Raffreddore comune

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Raffreddore comune
Capitolo 371 Raffreddore comune ■ 1505
I polipi antrocoanali non rispondono alle misure mediche e
devono essere asportati chirurgicamente. Non associandosi ad altre
malattie sistemiche, i polipi di questo tipo tendono a recidivare
con minore frequenza.
via che il tempo passato in ambito comunitario aumenta, sebbene
l’incidenza di malattia rimanga maggiore nel gruppo che frequenta
l’asilo almeno per i primi 3 anni di vita. Il deficit di lectina legante
il mannosio con compromissione dell’immunità innata può essere
associato a un aumento dei raffreddori nei bambini.
BIBLIOGRAFIA
Per la bibliografia completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com.
Capitolo 371
Raffreddore comune
Ronald B. Turner e Gregory F. Hayden
Il raffreddore comune è una malattia virale, in cui predominano
i sintomi di rinorrea e ostruzione nasale, mentre i sintomi e i segni sistemici come cefalea, mialgie e febbre sono assenti o lievi.
È spesso definito rinite, anche se sarebbe più corretto usare il
termine rinosinusite, dal momento che comporta il coinvolgimento
autolimitante della mucosa sinusale.
EZIOLOGIA
Anche se i patogeni più spesso associati al raffreddore comune sono
i rinovirus (Cap. 255), la sindrome può essere causata da molti
virus diversi (Tab. 371.1). Il ruolo del bocavirus come causa di raffreddore non è certo, in quanto il virus è spesso isolato da pazienti
con contemporanea infezione da altri patogeni riconosciuti.
EPIDEMIOLOGIA
Il raffreddore può insorgere in qualsiasi momento dell’anno, ma la sua
incidenza è maggiore dall’inizio dell’autunno fino a primavera inoltrata, riflettendo la prevalenza stagionale dei patogeni virali associati
ai sintomi del raffreddore. L’incidenza più elevata delle infezioni da
rinovirus si verifica all’inizio dell’autunno (agosto-ottobre) e nella
tarda primavera (aprile-maggio). L’incidenza stagionale dei virus
parainfluenzali (Cap. 251) in genere raggiunge il picco alla fine
dell’autunno e della primavera, ed è maggiore tra dicembre e aprile
per il virus respiratorio sinciziale (Respiratory Syncytial Virus,
RSV; Cap. 252) e i virus influenzali (Cap. 250).
I bambini più piccoli hanno in media 6-8 raffreddori all’anno,
ma il 10-15% dei bambini ha almeno 12 infezioni all’anno. L’incidenza delle malattie si riduce con l’età, arrivando a circa 2-3 episodi all’anno nell’adulto. L’incidenza dell’infezione è principalmente
una funzione dell’esposizione al virus. I bambini che frequentano
l’asilo nido durante il primo anno di vita contraggono il 50% di
raffreddori in più rispetto a quelli che restano a casa. La differenza
di incidenza della malattia in questi gruppi di bambini si riduce via
Tabella 371.1 PATOGENI ASSOCIATI AL RAFFREDDORE COMUNE
ASSOCIAZIONE
Agenti associati
principalmente
al raffreddore
Agenti associati
principalmente
ad altre sindromi
cliniche che causano
anche i sintomi del
raffreddore comune
PATOGENO
Rinovirus
Coronavirus
Frequenti
Occasionali
Virus respiratori sinciziali
Metapneumovirus umano
Virus influenzali
Virus parainfluenzali
Adenovirus
Enterovirus
Bocavirus
Occasionali
Occasionali
Non comuni
Non comuni
Non comuni
Non comuni
Non comuni
*Frequenza relativa dei raffreddori causati dall’agente indicato.
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FREQUENZA RELATIVA*
PATOGENESI
I virus che causano il raffreddore comune si diffondono tramite nebulizzazione di microparticelle, macroparticelle o tramite contatto
diretto. Sebbene sia probabile che i vari patogeni del raffreddore
comune possano diffondersi attraverso uno qualsiasi di questi
meccanismi, alcune vie di trasmissione sembrano essere più efficaci
di altre per particolari virus. Gli studi compiuti sui rinovirus e
sull’RSV suggeriscono che il contatto diretto sia un meccanismo di
trasmissione efficace per questi virus, sebbene la trasmissione possa
anche avvenire tramite aerosol di macroparticelle. Al contrario dei
rinovirus e dell’RSV, i virus influenzali sembrano diffondersi più
efficacemente tramite aerosol di microparticelle.
I virus respiratori hanno sviluppato diversi meccanismi per
sfuggire alle difese dell’ospite. Le infezioni da rinovirus e adenovirus portano allo sviluppo di un’immunità protettiva sierotipospecifica. La ragione per cui si verificano infezioni ripetute da
parte di questi patogeni è l’esistenza di numerosi sierotipi diversi
per ogni virus. I virus influenzali hanno la capacità di mutare gli
antigeni di superficie virale e pertanto si comportano come se
avessero sierotipi virali multipli. L’interazione tra i coronavirus
(Cap.256) e l’immunità dell’ospite non è stata ancora chiarita,
ma sembra che ceppi multipli e distinti di coronavirus siano in
grado di indurre almeno un’immunità protettiva di breve durata.
I virus parainfluenzali e l’RSV hanno ciascuno un piccolo numero
di sierotipi diversi. La reinfezione con questi virus è possibile,
poiché dopo l’infezione l’organismo non sviluppa un’immunità
protettiva a questi patogeni. Sebbene la reinfezione non possa
essere prevenuta dalla risposta adattativa dell’ospite a questi virus,
la gravità degli episodi di malattia successivi risulterà almeno
limitata dall’immunità preesistente.
L’infezione virale dell’epitelio nasale può associarsi a distruzione
del rivestimento epiteliale (virus influenzali e adenovirus) o non
comportare alcun danno istologico evidente (rinovirus ed RSV).
A prescindere dal quadro istopatologico, l’infezione dell’epitelio
nasale si associa a una risposta infiammatoria acuta, caratterizzata
dal rilascio di una varietà di citochine infiammatorie e dall’infiltrazione della mucosa da parte di cellule infiammatorie. Questa
risposta infiammatoria acuta sembra essere responsabile, almeno
in parte, di molti dei sintomi associati al raffreddore comune.
L’infiammazione può ostruire l’ostio sinusale o la tuba di Eustachio, predisponendo alla sinusite batterica o all’otite media.
MANIFESTAZIONI CLINICHE
L’esordio dei sintomi del raffreddore comune avviene tipicamente
da 1 a 3 giorni dopo l’infezione virale. Il primo sintomo è spesso
rappresentato da fastidio o mal di gola, seguito rapidamente da
ostruzione nasale e rinorrea. Il mal di gola di solito si risolve in
fretta e dal secondo al terzo giorno di malattia predominano i
sintomi nasali. La tosse si associa a ∼30% dei raffreddori e inizia
di solito dopo l’esordio dei sintomi nasali. I virus influenzali, l’RSV
e gli adenovirus hanno maggiore probabilità, rispetto ai rinovirus e
ai coronavirus, di associarsi a febbre e ad altri sintomi sistemici.
Il raffreddore comune dura circa una settimana, sebbene nel 10%
dei casi si prolunghi, talvolta fino a due settimane.
I reperti obiettivi del raffreddore comune sono limitati al tratto
respiratorio superiore. Di solito si riscontra un evidente aumento
delle secrezioni nasali; variazioni di colore o consistenza delle secrezioni sono comuni durante il decorso della malattia e non sono
indicative di sinusite o di sovrainfezione batterica. L’esame delle
cavità nasali può rivelare turbinati edematosi ed eritematosi, sebbene questo reperto sia aspecifico e di limitato valore diagnostico.
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1506 ■ Parte XIX Apparato respiratorio
Tabella 371.2 CONDIZIONI CHE POSSONO SIMULARE IL RAFFREDDORE
COMUNE
CONDIZIONE
Rinite allergica
Corpo estraneo
Sinusite
Infezione da streptococco
Pertosse
Sifilide congenita
CARATTERISTICHE DISTINTIVE
Prurito e starnuti evidenti
Eosinofili nasali
Secrezioni monolaterali maleodoranti
Secrezioni nasali ematiche
Presenza di febbre, cefalea o algie
facciali, oppure edema periorbitario,
persistenza di rinorrea o tosse per
>14 giorni
Secrezioni nasali mucopurulente che
causano escoriazioni alle narici
Esordio di tosse persistente o grave
Rinorrea persistente che insorge nei
primi 3 mesi di vita
DIAGNOSI
Il compito più importante del medico che si occupa di un paziente
con il raffreddore consiste nell’escludere altre condizioni potenzialmente più gravi o trattabili. La diagnosi differenziale comprende malattie non infettive, così come altre infezioni del tratto
respiratorio superiore (Tab. 371.2).
REPERTI DI LABORATORIO
Le indagini di laboratorio di routine non sono utili per la diagnosi
e il trattamento del raffreddore comune. Lo striscio nasale per la
ricerca degli eosinofili può essere utile nel caso di sospetto di una
rinite allergica (Cap. 137). La predominanza di polimorfonucleati
nelle secrezioni nasali è caratteristica dei raffreddori non complicati
e non indica una sovrainfezione batterica.
I patogeni virali associati al raffreddore comune sono rilevabili
tramite reazione a catena della polimerasi (Polymerase Chain Reaction, PCR), coltura, ricerca degli antigeni o metodiche sierologiche. Questi esami non sono generalmente indicati nei pazienti
con il raffreddore, in quanto una diagnosi eziologica specifica
è utile solo quando si contempla un trattamento con un agente
antivirale. Le colture batteriche o la ricerca degli antigeni sono utili
solo nel caso di sospetto di infezioni da streptococco di gruppo A
(Cap. 176) o da Bordetella pertussis (Cap. 189) oppure di difterite
nasale (Cap. 180). L’isolamento di altri patogeni batterici non è né
un’indicazione di infezione nasale batterica, né un fattore predittivo
specifico dell’agente eziologico della sinusite.
TRATTAMENTO
Il trattamento del raffreddore comune consiste principalmente in
misure sintomatiche.
