Riflessioni sulla rotazione speculare

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Riflessioni sulla rotazione speculare
Reginaldo della Robbia
Riflessioni sulla rotazione speculare
Tutta la notte lo aveva tormentato quel
foruncolo sulla guancia sinistra, e ora affiorava lì, deturpandogli orrendamente
l'austera compostezza del volto. Borborio
se lo guardava allo specchio grande dell'armadio e il suo consueto malumore andava pericolosamente aggravandosi.
Nemmeno riusciva bene a vederselo,
per giunta, con quella maledetta luce di
traverso che non illuminava mai ciò che
serviva. Almeno fosse spuntato sulla guancia destra - si diceva - nello specchio si
sarebbe visto meglio! Non solo nel giorno
inadatto, ma anche sulla guancia sbagliata
doveva venirgli!
Anzi, "sulla guancia sbagliata" non poteva dirlo - convenne tra sé, sforzandosi,
senza successo, di moderare la crescente
irritazione - perché nello specchio la
guancia era proprio la destra, dato che
l'immagine risultava ribaltata. Poiché però
era ribaltata anche la direzione della luce
le cose non miglioravano. Guardava il fo runcolo a destra, sporgeva l'altra guancia
sotto una luce sinistra, aguzzava più che
la vista l'ingegno e andava sorgendogli un
dubbio: qualcosa non lo convinceva. Così
chiamò Lucilio che era di là. -Vieni un
po' a metterti qui accanto a me davanti allo specchio: voglio capire se si vede meglio la tua guancia sinistra o quella destra,
a guardarle direttamente, e poi anche riflesse-.
Non a caso Borborio voleva compiere
quel confronto. Ancorché molto contrariato, al suo spirito indagatore era scattata
la molla della curiosità scientifica e, come
di consueto, prima di sviluppare qualsiasi
congettura, intendeva ampliare il campo
di sperimentazione. Nel rapporto tra visione diretta e immagine riflessa, arcinoto
e ampiamente acquisito con sedimentati
studi liceali di fisica e di ottica, gli sembrò
aprirsi un 'impercettibile incrinatura, come un 'ombra fugace nello splendore luminoso della conoscenza.
- Non mi piacciono gli specchi- Tagliò corto Lucilio, come al solito. Ma Barborio era ormai attratto dalla sua stessa
domanda, anzi dal sottile dubbio che quella implicava: la sua guancia sinistra, col foruncolo, era la guancia destra del Barborio speculare, eppure aveva il foruncolo.
La riflessione che andava maturando riguardava l'altra riflessione, prodotta dallo
specchio, e presentava interrogativi in quietanti: invito a nozze per il suo spirito
indagatore e chiamata alle armi per la sua
tempra di scienziato.
Il malumore era dimenticato e un'idea
paradossale, ma della cui concretezza non
si poteva dubitare, era già apparsa alla sua
mente; sotto forma , naturalmente, di teorema. Lo specchio trasferisce i foruncoli
da una guancia all'altra, ne era il ridicolo
enunciato e non si poteva non sorridere;
cosa che Borborio prontamente fece , con
la naturale bonomia con la quale sapeva
criticare i propri convincimenti, se privo
di testimoni.
Quella che era diventata ormai un 'ottima disposizione d'animo induceva in Barborio una produttiva serenità interiore e
gli suggeriva di trarre vantaggio dall'aver
saputo con prontezza contestare la forma
impropria con la quale il teorema gli era
apparso in prima battuta. Il vantaggio acquisito , e subito messo a buon frutto , lo
condusse fino al punto da intuire, con pari prontezza, la formulazione corretta del
teorema: lo specchio inverte, con un ribaltamento, la destra con la sinistra, era il
nuovo illuminante enunciato. Non rivoluzionario, se si vuole, ma acquisito con rinnovata consapevolezza e soprattutto inserito in un quadro conoscitivo legittimato
dalla sperimentazione. L'inversione della
posizione del foruncolo , dalla sua guancia
sinistra alla guancia destra della sua im magine speculare, appariva ora come la logica conferma di una legge generale, benché immotivata.
Dunque la direzione della luce, soggiacendo alla legge generale del ribaltamento
destra-sinistra, finiva per illuminare anche
nello specchio la guancia sbagliata . La
conclusione, pessimistica sotto il profilo
pratico, e che in altri momenti avrebbe
provocato serie convulsioni a Borborio,
era adesso stemperata dalla serenità che
gli infondeva il pensiero di appartenere ad
un mondo regolato da leggi certe, semplici e chiare, alla cui conoscenza, beninteso,
lui stesso contribuiva. Cosa questa non
marginale per il conseguimento di un
buon livello di pace interiore.
