La relazione tra infraumanizzazione e ideologie sociali nei - In-Mind
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La relazione tra infraumanizzazione e ideologie sociali nei bambini: Il ruolo della giustificazione del sistema In-Mind Italia IV, 27–31 http://it.in-mind.org ISSN 2240-2454 Erica Viola, Cristina Mosso, Filippo Rutto, e Silvia Russo Università degli Studi di Torino Keywords Infraumanizzazione, giustificazione del sistema, ideologie Introduzione Negli ultimi 10 anni gli psicologi sociali hanno iniziato a indagare il fenomeno dell’infraumanizzazione (Vaes, Leyens, Paladino, & Miranda, 2012) seguendo la formulazione originale di Leyens e collaboratori (Leyens et al., 2000; Leyens, Demoulin, Vaes, Gaunt, & Paladino, 2007). L’infraumanizzazione è un processo intergruppi “quotidiano,” che non implica una totale negazione dell’umanità altrui. Tale fenomeno si riferisce alla percezione dell’outgroup come meno definito dell’ingroup da tratti unicamente umani, cioè quelli che distinguono l’essere umano da altre specie animali. Caratteristiche giudicate unicamente umane sono l’intelligenza (ad es., ragionamento, pensiero), la moralità, il linguaggio e le emozioni secondarie. In particolare Leyens e colleghi (2000) hanno esaminato la distinzione tra emozioni primarie (non unicamente umane) ed emozioni secondarie (unicamente umane). Le emozioni primarie (ad es., tristezza e gioia) sono provate sia dagli animali sia dagli esseri umani; al contrario, le emozioni secondarie (ad es., orgoglio e vergogna) sono provate solo dagli umani. Gli studi hanno mostrato che gli individui tendono ad attribuire un numero maggiore di emozioni secondarie all’ingroup rispetto all’outgroup, mentre non emergono differenze rispetto alle emozioni primarie, che non conferiscono umanità. L’infraumanizzazione può portare a condotte e pratiche discriminanti anche in contesti sociali in cui prevalgono politiche volte a garantire il rispetto, la dignità e il benessere (welfare) dei cittadini. Per esempio, Cuddy, Rock e Norton (2007) hanno esaminato le conseguenze dell’infraumanizzazione sui comportamenti di aiuto attuati in seguito a un evento naturale disastroso – l’uragano Katrina – che Fig. 1. Il Minotauro, George Frederic Watts. nel 2005 ha colpito alcune zone degli Stati Uniti del Sud. In tale ricerca venivano rilevate le emozioni attribuite a vittime dell’ingroup (bianchi) e a vittime dell’outgroup (neri); si stimava, inoltre, quanto tali attribuzioni influenzassero le intenzioni di Corrispondenza: Erica Viola Dipartimento di Psicologia Università degli Studi di Torino Via Verdi, 10, 10124, Torino, Italia E-mail: [email protected] Viola et al. 28 aiuto. I risultati hanno mostrato che i partecipanti tendevano ad attribuire meno emozioni secondarie all’outgroup che all’ingroup (infraumanizzazione dell’outgroup). Inoltre, più emozioni secondarie erano attribuite ad una vittima di colore, maggiore era l’intenzione d’aiuto. In altre parole, meno le vittime dell’outgroup erano considerate umane, minore era la probabilità di soccorrerle. L’infraumanizzazione può essere sia deliberata sia inconsapevole (Boccato, Cortes, Demoulin, & Leyens, 2007). Usando misure implicite, si è trovato che gli individui associano più rapidamente le emozioni secondarie all’ingroup che all’outgroup. Questo risultato mette in luce quanto questo fenomeno sia radicato e, dunque, quanto possa risultare minaccioso a livello sociale (a causa delle sue conseguenze comportamentali negative nei confronti dell’outgroup), nonostante esso rappresenti una forma di bias più sottile e meno estrema della deumanizzazione (Haslam, 2006). La nostra ricerca intende approfondire il fenomeno dell’infraumanizzazione nei ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 18 anni. La letteratura anglosassone ha mostrato che tale tendenza si manifesta già intorno ai 5 anni, età in cui viene acquisita una maggiore comprensione verbale delle emozioni più complesse (Martin, Bennett, & Murray, 2008). Questi risultati hanno evidenziato la tendenza ad attribuire spontaneamente più emozioni secondarie all’ingroup che all’outgroup, laddove i gruppi considerati erano categorie sociali (squadre di calcio, istituti scolastici d’appartenenza). Non sono emerse differenze rispetto alle emozioni primarie e rispetto alla valenza delle emozioni. Non solo: diversamente dal bias di favoritismo per l’ingroup, non emergevano differenze rispetto all’età dei partecipanti. Analoghi risultati sono stati riscontrati in