Trattamento antivirale
Non è disponibile una terapia antivirale specifica per le infezioni da
rinovirus. La ribavirina, che è stata approvata per le infezioni
da RSV, non ha alcuna efficacia nel trattamento del raffreddore
comune. Gli inibitori delle neuraminidasi, oseltamivir e zanamivir,
hanno un effetto modesto sulla durata dei sintomi associati alle
infezioni da virus influenzali nei bambini. L’oseltamivir riduce anche la frequenza di otite media associata a influenza. La
difficoltà di distinguere i virus influenzali dagli altri patogeni
del raffreddore comune e la necessità che la terapia sia iniziata
precocemente nel corso della malattia (entro 48 ore dall’esordio
dei sintomi) per essere efficace, sono limiti pratici all’uso di questi
agenti nelle infezioni lievi del tratto respiratorio superiore. La
terapia antibatterica non è di alcun beneficio nel trattamento del
raffreddore comune.
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Trattamento sintomatico
L’uso di terapie sintomatiche nei pazienti pediatrici è controverso;
sebbene alcuni di questi farmaci siano efficaci nell’adulto, mancano studi che dimostrino un effetto significativo nei bambini.
Dal momento che i pazienti più piccoli non possono collaborare
alla valutazione della gravità dei sintomi, in questi casi gli studi
sul trattamento si sono generalmente basati sulle osservazioni
dei genitori o di altre persone, un metodo che probabilmente è
poco sensibile per il riscontro degli effetti del trattamento. L’uso
di terapie sintomatiche con farmaci da banco orali (che spesso
contengono antistaminici, antitussivi e decongestionanti) in età
pediatrica può basarsi solo sul presupposto che gli effetti di questi
trattamenti siano simili negli adulti e nei bambini. A causa della
mancanza di evidenze dirette a sostegno della loro efficacia e dei
potenziali effetti collaterali indesiderati, l’FDA raccomanda di non
usare i prodotti da banco per la tosse e per il raffreddore nei bambini di età <2 anni. Ulteriori studi hanno dimostrato che tali prodotti sono inefficaci nel trattamento dei sintomi in bambini di età
<6 anni. La decisione di somministrare o meno questi farmaci ai
bambini più grandi deve essere valutata tenendo conto dei benefici
clinici e dei potenziali effetti avversi. I sintomi prevalenti o più fastidiosi del raffreddore variano nel corso della malattia e, pertanto,
se si decide di instaurare un trattamento sintomatico, è ragionevole
mirare ai sintomi che arrecano maggiore disturbo. Se si consiglia
un trattamento sintomatico, ci si deve assicurare che chi si occupa
del bambino capisca quale effetto si vuole ottenere e sia in grado
di valutare il corretto dosaggio dei farmaci.
FEBBRE La febbre di solito non si associa al raffreddore comune
non complicato e il trattamento antipiretico non è generalmente
indicato.
OSTRUZIONE NASALE Come decongestionanti nasali si possono
somministrare agenti adrenergici orali o topici. Agenti adrenergici
locali efficaci, quali la xilometazolina, l’oximetazolina o la fenilefrina, sono in commercio sotto forma di gocce o spray nasali.
Questi farmaci sono disponibili anche in formulazioni a basso
dosaggio specifiche per l’uso pediatrico, sebbene non ne sia stato
approvato l’utilizzo nei bambini di età <2 anni. L’assorbimento
sistemico delle imidazoline (oximetazolina e xilometazolina) è
stato associato molto raramente a bradicardia, ipotensione e
coma. L’uso prolungato di agenti adrenergici topici dovrebbe
essere evitato per prevenire lo sviluppo di una rinite da farmaci,
un apparente effetto rebound che dà una sensazione di ostruzione
nasale quando si sospende il farmaco. Gli agenti adrenergici
orali sono meno efficaci delle preparazioni topiche e talvolta si
associano a effetti sistemici, quali stimolazione del sistema nervoso centrale, ipertensione e palpitazioni. Le gocce di soluzione
fisiologica per il naso (lavaggio, irrigazione) possono migliorare
i sintomi.
RINORREA Gli antistaminici di prima generazione riducono la rinorrea del 25-30%. L’effetto degli antistaminici sulla rinorrea sembra essere legato alle proprietà anticolinergiche di questi farmaci,
piuttosto che a quelle antistaminiche, pertanto gli antistaminici di
seconda generazione, o “non sedativi”, non hanno alcun effetto sui
sintomi del raffreddore comune. Il principale effetto indesiderato
associato all’uso degli antistaminici è la sedazione, che tuttavia
parrebbe meno fastidiosa nei bambini rispetto agli adulti.
La rinorrea può essere trattata anche con ipratropio bromuro,
un agente anticolinergico topico che produce un effetto simile
a quello degli antistaminici, ma non è associato a sedazione. I
principali effetti collaterali dell’ipratropio sono l’irritazione e il
sanguinamento nasali.
MAL DI GOLA Benché il mal di gola associato a raffreddore in
genere non sia intenso, il trattamento con analgesici blandi è
occasionalmente indicato, in particolare se il paziente accusa
anche mialgie o cefalea. L’uso di paracetamolo durante l’infezione da rinovirus è stato associato alla soppressione della riposta
anticorpale neutralizzante, ma questa osservazione sembra non
avere alcuna importanza clinica. L’acido acetilsalicilico non dovrebbe essere somministrato ai bambini con infezioni respiratorie,
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Capitolo 372 Sinusite ■ 1507
per il rischio che si sviluppi una sindrome di Reye in quelli con
influenza (Cap. 591).
TOSSE La soppressione della tosse non è generalmente necessaria
nei pazienti con raffreddore. In alcuni casi, la tosse sembra essere
dovuta all’irritazione del tratto respiratorio superiore associata
allo scolo postnasale ed è quindi più accentuata nel periodo in
cui predominano i sintomi nasali, durante il quale può essere
utile somministrare antistaminici di prima generazione. Gocce
per la tosse contenenti zucchero o miele come emolliente possono
dare un sollievo temporaneo. In altri pazienti, la tosse può essere
dovuta a un’iperreattività delle vie aeree indotta dal virus; se la
tosse persiste per giorni o settimane, dopo la malattia acuta,
la terapia con broncodilatatori può essere benefica. La codeina e il
destrometorfano idrobromuro non hanno alcun effetto contro la
tosse da raffreddore. Neppure espettoranti come la guaifenesina
sono agenti antitussivi efficaci. La combinazione di oli di canfora,
mentolo ed eucalipto può alleviare la tosse notturna.
Trattamenti inefficaci
La vitamina C, la guaifenesina e l’inalazione di aria calda e umida
non si sono dimostrate più efficaci del placebo nel trattamento dei
sintomi del raffreddore.
Lo zinco, somministrato oralmente sotto forma di compresse,
è stato valutato in diversi studi come trattamento sintomatico del
raffreddore comune. Lo zinco inibisce la funzione della rinovirus
proteasi 3C, un enzima essenziale per la replicazione dei rinovirus,
ma non vi sono evidenze di un suo effetto antivirale in vivo. Per
quanto riguarda la sua efficacia contro i sintomi, i risultati ottenuti sono stati contraddittori: alcuni studi hanno riportato effetti
eclatanti del trattamento (negli adulti), mentre altri non hanno
riscontrato alcun beneficio. È difficile trarre conclusioni da questi
dati divergenti, ma sembra comunque poco probabile che lo zinco
abbia un significativo impatto clinico sui sintomi del raffreddore
comune nei bambini.
L’echinacea è un trattamento erboristico diffuso per il raffreddore comune. Sebbene gli estratti di echinacea abbiano dimostrato un
effetto biologico, questa pianta non è efficace come trattamento del
raffreddore comune. Anche la mancanza di standardizzazione dei
prodotti in commercio contenenti echinacea rappresenta un grosso
ostacolo alla valutazione razionale o all’uso di questa terapia.
COMPLICANZE
La complicanza più comune è l’otite media (Cap. 632), che è stata
riportata nel 5-30% dei bambini con raffreddore, con l’incidenza
più elevata in quelli che frequentano l’asilo nido. Il trattamento
sintomatico non ha alcun effetto sullo sviluppo dell’otite media,
ma la terapia con oseltamivir può ridurre l’incidenza di questa
complicanza nei pazienti con influenza.
Un’altra complicanza è la sinusite (Cap. 372); un’infiammazione
autolimitante dei seni fa parte della fisiopatologia del raffreddore
comune, ma lo 0,5-2% delle infezioni virali delle vie aeree superiori
negli adulti e il 5-13% nei bambini si complica con una sinusite
batterica acuta. Distinguere i sintomi del raffreddore da quelli
della sinusite batterica può essere difficile. Si dovrebbe prendere in
considerazione la diagnosi di sinusite batterica quando la rinorrea
o la tosse diurna persistono senza miglioramenti per almeno 10-14
giorni o si sviluppano segni di un coinvolgimento più grave dei seni,
come febbre, algie facciali o edema facciale. Non vi sono evidenze
che il trattamento sintomatico del raffreddore comune incida sulla
frequenza di sviluppo della sinusite batterica.
L’esacerbazione dell’asma è una complicanza relativamente
rara, ma potenzialmente grave, del raffreddore. La maggior parte
delle esacerbazioni asmatiche nei bambini si associa al raffreddore
comune. Non vi sono evidenze che il trattamento sintomatico del
raffreddore prevenga questa complicanza.
Sebbene non sia una complicanza, un’altra importante conseguenza del raffreddore comune è l’uso inappropriato degli
antibiotici per queste malattie, che favorisce lo sviluppo di ceppi
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batterici respiratori resistenti. Nel 1998, negli Stati Uniti si è stimato che vi furono 25 milioni di visite ambulatoriali dal medico
di base per raffreddore comune, con il 30% di queste risultato in
un’inappropriata prescrizione di antibiotici.
PREVENZIONE
Non sono generalmente disponibili una chemioprofilassi o un’immunoprofilassi per il raffreddore comune. La vaccinazione o la
chemioprofilassi contro l’influenza possono prevenire il raffreddore
causato da questo patogeno; l’influenza è responsabile solo di una
piccola percentuale di tutti i casi di raffreddore. Vitamina C ed
echinacea non hanno alcuna efficacia preventiva.
La trasmissione dei rinovirus mediante contaminazione delle
mani, seguita da autoinoculazione, in teoria può essere bloccata
da agenti virucidi. Nel contesto sperimentale, i tessuti virucidi
evitano la contaminazione delle mani con il virus mentre ci si soffia
il naso e gli igienizzanti per le mani possono rimuovere dalle mani
i virus infettivi. Tuttavia, in condizioni naturali nessuno di questi
interventi evita l’insorgenza del raffreddore comune. In genere
si consiglia di lavarsi le mani per evitare di contrarre il raffreddore,
ma non sono disponibili dati convincenti in merito all’efficacia di
questa raccomandazione.
