DIARIO di una mattinata al Farnese con Gianluca

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DIARIO di una mattinata al Farnese con Gianluca
'Il vero campione è stato mio padre'.
E Pessotto conquista la platea piacentina
Il calciatore, oggi dirigente juventino, ha premiato gli studenti del
concorso giornalistico 'Tra sogni e realtà'
‘Mio padre è stato il vero campione. Ha lavorato tanto nella sua vita, ha costruito una casa per la
famiglia con il sudore e la fatica delle sue braccia’.
Quando Gianluca Pessotto, il ‘personaggio’ Pessotto - calciatore della Juventus, dove ora è
dirigente, e un passato da giocatore della Nazionale - deglutisce, si crea un momento di
commozione generale. Come se in quell’istante breve-infinito, in cui si ferma per riprendere fiato
dal nodo in gola, tutti i ragazzi (e gli adulti) presenti in sala avessero ricevuto il senso, la bellezza, la
grandezza dell’amore e della riconoscenza di un figlio per i propri genitori. ‘I miei genitori sono
stati bravissimi, perché mi hanno sempre seguito senza essere mai una presenza ingombrante. Papà
non era di quelli aggrappati alla rete del campetto di calcio ad incitare il figlio e ad insultare
l’arbitro o l’allenatore. Mi hanno lasciato scegliere, pur ponendomi sempre dei paletti sui valori
importanti, sui principi che hanno segnato la mia esistenza. Paletti di crescita, non nel calcio, non
per la carriera calcistica’.
Ed è così che Gianluca è diventato quella bella persona che è, che hanno visto, sentito, ‘vissuto’
anche quelli che c’erano (e numerosi) martedì mattina nella Cappella Ducale di Palazzo Farnese, fra
gli studenti lì convenuti per la cerimonia conclusiva del concorso giornalistico ‘Tra sogni e realtà’
organizzato dall’associazione ‘La Ricerca’, per il quinto anno consecutivo, in collaborazione con
l’assessorato alla cultura, e con il patrocinio, del Comune di Piacenza.
Il friulano, cresciuto piemontese per via di quella Juventus di cui porta dentro (e fiero) lo stile
austero, sobrio, elegante, mai sopra le righe, Gianluca Pessotto ha parole autentiche da portare, non
frasi fatte. E i ragazzi lo avvertono. La sua bella anima passa attraverso quello sguardo azzurro che
fora le piccole lenti da intellettuale (vero) e quel sorriso che trasmette una ritrovata sensazione di
serenità. Fa capire bene, attraverso la sua avvenuta risalita dal crollo della depressione (che quattro
anni fa lo portò al gesto estremo del tentativo di suicidio), quanto il dolore, la sofferenza possa
trasformarsi in risorsa, ‘Perché quando si vince sempre non si hanno orecchie per sentire…’.
Conquistati dalla sua autenticità i ragazzi, le ragazze, gli insegnanti, le insegnanti, ed altri juventini
(e non) che non hanno voluto perdersi l’occasione di incontrare l’autore dell’autobiografia ‘La
partita più importante’, dove Pessotto si racconta nella sua sofferenza – fino in fondo – e nella gioia
della rinascita, una gioia di cui ha piena percezione nella semplicità di una nuotata al mare con la
figlioletta. – ‘Sì, perché anche un tuffo in acqua, al mare, non importa in quale posto, più o meno
bello, ti fa sentire la preziosità della vita’.
Sempre corretto all’estremo e disciplinato sul campo di calcio, pronto a sacrificar le proprie
esigenze per il bene della squadra, è convinto che questo suo modo di essere alla fine paghi, nel
calcio come nella vita. E lui - e lo confida con fierezza - di bene ne ha ricevuto tanto. E non solo
dalla moglie, dalle figlie, da genitori e suoceri, ma anche dai tanti amici, compagni di squadra, dalla
gente ‘che mi fermava per strada, contenta di vedermi vivo’.
Dopo le domande dei giornalisti, gli studenti hanno intervistato a raffica Gianluca Pessotto, fra loro
Ilaria osa e gli chiede: ‘Quando ti sei lanciato dal tetto del palazzo della Juventus tenevi in mano un
rosario. Che rapporto hai con Dio?’
‘Così come in quel momento di disperazione mi ero totalmente affidato a Lui - confida al pubblico
piacentino - oggi capisco e apprezzo l’opportunità che da Lassù mi è stata offerta concedendomi
una seconda volta, una seconda vita, molto più, piena, più autentica, fatta di relazioni vere, forti, di
umanità’.
Ha fatto sue e porta sempre con sé, con grande riconoscenza, le parole che un’infermiera
dell’ospedale Le Molinette di Torino gli allungò nelle fasi difficili del ritorno alla vita. Si tratta del
celebre sogno di Margaret Fishback Powers, che qui, condividendo con Gianluca Pessotto,
vogliamo ricordare:
Questa notte ho fatto un sogno, ho sognato che ho camminato sulla sabbia accompagnato dal
Signore e sullo schermo della notte erano proiettati tutti i giorni della mia vita. Ho guardato
indietro e ho visto che ad ogni giorno della mia vita, apparivano due orme sulla sabbia: una mia e
una del Signore. Così sono andato avanti, finché tutti i miei giorni si esaurirono. Allora mi fermai
guardando indietro, notando che in certi punti c’era solo un’orma. Questi posti coincidevano con i
giorni più difficili della mia vita: i giorni di maggior angustia, di maggiore paura e di maggior
dolore. Ho domandato, allora: ‘Signore, Tu avevi detto che saresti stato con me in tutti i giorni
della mia vita, ed io ho accettato di vivere con te, perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti
più difficili?’. Ed il Signore rispose: ‘Figlio mio, Io ti amo e ti dissi che sarei stato con te e che non
ti avrei lasciato solo neppure per un attimo: i giorni in cui tu hai visto solo un’orma sulla sabbia,
sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio’.