Logistica economica: globalizzazione ed urbanizzazione
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Logistica economica: globalizzazione ed urbanizzazione
Contributo in corso di pubblicazione nel volume: Borruso G., Polidori G. (2005) (a cura di), Riequilibrio e integrazione modale nel trasporto delle merci. Gli attori e i casi italiani, Franco Angeli, Milano, 2005. Logistica economica: globalizzazione ed urbanizzazione Ennio Forte * Nell’ambito delle economie applicate, la Logistica economica può essere considerata come la nuova frontiera dell’Economia dei trasporti per il governo e l’equilibrio dei flussi nelle reti e nello spazio -territorio a diverse scale geografiche. La Logistica economica attribuisce alla pianificazione e gestione delle infrastrutture e dei servizi un ruolo centrale nelle catene del valore a livello sociale e produttivo. Si tratta pertanto di individuare, approfondire ed implem entare sul territorio nuovi modelli di sviluppo e cooperazione, attraverso un approccio trasversale relativo ai problemi della dispersione dei trasporti e del benessere sociale. Tali problematiche potranno essere sicuramente affrontate mediante l’applicazione degli strumentiobiettivo della Logistica economica: invarianza, trasversalità, compensazione ed autoregolazione. 1. Trasporti, terziarizzazione e territorio Una maggiore attenzione nei confronti della logistica da parte degli studiosi di scienze trasportistiche e territoriali è piuttosto recente. Infatti, il ruolo della logistica negli attuali fenomeni di posizionamento-riposizionamento spaziale delle attività economiche, nonché nella crescita del benessere sociale, a scala locale e globale (maglie strette e larghe), assume particolare spessore. Con il termine “Logistica economica” ci riferiamo ad un contesto ampio dove ritroviamo, tra l’altro, infrastrutture specialistiche, aspetti della pianificazione del territorio, della regolamentazione dei mercati e delle economie/diseconomie esterne, in primis quelle ambientali, del trasporto e dell’outsourcing logistico, da valutare con gli strumenti dell’analisi economica. I fondamenti di questo * Professore ordinario di Economia dei trasporti – Facoltà di Economia, Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali, Università degli Studi di Napoli Federico II. 1 nuovo approccio sono i trasporti, la terziarizzazione e il territorio (Forte, 2003a). Le trasformazioni in atto nei processi di produzione e distribuzione dei beni hanno generato una vera e propria “rivoluzione logistica”, ponendo il trasporto, congiuntamente ad altre attività logistiche (magazzinaggio, imballaggio, etichettamento ecc.), in tutta evidenza rispetto alla competitività dei prodotti. Si sottolinea il concetto di “trasporto logisticizzato”come insieme di operazioni funzionali alla ottimizzazione dei sistemi produttivo-distributivi e socioterritoriali. Nel contesto della catena logistica (supply chain), l’attività di trasporto di materie prime, semilavorati e prodotti finiti attraverso diverse modalità (strada, ferro, mare ed aria) riveste un ruolo strategico. Un prodotto acquista pienamente il suo valore quando è reso disponibile all’uso nei tempi e nelle forme richieste. Si può parlare di filiera trasportistica a supporto di quella merceologica. L’impatto di questo approccio in termini di governo ed equilibrio dei flussi, che simultaneamente comporta minore inquinamento e maggiore sicurezza (“minimax”), dipende dai livelli di efficienza offerti dai soggetti che a diverso titolo intervengono nelle diverse fasi della supply chain. La scelta di produrre in proprio le attività logistiche o affidarle a terzi (outsourcing) può incidere sulla competitività e sulle esternalità1. Da questo punto di vista la situazione italiana nel contesto dell’UE è preoccupante, presentando un tasso di terziarizzazione dei servizi logistici pari al 13%, contro il 34% del Regno Unit o e valori compresi tra il 20% ed il 27% degli altri Partner (Commission Européenne, 2001). Le attività logistiche gestite in outsourcing sono prevalentemente i trasporti ed il magazzinaggio (dinamica e statica dei flussi), mentre altre attività, quali ad esempio la gestione degli ordini, la gestione logistica complessiva (supply chain management) e la gestione informatica, mostrano una maggiore resistenza all’affidamento a “terze parti logistiche”. Le imprese italiane