BIBLIOGRAFIA
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Capitolo 372
Sinusite
Diane E. Pappas e J. Owen Hendley
La sinusite è una malattia comune nell’infanzia e nell’adolescenza,
caratterizzata da una significativa morbilità acuta e cronica, oltre
che da complicanze potenzialmente gravi. Esistono due tipi di
sinusite acuta: virale e batterica. Il raffreddore comune provoca
una rinosinusite virale autolimitante (Cap. 371). Lo 0,5-2% circa
delle infezioni virali delle vie aeree superiori nei bambini e negli
adolescenti si complica con una sinusite acuta batterica. Alcuni
bambini portatori di condizioni predisponenti hanno una sinusite
cronica che non sembra essere di origine infettiva. Le modalità
per una diagnosi corretta e il trattamento ottimale della sinusite
restano controversi.
Alla nascita sono presenti sia i seni etmoidali sia i seni mascellari , ma solo i primi sono pneumatizzati ( Fig. 372.1 ); i
seni mascellari non sono pneumatizzati fino all’età di 4 anni. I seni
sfenoidali sono presenti dall’età di 5 anni, mentre quelli frontali
iniziano a svilupparsi all’età di 7-8 anni e non sono completi fino
all’adolescenza. Gli osti che drenano i seni sono stretti (1-3 mm) e
drenano nel complesso ostiomeatale, nel meato medio. Di norma i
seni paranasali sono sterili, mantenuti tali dal sistema di clearance
mucociliare.
EZIOLOGIA
I batteri patogeni che causano sinusite acuta nei bambini e negli
adolescenti comprendono Streptococcus pneumoniae (∼30%;
Cap. 176), Haemophilus influenzae non tipizzabile (∼20%; Cap.
186) e Moraxella catarrhalis (∼20%; Cap. 188). Circa il 50% degli
H. influenzae e il 100% delle M. catarrhalis sono ␤-lattamasi
positivi. Circa il 25% degli S. pneumoniae può essere penicillinoresistente. Staphylococcus aureus, gli altri streptococchi e gli anaerobi
sono cause non comuni di sinusite batterica acuta nei bambini. Benché
Staphylococcus aureus sia un patogeno raro per la sinusite acuta
nei bambini, la crescente prevalenza di Staphylococcus aureus
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1508 ■ Parte XIX Apparato respiratorio
E
E
C
M
M
Figura 372.1 TC coronale di un bambino normale di 3 anni. Le frecce indicano il meato
medio. E, seni etmoidali; M, seni mascellari. (Da Isaacson G: Sinusitis in childhood, Pediatr
Clin North Am 43:1297–1317, 1996.)
meticillino-resistente (Methicillin-Resistant Staphylococcus Aureus,
MRSA) desta grande preoccupazione. H. influenzae, gli streptococchi
␣- e ␤-emolitici, M. catarrhalis, S. pneumoniae e gli stafilococchi coagulasi-negativi sono di comune riscontro nei bambini con
sinusite cronica.
EPIDEMIOLOGIA
La sinusite batterica acuta può insorgere a qualunque età. Le
condizioni predisponenti comprendono le infezioni virali delle
vie respiratorie superiori (associate alla frequenza agli asili o alla
presenza di fratelli in età scolare), la rinite allergica e l’esposizione
al fumo di sigaretta. I bambini con difetti del sistema immunitario,
relativi in particolare alla produzione di anticorpi (immunoglobuline G [IgG], sottoclassi di IgG e IgA) (Cap. 118), fibrosi cistica
(Cap. 395), disfunzione ciliare (Cap. 396), anomalie della funzione
fagocitica, reflusso gastroesofageo, difetti anatomici (palatoschisi),
polipi nasali, abuso di cocaina e corpi estranei nasali (compresi
i sondini nasogastrici) possono sviluppare una sinusite cronica.
L’immunosoppressione per il trapianto di midollo osseo o per un
tumore, con neutropenia e linfopenia accentuate, predispone a
gravi sinusiti fungine (Aspergillus, Mucor), spesso con estensione
endocranica. I pazienti con intubazione nasotracheale o sondini
nasogastrici possono andare incontro a ostruzione dell’ostio dei
seni e sviluppare sinusiti dovute agli organismi multiresistenti delle
unità di terapia intensiva (Intensive Care Unit, ICU).
PATOGENESI
La sinusite batterica acuta tipicamente insorge in seguito a un’infezione virale delle vie respiratorie superiori, che inizialmente
provoca una rinosinusite virale; la valutazione dei seni paranasali
con RM rivela notevoli anomalie dei seni paranasali (ispessimento
della mucosa, edema, infiammazione) nel 68% dei bambini sani,
durante il normale decorso del raffreddore comune. È stato dimostrato che l’azione di soffiarsi il naso produce una forza sufficiente
a spingere le secrezioni nasali nelle cavità sinusali. Di norma i
batteri del nasofaringe che entrano nei seni vengono eliminati
rapidamente, ma durante una rinosinusite virale l’infiammazione
e l’edema possono bloccare il drenaggio dei seni e alterare la clearance mucociliare dei batteri: si vengono così a creare condizioni
favorevoli alla proliferazione batterica.
MANIFESTAZIONI CLINICHE
I bambini e gli adolescenti con sinusite possono presentare sintomi
aspecifici, tra cui congestione nasale, secrezioni nasali purulente
(mono- o bilaterali), febbre e tosse. Altri sintomi meno comuni
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Figura 372.2 Sinusite mascellare acuta sinistra con un livello idroaereo. Si noti la conca
bullosa (C). (Da Isaacson G: Sinusitis in childhood, Pediatr Clin North Am 43:1297–1317,
1996.)
comprendono alitosi, riduzione dell’olfatto (iposmia) ed edema periorbitario. È raro che i bambini lamentino cefalea o dolore facciale.
Ulteriori sintomi comprendono fastidio ai denti dell’arcata mascellare e dolore o senso di peso che si esacerbano quando il soggetto
si piega in avanti. L’esame obiettivo può rivelare eritema ed edema
della mucosa nasale, con secrezioni purulente. Negli adolescenti e
negli adulti può essere rilevabile dolorabilità dei seni. La transilluminazione rivela un seno opaco che trasmette male la luce.
DIAGNOSI
La diagnosi clinica della sinusite batterica acuta si basa sull’anamnesi. Sintomi persistenti di infezione delle vie aeree superiori, tra
cui la presenza di secrezioni nasali e tosse per >10-14 giorni senza
miglioramento, o sintomi respiratori gravi, tra cui una temperatura
di almeno 39 °C e secrezioni nasali purulente per 3-4 giorni consecutivi, sono suggestivi di sinusite batterica acuta insorta come
complicanza. Nel 70% dei bambini studiati, con questi sintomi
gravi o persistenti, si riscontrano batteri nell’aspirato del seno
mascellare. I bambini con sinusite cronica hanno un’anamnesi di
sintomi respiratori persistenti, tra cui tosse, secrezione o congestione nasale, che durano da >90 giorni.
La coltura dell’aspirato sinusale è l’unico metodo accurato
per la diagnosi; non è di uso comune nei pazienti immunocompetenti, in quanto poco pratico, ma può rendersi necessario nei
pazienti immunosoppressi con sospetta sinusite fungina. Negli
adulti, l’endoscopia nasale con strumento rigido è una metodica
meno invasiva che permette di prelevare dai seni materiale per
l’esame colturale, ma che, rispetto all’aspirato, rileva un eccesso
di colture positive. Con la transilluminazione delle cavità sinusali
è possibile rilevare la presenza di liquido, ma non stabilire se sia
di origine batterica o virale. Nei bambini, la transilluminazione è
difficile da effettuare e inaffidabile. I reperti degli studi radiologici
(radiografia semplice dei seni, TC), che comprendono l’opacizzazione, l’ispessimento della mucosa o la presenza di un livello
idroaereo, non sono completamente diagnostici ( Fig. 372.2 );
possono confermare la presenza di infiammazione sinusale, ma
non sono utilizzabili per stabilire se l’infiammazione è dovuta a
cause virali, batteriche o allergiche.
A causa del quadro clinico aspecifico, la diagnosi differenziale
comprende le infezioni delle vie aeree superiori, la rinite allergica,
la rinite non allergica e i corpi estranei nasali. Le infezioni virali
delle vie aeree superiori sono caratterizzate da secrezioni chiare e
in genere non purulente, tosse e febbre iniziale; di solito i sintomi
non durano più di 10-14 giorni, sebbene alcuni bambini (10%)
presentino sintomi persistenti anche a distanza di 14 giorni. La
rinite allergica può essere stagionale; la valutazione delle secrezioni
nasali deve rivelare un’eosinofilia significativa.
10/1/12 3:11:44 PM
Capitolo 372 Sinusite ■ 1509
TRATTAMENTO
Non è chiaro se il trattamento antimicrobico della sinusite batterica acuta, diagnosticata clinicamente, offra un beneficio effettivo.
Da uno studio randomizzato, controllato con placebo, che ha
posto a confronto amoxicillina, amoxicillina clavulanato e placebo
somministrati per 14 giorni a bambini con sinusite diagnosticata
clinicamente, è emerso che la terapia antimicrobica non incideva
sulla risoluzione dei sintomi, sulla loro durata o sul numero di
giorni di assenza scolastica. Le linee guida dall’American Academy of Pediatrics raccomandano il trattamento antimicrobico
nella sinusite batterica acuta per promuovere la risoluzione dei
sintomi ed evitare le complicanze suppurative, sebbene il 50-60%
dei bambini con sinusite batterica acuta guarisca senza terapia
antimicrobica.
