Senza nome2

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Michael Keaton: “Vi racconto l’uomo che
plasmò il sogno americano del fast food”
L’attore protagonista di “The Founder”, sulla nascita di
McDonald’s
Anni 60. Sopra, Michael Keaton in una scena di «The Founder» diretto da John Lee Hancock. Il film, che narra la storia
del commesso viaggiatore di frullatori poi fondatore di McDonald’s, sarà nelle sale italiane dal 12 gennaio
PUBBLICATO IL 28/12/2016
ULTIMA MODIFICA IL 28/12/2016 ALLE ORE 09:21
LORENZO SORIA
LOS ANGELES
La McDonald’s è una delle società-simbolo degli Usa, rappresenta la capacità di questo Paese di
plasmare ciò che sogniamo, ciò che desideriamo e, in questo caso, anche ciò che mangiamo. Ogni
giorno, 68 milioni di clienti entrano in uno dei suoi 36 mila ristoranti sparsi in 120 Paesi per
ordinare uno dei 650 milioni di Big Mac venduti ogni anno, assieme con 5 milioni di chili di patate
fritte. Un colosso che ha inventato il concetto di «fast food» e che per questo viene spesso criticato
per la qualità dei suoi prodotti e anche per il trattamento del suo milione e mezzo di dipendenti.
Al di là di questo, quella della McDonald’s resta una delle storie di più grande successo del
capitalismo americano del Dopoguerra, anche se la sua nascita è legata a una sorta di scippo. Ray
Kroc, per la storia il leggendario fondatore della società, non è in realtà quello che l’ha creata. Quel
merito va attribuito a Dick e a Mac MacDonald, due fratelli che subito dopo la guerra aprirono a
San Bernardino, in California, un piccolo ristorante di soli hamburger e patate fritte secondo un
metodo per la preparazione del cibo che garantiva efficienza e velocità, oltre al controllo totale sulla
qualità del prodotto finale.
Ray Kroc, un venditore di frullatori, andò un giorno a trovarli. Era il 1954. Si innamorò di ciò che
apparve davanti ai suoi occhi e immaginò una catena di ristoranti da una costa all’altra
dell’America. Nel nome di quei due fratelli geniali e un po’ ingenui vide anche un marchio
vincente. Alla fine riuscì a comprare il tutto per pochi soldi. The Founder è ora il titolo del film
diretto da John Lee Hancock che ne ripercorre la storia, protagonista Michael Keaton. Un attore che
dopo essere stato Batman sul finire degli Anni 80 si era un po’ eclissato. E che adesso, a 66 anni,
gode di una seconda giovinezza. Due anni fa, con Birdmanha avuto una nomination agli Oscar e un
Golden Globe come miglior attore. L’anno scorso un suo film, Spotlight, ha vinto l’Oscar. Adesso,
con The Founder, è tra i nomi in circolazione per l’imminente stagione dei premi.
Keaton, quanto sapeva della vera storia della McDonald’s prima di iniziare le riprese?
«Non ne sapevo granché, tantomeno che all’origine di tutto ci fossero due fratelli. È una storia che
dai per scontata, come molte altre nella vita. Pensiamo di conoscere la verità, ma in realtà non è
così. Poi scopri che è una vicenda che ci riguarda ancora oggi, una storia americana molto
interessante che ha coinvolto tutto il mondo. I protagonisti hanno intuito e inventato il concetto
contemporaneo di brand. Hanno cambiato la cultura».
Il suo personaggio emerge come uno sciacallo, un rapace che approfitta della buona fede di
due fratelli un po’ ingenui.
«Spesso i film vengono costruiti in modo da far amare alla fine il protagonista: o perché sta
morendo; o perché salva tutti. Non c’è niente di male, ma non ho interesse in questo tipo di storie,
voglio restare fedele al mio personaggio, a quello che è, a quello che fa o ha fatto. Kroc non era per
niente ammirevole, era riprovevole e quasi un sadico. Ma era anche un visionario».
È un buon periodo per lei, Mr. Keaton. È molto selettivo? Dice molti no?
«Direi che molti attori dicono di no perché la disponibilità di materiale buono è molto scarsa. Io
sono fortunato perché molte belle proposte sono arrivate nella mia direzione, tutte allo stesso tempo
e questo mi ha dato la spinta per tornare a lavorare. Ci sono progetti a cui non puoi dire di no e ne
sono tremendamente grato».
Il concetto di «fast food», e la McDonald’s in particolare, sono stati recentemente molto
criticati. Come la vede?
«Non penso che gli hamburger scompariranno mai. Sono come le t-shirt, i jeans o il caffè. Non
andranno mai via. Quanto a me, quel tipo di cibo non mi attira particolarmente, ma quando mio
figlio Sean era piccolo confesso che ci andavo un sacco. Raggruppavo lui e i suoi amici in auto e
quando chiedevo dove volevano andare la risposta era sempre: da McDonald’s!» .