non sembrano sensibili ad un attento governo dei flussi dei materiali e delle informazioni al fine del loro equilibrio nelle rispettive reti; d’altra parte, gli operatori nazionali di autotrasporto tendono a concentrare l’offerta su scala regionale e locale con servizi quasi esclusivamente vettoriali. Pertanto, per l’Italia un obiettivo centrale dovrebbe essere l’espansione del settore, anche per la collocazione geo-economica, quale piattaforma logistica dell’Europa nel Mediterraneo, nonché per la tradizionale vocazione industriale e commerciale. Nell’economia del terziario avanzato, la logistica contribuisce a 1 Le esternalità possono essere definite come gli impatti delle attività economiche di alcuni soggetti sul benessere della collettività. Esempi di esternalità negative sono la congestione, l’incidentalità e l’inquinamento provocato dall’espletamento delle attività di trasporto, sia merci che passeggeri. 2 fornire valore aggiunto alla dotazione infrastrutturale e all’insieme dei servizi di trasporto, nonché alla produzione industriale e alla sua distribuzione commerciale. In Italia il costo dei trasporti e della logistica è ancora di gran lunga superiore rispetto ad altri Paesi avanzati, con la conseguenza di una maggiore incidenza della logistica sul PIL (fig.1). Come dimostra la figura 2 riferita alla situazione degli Stati Uniti, la riduzione dei costi della logistica rappresenta un indicatore significativo della capacità di un paese di recuperare competitività. In tal caso, la razionalizzazione dei processi di trasporto conduce ad una minore dispersione della mobilità sul territorio. Altrimenti si registrano effetti negativi sulla Bilancia dei Trasporti, come accade in Italia. Figura 1 - Incidenza della logistica sul PIL Cina Mondo Singapore Giappone UK USA Francia Italia Germania Corea Mondo Cina 8% 10% 10% 10% 10% 12% 12% 16% 16% 20% Corea Germania Italia Francia USA UK Giappone Singapore 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% Fonte: Confetra, 2003 Figura 2 - Incidenza della logistica sul PIL degli USA 18,0% 16,0% 14,0% 12,0% 10,0% 8,0% 6,0% 4,0% 2,0% 0,0% 1980 1985 1990 1995 Fonte: Confetra, 2003 3 1997 2001 18% 20% Le scelte pubbliche influenzano in maniera decisiva la competitività logistica di un territorio e delle imprese che vi operano in almeno due modi fondamentali: 1) per la quantità, la qualità ed il livello di integrazione delle reti (investimenti infrastrutturali); 2) per la regolamentazione delle attività di trasporto e logistica (necessaria, ad esempio, in situazioni caratterizzate da operatori verticalmente integrati che gestiscono in concorrenza le linee marittime ed in quasi-monopolio i terminali portuali). La logistica pubblica - in questo caso intesa quale strumento per una politica industriale del territorio - può avere diversi obiettivi; tuttavia quello primario è creare le condizioni affinché la logistica privata, manifatturiera e trasportistica, possa essere competitiva, efficiente e socialmente sostenibile. Occorre allora pervenire a nuovi equilibri spazio-territoriali dove le infrastrutture ed i servizi logistici assumano ruoli strategici per la competitività dei prodotti, e l’intermodalità2 sia posta al centro di suppy chain sempre più articolate e complesse. La letteratura scientifica fornisce un’ampia rassegna di modelli di sviluppo economico territoriale in presenza di innovazioni tecnologiche ed organizzative. Ad esempio, per la stima e la previsione degli effetti macroeconomici derivanti dalla costruzione di scenari alternativi di riassetto logistico alle diverse scale geografiche (ad es. regionale o urbana) e produttive (ad es. filiere o distretti), si potrebbe implementare un modello di determinazione quantitativa della crescita del reddito e dell’impatto sui principali indicatori settoriali (valore aggiunto, occupazione, esportazioni, importazioni, etc.), dipendente dai mutamenti innovativi della tecnologia logistico-trasportistica e del conseguente livello incrementale di output (Y). In maniera semplificata, tale modello può essere così rappresentato: Y L = f ( K L , TExog, TEndog, CapUm) dove: Y L = indice del livello del reddito per unità di lavoro K L = indice del livello di capitale per unità di lavoro TExog = fattore tecnologico esogeno (incorporato nello stock di capitale investito) TEndog = fattore tecnologico endogeno (generato all’interno del territorio) CapUm = indice della capacità del territorio di recepire ed applicare l’innovazione (determinato dallo stock di capitale umano) 2 Il termine “intermodalità” indica un modello organizzativo ed infrastrutturale secondo cui i sistemi di trasporto non sono suddivisi per modi (aereo, marittimo, terrestre), ma vanno considerati come sistemi integrati in cui il trasporto diventa un anello intercambiabile della catena logistica. L’intermodalit à prevede, in particolare, l’interscambio di merce unitizzata tra diverse modalità di trasporto. 