La terapia iniziale con amoxicillina (45 mg/kg/die) è adeguata
per la maggior parte dei bambini con sinusite batterica acuta non
complicata. I trattamenti alternativi per i pazienti allergici alle
penicilline comprendono il trimetoprim-sulfametoxazolo, la cefuroxima, la cefpodoxima, la claritromicina o l’azitromicina. Per i
bambini a rischio di avere specie batteriche resistenti (trattamento
antibiotico nei precedenti 1-3 mesi, frequentazione di un asilo o
età <2 anni) e per quelli che non rispondono a una terapia iniziale
con amoxicillina entro 72 ore, occorre iniziare un trattamento con
amoxicillina clavulanato a dosi elevate (80-90 mg/kg/die di amoxicillina). In alternativa, si può somministrare azitromicina (o, nei
bambini più grandi, levofloxacina). Se il paziente non risponde
a questo schema terapeutico si richiede la consulenza di un otorinolaringoiatra per un’ulteriore valutazione, poiché potrebbe
essere necessaria l’aspirazione del seno mascellare per un esame
colturale con antibiogramma. Ancora non è stata stabilita la giusta
durata della terapia per la sinusite; si consiglia di individualizzare
il trattamento e di interromperlo solo 7 giorni dopo la risoluzione
dei sintomi.
La sinusite frontale, che può peggiorare rapidamente dando
luogo a gravi complicanze endocraniche, richiede la tempestiva
prescrizione di una terapia parenterale con ceftriaxone, da somministrare finché non si ottiene un miglioramento clinico sostanziale
(Figg. 372.3 e 372.4). Il trattamento è quindi completato con un
antibiotico per via orale. L’uso di decongestionanti, antistaminici,
mucolitici e corticosteroidi intranasali non è stato adeguatamente
studiato nei bambini e non è raccomandato per il trattamento
della sinusite batterica acuta non complicata. Analogamente, il
lavaggio nasale con soluzione fisiologica e gli spray nasali possono fluidificare le secrezioni e agiscono da blandi vasocostrittori,
ma i loro effetti non sono stati valutati sistematicamente nei
bambini.
Figura 372.3 TC assiale con mezzo di contrasto di un bambino di 11 anni con un
ascesso sottoperiostale frontale secondario a una sinusite frontale acuta. La TC dimostra
una zona ad anello a densità liquida sulla linea mediana, al di sopra dell’osso frontale.
(Da Parikh SR, Brown SM: Image-guided frontal sinus surgery in children, Operative Tech
Otolaryngol Head Neck Surg 15:37–41, 2004.)
COMPLICANZE
A causa della stretta prossimità dei seni paranasali con il cervello
e gli occhi, da una sinusite acuta batterica possono svilupparsi e
progredire rapidamente gravi complicanze a livello orbitario e/o
endocranico. Le complicanze a carico dell’orbita, tra cui la cellulite
periorbitaria e la cellulite orbitaria (Cap. 626), sono perlopiù
secondarie all’etmoidite batterica acuta. L’infezione può diffondersi
direttamente attraverso la lamina papiracea, il sottile osso che forma la parete laterale del seno etmoidale. La cellulite periorbitaria
provoca eritema ed edema dei tessuti circostanti il bulbo oculare,
mentre la cellulite orbitaria coinvolge le strutture intraorbitarie
provocando proptosi, chemosi, diminuzione dell’acuità visiva,
diplopia, alterazione dei movimenti extraoculari e dolore oculare.
La valutazione deve comprendere la TC delle orbite e dei seni, con
consulenza oculistica e otorinolaringoiatrica. Bisogna iniziare un
trattamento con antibiotici per via endovenosa. La cellulite orbitaria può richiedere il drenaggio chirurgico dei seni etmoidali.
Le complicanze endocraniche possono comprendere ascessi epidurali, meningite, trombosi del seno cavernoso, empiema subdurale
e ascesso cerebrale (Cap. 595). I bambini con alterazioni dello stato
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Figura 372.4 TC assiale con mezzo di contrasto eseguita, previa sedazione, in una
bambina di 11 anni con ascesso del lobo sottofrontale secondario a una sinusite frontale.
La TC rivela una cavità piena di liquido di forma ellittica, adiacente al lobo frontale,
con uno spostamento in senso controlaterale della linea mediana. (Da Parikh SR, Brown
SM: Image-guided frontal sinus surgery in children, Operative Tech Otolaryngol Head Neck
Surg 15:37–41, 2004.)
mentale, rigidità nucale o segni di ipertensione endocranica (cefalea,
vomito) richiedono una TC immediata dell’encefalo, delle orbite e
dei seni, per valutare la presenza di complicanze endocraniche di
una sinusite batterica acuta. Il trattamento con antibiotici ad ampio
spettro per via endovenosa (di solito cefotaxima o ceftriaxone
associati a vancomicina) deve essere iniziato immediatamente, in
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1510 ■ Parte XIX Apparato respiratorio
attesa dei risultati delle colture e dell’antibiogramma. Nel 50% degli ascessi è in atto un’infezione polimicrobica. Gli ascessi possono
richiedere il drenaggio chirurgico. Altre complicanze comprendono
l’osteomielite dell’osso frontale (tumore di Pott), caratterizzato
da edema e gonfiore della fronte (si veda Fig. 372.3), e il mucocele, una lesione infiammatoria cronica comunemente localizzata
nei seni frontali, che può espandersi causando lo spostamento
dell’occhio con conseguente diplopia. È abitualmente richiesto il
drenaggio chirurgico.
PREVENZIONE
Il metodo migliore per prevenire la sinusite consiste nel lavarsi
spesso le mani e nell’evitare il contatto con persone raffreddate.
Poiché la sinusite batterica acuta può complicare un’infezione influenzale, la profilassi dell’influenza tramite vaccinazione precoce
può essere utile per prevenire alcuni casi di complicanze sinusitiche.
L’immunizzazione o la chemioprofilassi contro l’influenza con
oseltamivir o zanamivir può essere utile per prevenire i raffreddori
causati da questi patogeni e le complicanze associate; l’influenza è
responsabile solo di una piccola parte di tutti i raffreddori.
BIBLIOGRAFIA
Per la bibliografia completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com.
Capitolo 373
Faringite acuta
Gregory F. Hayden e Ronald B. Turner
Le infezioni del tratto respiratorio superiore sono responsabili
di un’elevata percentuale di visite pediatriche. Il 30% circa di
queste patologie è caratterizzato da mal di gola come sintomo
principale.
EZIOLOGIA
Gli agenti più importanti che causano faringite sono i virus (adenovirus, coronavirus, enterovirus, rinovirus, virus respiratorio
sinciziale [Respiratory Syncytial Virus, RSV], virus di EpsteinBarr [Epstein-Barr Virus, EBV], virus dell’herpes simplex [Herpes
Simplex Virus, HSV], metapneumovirus) e gli streptococchi ␤emolitici di gruppo A (SBEA; Cap. 176). Altri organismi talvolta
associati a faringite comprendono lo streptococco di gruppo C
(soprattutto Streptococcus equisimilis), Arcanobacterium haemolyticum, Francisella tularensis, Mycoplasma pneumoniae,
Neisseria gonorrhoeae, Fusobacterium necrophorum e Corynebacterium diphtheriae. Altri batteri, come Haemophilus influenzae e Streptococcus pneumoniae, possono essere isolati dai
tamponi faringei di bambini con faringite, ma il loro ruolo come
agenti causali non è stato definito. L’infezione primitiva da HIV
si manifesta anch’essa con una faringite e una sindrome simile
alla mononucleosi.
PATOGENESI
La colonizzazione della faringe da parte degli SBEA può risultare
sia nello stato di portatore cronico, sia nell’infezione acuta. La
proteina M è il principale fattore di virulenza dello SBEA e facilita
la resistenza alla fagocitosi da parte dei neutrofili polimorfonucleati. In seguito alla maggior parte delle infezioni si sviluppa
un’immunità tipo-specifica, che fornisce un’immunità protettiva
verso successive infezioni con quel particolare sierotipo M.
La scarlattina è causata da SBEA che producono da una a tre
esotossine eritrogeniche streptococciche (A, B e C) che possono
indurre un fine esantema papulare (Cap. 176). L’esotossina A
sembra essere quella più strettamente associata alla scarlattina.
L’esposizione a ogni esotossina conferisce immunità specifica solo
verso quella tossina e, pertanto, uno stesso soggetto può ammalarsi
di scarlattina fino a tre volte.
Manifestazioni cliniche
L’esordio della faringite streptococcica è spesso rapido, con
importante mal di gola e febbre in assenza di tosse. La cefalea
e i sintomi gastrointestinali (dolore addominale, vomito) sono
comuni. La faringe è arrossata, le tonsille aumentano di volume e
classicamente si rivestono di un essudato giallo, tinto di sangue.
Possono formarsi petecchie o lesioni “a ciambella” sul palato
molle e sulla faringe posteriore, e l’uvula può essere rossa, puntuta ed edematosa. I linfonodi cervicali anteriori sono aumentati
di volume e dolenti alla palpazione. Il periodo di incubazione è di
2-5 giorni. Alcuni pazienti presentano anche i segni della scarlattina: pallore periorale, lingua a fragola e un esantema finemente
papulare che alla palpazione ha una consistenza simile alla carta
vetrata e nell’aspetto ricorda un’ustione solare come “a pelle
d’oca” (Cap. 176).
L’esordio della faringite virale può essere più graduale; i sintomi
più frequenti comprendono rinorrea, tosse e diarrea. Un’eziologia
virale è suggerita dalla presenza di congiuntivite, coriza, raucedine
e tosse. La faringite da adenovirus può manifestarsi con congiuntivite e febbre (febbre faringocongiuntivale; Cap. 254). La faringite
da coxsackievirus può causare la comparsa di piccole (1-2 mm)
vescicole grigiastre e ulcere circolari a margini netti nella faringe
posteriore (herpangina), o noduletti (3-6 mm) bianco-giallastri
nella faringe posteriore (faringite acuta linfonodulare; Cap. 242).
Nella faringite da EBV si può riscontrare un notevole aumento di
volume delle tonsille con presenza di essudato, linfoadenite cervicale, epatosplenomegalia, esantema e astenia generalizzata, che
configurano una sindrome mononucleosica infettiva (Cap. 246).
L’infezione primaria da HSV nei bambini più piccoli si manifesta
spesso con febbre elevata e gengivostomatite, ma può anche essere
presente faringite (Cap. 244).
Le malattie attribuite allo streptococco di gruppo C e ad A.
haemolyticum sono generalmente simili a quelle causate dagli
SBEA. Le infezioni da A. haemolyticum sono talvolta accompagnate da un esantema maculopapulare eritematoso desquamante.
L’infezione faringea da gonococco è in genere asintomatica, ma
può causare faringite acuta con febbre e linfoadenite cervicale. La
sindrome di Lemierre è una seria complicanza della faringite da F.
necrophorum ed è caratterizzata da tromboflebite settica delle vene
giugulari interne con embolia polmonare settica, che determina
ipossia e infiltrati polmonari (Capp. 374 e 375).