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Nell'illuministico fervore indotto da circostanze generose di lucidità mentale, volle affrontare estensioni del pensiero orientate verso nuove estrapolazioni scientifiche,
nelle quali andavano a convergere armoniosamente osservazioni di varia provenienza. Poiché l'inversione operata dallo
specchio esercita il suo potere sulle categorie della destra e della sinistra, ma non su
quelle dell'alto e del basso (ché ben vedeva Borborio restare ferme le scarpe a terra,
anche nel riflesso , e ferma la testa in alto
senza alcuna inversione), se ne doveva conseguentemente dedurre che l'inversione
coincideva con una rotazione geometrica
della figura intorno al suo asse verticale.
Ecco scomparire, con questo illuminante corollario, quella fastidiosa mancanza di movente che intorbidava in parte la
chiarezza della formulazione: la geometria, con le sue algide simmetrie, con il suo
sublime riferimento ad un mondo perfetto e superiore ad ogni principio di causalità, annullava ogni necessità di movente.
La rotazione intorno ad un asse verticale
lega il tema della riflessione speculare alle
leggi della gravitazione terrestre e procura
di per sé conseguenze posizionali autogiustificate e necessarie, come ogni movimento di astri e di sfere celesti, ivi compreso
lo spostamento del foruncolo.
La generalità di questo enunciato era
tale che non la si poteva tenere celata a
Lucilio. Borborio si fece dunque artefice
di una sintetica, ma esauriente e corretta
esposizione della nuova legge fisica sulla
rotazione specularee a un Lucilio che mai
aveva dato segno più odioso del suo disinteresse per le dissertazioni scientifiche -.
Lì dentro c'è un altro mondo- borbottava alludendo allo specchio, senza neanche
avv1emars1.
Un po' deluso dell'inefficace esito delle proprie parole, ma giustificandolo con
l'indisponibilità intellettuale dell'interlocutore, sordo a ogni rivelazione, per quanto inebriante, Borborio riprese l'indagine
sullo stato di arrossamento del foruncolo
e, perdurando la scarsità d'illuminazione
piegò la testa da un lato perché la luce investisse la gota con la giusta inclinazione.
Solo la prontezza dei suoi riflessi, sostenuta da un non comune controllo del-
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l'intero arco di osservazioni esperibili da
quella posizione, gli consentì di prendere
atto senza gravi danni che, pur con la testa
in posizione orizzontale, il foruncolo riflesso si trovava sull'altra guancia, rivelando il
fenomeno di un'inversione speculare avvenuta questa volta, contro ogni previsione,
intorno ad un'asse orizzontale.
Non per un solo istante si perdette d'animo , non vacillò l'adamantina sua fiducia nella superiorità della verità scientifica, nemmeno quando Lucilio, di sfuggita,
vedendolo in quella posizione, osservò
-È tutto storto, vero? La saldezza del pensiero di Borborio era
determinata da una fiducia illimitata nelle
progressive e meravigliose conquiste del
pensiero; fiducia consolidata dall'intima
certezza che è proprio dalla crisi di una teoria che nasce un più ampio e fecondo quadro sistematico della conoscenza. La forza
della fede è premiante e infonde nell'animo degli uomini di buona volontà le energie per progredire sulla via del sapere.
Solo così può giustificarsi la fulminea
formulazione , da parte di Borborio, di
un'ipotesi ancora più onnicomprensiva.
Non poteva dunque essere verticale l'asse
dell'inversione speculare, visto che il fenomeno si ripeteva anche con la testa posta orizzontalmente. La legge d'inversione
doveva essere al contrario necessariamente legata alla persona specchiantesi, e più
precisamente all'origine del suo sistema
percettivo. Oh potere delle leggi scientifiche! Oh ritrovato umanesimo, che riportava l'osservatore, con il suo soggettivismo, al centro del mondo. Oh miracolo
dell'umana natura da cui promana un
campo energetico orientato secondo le
coordinate corporee!
Alla base delle leggi della riflessione
non v'è dunque un sistema di riferimento
cartesiano incardinato al mondo fisico ,
con le sue molteplici e contraddittorie incastellature meccaniche, bensì un sistema
di riferimento cartesiano, o forse meglio
polare, legato niente meno che all'uomo,
centro e misura di tutte le cose. Legato al
suo apparato percettivo da cui muove ogni
misura, ogni giudizio, ogni concetto.
Il primato dell'apparire sull'essere andava delineandosi in tutta la sua maesto-