Ragazzi di strada - Lezioni di Italiano e Storia per la scuola superiore

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Ragazzi di strada - Lezioni di Italiano e Storia per la scuola superiore
Corea del Sud
Ragazzi
di strada
Hankyoreh, Corea del Sud. Foto di Filippo Venturi
In fuga dalla povertà e da abusi familiari, molti
adolescenti sudcoreani scappano di casa e vivono
dormendo nei locali pubblici. Più della metà sono
ragazze che sopravvivono prostituendosi
i-seong è scappato di casa
nell’estate del 2015. Ha compiuto 16 anni da poco, per
qualche tempo ha vissuto con
“un amico più grande” e poi si
è trasferito in un centro di accoglienza. Recentemente, però, dopo un
interrogatorio della polizia per il furto di
qualche sigaretta, è stato messo alla porta
perché non ha rispettato le regole. Non sapendo dove andare, ha di nuovo chiesto
aiuto al suo amico.
Ma la sera del 7 gennaio non ha voglia
di tornare da lui. La madre del suo amico
negli ultimi tempi si faceva vedere spesso e accusava sistematicamente Ji-seong di vivere alle
spalle del iglio.
La destinazione di questa sera, quindi, è un caffè. Aperto
ventiquattr’ore su ventiquattro, è l’unico
posto dove può cercare riparo dal freddo
anche senza avere soldi in tasca e senza il
permesso di residenza. Forse potrebbe riposare più comodamente in una sauna
aperta tutta la notte o in un internet cafè,
ma i bar delle saune vietano l’ingresso ai
minori dopo le dieci di sera. Non sarebbe la
prima notte che passa in un cafè.
“Qualche giorno fa sono rimasto lì ino
alle due del mattino e poi ho seguito alcuni
amici in un motel”, spiega. “Tra tutti e cinque eravamo riusciti a mettere insieme i
30mila won necessari (poco più di 22 eu-
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ro)”. Questa sera, però, non ha in tasca
neppure uno spicciolo. Pensa di passare
tutta la notte nel cafè.
In un locale sempre aperto
Ore 22 La zona intorno alla stazione Sillim
della linea 2 della metropolitana di Seoul,
nel quartiere di Gwanak, è piena di cafè e
fast food con insegne al neon e un grande
“24” lampeggiante. Per lo più sono ediici
a due o tre piani. Alle dieci di sera Ji-seong
e cinque o sei dei suoi amici entrano in uno
di questi locali. Anche gli altri ragazzi sono
scappati di casa; uno ha i pantaloni corti,
anche se fuori la temperatura è
scesa a 7 gradi sotto zero. Appena entrati, i ragazzi si dirigono
verso la sala fumatori.
Su-bin, una sedicenne con la
sigaretta sempre incollata alla
bocca, fa girare il pacchetto tra le dita. Studentessa di terza media, è scappata l’anno
scorso dalla provincia di Gangwon e in
qualche modo è riuscita ad arrivare a
Seoul. “Qui ho conosciuto i miei quattro
‘fratelloni’. Abitiamo nello stesso appartamento, un monolocale di 16,5 metri quadrati”, spiega. I suoi genitori non l’hanno
mai cercata. “Non si può certo dire che fossimo benestanti. Probabilmente penseranno che almeno hanno una bocca in meno da sfamare”, commenta. Il suo tono
calmo e distaccato cambia quando comincia a parlare di soldi. “Ora guadagno e pos-
so pagare i 420mila won (315 euro) dell’afitto”, si vanta. “Prendo 60mila won (45
euro) al giorno lavorando come computer
administrator per un tizio che conosco. Se
vado al suo studio tutti i giorni, arrivo a un
milione o due al mese (750-1.500 euro)”,
spiega. “Mi dà dei soldi perfino quando
non vado al lavoro”. Su-bin sembra girare
intorno alla vera natura del suo lavoro così
ben retribuito. “Ha un ‘accordo’ con il tizio”, spiega uno dei suoi amici.
