La Sofora della tenuta trenzanesio – MI - Fito

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La Sofora della tenuta trenzanesio – MI - Fito
GLI ALBERI CHE CURIAMO
La Sofora della
Tenuta Trenzanesio – MI –
La pianura padana? … che noia!!:
tutto piatto e uniforme... poi con
quei nebbioni!
Si sa, lo stereotipo è facile da
creare ed appiccicare; difficile, se
non impossibile, poi da togliere.
Per fortuna la realtà è diversa; e
certi siti sembrano fatti apposta
per smentire le frasi fatte.
La Tenuta di Trenzanesio è appunto uno di questi luoghi. Come
non apprezzare, infatti, questa
estesa proprietà, a sud-est di Milano, proprio dove la vastità e la
monotonia della pianura iniziano? Una distesa enorme di verde
che racchiude la storica Villa Litta, ora Invernizzi, una chiesetta
del XIX secolo, diverse cascine
in puro stile lombardo –la Torrazza, la Bruciata e la Trenzanesio,
appunto – , giardini all’italiana,
giardini romantici, campagna naturale e campi coltivati, ventimila
piante ornamentali, daini, gru,
pavoni, lepri….
Insomma un vero paradiso, dove Natura e artificiale si confondono e si compenetrano in un
tutt’uno che sembra esistere da
sempre. Dove al suntuoso edificio storico fanno da contraltare,
senza stonare, le case coloniche
e le attività dei campi.
La Villa principale, a pianta quadrangolare con salone passante
che disimpegna tutti gli altri ambienti, terminando in un portico
sulla facciata principale, ripro2
Il “leggiadro” peso dell’età!!
duce uno schema tipico di molte
Ville lombarde.
È interessante notare che l’edificio è disposto lungo un asse in
direzione est/ovest, con un giardino formale contenuto entro un
perimetro rettangolare ad occidente ed i rustici con la chiesa,
che costituiscono un vero e proprio piccolo borgo, ad oriente.
Il giardino intorno alla villa si è
conservato intatto con la grande
peschiera rettangolare alimentata da fontanili che non seguono
il perimetro dell’edificio, ma se
ne discostano per lasciare spazio a due piccoli giardini sopraelevati ed appartati immediata-
mente a contatto con la casa.
Si ritiene che il complesso fu
edificato nel 1540 ad opera
dell’architetto Giovanni da Pandemuro, allievo del Palladio;
altri sostengono invece che sia
stato costruito esattamente un
secolo dopo, nel 1640, per volere di Guido Litta, Vescovo di
Milano. L’unica data certa che
viene riportata è il 1688, anno
in cui Pompeo Litta ottenne l’investitura feudale di Trenzanesio.
Nell'800 la proprietà, per via
ereditaria, passò alla Famiglia
Greppi e, dopo alterne vicende,
nel 1955 fu acquistata da Romeo Invernizzi, magnate e fon-
datore dell’omonima industria
casearia che volle lasciare a Milano un’eredità incontaminata
sotto forma di Fondazione che
oggi, scomparsi i coniugi Invernizzi, gestisce la vasta proprietà.
Romeo Invernizzi ebbe a dichiarare: …fra cinquant’anni, fra un
secolo, chi non è ancora nato,
passando di qui chiederà: “come mai non si è costruito?” e
qualcuno risponderà “un signore
di un’altra epoca ha voluto così, ha voluto che questa Tenuta
avesse vita eterna!!”.
E in gran parte – un’area marginale della Proprietà è stata negli
ultimi anni, tra mille polemiche,
espropriata per la costruzione
della nuova autostrada BreBeMi – la Tenuta di Trenzanesio ha
mantenuto l’aspetto e il fascino
voluto dalla Famiglia Invernizzi.
Certo preservare un gioiello così
importante e vasto non è semplice e facile; occorrono grossi
sforzi nella manutenzione e nella conservazione.
Fito-Consult, ormai da mesi, è
impegnata nella stesura di un
progetto di riqualificazione del
Viale principale d’accesso alla
Villa, un lungo rettilineo di 815
metri affiancato da un duplice filare di querce e pioppi, quest'ultimi ormai purtroppo giunti alla
fine del loro ciclo biologico.
Molti sono gli esemplari arborei
da noi studiati e valutati.
Tra questi, per maestosità ed armonia, spicca una annosa Sophora japonica radicata nel cortile formale d’accesso alla Villa.
Pianta con una lunga storia a
giudicare dal suo aspetto, con
la chioma arrotondata – anche
grazie a interventi ripetuti di potatura– che sembra piegarsi sotto
il peso dei suoi anni; stanchezza
che è ancora di più accentuata
dalla presenza di grucce in legno che sostengono i rami orizzontali più pesanti. Pratica questa, antica e tuttavia ancora oggi
da consigliarsi, quando ve ne è
la possibilità e lo spazio.
Gli alberi vetusti infatti preferiscono essere sostenuti piuttosto
che messi in trazione per ovviare
allo sforzo meccanico e all’energia che mettono nel sostenere le
loro parti.
Nei Giardini Reali di Kew Gardens a Londra è ancora radicato
uno tra i più vecchi esemplari di
sofora, specie che fu introdotta
dalla Cina in Europa nel 1747;
l’albero, con un incredibile sviluppo orizzontale, è ancora oggi
sorretto da grucce messe in opera nel XIX secolo.
La sofora ricalca le fattezze anatomiche e fisiologiche della comune robinia tanto da venire
spesso confusa con essa: legno
con accentuata porosità anulare
primaverile, presenza diffusa di
tillosi e duramen ben distinto.
Anche per queste peculiarità la
sofora è in grado di sopportare estese cavità interne proprio
perchè le cellule parenchimatiche e vitali sono localizzate negli anelli periferifici del legno; i
vasi attivi nel trasporto sono solo
quelli degli ultimi due anni di
accrescimento e, data la facilità
genetica a formare tille occludenti, la diffusione di marciumi
avviene lentamente.
È normale dunque imbattersi in
alberi di sofora vetusti, ma vigorosi e stabili nonostante il tronco pressochè cavo. L’esemplare di Trenzanesio presenta tutte
queste caratteristiche. Studi con
tomografo Picus ci indicano la
presenza di una cavità interna
alla base del tronco che interessa il 59% della sezione, valore
ancora di sicurezza per la specie. Il problema per l’esemplare
è quello di sostenere il peso di
una chioma che si estende orizzontalmente più che in altezza
–la pianta è alta circa 10 metri
e il diametro della chioma è di
11 metri–. Problema statico che
fu correttamente risolto nei lustri
scorsi con la posa di grucce e
sostegni d’appoggio che abbiamo preservato e controllato.
Alcuni punti particolarmente critici all’interno dell’albero sono
stati ulteriormente rinforzati con
la messa in opera di cavi Boa.
La chioma è stata da noi leggermente contenuta e sfoltita,
andando anche a togliere il seccume presente.
Negli anni scorsi in vicinanza
alla pianta fu realizzata una pavimentazione in pietra che sicuramente andò ad influenzare la
vitalità e l’integrità delle radici;
siamo anche intervenuti migliorando il substrato con l’apporto
di prodotti biostimolanti e spore di funghi micorrizogeni della
PHC.
L’annosa sofora, punto focale del
giardino all’italiana, continua
così la sua vita, oberata sì dal
peso degli anni, ma ancora vitale ed imponente.
è in via Orazio, 5
angolo corso Europa -Varese
Tel.0332/241316 - Fax 0332/830990
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E-mail: [email protected]
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