uno studio condotto su ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 16 anni (Brown, Eller, Leeds, & Stace, 2007). Recentemente, Costello e Hodson (in press) hanno rilevato l’effetto di infraumanizzazione (rapporti interetnici) in bambini tra i 6 e i 10 anni appartenenti a gruppi diversi. Un ulteriore dato interessante era che le ideologie sociali dei genitori influivano sul pregiudizio di umanità dei figli avvallando l’importanza di considerarne il ruolo nello studio dell’infraumanizzazione. Finora le ricerche che hanno stimato la relazione tra infraumanizzazione e ideologie sociali hanno analizzato prevalentemente l’orientamento alla dominanza sociale (Sidanius & Pratto, 1999; si veda glossario) e la tendenza all’autoritarismo di destra (Altemeyer, 1996; si veda glossario); si è trovata una relazione tra la tendenza a considerare gli outgroup meno umani e la legittimazione delle disuguaglianze sociali. Ci sembra interessante estendere tali analisi prendendo in esame la teoria della giustificazione del sistema (Jost & Banaji, 1994; si veda glossario). Questa teoria sottolinea come la legittimazione dei rapporti di status tra i gruppi possa anche esprimersi con una preferenza per l’outgroup, soprattutto rilevabile a livello del pregiudizio implicito (Jost, 2011). La legittimazione del sistema Il sistema ideologico che mantiene le relazioni di potere, controllo e dominanza all’interno della società, non soltanto consente agli individui di legittimare le distinzioni gerarchiche sociali basate su genere o etnia, ma permette anche di giustificare le classificazioni intergruppi basate sulla differenziazione “animale-umano.” Come abbiamo detto, secondo la teoria dell’infraumanizzazione (Leyens et al., 2000), si tende ad assegnare maggiormente l’essenza umana all’ingroup che all’outgroup. Nonostante tale essenza non venga negata totalmente neppure all’outgroup, l’ingroup viene considerato superiore (Fiske, Gilbert, & Lindzey, 2010; Leyens et al., 2000, 2001). All’interno dei gruppi maggioritari l’adesione ad un sistema ideologico, che sostiene le distinzioni gerarchiche sociali, può mantenere ed esacerbare il pregiudizio espresso attraverso l’attribuzione di essenza umana. In uno studio condotto su un campione di adulti (Esses, Veenvliet, Hodson, & Mihic, 2008) è stato mostrato il ruolo fondamentale giocato dalle ideologie di destra nell’espressione della deumanizzazione. Più i membri del gruppo dominante sostenevano la superiorità del proprio gruppo sugli altri gruppi e difendevano i valori tradizionali sottomettendosi all’autorità (rispettivamente alti livelli di orientamento alla dominanza sociale e autoritarismo di destra), più tendevano a deumanizzare l’outgroup subordinato. Da ciò derivava un generale atteggiamento negativo (disprezzo e mancanza di stima) e un maggior desiderio di esclusione dell’outgroup. Secondo gli autori la deumanizzazione dell’outgroup permetterebbe di credere che esso meriti alcune conseguenze negative come l’isolamento e la discriminazione, riducendo il proprio senso di colpa e non considerando necessario occuparsi dei problemi legati alle disuguaglianze sociali (Opotow, 1995; Schwartz & Struch, 1989). Tali credenze mantengono e perpetuano il sistema sociale esistente in accordo con quanto postulato dalla teoria della giustificazione del sistema (Jost & Banaji, 1994; Jost, Burgess, & Mosso, 2001). Da tali studi deriva la nostra ipotesi che, all’interno dei gruppi di alto status, l’adesione a un sistema ideologico che legittima, razionalizza e giustifica le Infraumanizzazione e ideologie sociali nei bambini disuguaglianze sociali (alto livello di giustificazione del sistema) porti a infraumanizzare maggiormente l’outgroup. Considerando che la nostra ricerca si propone di verificare questa ipotesi in un gruppo di preadolescenti e adolescenti, prima di passare ai risultati verranno brevemente presentati gli studi che hanno mostrato la precoce tendenza a giustificare il sistema mettendo in luce quanto essa sia radicata nell’individuo e meriti un approfondimento in un’ottica di sviluppo. La tendenza a giustificare il sistema sociale nei bambini Secondo la teoria della giustificazione del sistema gli individui, indipendentemente dallo status del gruppo al quale appartengono, tendono a mantenere lo status quo attraverso pensieri, sentimenti e comportamenti condivisi che convalidano e rinforzano l’assetto sociale (Jost & Banaji, 1994). La legittimazione del sistema si manifesta attraverso