Storie di violenza
Mezzanotte Più tardi, un altro adolescente
si unisce al gruppo. I ragazzi si spostano in
una sala al terzo piano dove i dipendenti
del cafè si afacciano raramente. Per ammazzare il tempo, hanno tutti gli occhi incollati allo smartphone. Ogni tanto un inserviente sale a raddrizzare tavoli e sedie
senza dire granché, solo un’occhiata di
sbieco prima di tornare di sotto. Alla ine
sembrano stancarsi degli smartphone e
cominciano a chiacchierare. “Cinque giorni fa ho picchiato mio nonno”, racconta
uno. “Ma lui mi picchiava da quando avevo
In un cafè di Hongdae a Seoul, Corea del Sud, 2015
ta per la città, dando una sbirciatina a uno
dei tanti fast food aperti 24 ore su 24. All’interno vedono un gruppo di ragazzi seduti
davanti a un unico vassoio. “Ehi, quella
non è la ragazza che abbiamo incontrato
prima al camion-ristorante?”, dice uno di
loro indicando un’adolescente seduta da
sola. Il camion-ristorante è un servizio che
fornisce pasti gratuiti ai ragazzi.
“Anche lei è scappata di casa?”.
“Sembra proprio di sì”.
“È carina”.
“Conoscerà un sacco di ragazzi”.
Dopo aver bisbigliato per un po’ osservando la ragazza, i due amici decidono che
l’atmosfera non è di loro gradimento e tornano al cafè.
“Capitano spesso ragazzi così in piena
notte. Il locale è molto tranquillo a
quest’ora, perciò di solito non diciamo
niente”, spiega il dipendente dietro al bancone, come se fosse la cosa più normale del
mondo.
Dove andiamo oggi?
sei anni! Con una tavoletta. Mi picchiava
perché secondo lui somiglio troppo a mia
madre, che ha lasciato mio padre. Ho denunciato mio nonno alla polizia e me ne
sono andato di casa”.
Min-jae, 20 anni, dice che da quando ha
lasciato la scuola, al primo anno delle superiori, è scappato e tornato un’ininità di
volte. Cinque giorni fa se n’è andato di
nuovo. I suoi genitori hanno divorziato, si
sono risposati e oggi vivono con i nuovi
compagni. Cresciuto con il nonno, Min-jae
ha molte cicatrici. Ha lasciato la scuola tre
anni fa e da allora ha fatto praticamente
qualunque cosa per guadagnare dei soldi:
consegne, cucina, ha perino lavorato con
un’agenzia di spettacolo per diventare un
cantante pop per adolescenti.
Ji-seong ascolta muto l’amico prima di
decidersi a raccontare la sua storia. “Mio
padre mi picchiava tutti i giorni con una
mazza da golf. Non voglio tornare a casa.
Mia madre non fa altro che criticarmi.
Questa vita è diecimila volte meglio che
stare a casa”, dice. Min-jae e Ji-seong si sono conosciuti oggi per la prima volta in un
centro di accoglienza, ma parlano come
vecchi amici. Dopo aver chiacchierato un
po’, i ragazzi si riposano appoggiati alle pareti o allungati sul divano.
Senza rifugio
Ore 2 Il gruppo di Su-bin si alza per tornare
nella sua “tana” di 16,5 metri quadrati. Lasciano nel caffè Ji-Seong e Min-jae, che
non hanno nessun altro posto dove andare.
Stanchi di chiacchierare, i due escono dal
locale e cominciano a vagabondare per le
strade fredde, Ji-Seong con una giacca a
vento da montagna e Min-jae con le sue
scarpette da ginnastica estive e un giubbotto senza maniche. “Che freddo bestiale”, brontolano. Stroinandosi le mani intirizzite, Min-jae suggerisce di andare in un
karaoke a gettoni. Completamente automatico, consente ai clienti di scegliere due
canzoni per 500 won (circa 40 centesimi di
euro). Non ci sarà nessuno a osservarli, ed
è un modo per ripararsi dal vento invernale. I due tirano fuori tre monete e cantano a
turno sei canzoni per 20 minuti. Quando
hanno inito, riprendono la loro passeggia-
Ore 4 “Allora dove andiamo stamattina?”.
Le parole borbottate da Ji-Seong, sdraiato
su un tavolo con un cuscino dietro le spalle,
tradiscono una punta di preoccupazione.
Ripete la stessa domanda ogni dieci minuti. “Posso resistere alla fame, ma fa freddo
e il problema è dormire”, continua. “Stiamo qui perché c’è caldo e nessuno ci dice
niente, ma quando il locale si riempie, la
mattina, non sappiamo dove andare”.
“Potresti venire con noi in un internet
cafè?”, chiede al reporter. “O potremmo
andare in una sauna, e tu potresti tenerci
d’occhio mentre dormiamo un po’”. “Potresti sistemarci a casa tua, magari solo per
una decina di giorni?”. Ji-seong è minorenne, perciò dopo le dieci di sera deve lasciare gli internet cafè e le saune. I bar aperti
tutta la notte sono gli unici posti dove un
ragazzino come lui può cercare rifugio.