EPIDEMIOLOGIA
Le infezioni virali delle vie aeree superiori si diffondono per contatto ravvicinato e si verificano più comunemente in autunno,
inverno e primavera. La faringite streptococcica è relativamente
rara prima dei 2-3 anni di età, ha un picco di incidenza nei primi
anni di scuola e declina nella tarda adolescenza e in età adulta. La
malattia insorge perlopiù in inverno e in primavera, diffondendosi
tra fratelli e compagni di scuola. La faringite da streptococco di
gruppo C e da Arcanobacterium haemolyticum colpisce molto
comunemente adolescenti e adulti.
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DIAGNOSI
Le presentazioni cliniche delle faringiti streptococciche e virali
sono ampiamente sovrapponibili. I medici che si basano esclusivamente sul giudizio clinico spesso sopravvalutano la probabilità
di un’eziologia streptococcica; pertanto, l’esame di laboratorio è
utile per identificare i bambini che hanno maggiori probabilità di
trarre beneficio da una terapia antibiotica. La coltura del tampone
faringeo resta un gold standard imperfetto per la diagnosi di
faringite streptococcica. Possono verificarsi colture falsamente
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Capitolo 373 Faringite acuta ■ 1511
positive, se altri microrganismi vengono erroneamente identificati
come SBEA, e i bambini portatori dello streptococco possono
anch’essi avere colture positive. I falsi negativi sono attribuibili a
svariate cause, tra cui un tampone effettuato in modo non corretto
e l’uso surrettizio di antibiotici da parte del paziente. La specificità dei test rapidi per rilevare l’antigene dello streptococco di
gruppo A è elevata; pertanto, se un test rapido risulta positivo, il
tampone faringeo è inutile e si consiglia di iniziare il trattamento
appropriato. Poiché i test rapidi in genere sono meno sensibili,
si raccomanda di confermare un test rapido negativo con un
tampone faringeo, in particolare se vi è un elevato sospetto clinico
di SBEA. Per rilevare A. haemolyticum sono necessari terreni di
coltura speciali e un tempo di incubazione prolungato. Le colture
virali spesso non sono disponibili e in genere sono troppo costose
e lente per poter essere utili clinicamente. La reazione a catena
della polimerasi (PCR) virale è più rapida e può essere utile,
pur non essendo sempre necessaria. Un emocromo (Complete
Blood Cell, CBC) che dimostri numerosi linfociti atipici e un
test di agglutinazione su vetrino (“spot test”) positivo possono
aiutare a confermare la diagnosi clinica di mononucleosi infettiva
da EBV.
TRATTAMENTO
La maggior parte degli episodi di faringite streptococcica non
trattata si risolve senza sequele in pochi giorni, ma una terapia
antibiotica precoce accelera la guarigione clinica di 12-24 ore. Il
beneficio principale del trattamento è la prevenzione della febbre
reumatica acuta: è quasi sempre efficace se la terapia antibiotica
è iniziata nei primi 9 giorni di malattia. La terapia antibiotica dovrebbe essere iniziata immediatamente, senza esami colturali, nei
bambini con faringite sintomatica e un test rapido per gli antigeni
streptococcici positivo, diagnosi clinica di scarlattina, un familiare
con faringite streptococcica documentata, anamnesi di pregressa
febbre reumatica acuta o un familiare con un episodio recente di febbre
reumatica acuta.
Diversi agenti antimicrobici possono essere efficaci. Gli SBEA
restano universalmente sensibili alla penicillina, che ha uno spettro
ridotto e pochi effetti collaterali. La penicillina V, poco costosa
negli Stati Uniti, viene somministrata due o tre volte al giorno per
10 giorni: 250 mg/dose nei bambini di peso <27 kg e 500 mg/dose
nei bambini di peso superiore e negli adulti. Ai bambini è spesso
preferibile somministrare l’amoxicillina per via orale, disponibile
negli Stati Uniti in compresse masticabili dal sapore gradevole,
da assumere una volta al giorno (dose fissa di 750 mg oppure
50 mg/kg, massimo 1 g) per 10 giorni. Una singola dose intramuscolare di benzatinpenicillina (600.000 U per i bambini di peso
<27 kg; 1,2 milioni di U per i bambini di peso superiore e per gli
adulti) o una combinazione di benzatinprocaina e penicillina G è
dolorosa, ma garantisce la compliance e adeguati livelli ematici per
più di 10 giorni. Per i pazienti allergici alla penicillina, le opzioni
di trattamento comprendono
• Eritromicina: eritromicina etilsuccinato 40 mg/kg/die divisi in
due, tre o quattro somministrazioni, per via orale, per 10 giorni;
o eritromicina estolato 20-40 mg/kg/die divisi in due, tre o quattro somministrazioni, per via orale, per 10 giorni; dose massima
per entrambi i farmaci 1 g/die
• Azitromicina: 12 mg/kg una volta al giorno per 5 giorni, dose
massima giornaliera 500 mg
• Claritromicina: 15 mg/kg/die divisi in due somministrazioni per
10 giorni, dose massima 250 mg per due volte
• Clindamicina: 20 mg/kg/die divisi in 3 dosi per 10 giorni, dose
massima giornaliera 1,8 g
Il sempre maggiore utilizzo di antibiotici macrolidi si accompagna a un aumento della resistenza all’eritromicina negli streptococchi di gruppo A. Le cefalosporine a spettro ridotto (cefalexina o
cefadroxil) costituiscono un’altra opzione di trattamento, purché
la reazione precedente del paziente alla penicillina non sia stata
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una reazione immediata di ipersensibilità di tipo I. In base alla percentuale di colture che permangono positive per lo SBEA dopo la
terapia, le cefalosporine sembrano essere altrettanto efficaci, se non
migliori, della penicillina, forse poiché questi farmaci si rivelano
più efficaci nell’eliminare lo stato di portatore streptococcico. Le
evidenze disponibili non sono sufficienti per consigliare una terapia
di routine con cefalosporine di durata inferiore.
Non sono necessarie colture di follow-up, a meno che non vi
sia una recidiva dei sintomi. Alcuni pazienti trattati continuano a
ospitare lo SBEA nella faringe e divengono portatori cronici. Lo
stato di portatore comporta generalmente un basso rischio per il
paziente e i suoi familiari, ma può confondere i risultati del test
utilizzato per determinare l’eziologia di episodi successivi di mal
di gola. Lo schema di trattamento più efficace per eradicare lo
stato di portatore di streptococco è con clindamicina 20 mg/ kg/
die divisi in 3 dosi (dosaggio per gli adulti: 150-450 mg divisi in
tre o quattro somministrazioni; dose massima 1,8 g/die), per via
orale, per 10 giorni.
Per la maggior parte delle faringiti virali non è disponibile una
terapia specifica. Sulla base dei dati sulla sensibilità in vitro, spesso
si consiglia la somministrazione orale di penicillina nei pazienti in
cui viene isolato uno streptococco di gruppo C e di eritromicina
nei pazienti con A. haemolyticum, anche se il beneficio clinico di
questo trattamento è incerto.
La terapia sintomatica, aspecifica, può essere una componente
importante del piano complessivo di trattamento. Un antipiretico/
analgesico per via orale (paracetamolo o ibuprofene) può ridurre
la febbre e il mal di gola. Spesso i gargarismi con acqua tiepida e
sale alleviano il fastidio, e gli spray e pastiglie anestetici (di solito
a base di benzocaina, fenolo o mentolo) possono dare un beneficio
locale.
FARINGITE RICORRENTE
La faringite streptococcica ricorrente può rappresentare una recidiva con un ceppo identico, se l’anticorpo tipo-specifico non
si è ancora sviluppato. In caso di scarsa compliance alla terapia
antibiotica, si suggerisce la somministrazione intramuscolare di
benzatinpenicillina. Si deve considerare la possibilità di una resistenza se era stato somministrato un trattamento non penicillinico,
come l’eritromicina. Le recidive possono essere causate anche
da ceppi diversi, in conseguenza di nuove esposizioni, o consistere in faringiti da altre cause, associate allo stato di portatore
cronico dello streptococco. Quest’ultima possibilità è probabile
se la malattia è lieve e atipica per una faringite streptococcica.
Se si rileva uno SBEA in colture ripetute alcuni giorni dopo la fine
del trattamento, si consiglia di effettuare la terapia per eradicare
lo stato di portatore. Una faringite prolungata (>1-2 settimane)
suggerisce un disturbo diverso, come la neutropenia o le sindromi
febbrili ricorrenti.
La tonsillectomia riduce l’incidenza di faringite per 1-2 anni nei
bambini con faringite ricorrente, positiva alla coltura per SBEA,
grave e frequente (>7 episodi nell’anno precedente o >5 in ciascuno dei 2 anni precedenti). Tuttavia, anche senza intervento
chirurgico, la maggior parte dei pazienti ha sempre meno episodi
con il passare del tempo; di conseguenza, occorre soppesare il
beneficio clinico atteso tenendo conto dei rischi connessi all’anestesia e alla procedura stessa. Un’anamnesi non documentata di
faringite ricorrente non è motivo sufficiente per consigliare la
tonsillectomia.
COMPLICANZE E PROGNOSI
Le infezioni virali delle vie respiratorie possono predisporre alle
infezioni batteriche dell’orecchio medio. Le complicanze della
faringite streptococcica comprendono fenomeni suppurativi locali,
come l’ascesso parafaringeo, e malattie non suppurative tardive, come
la febbre reumatica acuta (Cap. 176.1) e la glomerulonefrite acuta
postinfettiva (Cap. 505.1).
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1512 ■ Parte XIX Apparato respiratorio
PREVENZIONE
Sono in corso di sviluppo vaccini antistreptococcici polivalenti a
base di peptidi della proteina M. La profilassi antimicrobica con
somministrazione quotidiana di penicillina per via orale previene le
infezioni ricorrenti da SBEA, ma è consigliabile solo per prevenire
le recidive della febbre reumatica acuta (Cap. 176.1).
BIBLIOGRAFIA
Per la bibliografia completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com.