ideologie, stereotipi, atteggiamenti verso l’autorità e modalità di distribuzione delle risorse che favoriscono lo status quo (Jost, Pelham, & Carvallo, 2002). Anche coloro che appartengono a gruppi subordinati, rispondendo ad un bisogno più forte rispetto a quello di mantenere una buona immagine di sé e dell’ingroup, tendono a mantenere le disuguaglianze attraverso strategie che le perpetuano. La giustificazione del sistema non può essere considerata né morale né immorale, ma semplicemente legittima nella misura in cui, proteggendo lo status quo, preserva la sicurezza e l’esistenza stessa della società (Fiske et al., 2010). Questa tendenza si sviluppa in età precoce, nel momento in cui le differenze di status vengono acquisite all’interno delle interazioni sociali e, a partire dai 5 anni, i bambini sono in grado di utilizzare una serie di interpretazioni coerenti con lo status quo nel tentativo di giustificare e dare un senso alle disparità (Baron & Banaji, 2009). Bigler, Arthur, Hughes e Patterson (2008), in uno studio condotto prima della candidatura alla presidenza di Barack Obama e Hillary Clinton, chiesero ad un campione di bambini statunitensi tra i 6 e gli 11 anni di spiegare il motivo per cui, secondo loro, non fossero mai stati eletti presidenti donne, ispanici o afroamericani. In generale, i bambini sostennero che gli uomini e i bianchi fossero più competenti o più interessati alla candidatura e che il pregiudizio di genere ed etnico che, secondo la loro opinione, aveva influito sulla scelta degli elettori in passato oggi non fosse più un fattore determinante nella scelta del candidato. La strategia adottata dai bambini per spiegare una situazione discriminatoria risulta dunque basata su una visione positiva dell’ordine sociale coerentemente con lo 29 status quo (Olson, Dweck, Spelke, & Banaji, 2011). Tale tendenza non è così rigida: almeno in alcune circostanze, i bambini sopra i 7 anni utilizzano strategie contrarie alla giustificazione del sistema. Per esempio, è stato mostrato, in un compito di distribuzione delle risorse all’ingroup e all’outgroup, come i bambini più grandi utilizzassero una strategia di distribuzione che rettificava, invece di perpetuare, lo status quo (Olson et al., 2011). Questo risultato può essere compreso alla luce della teoria dello sviluppo morale secondo cui una serie di fattori inciderebbe positivamente sulla possibilità che i bambini trascendano, in alcuni casi, le differenze sociali nei giudizi intergruppi. Essi sono: la consapevolezza del punto di vista altrui, acquisita nel corso dello sviluppo, l’accesso a informazioni storiche e attuali relative ai diversi gruppi sociali, l’esposizione a norme sociali riferite al principio di equità e giustizia, la consapevolezza dell’arbitraria distribuzione delle risorse a favore dei gruppi ad alto status. Nonostante queste conoscenze, le ideologie che giustificano il sistema emergono sempre e a scapito dei gruppi più svantaggiati. È quindi necessario approfondire tali risultati che mettono in luce la possibilità di “correggere” un sistema di credenze, atteggiamenti e comportamenti a favore di un assetto sociale ingiusto. Questi studi risultano tanto più importanti se consideriamo che l’esposizione sistematica alle differenze sociali porta ad un maggior bisogno di giustificarle e questo non fa altro che mantenerle nel tempo (Olson et al., 2011). Nella ricerca qui presentata, l’obiettivo principale è stato di analizzare il ruolo della giustificazione del sistema nell’espressione dell’infraumanizzazione nei ragazzi. Il presente contributo si basa su uno studio realizzato in un centro urbano italiano (nordovest) di piccole dimensioni dove, da anni, si realizzano interventi formativi all’interno degli istituti scolastici (scuole primarie e secondarie), finalizzati all’interculturalità con particolare attenzione all’integrazione dei rom. 243 ragazzi di età compresa tra i 12 e i 17 anni (M = 14.71 anni, DS = 1.46; 62.3% maschi) hanno completato, durante l’orario scolastico, un questionario contenente una misura dell’infraumanizzazione e una sulle ideologie sociali. Più specificamente, per rilevare l’infraumanizzazione veniva chiesto di confrontare l’ingroup e l’outgroup (ragazzi rom) attraverso l’attribuzione di emozioni primarie e secondarie (Brown et al., 2007); i partecipanti leggevano due scenari con protagonisti appartenenti all’ingroup e due scenari con protagonisti appartenenti all’outgroup. Ad ogni scenario seguiva una lista di otto emozioni, quattro primarie