Min-jae invece sta per compiere vent’anni.
“Io posso entrare dappertutto adesso”, si
vanta. “Ji-seong, dovresti semplicemente
andare in un altro centro di accoglienza”,
dice alla fine. “Lì accettano chiunque è
scappato di casa e non va a scuola”.
“Sono tutti pieni. Devi metterti in lista
d’attesa”, è la replica secca di Ji-seong. “E
poi c’è il coprifuoco alle nove. Se rientri alle nove ti costringono a parlare con un assistente”. Dopo un po’ si allunga sul divanetto del cafè e si addormenta.
Giorno fortunato
Ore 6 Min-jae si agita nervosamente quando arriva una telefonata. “È la mia ex, una
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con cui sono uscito per un po’”, spiega. Racconta che la ragazza gli ha chiesto di trovare
un computer per giocare un po’ insieme.
Quando le ha spiegato di non avere i soldi
per andare in un internet cafè, lei gli ha immediatamente accreditato sul conto 30mila
won (circa 23 euro). Eccitato dall’ iniezione
di denaro, Min-jae va avanti e indietro tra i
tavoli del cafè. “Non ho intenzione di ricominciare con lei. Userò i 30mila won per
andare a un karaoke”, commenta.
La lunga notte è terminata e inalmente
si è fatto giorno.
“Voglio solo sdraiarmi da qualche parte
e dormire”, dice Ji-seong mentre Min-jae lo
porta in un ristorantino della zona. Ordinano una ciotola di ramen (spaghettini in brodo giapponesi) e un involtino di riso e alghe.
“Ehi, questo oggi è il mio terzo pasto”,
esclama Ji-song con orgoglio. “Mi capita
spesso di andare avanti per tre giorni con un
solo pasto. Oggi è la terza volta che mangio!
Ho preso una scodella di spaghetti lioilizzati al centro di accoglienza, zuppa di riso al
camion-ristorante, e ora eccoci qui”. Con
del cibo sul tavolo e un po’ di quattrini in tasca, questo è un giorno fortunato per Ji-seong e Min-jae.
Le ragazze e la famiglia
Sono le otto del mattino. A-yeong si accorge
di non avere più i soldi in tasca e scuote le
sue amiche Ji-min e Hye-ri per svegliarle.
Hanno tutte e tre 14 anni e si erano appisolate in un sottoscala freddo. “Alzatevi!”,
grida A-yeong. “Ci hanno derubato!”. Jimin spalanca gli occhi: “Cosa? Tutto quanto?”. Non c’è traccia di Jin-seok, il ragazzino
che ha dormito accanto a loro la notte prima. Hye-ri ha la faccia abbattuta.
L’avevano conosciuto la sera prima
nell’internet cafè dove si erano rifugiate a
Eunpyeong, uno dei 25 distretti in cui è suddivisa Seoul. Avevano messo un annuncio
su una bacheca online: “Cercasi compagno
di fuga a Seoul/Eunpyeong/14 anni”. Non
avevano voglia di vagabondare come al solito, quella sera. Dopo un breve scambio di
messaggi con le ragazze, Jin-seok le aveva
raggiunte al cafè. Tutti insieme avevano
deciso di organizzare un “lavoretto”. Le ragazze avevano già diverse esperienze di
fuga da casa e conoscevano bene una delle
leggi della vita di strada: bisognava assicurarsi la “protezione” di un uomo per quel
genere di lavoretti. Poi avevano messo un
secondo annuncio: “Qualcuno vuole incontrare una ventenne?”. Le risposte erano arrivate a decine.
L’uomo con cui alla ine si erano accordati aveva un aspetto così comune che oggi
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non saprebbero riconoscerlo. Diceva di
avere 28 anni. Non aveva chiesto la sua età.
Malgrado il trucco pesante e i capelli tinti, la
pallida A-yeong era chiaramente un’adolescente. Lui l’aveva portata in un motel.
“Sanno tutti benissimo che sono minorenne”, dice lei più tardi, “però lo fanno lo stesso”. E aggiunge: “Si preoccupano anche,
ma non per la mia età. Piuttosto perché
‘dev’essere doloroso’”.