4 L’approccio dovrebbe essere essenzialmente posto dal lato dell’offerta di servizi logistici e di trasporto evoluti infra ed intra territoriali, che contribuisce (insieme alle altre variabili determinanti i processi di sviluppo) alla crescita della produttività e della competitività sui mercati internazionali. Si affronta in tal modo l’ottimizzazione ed integrazione delle “cinque P”, e cioè dell’innovazione di prodotto-servizio e di processo, dell’innovazione della pianificazione e dei suoi strumenti, dell’innovazione della programmazione e della progettualità. L’innovazione non è quindi solamente capacità di invenzione o di ricerca, ma anche capacità di realizzare nuovi modelli di mobilità e vita sociale. Nella Logistica economica, l’innovazione non riguarda soltanto cosa produrre (beni, servizi, etc.), ma anche come produrre al meglio ed in maniera possibilmente sostenibile. 2. L’evoluzione della Logistica economica Sebbene in Italia solo di recente si è cominciato a parlare di Logistica economica 3, alcune problematiche sono già state affrontate nella seconda metà degli anni ’80 negli Stati Uniti. In particolare, uno studioso dell’Università del Texas, l’americano Sten Thore (1991), ha definito la Logistica economica come un nuovo campo della scienza economica avente ad oggetto l’analisi dell’allocazione ottima delle risorse nell’ambito dei sistemi di produzione e distribuzione delle merci. Ne viene che l’interesse principale di un economista della logistica non deve essere soltanto il flusso fisico di merci lungo la filiera che si estende dall’iniziale impiego di merci e servizi primari (come lavoro e risorse naturali) fino alla vendita e consumo di un bene, bensì anche la formazione e l’equilibrio dei mercati e dei prezzi lungo la stessa filiera. In tal senso, un qualunque sistema di offerta può essere visto come un sistema logistico che converte risorse in prodotti per distribuirli ai venditori all’ingrosso e ai dettaglianti in diversi territori e a prezzi differenti. Il problema economico è determinare, quindi, l’uso delle risorse, il prezzo delle risorse, il flusso delle merci dal produttore al consumatore e il prezzo dei prodotti nelle diverse regioni. Secondo Thore, un sistema logistico ha tre dimensioni: la dimensione spaziale (problema del trasporto), la dimensione verticale (ovvero il flusso di beni dall’impiego iniziale delle risorse, passando per i beni intermedi, fino al completamento dei beni finali domandati dai consumatori) e la dimensione temporale (gestione delle scorte). Per illustrare la natura di queste dimensioni è possibile utilizzare tre metodologie di analisi mutuate dalla Ricerca Operativa. La prima è l’analisi delle reti, la seconda è l’analisi delle attività, mentre la 3 Una rassegna dei principali contributi scientifici ed atti di seminari sui temi della Logistica economica è disponibile sul sito http://www.logisticaeconomica.unina.it. 5 terza è la programmazione multi-obiettivo o gerarchica. In sostanza, le tecniche utilizzate da Sten Thore sono quelle dell’ottimizzazione conseguite applicando la programmazione matematica. Tali tecniche, come quelle dell’ottimizzazione classica, adoperano il calcolo infinitesimale ed hanno, quindi, come presupposto, quello di rappresentare un fenomeno economico con una funzione che abbia caratteristiche di continuità, derivabilità, convessità o concavità, ecc. Gran parte dei fenomeni di mercato è rappresentata proprio con funzioni di questo tipo, le quali presentano un massimo o un minimo assoluto. Un risultato davvero importante raggiunto dalla programmazione è stato quello di considerare i problemi di massimizzazione e di minimizzazione non più come due distinte applicazioni, ma come problemi corrispondenti. Il problema originale viene cioè definito problema primale, mentre quello