e quattro secondarie, tra cui scegliere per descrivere cosa provassero i protagonisti. La misura della giustificazio- Viola et al. 30 ne del sistema era invece composta da sei item (Kay & Jost, 2003) rispetto ai quali esprimere il proprio grado di accordo su una scala Likert a cinque gradi (1 = completamente in disaccordo, 5 = completamente d’accordo). I risultati hanno mostrato non solo la tendenza a infraumanizzare l’outgroup, ma anche la relazione tra giustificazione del sistema e infraumanizzazione. In particolare, è emerso come una più alta adesione allo status quo porti a una maggior tendenza a infraumanizzare i membri dell’outgroup. La nostra ricerca, quindi, mette in luce l’importanza di considerare la giustificazione del sistema quale ideologia alla base del bias di umanità; essa mette in luce anche l’importanza di considerare tali costrutti nei bambini e nei ragazzi. Considerazioni finali Nel presente contributo è stato posto l’accento sull’importanza di considerare l’infraumanizzazione in un’ottica di sviluppo per comprendere le radici del fenomeno, approfondendo gli studi che si sono occupati di tale tema in bambini e ragazzi. È emersa la tendenza a infraumanizzare anche nei ragazzi italiani, quando l’outgroup è l’etnia rom. Inoltre è stato indagato nei ragazzi il ruolo delle credenze e delle rappresentazioni relative alla struttura del sistema sociale nell’espressione del bias di umanità. Tale area d’indagine implica l’integrazione dei modelli che contemplano sia i giudizi morali sia quelli evolutivi legati alla formazione del giudizio nel bambino. Questo studio mostra come l’integrazione dei rom necessiti di politiche sociali finalizzate a ricostruire la dignità delle minoranze etniche e culturali. Se l’infraumanizzazione è un fenomeno quotidiano che “colora” le interazioni sociali, essa può costituire un “termometro” che indica la necessità di intervenire per promuovere l’integrazione interculturale. Glossario Autoritarismo di Destra (Right-wing authoritarianism - RWA). Tale costrutto implica tre atteggiamenti distinti: la sottomissione all’autorità, percepita legittima all’interno della società in cui si vive; l’aggressione autoritaria diretta contro coloro che deviano dalle convenzioni sociali; il convenzionalismo, cioè la tendenza ad aderire alle convenzioni sociali sostenute dalla società e stabilite dall’autorità (Altemeyer, 1981). Teoria della Dominanza Sociale (Social Dominance Theory - SDT). Secondo questa teoria i gruppi possiedono un’inclinazione naturale e adattiva a stabilire gerarchie sociali in base alle diverse categorie (genere, età, categorie arbitrarie, quali l’etnia, la re- ligione, ecc.), permettendo una certa regolamentazione dei conflitti intergruppi e conferendo stabilità alla società (Sidanius & Pratto, 1999). Teoria della Giustificazione del Sistema (System Justification Theory - SJT). La teoria della giustificazione del gistema postula che gli individui siano motivati a preservare, legittimare e giustificare lo status quo. Questa tendenza è presente sia tra i membri dei gruppi dominanti, per gli ovvi benefici che ne derivano, sia tra i membri dei gruppi subordinati, a loro danno, nel tentativo di preservare la stabilità del sistema sociale (Jost & Banaji, 1994; Jost, Banaji, & Nosek, 2004). Riferimenti bibliografici Altemeyer, B. (1981). Right-wing authoritarianism. Winnipeg, Canada: University of Manitoba Press. Altemeyer, B. (1996). 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European Review of Social Psychology, 23, 64-106. 31 Erica Viola è Dottoranda presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino. La sua ricerca riguarda il pregiudizio e la sua riduzione in bambini e adolescenti. Cristina Mosso è Professore Associato in Psicologia Sociale presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino, dove insegna Psicologia Sociale e Psicologia dei gruppi. Tra gli interessi di ricerca: la legittimazione delle ideologie discriminanti, il senso di appartenenza e la riduzione dello stereotipo in contesti situati. Filippo Rutto è Dottorando presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino. La sua ricerca riguarda principalmente le ideologie che legittimano il sistema sociale. Silvia Russo Ha ottenuto il PhD presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino. Si occupa di ricerca psicosociale, in particolare di tematiche legate all’insicurezza e alla paura del crimine e ai predittori psicosociali degli atteggiamenti e comportamenti politici.