Mentre lui si lavava, lei aveva frugato
nelle tasche dei suoi pantaloni trovandoci
centomila won (75 euro). Era corsa dai suoi
amici, che l’aspettavano sotto il motel, ed
erano ilati via. Era un vecchio trucco: offrirsi per un “lavoretto” e poi scappare con
i soldi prima di fare alcunché. Avevano
persino un loro termine per deinirlo. Ayeong lo aveva imparato da un ragazzo più
grande. Aveva bisogno di soldi per mangiare, ma voleva anche evitare il più possibile i “lavoretti”, perciò questo sistema era
200
mila
adolescenti in Corea del Sud vivono
per strada. Lo dice un rapporto
dell’amministrazione di Seoul
pubblicato nel 2012
uno strumento fondamentale di sopravvivenza. E ora Jin-seok era scappato con il
bottino.
Una quattordicenne scappata di casa
non può fare granché per procurarsi dei soldi. A-yeong aveva seguito un gruppetto di
ragazzi e ragazze più grandi che le avevano
promesso un posto dove dormire. L’aggressione da parte di uno di questi ragazzi era
stata la sua iniziazione sessuale. Sembra
che per lei sia diicile ricordare le sue esperienze, forse perché ne ha avute tante. Non
sa dire, per esempio, quanti anni aveva
quando sua madre se n’era andata di casa
per vivere con un altro uomo, o che classe
frequentava quando si trasferì dalla provincia di Jeolla a quella di Gyeongsang e poi a
Seoul. Ma una cosa la ricorda bene: è scappata di casa per la prima volta un anno fa.
Odiava suo padre, che la picchiava spesso.
Era diventata un’abitudine: tornava a casa e
scappava di nuovo.
Ji-min è scappata di casa per la prima
volta quando era in terza elementare. Non
ne poteva più degli abusi di sua madre. Già
quando era al nido la prendeva a pugni e
calci. Il giorno in cui era scappata per la prima volta l’aveva picchiata ino a rompere
cinque canne di bambù. Solo più tardi ave-
va scoperto che quella in realtà era la sua
matrigna. Dopo essere scappata, Ji-min
chiese di poter dormire in una chiesa della
zona. Il giorno dopo si addormentò in un
parcheggio del quartiere. Forse qualcuno
vide la bambina addormentata, ma nessuno cercò di svegliarla né avvertì le autorità.
L’ultima fuga risale a un mese prima. Era
già scappata in tante occasioni, ma questa
volta le cose sono andate un po’ diversamente. Il 25 agosto Ji-min è stata aggredita
sessualmente. Aveva incontrato un uomo
su una bacheca online che aveva promesso
di darle “un posto dove dormire”. L’esperienza l’ha traumatizzata ma non era tornata a casa e non era andata dalla polizia. Sono
tutte e tre d’accordo: “Se non va peggio di
come andava a casa, vuol dire che va ancora
abbastanza bene”.
Prendi i soldi e scappa
A-yeong e Ji-min odiano fare i “lavoretti”.
Prendono i soldi e scappano. Quando le cose si mettono davvero male, accettano un
lavoro part-time in una “sala baci”. L’hanno
imparato dalle ragazze più grandi: se riescono a sopportare mezz’ora di palpeggiamenti, possono tranquillamente arrivare a
50mila won (38 euro). In questo momento,
Hye-ri è l’unica delle tre a fare sesso per soldi. Non ha cominciato per scelta. È stata
costretta dai ragazzi più grandi della sua
“famiglia”. La famiglia è un gruppo di ragazzi scappati di casa che vivono insieme. I
ragazzi le avevano detto che in un modo o
nell’altro doveva guadagnarsi da vivere:
“Fa’ dei soldi o moriremo tutti di fame”.
Quando cominciò a lavorare, adottarono un approccio più morbido. Le dicevano
“Hye-ri, abbiamo un lavoretto per te. Centocinquantamila won. Fa’ quello che ti chiedono e aggiungi qualcosa di extra, capito?”.
Senza di loro non avrebbe avuto nessun altro al mondo su cui contare, perciò faceva
come le dicevano.
Un ricordo è particolarmente doloroso.
A luglio si era scoperta incinta del suo ragazzo, che ha all’incirca la sua stessa età.
Era andata in ospedale per abortire accompagnata dalla madre e dalla zia. L’aveva
raccontato alla sua migliore amica e presto
in tutta la scuola si era difusa la voce che
fosse una “puttana”. I suoi genitori erano ai
ferri corti e volevano divorziare. Hye-ri aveva preso un taglierino e si era squarciata un
polso. u gc
GLI AUTORI
Questo articolo è stato scritto da Kim
Mi-hyang, Hwang Keum-bi, Um Ji-won,
Park A-reum e Heo Seung.