Capitolo 374
Ascesso retrofaringeo, ascesso
laterofaringeo (parafaringeo)
e ascesso/cellulite peritonsillare
Diane E. Pappas e J. Owen Hendley
Il collo contiene linfonodi localizzati in profondità, come quelli
retrofaringei e faringei laterali, che drenano le superfici mucose
delle vie aeree superiori e del tratto digerente. Questi linfonodi occupano lo spazio retrofaringeo (compreso tra la faringe e
le vertebre cervicali ed esteso verso il basso fino al mediastino
superiore) e lo spazio laterofaringeo (confinante con la faringe
medialmente, la tunica carotidea posteriormente e i muscoli del
processo stiloideo lateralmente), che sono interconnessi. I linfonodi
situati in questi spazi profondi del collo comunicano tra loro,
favorendo la diffusione di batteri provenienti da una cellulite o
un ascesso linfonodale. Di solito l’interessamento linfonodale è
conseguenza dell’estensione di un’infezione inizialmente localizzata
nell’orofaringe. L’ascesso retrofaringeo può altresì essere causato
da un trauma penetrante dell’orofaringe, da infezioni dentarie e
dall’osteomielite vertebrale. L’infezione linfonodale può evolvere
in tre stadi: cellulite, flemmone e ascesso. L’infezione a carico degli
spazi retrofaringeo e laterofaringeo richiede una diagnosi precoce,
in quanto può compromettere la pervietà delle vie aeree o dare
luogo a una mediastinite posteriore.
ASCESSO RETROFARINGEO E LATEROFARINGEO
L’ascesso retrofaringeo è più comune nei bambini di età <3-4 anni,
soprattutto in quelli di sesso maschile. Fino al 67% dei pazienti
ha un’anamnesi di infezione recente dell’orecchio, del naso o della
gola. Dal momento che i linfonodi retrofaringei subiscono un’involuzione dopo i 5 anni di età, l’infezione nei bambini più grandi
e negli adulti è molto meno comune.
Le manifestazioni cliniche dell’ascesso retrofaringeo sono aspecifiche e comprendono febbre, irritabilità, riduzione dell’assunzione
orale di cibo e scialorrea. Possono inoltre essere presenti rigidità del
collo, torcicollo e rifiuto di muovere il capo. Il bambino può lamentare mal di gola e dolore al collo. Altri segni possono comprendere
afonia, stridore, distress respiratorio o anche apnea ostruttiva
del sonno. L’esame obiettivo talvolta rivela una protrusione nella
parete faringea posteriore, sebbene questa sia presente in <50% dei
bambini con ascesso retrofaringeo. È inoltre possibile riscontrare
una linfoadenopatia cervicale. L’ascesso laterofaringeo si presenta
comunemente con febbre, disfagia e un’accentuata protrusione
a livello della parete faringea laterale, talora con dislocazione
mediale della tonsilla.
La diagnosi differenziale comprende l’epiglottite acuta e l’aspirazione di un corpo estraneo. Nel bambino più piccolo con ridotta
mobilità del collo bisogna prendere in considerazione anche la
meningite. Altre possibilità comprendono il linfoma, l’ematoma e
l’osteomielite vertebrale.
L’incisione per il drenaggio e l’esame colturale di un linfonodo
ascessualizzato fornisce la diagnosi definitiva, ma la TC può essere
utile per identificare la presenza di un ascesso retrofaringeo, laterofaringeo o parafaringeo (Figg. 374.1 e 374.2). La TC permette
di identificare e localizzare con precisione le infezioni profonde del
collo, mentre l’identificazione degli ascessi è accurata solo nel 63%
dei pazienti. Le radiografie dei tessuti molli del collo, effettuate
in inspirazione con il collo in estensione, possono mostrare un
aumento dell’ampiezza o un livello idroaereo nello spazio retrofaringeo. La TC con mezzo di contrasto può rivelare un’area centrale
lucente, un’area di enhancement ad anello o l’assogliamento della
capsula di un linfonodo. Si ritiene che l’assogliamento della parete
ascessuale sia un reperto tardivo e sia predittivo di formazione di
un ascesso.
Le infezioni retrofaringee e faringee laterali sono perlopiù polimicrobiche; i patogeni abituali comprendono lo streptococco di
gruppo A (Cap. 176), i batteri orofaringei anaerobici (Cap. 205) e
Staphylococcus aureus (Cap. 174.1). Alcuni studi hanno documentato un’aumentata incidenza di streptococchi di gruppo A isolati in
tali ascessi. Altri patogeni sono Haemophilus influenzae, Klebsiella
e Mycobacterium avium intracellulare.
Le opzioni terapeutiche comprendono l’uso di antibiotici per
via endovenosa, con o senza drenaggio chirurgico. Le cefalosporine
di terza generazione combinate con ampicillina-sulbactam o clindamicina, per fornire una copertura sugli anaerobi, sono efficaci.
L’aumento della prevalenza di Staphylococcus aureus meticillinoresistente può influire sulla terapia antibiotica empirica. In base
ad alcuni studi, >50% dei bambini con ascesso retrofaringeo o
laterofaringeo identificati con la TC può essere trattato con successo senza drenaggio chirurgico; quest’ultimo si rende necessario
nei pazienti con distress respiratorio o che non hanno dato segno
di miglioramento dopo un trattamento antibiotico endovena.
La durata ottimale del trattamento non è nota; tipicamente si
somministrano antibiotici per via endovenosa per diversi giorni,
fino a quando il paziente non inizia a migliorare, dopodiché si
prosegue con un ciclo di antibiotici per via orale.
Ascesso
retrofaringeo
A
B
C
Figura 374.1 TC di un ascesso retrofaringeo. A. Immagine TC a livello dell’epiglottide. B. Sezione TC sequenziale che mostra una lesione con area di enhancement ad anello. C. Ulteriore
sezione sequenziale che rivela l’estensione inferiore della lesione. (Da Philpott CM, Selvadurai D, Banerjee AR: Paediatric retropharyngeal abscess, J Laryngol Otol 118:925, 2004.)
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Capitolo 374 Ascesso retrofaringeo, ascesso laterofaringeo (parafaringeo) e ascesso/cellulite peritonsillare ■ 1513
M
A
A
A
Figura 374.2 TC di un ascesso parafaringeo
in un bambino di 3 anni. A. Sezione sagittale che
dimostra un ascesso parafaringeo (A) e un edema
della mucosa (M) nel seno mascellare. B. Sezione
coronale dell’ascesso parafaringeo (A).
B
necrophorum, un batterio anaerobio che fa parte della normale
flora orofaringea. La presentazione tipica è quella di un adolescente
o di un giovane adulto precedentemente sano, con un’anamnesi
di faringite recente, che sviluppa una malattia acuta caratterizzata
da febbre, ipossia, tachipnea e distress respiratorio. La radiografia
del torace dimostra noduli cavitari multipli, spesso bilaterali e
accompagnati da versamento pleurico. L’emocoltura può essere
positiva. Il trattamento consiste nella somministrazione endovenosa prolungata di penicillina o cefoxitina; può essere necessario
il drenaggio chirurgico degli ascessi metastatici extrapolmonari
(Capp. 373 e 375).
A
B
Figura 374.3 TC nella malattia di Lemierre. A. TC che evidenzia l’aspetto nodulare
degli infiltrati polmonari (freccia). B. TC del collo che dimostra la trombosi della vena
giugulare interna destra (freccia). (Da Plymyer MR, Zoccola DC, Tallarita G: An 18 year old
man presenting with sepsis following a recent pharyngeal infection, Arch Pathol Lab Med
128:813, 2004. Riprodotta per gentile concessione di Archives of Pathology and Laboratory
Medicine. Copyright 2004. College of American Pathologists.)
Le complicanze dell’ascesso retrofaringeo e laterofaringeo comprendono un’ostruzione importante delle vie aeree superiori, la
rottura con conseguente polmonite da aspirazione e l’estensione
al mediastino; possono verificarsi anche tromboflebite della vena
giugulare interna ed erosione della tonaca carotidea.
Un’infezione non comune ma caratteristica dello spazio parafaringeo è la malattia di Lemierre, in cui un’infezione proveniente
dall’orofaringe si estende fino a causare una tromboflebite settica
della vena giugulare interna con ascessi polmonari da embolizzazione (Fig. 374.3). Il patogeno responsabile è Fusobacterium
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ASCESSO E/O CELLULITE PERITONSILLARE
L’ascesso e/o la cellulite peritonsillare, relativamente comuni rispetto
alle infezioni profonde del collo, sono causati da un’invasione
batterica attraverso la capsula tonsillare, che porta alla formazione
di cellulite e/o di un ascesso nei tessuti circostanti. Il tipico paziente
con ascesso peritonsillare è un adolescente con un’anamnesi recente
di faringotonsillite acuta. Le manifestazioni cliniche comprendono
mal di gola, febbre, trisma e disfagia. L’esame obiettivo rivela una
massa tonsillare asimmetrica con dislocazione dell’uvula. Una massa
tonsillare asimmetrica è diagnostica, ma la sua visibilità può essere
compromessa dalla presenza del trisma. La TC è utile per identificare l’ascesso. I patogeni più comuni sono gli streptococchi di gruppo
A e gli anaerobi orofaringei misti, con più di quattro isolati batterici
per ascesso, isolati caratteristicamente dall’agoaspirato.
Il trattamento comprende il drenaggio chirurgico e un’antibioticoterapia efficace contro gli streptococchi di gruppo A e gli
anaerobi. Il drenaggio chirurgico può essere effettuato tramite
agoaspirazione, incisione e drenaggio o tonsillectomia. L’agoaspirato può comportare l’aspirazione delle parti superiore, centrale
e inferiore delle tonsille per individuare l’ascesso. Nel paziente non
collaborante può essere necessaria l’anestesia generale. Circa il
95% degli ascessi peritonsillari si risolve dopo l’agospirazione (che
solo in una piccola percentuale di pazienti deve essere ripetuta) e
la terapia antibiotica. Il 5% dei pazienti con infezioni che non si
risolvono mediante aspirazione richiede l’incisione con drenaggio
chirurgico. La tonsillectomia deve essere presa in considerazione se
non si verifica un miglioramento 24 ore dopo l’inizio della terapia
antibiotica e dell’aspirazione, se c’è un’anamnesi di ascessi peritonsillari o tonsilliti ricorrenti oppure se sono presenti complicanze
dell’ascesso peritonsillare. La complicanze più temuta, sebbene rara,
è la rottura dell’ascesso con conseguente polmonite da aspirazione.
L’ascesso peritonsillare ha un rischio di ricorrenza del 10%.