corrispondente è il problema duale. Ad esempio, i produttori che tentano di massimizzare i profitti, offrendo un certo prodotto o servizio, fronteggiano anche un problema di minimizzazione del costo delle risorse. Ed inoltre, mentre i produttori tentano di massimizzare i profitti offrendo un certo prodotto o servizio, i consumatori cercano invece di minimizzare il costo-prezzo d’acquisto della stessa merce o servizio. Entrambi i gruppi ricercano mercati dove è assicurato il miglior prezzo-costo. Di conseguenza, il comportamento risultante può essere rappresentato graficamente come un “punto sella” avente coordinate che risultano essere allo stesso tempo un massimo e un minimo. In tal modo, un problema di equilibrio economico è trasformato in un problema a doppio estremo e risolto con la tecnica della programmazione matematica applicata al punto sella (fig.3). Il problema considerato è del seguente tipo: max x min y F(x,y) con: x∈ X, y∈Y Le incognite sono il vettore x =[xn ] , n = 1,2,...N e il vettore y =[ym] , m =1,2,...M, identificati come punti nello spazio reale con un numero finito di dimensioni. La funzione obiettivo F(x,y), data e conosciuta, è continua e derivabile. Inoltre, la funzione è concava in x per x∈X ed è convessa in y per y∈Y, dove x∈ X significa l’insieme degli N vettori x che sono nell’insieme X e y∈Y l’insieme degli M vettori y che sono nell’insieme Y. Gli insiemi X ed Y sono assunti essere non vuoti, convessi, chiusi e limitati. Il problema possiede un doppio estremo poiché implica la ricerca dell’estremo di massimizzazione rispetto a x e di minimizzazione rispetto a y, cioè una coppia di vettori (x,y) che rappresenti simultaneamente un punto di massimo rispetto ad x e di minimo rispetto ad y della funzione F(x,y). Date queste assunzioni, tale punto ottimale esiste ma non è necessariamente unico. Una 6 diversa coppia (x,y) può dare infatti lo stesso “miglior” valore di F(x,y). La mancanza di unicità può essere evitata assumendo che la funzione obiettivo sia strettamente concava in x (argomento massimizzante) e strettamente convessa in y (argomento minimizzante). Figura 3 – Rappresentazione grafica di un punto sella F(x,y) F(x*,y) y y* F(x,y*) x* x Secondo Thore è comunque privo di significato indagare se il mondo reale è in equilibrio o meno. La questione importante sembra essere, invece, se un modello di equilibrio o un modello di disequilibrio possa meglio spiegare le osservazioni empiriche. Su questa affermazione si può essere d’accordo, ma a patto di non capovolgere i termini del problema anteponendo le tecniche matematiche alla spiegazione economica, che dovrebbe sempre precederle. A tal fine, e in un’ottica strumentale all’approfondimento tematico, integrano l’approccio à la Thore alcuni nuovi strumenti di analisi della Logistica economica e cioè: 1) Invarianza 2) Trasversalità 3) Compensazione 4) Autoregolazione 7 Questi strumenti-obiettivo dell’analisi logistico-economica possono essere utilizzati simultaneamente o alternat ivamente nelle diverse applicazioni di settore e spazio-territoriali, rappresentando, sia per gli operatori privati che per le autorità pubbliche, un utile supporto alle decisioni in ambito logistico e ponendo le basi per ulteriori sviluppi futuri in quest o campo (fig.4). Secondo questa prospettiva, la Logistica economica si apre al contributo di altre discipline per una migliore interpretazione della realtà e per la soluzione di problemi concreti. Quale scienza economica dei flussi, nel loro governo e per il loro equilibrio, e quindi anche per l’equilibrio dei prezzi, essa riguarderà persone, merci, servizi, veicoli ed unità standard che interessano un territorio, sia direttamente in quanto luogo di origine o destinazione, sia come transito. Figura 4 – Gli strumenti -obiettivo di analisi della Logistica economica Invarianza (posizionamento (posizionamento e riposizionamento delle delle attivit attivitàà:: frazioni frazioni produttive, produttive, assemblaggio assemblaggio ee distribuzione) Trasversalità Compensazione (confronto tra itinerari itinerari plurimodali plurimodali alternativi al tutto tutto--modo; modo; concentrazione dei flussi come stock) stock) (sfruttamento (sfruttamento dei vuoti vuoti marginale valore valore in in trasporti trasporti unificati unificati per per superare superare le le situazioni situazioni di di dispersione dispersione di