 agosto 2033. Ecco qui accanto le fotografie di questo monumento (grazie a Don Erminio e alla tenacia e al lavoro di quanti hanno rinunciato alle vacanze per far sì che quest’opera si realizzasse). Concludo dicendo che queste feste iniziano sempre con la grande giornata del 14 agosto, con la processione e benedizione della Madonna Assunta, protettrice di tutti i Maianesi, anche di quelli che per vari motivi non sono riusciti a venire. Concluso ringraziando tute le Autorità intervenute, tutti quelli che con il loro lavoro hanno fatto sì che le feste di Ferragosto riuscissero nel modo migliore. Un abbraccio a tutti i Maianesi che sono lontano, un arrivederci al prossimo anno, un abbraccio anche a quelli che rimangono e che fanno sì che Maiano viva anche per le generazioni future. Un amico sincero, maianese di adozione: Mario Nalin, detto Mariolino La Rocca Settembre/Ottobre 2003 PERSONAGGI L’uliva ad Bruzighèin C ome tante altre volte, anche quella mattina Bruzighéin (Gildo Polidori) era salito di buon’ora su al castello di S. Donato e si era infilato, dopo qualche boccata d’aria buona e due occhiate verso uno dei più bei panorami che si possano godere in settembre sui multipli orizzonti della catena appenninica tra Romagna e Toscana, si era infilato dentro la bottega-osteria di Celso. E aveva trovata libera la scarana che, subito a sinistra dell’ingresso, attendeva il suo arrivo o quello di Giginéin Berardi. Per schiarirsi le idee sulla giornata che gli stava davanti , rispettando una annosa consuetudine, si faceva portare un bicchiere che non era pieno d’acqua. Ma non doveva ordinarlo. Non ve n’era bisogno. Glielo serviva spontaneamente Celso. Mentre se ne stava dunque seduto, com’era suo costume, un po’ reclinato in avanti con i gomiti appoggiati sulle ginocchia, era entrato nella bottega un rappresentante di commercio che, non essendovi clienti in negozio , aveva subito iniziato ad illustrare i suoi prodotti a Celso. “Vede, queste sono olive particolarmente gustose, vengono dalle Puglie“. E poi, rivolgendosi a Bruzighéin: “Tenga, assaggi un’oliva anche lei”. E ancora, visto che l’interlocutore seduto non reagiva: “L’assaggi, mi saprà dire quant’è buona…”. E proseguiva poi nel suo elogio dell’oliva. Bruzighéin, dopo un po’, si alzava dalla sedia e con quell’aria che lo caratterizzava di un serio quasi burbero e sempre pronto a sfociare nella facezia divertita, sbottava: “Senta, lei vorrebbe insegnare a me qualcosa sulla bontà dell’oliva? Caro signore, lei deve sapere che da trent’anni io ho un’Oliva sullo stomaco e che non riesco ancora oggi a digerir- la!” Il rappresentante, sconcertato da questo discorso incomprensibile, guardava Celso che nel frattempo aveva preso a ridere sonoramente. “Ma non riesco a capire … eppure queste olive… mi dispiace per questo signore… se ha dei problemi di salute…”. “Ma no, guardi, lei non c’entra proprio niente e neanche le sue olive… - lo interrompeva prontamente Celso - questo signore si riferiva a sua moglie… sua moglie Oliva!”. Bruzighéin, contento di avere fatto colpo sulla simpatia del rappresentante che si era messo a ridere a sua volta: “Ha capito, caro signore? Ha capito? Ci pensi due volte prima di sbilanciarsi così a favore delle qualità dell’oliva. Accetti un consiglio… d’ora in avanti sarà meglio che parli sempre e solo delle olive al plurale!“. Antonio Marani Altre foto della Festa della Rocca (foto Zanchini) 11 Miniera La voce della Buga n. 50 Intervista di Battistelli a Davide Simoncini I ntervista del 16.7.1992 a Davide Simoncini, fratello di Narciso (e di altri quattro, tutti minatori), nato a Perticara il 4.2.1910 e quivi residente. A 15 anni ho cominciato il lavoro nel cantiere della Selba, dove si facevano i sassi che servivano per costruire le celle e i calcaroni. I sassi si mettevano su carrelli trainati da somari e si portavano sul Certino. Lavoravo con la ditta Fabrani Stanislao e poi ho cominciato a lavorare sul Certino sotto la Montecatini: ero impiegato nella preparazione dei pani di zolfo che si facevano con il minerale fino, che era come sabbia, che veniva impastato con l’acqua e messo negli stampi ad asciugare, poi gettato nei forni. In seguito sono stato trasferito al cantiere Fanante, dove ero “attaccatore” alla discenderia dove partiva lo “sterile” per le ripiene. Dopo i 18 anni sono andato in galleria alle ripiene dei cantieri. Poi ho fatto anche il conducente di muli, sempre all’interno. Poi, dal ’35 ho fatto l’Africa e sono ritornato nel ’36, e ho fatto ancora il conducente di muli. Poi sono passato aiutante minatore e, in seguito, minatore. All’incendio del 1934 io e mio fratello Giovanni dovevamo montare a mezzanotte, ma Paolo Guidi di Perticara, minatore La Rocca riprende e fa proprio, l’appello di don Pietro Cappella, apparso su “Il Ponte”, di ricordare Paolo Guidi, minatore di 20 anni che, con il suo sacrificio contribuì a fare salvare 17 suoi compagni rimasti chiusi in miniera, durante un incendio scoppiato nel 1854. Paolo Guidi era rinchiuso in miniera, ma ebbe il coraggio di uscire in mezzo alle fiamme per chiedere aiuto per gli altri minatori rimasti bloccati, ma a causa delle fiamme che lo avevano avvolto, morì poco dopo aver chiamato i soccorsi. Don Pietro ha ritrovato la storia del triste avvenimento leggendo il registro dei morti della Parrocchia di Ugrigno. siamo andati prima al lavoro. Quando siamo arrivati al Certino ci hanno avvertito che quattro erano rimasti chiusi nella miniera per un incendio e ci hanno inviato subito sul posto per poterli aiutare. Ma quando siamo giunti non c’erano più mezzi per liberare i ragazzi. Dopo mezz’ora ci hanno fatto ritirare ed hanno chiuso tutti gli ingressi alle gallerie per non fare entrare aria. La miniera è stata chiusa completamente per dei mesi, e dopo, quando hanno deciso di intervenire, hanno aperto il pozzo Perticara e di lì siamo discesi con la tubazione dell’aria perché delle altre parti non veniva. Abbiamo avuto la fortuna che, pur essendo caldo, il fuoco era spento e abbiamo riaperto piano piano tutte le aperture per poter dare aria a tutta la miniera. I corpi dei due minatori rimasti nella miniera (gli altri due erano stati estratti prima della ostruzione dei passaggi) sono stati trovati vicino a una tramoggia, dove credendo che fosse vuota, si erano recati per buttarsi giù di lì. Marco Battistelli