BIBLIOGRAFIA
Per la bibliografia completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com.
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1514 ■ Parte XIX Apparato respiratorio
Infezione cronica
Capitolo 375
Tonsille e adenoidi
Ralph F. Wetmore
ANATOMIA
L’anello di Waldeyer è costituito dal tessuto linfatico che circonda
lo sbocco delle cavità orale e nasale nella faringe e comprende le
tonsille palatine, la tonsilla faringea o adenoide, il tessuto linfatico
che circonda l’orifizio della tuba di Eustachio nelle pareti laterali
del nasofaringe, la tonsilla linguale alla base della lingua e il tessuto
linfatico sparso nelle altre parti della faringe, in particolare dietro
i pilastri faringei posteriori e lungo la parete faringea posteriore.
Il tessuto linfatico localizzato tra la piega palatoglossa (pilastro
tonsillare anteriore) e la piega palatofaringea (pilastro tonsillare
posteriore) forma la tonsilla palatina. Questo tessuto linfatico è
separato dalla muscolatura faringea circostante da una spessa
capsula fibrosa. Le adenoidi formano un unico aggregato di tessuto
linfatico che occupa lo spazio tra il setto nasale e la parete faringea
posteriore. Una sottile capsula fibrosa le separa dalle strutture
sottostanti; le cripte delle adenoidi non sono complesse quanto
quelle delle tonsille palatine, ma molto più semplici. Il tessuto linfatico alla base della lingua forma la tonsilla linguale che contiene
anch’essa cripte tonsillari semplici.
FUNZIONE NORMALE
Situate all’imboccatura della faringe, tonsille e adenoidi sono in
posizione privilegiata per fornire una difesa primaria contro i
fattori esterni. Il ruolo immunologico delle tonsille e delle adenoidi
è di indurre l’immunità secretoria e regolare la produzione di
immunoglobuline secretorie. Nel tessuto tonsillare sono presenti
profonde fessure che formano le cripte tonsillari, delimitate da
epitelio squamoso ma dotate alla base di un’elevata concentrazione
di linfociti. Il tessuto linfatico dell’anello di Waldeyer è immunologicamente attivo soprattutto tra i 4 e i 10 anni di età, per poi subire
una flessione dopo la pubertà. Non sono stati dimostrati deficit
immunologici significativi dopo l’asportazione isolata o associata
delle tonsille e delle adenoidi.
ANATOMIA PATOLOGICA
Infezione acuta
La maggior parte degli episodi di faringotonsillite acuta è causata da virus (Cap. 373). Gli streptococchi ␤-emolitici di gruppo
A (SBEA) sono la causa più comune di infezione batterica della
faringe (Cap. 176).
A
B
Le tonsille e le adenoidi possono essere infettate cronicamente da
vari microrganismi, con un’elevata incidenza di batteri produttori
di T-lattamasi. Prevalgono sia le specie aerobie, come gli streptococchi e Haemophilus influenzae, sia quelle anaerobie, come Peptostreptococcus, Prevotella e Fusobacterium. Nelle cripte tonsillari si
possono accumulare cellule epiteliali desquamate, linfociti, batteri e
altri detriti, responsabili della tonsillite criptica. Con il tempo, questi tappi nelle cripte possono calcificarsi in concrezioni tonsillari, o
tonsilloliti. Un numero sempre maggiore di evidenze dimostra che
anche i biofilm potrebbero concorrere all’infiammazione cronica
delle tonsille.
Ostruzione delle vie aeree
Tanto le tonsille quanto le adenoidi sono una causa importante di
ostruzione delle vie aeree superiori nel bambino. L’ostruzione delle
vie aeree in età pediatrica si manifesta tipicamente con disturbi
respiratori durante il sonno, tra cui apnea e ipopnea ostruttive e
sindrome da resistenza delle vie aeree superiori (Cap. 17). I disturbi
respiratori del sonno secondari a respirazione adenotonsillare sono
una causa del deficit di crescita (Cap. 38).
Neoplasia tonsillare
Nell’infanzia, un rapido aumento di volume di una sola tonsilla
è altamente suggestivo di un tumore tonsillare, tipicamente un
linfoma.
MANIFESTAZIONI CLINICHE
Infezione acuta
I sintomi dell’infezione da SBEA comprendono odinofagia, secchezza della gola, malessere, febbre con brividi, disfagia, otalgia
riflessa, cefalea, algie muscolari e linfoadenomegalia cervicale.
I segni comprendono lingua disidratata, tonsille eritematose e
ingrandite, essudato tonsillare o faringeo, petecchie palatine, così
come aumento di volume e dolorabilità dei linfonodi giugulogastrici (Fig. 375.1; Capp. 176 e 373).
Infezione cronica
I bambini con tonsillite cronica o criptica spesso presentano alitosi,
mal di gola cronico, sensazione di corpo estraneo o anamnesi di
espulsione di frammenti di materiale caseoso maleodoranti e
di sapore cattivo. L’esame può rivelare tonsille pressoché di qualsiasi dimensione, spesso contenenti copiosi detriti nelle cripte. Poiché
in genere il patogeno responsabile non è lo SBEA, la coltura per lo
streptococco è abitualmente negativa.
Ostruzione delle vie aeree
In molti bambini, è possibile porre la diagnosi di ostruzione delle vie
aeree (Capp. 17 e 365) basandosi su anamnesi ed esame obiettivo.
C
Figura 375.1 Faringotonsillite. Questa sindrome comune è causata da diversi agenti patogeni e presenta un ampio spettro di gravità. A. Eritema tonsillare e faringeo diffuso, reperto
aspecifico che può essere causato da diversi patogeni. B. Questo intenso eritema, osservato in associazione con aumento di volume acuto delle tonsille e petecchie del palato, è altamente
suggestivo di infezione da streptococco ␤-emolitico di gruppo A, sebbene anche altri patogeni possano provocare un simile quadro. C. Tonsillite essudativa, osservata più comunemente
in caso di infezione sia da streptococco di gruppo A, sia da virus di Epstein-Barr. (B. Per gentile concessione di Michael Sherlock, MD, Lutherville, MD.) (Da Yellon RF, McBride TP, Davis HW:
Otolaryngology. In Zitelli BJ, Davis HW, editors: Atlas of pediatric physical diagnosis, ed 4, Philadelphia, 2002, Mosby, p 852.)
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Capitolo 375 Tonsille e adenoidi ■ 1515
I sintomi diurni dell’ostruzione delle vie aeree, secondaria a ipertrofia adenotonsillare, comprendono respirazione orale cronica,
ostruzione nasale, rinolalia, iposmia, diminuzione dell’appetito,
rendimento scolastico scarso e, seppure raramente, sintomi di
scompenso cardiaco destro. I sintomi notturni consistono in russamento sonoro, soffocamento, boccheggi, apnee franche, agitazione,
posizioni anomale nel sonno, sonnambulismo, incubi, diaforesi,
enuresi e tendenza a parlare nel sonno. All’esame in genere si osservano voluminose tonsille, anche se le dimensioni assolute possono
non indicare il grado di ostruzione. Le radiografie laterali del collo
o l’endoscopia con strumento flessibile permettono di valutare le
dimensioni del tessuto adenoideo. Altri segni che possono contribuire all’ostruzione delle vie aeree comprendono la presenza di
una sindrome craniofacciale o di ipotonia.
Adenoidectomia
Neoplasia tonsillare
I criteri per effettuare una tonsillectomia e un’adenoidectomia
combinate in caso di infezioni ricorrenti sono gli stessi della tonsillectomia isolata. L’altra principale indicazione a effettuare le
due procedure insieme è l’ostruzione delle vie aeree superiori, secondaria a ipertrofia adenotonsillare che causa disturbi respiratori
del sonno, deficit di crescita, anomalie di sviluppo craniofacciali
o occlusive, alterazioni del linguaggio o, raramente, cuore polmonare. Un’elevata percentuale di bambini con deficit di crescita
in presenza di ipertrofia adenotonsillare con conseguenti disturbi
nel sonno subisce una significativa accelerazione della crescita in
seguito all’adenotonsillectomia.
Il rapido aumento di volume unilaterale di una tonsilla, in particolare se si accompagna a segni sistemici come sudorazione notturna,
febbre, calo ponderale e linfoadenopatia, è altamente suggestivo di
una neoplasia tonsillare. Inoltre, la diagnosi di neoplasia tonsillare
deve essere presa in considerazione se la tonsilla appare grossolanamente anormale. In 54.901 pazienti sottoposti a tonsillectomia,
sono state identificate 54 neoplasie (prevalenza dello 0,087%);
di queste, tutte tranne 6 erano state sospettate precedentemente
all’intervento sulla base di caratteristiche anatomiche sospette.
TRATTAMENTO
Terapia medica
Il trattamento della faringotonsillite acuta è discusso nel Capitolo 373, mentre l’antibioticoterapia per lo SBEA è trattata nel
Capitolo 176. Poiché i copatogeni come gli stafilococchi o gli
anaerobi possono produrre ␤-lattamasi che inattiva la penicillina,
l’uso di cefalosporine o di clindamicina può essere più efficace
nel trattamento delle infezioni croniche della gola. I tonsilloliti
o i detriti possono essere fatti espellere manualmente, usando un
abbassalingua con del cotone a un’estremità o un getto di acqua. Le
cripte tonsillari con infezione cronica possono essere cauterizzate
utilizzando nitrato di argento.
Tonsillectomia
La tonsillectomia isolata viene effettuata abitualmente nella faringotonsillite ricorrente o cronica. Le indicazioni all’intervento
restano incerte; vi sono ampie variazioni nella frequenza con cui si
ricorre alla chirurgia in età pediatrica nei diversi Paesi: 144/10.000
bambini in Italia, 115/10.000 bambini in Olanda, 65/10.000 bambini in Gran Bretagna e 50/10.000 bambini negli Stati Uniti. In
genere il tasso è più elevato nei maschi. Indicazioni potenziali, ma
non basate sulle evidenze, comprendono la ricorrenza di 7 o più
episodi di infezione della gola trattati con antibiotici nell’anno
precedente, 5 o più infezioni della gola trattate in ognuno dei 2
anni precedenti oppure 3 o più infezioni della gola trattate con
antibiotici in ognuno dei 3 anni precedenti. L’American Academy
of Otolaryngology-Head and Neck Surgery ritiene che l’intervento
chirurgico sia indicato nei pazienti con 3 o più infezioni delle
tonsille e/o adenoidi all’anno, nonostante un’adeguata terapia
medica, mentre lo Scottish Intercollegiate Tonsillectomy indica 5 o
più episodi all’anno di tonsillite con sintomi altamente debilitanti
che durano per più di un anno. La tonsillectomia si è dimostrata
efficace nel ridurre il numero di infezioni e i sintomi della tonsillite
cronica, quali alitosi, mal di gola persistente o ricorrente e adenite cervicale ricorrente. Nei casi di tonsillite criptica resistente,
la chirurgia può essere curativa. Raramente in età pediatrica, la
tonsillectomia è indicata per la biopsia di una tonsilla aumentata di
volume monolateralmente, al fine di escludere una neoplasia o
di trattare un’emorragia ricorrente da vasi sanguigni tonsillari
superficiali. Nei bambini con sintomi lievi l’intervento non sembra offrire un beneficio clinico maggiore rispetto al trattamento
conservativo.