capacit capacitàà)) Governo ed equilibrio dei flussi Autoregolazione (interferenza (interferenza sul sul flusso flusso per per regolarlo) regolarlo) La Logistica economica definisce il flusso come composto da una sequenza omogenea di mezzi di trasporto, unità standard e merci trasportate lungo determinate direttrici di traffico e dove valgono le seguenti definizioni: ü il flusso è regolato; ü nel trasporto merci, il flusso di veicoli e standard su una determinta direttrice è bidirezionale ed asimmetrico nelle capacità; ü il criterio di interferenza tra due elementi del flusso, siano veicoli o standard, deve essere volto alla ottima fluidificazione fra viaggio ed operazioni terminali, per ottimizzare i tempi totali. Nel prossimo paragrafo saranno esposti i fondamenti teorici del modello di 8 invarianza. Comunque, da non sottovalutare la compensazione dei processi, nel concetto di “vuoto marginale-valore”, che mette in risalto la possibilità di creare ricchezza dai residui fisici (ad es. la reverse logistics) e da capacità produttive inutilizzate (ad es. i ritorni a vuoto). Altro strumento di analisi e di riflessione è costituito dalla trasversalità, ovvero la individuazione e valutazione di itinerari logistici alternativi al tutto-modo che concorrono all’equilibrio dei flussi nello spazio, generando nuove opportunità in termini di sviluppo dell’intermodalità, nonché di attività logistiche legate alla rottura e lavorazione dei carichi unitizzati. Infine, strategico appare anche il ricorso a sistemi di regolazione, tassazione ed autoregolazione: sistemi che, ricorrendo in particolare alla leva fiscale e/o a dispositivi sanzionatori (ad es. la patente a punti), consentono di avvicinare i mercati all’equilibrio. 3. Logistica e localizzazione delle attività economiche La Logistica economica deve essere considerata un elemento cardine delle politiche sociali ed un elemento influenzante lo sviluppo alle diverse scale territoriali, con particolare riferimento alla localizzazione delle attività economiche. Considerando che ogni attività umana ha una caratterizzazione spazio-temporale e territoriale, si dovrebbe comprendere il ruolo strategico di logistica e trasporti, quali elementi di supporto delle relazioni spaziali. La specificità delle infrastrutture logistiche e dei trasporti costituiscono un supporto al consumo (soddisfacimento dei bisogni), alla produzione (quale componente essenziale della divisione del lavoro nonché della commercializzazione) ed alla integrazione economica e sociale tra i sistemi territoriali. Di conseguenza, il ruolo della logistica nello sviluppo economico ruota essenzialmente attorno a due elementi fondamentali: l’accessibilità e le modificazioni della struttura produttiva (localizzazione, rilocalizzazione e delocalizzazione industriale e distributiva) e del modello dei consumi derivanti da una diminuzione generalizzata dei costi di trasporto (la cosiddetta “banalizzazione”) a seguito della crescita di capacità dei sistemi a rete di servizi regolari di linea. L’evoluzione che sta vivendo il settore dei trasporti nell’epoca dei mercati globali ha provocato una rilettura delle teorie classiche di allocazione delle risorse e di localizzazione delle attività produttive. Dalla teoria ricardiana dei vantaggi comparati (legata alle differenze nelle dotazioni dei fattori dei vari paesi, fattori che sono perfettamente mobili e sostituibili solo all’interno di ciascun paese), si è ora giunti invece allo studio del posizionamentoriposizionamento degli input e, conseguentemente, allo studio dell’invarianza del valore degli stessi fattori nello spazio globale. Vi è una nuova geografia mondiale della produzione industriale: la localizzazione delle attività non è più tanto funzione della produzione ma piuttosto della distribuzione. Il risultato 9 visibile è la trasformazione dei sistemi di produzione in unità di “assemblaggio” multilocalizzate. Le leggi classiche della produzione risultano molto diverse da quelle della distribuzione/consumo: le prime, privilegiando la stabilità, impongono che il processo produttivo avvenga in modo geograficamente concentrato e per grandi quantità; il consumo, al cont rario, pretende di avere beni in piccole quantità ed in prossimità del luogo dove le famiglie risiedono e lavorano. Poiché c’è questa differenza di luogo e di tempo tra produzione e consumo, la logistica