Le giurisdizioni sulle controversie in materia di aiuti di stato fiscali
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Le giurisdizioni sulle controversie in materia di aiuti di stato fiscali
Summary Report Le giurisdizioni sulle controversie in materia di aiuti di stato fiscali: atti di concessione e atti di recupero Al giudice nazionale è sottratta ogni valutazione circa la compatibilità dell’aiuto, in quanto vincolato dalle decisioni della Commissione. Tuttavia, ciò non esclude una complementarietà delle competenze della Commissione e del giudice nazionale: l’attuazione del sistema di controllo previsto dall’art. 108 TFUE incombe, infatti, su entrambi. I singoli, pertanto, non possono contestare la compatibilità di un regime di aiuti dinanzi ai giudici nazionali ai sensi dell’art. 107 TFUE, poiché tale accertamento rientra nella competenza esclusiva della Commissione (con il controllo della Corte di Giustizia). La Commissione, oltre a ribadire l’esclusività dei propri poteri in ordine alla valutazione della compatibilità delle misure di aiuto rispetto al mercato unico europeo, ha delineato una precisa ripartizione di funzioni con i giudici nazionali in materia di aiuti di Stato, affermando la competenza dei medesimi a rilevare l’illegalità di misure di aiuto attuate senza la necessaria preventiva notifica alla Commissione o senza attendere la pronuncia della medesima in punto alla compatibilità della misura in questione (cfr. Comunicazione 2009/C85/01). Poiché il recupero, come previsto dal Regolamento n. 659/1999 del Consiglio, deve avvenire “secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato”, sono le leggi nazionali che determinano la natura degli atti di recupero. Fino all’anno 2012, il recupero aveva natura tributaria, il che attribuiva all’Agenzia delle Entrate il compito di provvedere al recupero e la relativa giurisdizione alle commissioni tributarie: si profilava (e si profila tuttora, nonostante, come si vedrà, si sia approdati ad una diversa configurazione della giurisdizione in materia), dunque, dinanzi al giudice tributario, un processo con caratteristiche particolari, avente ad oggetto atti interni che attuavano una decisione della Commissione europea, un processo regolato da norme processuali interne e da norme processuali europee. Il processo dinanzi ai giudici tributari si svolgeva secondo le regole proprie del processo nazionale, cioè ai sensi delle norme previste dal D.Lgs. n. 546/1992, le quali venivano integrate dalle norme processuali europee. La l. n. 234/2012 (segnatamente, l’art. 49, modificativo dell’art. 119 del codice del processo amministrativo) ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte “le controversie relative agli atti e provvedimenti che concedono aiuti di Stato in violazione dell’art. 108, par. 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea […] a prescindere della forma dell’aiuto e del soggetto che l’ha concesso” (art. 119, lett. z-sexies c.p.a.); alla medesima giurisdizione sono oggi attribuite le “controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti adottati in esecuzione di una decisione di recupero di aiuti di Stato illegali concessi alle imprese” da parte della Commissione, ai sensi dell’art. 14 del suddetto Regolamento 659/1999 del Consiglio. Peraltro, a tali ultime controversie, aventi ad oggetto gli atti adottati in esecuzione di decisioni di recupero di aiuti illegali da parte della Commissione, è applicabile il rito abbreviato ai sensi dell’art. 119 c.p.a. Il giudice amministrativo ha, dunque, competenza a: - determinare se una misura di sostegno e/o agevolazione che preveda il ricorso a fondi pubblici sia o meno qualificabile alla stregua di un aiuto di stato ai sensi dell’art. 107 TFUE; - rilevare l’eventuale violazione, da parte dello Stato, dell’obbligo di preventiva notifica alla Commissione previsto dall’art. 108 TFUE; - sospendere l’erogazione dell’aiuto illegale (ovverosia la misura di aiuto non preventivamente notificata alla Commissione); - provvedere a misure di recupero dell’aiuto e di risarcimento del danno. Come noto, la nozione di “aiuto” non è indissolubilmente connessa a determinate categorie di atti giuridici, ma soltanto alle loro conseguenze in termini di vantaggi economici attribuiti a particolari soggetti, suscettibili di determinare alterazioni della concorrenza per effetto dell’erogazione di risorse statali. Pertanto, qualsiasi atto dell’amministrazione finanziaria che riconosca il diritto a un regime agevolativo ritenuto incompatibile con l’ordinamento europeo o illegale, in quanto non preventivamente approvato dalla Commissione, dovrà essere impugnato dinanzi al giudice amministrativo. In dottrina, vive ancora il dibattito circa il fatto che una corretta lettura della norma parrebbe escludere che i regimi fiscali di favore debbano essere devoluti alla giurisdizione amministrativa, con conseguente deroga della giurisdizione delle commissioni tributarie. A ben vedere, infatti, la norma stabilisce che oggetto della giurisdizione non sia la materia degli aiuti di stato, bensì gli atti che concedono aiuti: è, dunque, necessario che il diritto alla misura agevolativa nasca da specifici atti giuridici (a natura provvedimentale o negoziale), ad esclusione, quindi, dei regimi di esenzione o agevolazione fiscale direttamente derivanti dalla legge, e non da atti dell’amministrazione finanziaria (come sembrerebbe desumersi dalla precedente giurisprudenza sul punto, tra cui Corte di Cassazione, sez. trib., sent. 1004/2001; Corte di Cassazione, SS.UU., sent. 7388/2007)?