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L’adenoidectomia isolata può essere indicata per il trattamento
delle infezioni nasali croniche (adenoidite cronica), delle infezioni
sinusali croniche refrattarie alla terapia medica e degli episodi
ricorrenti di otite media acuta, compresi quelli nei bambini con
drenaggi transtimpanici che soffrono di otorrea ricorrente. Inoltre,
l’adenoidectomia può essere utile nei bambini che soffrono di otite
media cronica o ricorrente con versamento. La sola adenoidectomia
può essere risolutrice nel trattamento dei pazienti con ostruzione
nasale, respirazione orale cronica e russamento sonoro, suggestivo
di disturbi respiratori del sonno. Può inoltre essere indicata qualora
si sospetti l’ostruzione delle vie aeree superiori a causa di anomalie
di sviluppo craniofacciali od occlusive.
Tonsillectomia e adenoidectomia
COMPLICANZE
Faringotonsillite acuta
Le due principali complicanze dell’infezione da SBEA non trattata
sono la glomerulonefrite post-streptococcica e la febbre reumatica
acuta (Capp. 176 e 505.1).
Infezione peritonsillare
L’infezione peritonsillare può manifestarsi sotto forma di cellulite
o di un vero e proprio ascesso nella regione superiore e laterale
della capsula tonsillare (Cap. 374). Queste infezioni insorgono
abitualmente nei bambini con un’anamnesi di infezioni tonsillari
ricorrenti e sono polimicrobiche, comprendendo sia aerobi sia
anaerobi. I sintomi di presentazione sono mal di gola unilaterale,
otalgia riferita, scialorrea e trisma. La tonsilla colpita è spostata
in basso e medialmente dall’edema del pilastro tonsillare anteriore
e del palato. La diagnosi di ascesso può essere confermata con la
TC o con l’agoaspirazione, il cui contenuto deve essere sottoposto
a esame colturale.
Infezione dello spazio retrofaringeo
L’infezione dello spazio retrofaringeo si sviluppa nei linfonodi che
drenano l’orofaringe, il naso e il nasofaringe. (Cap. 374).
Infezione dello spazio parafaringeo
L’infezione tonsillare si può estendere nello spazio parafaringeo,
provocando sintomi come febbre, dolore al collo, rigor e segni
come edema della parete faringea laterale e del collo, dal lato
colpito. La diagnosi è confermata dalla TC con mezzo di contrasto e il trattamento consiste nella somministrazione di antibiotici
per via endovenosa e nell’incisione esterna con drenaggio, se la
TC rivela la presenza di un ascesso (Cap. 374). La tromboflebite
settica della vena giugulare, o sindrome di Lemierre, si presenta
con febbre, stato tossico, dolore e rigidità cervicali, oltre a distress respiratorio dovuto ai numerosi emboli settici polmonari,
ed è una complicanza delle infezioni dello spazio parafaringeo o
delle infezioni odontogene da Fusobacterium necrophorum. Una
concomitante mononucleosi da virus di Epstein-Barr può essere un
evento predisponente prima dell’insorgenza improvvisa di febbre,
brividi e distress respiratorio in un paziente adolescente. Il trattamento comprende la somministrazione endovenosa di antibiotici
ad alto dosaggio (ampicillina-sulbactam, clindamicina, penicillina
o ciprofloxacina) e l’eparinizzazione.
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1516 ■ Parte XIX Apparato respiratorio
Tabella 375.1 RISCHI E POTENZIALI BENEFICI DELLA TONSILLECTOMIA
E/O DELL’ADENOIDECTOMIA
RISCHI
Costi*
Rischio di incidenti anestesiologici
Ipertermia maligna
Aritmia cardiaca
Trauma delle corde vocali
Aspirazione con conseguente ostruzione o infezione broncopolmonare
Rischio di varie complicanze chirurgiche o postoperatorie
Emorragia
Ostruzione delle vie aeree dovuta a edema della lingua, del palato
o del nasofaringe, oppure ematoma retrofaringeo
Apnea centrale
Paralisi muscolare protratta
Disidratazione
Insufficienza faringopalatina
Otite media
Stenosi nasofaringea
Torcicollo refrattario
Edema facciale
Crisi emotive
Rischi sconosciuti
POTENZIALI BENEFICI
Riduzione della frequenza di malattie dell’orecchio, del naso e della gola,
e pertanto di
Dolore
Fastidio
Assenza scolastica
Ansia parentale
Assenza dei genitori dal lavoro
Costi delle visite mediche e dei farmaci
Riduzione dell’ostruzione nasale con miglioramento di
Funzione respiratoria
Comfort
Sonno
Crescita e sviluppo craniofacciali
Aspetto
Riduzione dei deficit uditivi
Miglioramento della crescita e del benessere generale
Riduzione dell’ansia parentale a lungo termine
desametasone (0,15 mg/kg), farmaco che presenta anche un rischio
ridotto di nausea ed emesi postoperatorie. L’edema della lingua e
del palato molle possono portare a un’ostruzione acuta delle vie
aeree nelle prime ore successive all’intervento. I bambini con una
sottostante ipotonia o con anomalie craniofacciali presentano un
rischio maggiore di andare incontro a questa complicanza. La disidratazione da odinofagia non è infrequente nella prima settimana
postoperatoria. Le complicanze rare comprendono l’insufficienza
velofaringea, la stenosi nasofaringea od orofaringea e problemi
psicologici.
BIBLIOGRAFIA
Per la bibliografia completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com.
Capitolo 376
Sintomi respiratori cronici o ricorrenti
Thomas F. Boat e Thomas P. Green
Tosse, sibili, stridore e altri sintomi respiratori si verificano frequentemente o per lunghi periodi in un numero considerevole di
bambini; in altri si osservano invece infiltrati polmonari persistenti o ricorrenti, con o senza sintomi. Determinare la causa di
questi reperti cronici risulta talvolta difficile, in quanto i sintomi
possono essere causati da una serie di infezioni acute del tratto
respiratorio in rapida successione, non correlate tra loro, o da un
unico processo fisiopatologico. Per molte condizioni respiratorie
acute e croniche, non esistono esami diagnostici specifici e di facile
esecuzione. Gli sforzi diagnostici e terapeutici possono inoltre
essere complicati dall’atteggiamento dei familiari del bambino
che, preoccupati per i sintomi correlati alla respirazione, fanno
pressione affinché il medico prescriva un rimedio rapido.
Per il testo completo del capitolo, consultare il sito internet
www.expertconsult.com.
*I costi della tonsillectomia isolata e dell’adenoidectomia isolata sono un po’ più bassi.
Modificata da Bluestone CD, editor: Pediatric otolaryngology, ed 4, Philadelphia, 2003
Saunders, p. 1213.
Capitolo 377
Faringotonsillite ricorrente o cronica
Si veda il Capitolo 373.
OSTRUZIONE CRONICA DELLE VIE AEREE
Benché raramente, i bambini con ostruzione cronica delle vie aeree da ipertrofia tonsillare e adenoidea possono presentare cuore
polmonare.
Gli effetti dell’ostruzione cronica delle vie aeree (Cap. 17) e della
respirazione orale sullo sviluppo facciale restano oggetto di controversia. Gli studi sulla respirazione orale cronica, tanto nell’uomo
quanto negli animali, hanno dimostrato alterazioni dello sviluppo
facciale, tra cui l’aumento dell’altezza facciale anteriore totale e
la tendenza alla retrognazia mandibolare (la cosiddetta “facies
adenoidea”). L’adenotonsillectomia può risolvere alcune di queste
anomalie. Altri studi hanno contestato questi risultati.
Tonsillectomia e adenoidectomia
È necessario prendere in considerazione i rischi e i potenziali benefici dell’intervento chirurgico (Tab. 375.1). Un’emorragia può
insorgere nell’immediato periodo postoperatorio o manifestarsi
più tardi, dopo la caduta dell’escara. L’emorragia è più comune
dopo l’assunzione di desametasone a dosi elevate (0,5 mg/kg),
sebbene la nausea e l’emesi postoperatorie siano ridotte. Il rischio di emorragia è minore dopo l’assunzione di basse dosi di
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Ostruzione acuta infiammatoria
delle vie aeree superiori (croup,
epiglottite, laringite e tracheite batterica)
Genie E. Roosevelt
Il lume delle vie aeree di un lattante o di un bambino è stretto;
poiché la resistenza delle vie aeree è inversamente proporzionale
alla quarta potenza del raggio (Cap. 365), piccole riduzioni dell’area di sezione, causate da edema della mucosa o da altri processi
infiammatori, provocano un aumento esponenziale della resistenza
delle vie aeree e un aumento significativo del lavoro respiratorio.
La laringe si compone di quattro cartilagini maggiori (epiglottica,
aritenoidea, tiroidea e cricoidea, dall’alto verso il basso) e dei
tessuti molli che le circondano. La cartilagine cricoidea circonda
la via aerea appena sotto le corde vocali e definisce la porzione più
stretta delle vie aeree superiori nei bambini di età <10 anni.
L’infiammazione che coinvolge le corde vocali e le strutture
sottostanti è chiamata laringite, laringotracheite o laringotracheobronchite, mentre quella delle strutture soprastanti (aritenoidi,
pliche ariepiglottiche [“false corde”], epiglottide) prende il nome di
laringite sovraglottica. Con il termine croup si indica un gruppo eterogeneo di processi prevalentemente acuti e infettivi, caratterizzati
da tosse abbaiante o metallica, che possono associarsi a raucedine,
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