attua una distribuzione nel tempo e nello spazio delle merci prodotte dall’agricoltura e dall’industria. La logistica è perciò un processo di creazione di utilità (di tempo, di luogo e di quantità), e l’utilità consiste proprio nel fatto che il consumatore ha ciò che desidera, quando lo desidera, dove lo desidera e con le giuste informazioni. In un mondo caratterizzato da elevata frammentazione dei processi produttivi, i volumi e la composizione merceologica dei flussi del commercio internazionale assumono significati diversi da quelli legati all’approccio tradizionale in cui solo le merci finali sono oggetto di scambio internazionale. Questo nuovo contesto implica appunto una revisione del concetto classico di vantaggio comparato, in quanto il prodotto assume una concezione dinamica, potendo essere frazionato in molti sub-prodotti quanti sono i passaggi di frontiera che le diverse componenti compiono fino alla sua commercializzazione. In particolare, i servizi logistici possono agevolare al meglio i suddetti processi, integrando e combinando in modo efficient e fattori reperiti al minor costo sui mercati internazionali, a prescindere dalla loro differente collocazione geografica, per l’ottenimento dei prodotti finiti. Emerge quindi anche un problema di analisi ed interpretazione della tipologia e della direzione dei flussi di commercio. Parlare di invarianza degli input nello spazio significa che la scelta concreta tra diversi progetti di localizzazione della produzione può essere effettuata partendo dal cosiddetto tasso logistico, il quale misura l’incidenza del costo del trasporto e delle altre attività logistiche sul prezzo dei prodotti, consentendo quindi di determinare il costo-opportunità della localizzazione degli investimenti nello spazio a parità di altre condizioni. Una volta individuato questo tasso, la convenienza relativa al posizionamento in un’area geografica potrà essere valutata in funzione della differenza tra questo tasso e quello relativo ad altri progetti alternativi. Il modello di analisi dell’invarianza basata sul tasso logistico (Forte 2003b, 2003c) va utilizzato considerando in particolare la sostituibilità tra il costo generalizzato di trasporto (Ct) e il costo delle altre attività logistiche (Cal). Un’impresa può decidere di sopportare i due costi in un determinato rapporto (Ct/Cal) secondo le proprie preferenze, ottenendo in cambio una più o meno ampia gamma di scelte localizzative. Ovviamente, tale discrezionalità a 10 disposizione delle imprese dipende dalla disponibilità di un’organizzazione a rete di servizi logistici e di trasporto nello spazio. Occorre tener presente che anche la teoria del commercio internazionale di Paul Krugman (1991) considera la possibilità di equilibri spaziali multipli delle imprese favoriti, in questo caso, da bassi costi di trasporto, rendimenti crescenti ed esternalità positive derivanti dalla domanda. In particolare, Krugman immagina un paese in cui vi siano solo due possibili localizzazioni della produzione, Est e Ovest, nonché due tipologie di processi produttivi, industriale ed agricola. Per semplicità si suppone che: − le derrate agricole sono prodotte usando un fattore localizzato (terra); − la popolazione agricola è divisa esogenamente ed equamente tra le due localizzazioni; − la forza lavoro industriale in ogni località sia proporzionale alla produzione manifatturiera in quella località. Indicando con π la quota di popolazione totale impiegata nell’industria, con SM la quota di forza lavoro industriale impiegata a Ovest, con SN la quota della popolazione totale residente a Ovest, e considerando che l’Ovest ospita metà degli agricoltori, risulta che: sN = 1− π + πs M 2 Ipotizzando che la domanda di ogni bene manufatto in ogni località sia strettamente proporzionale alla popolazione, se il costo fisso d’impianto non è troppo grande rispetto al costo di trasporto, una ripartizione sufficientemente equa della popolazione tra le due regioni indurrà i produttori a localizzarsi in entrambi i mercati. Invece, se i costi totali di trasporto risultano inferiori ai costi fissi, è più conveniente servire una regi one (periferia) posizionandosi dall’altra (nucleo). In particolare, se x sono le vendite di un’impresa industriale, F il costo fisso per creare uno stabilimento distaccato e t il costo di trasporto per spedire un’unità di manufatto da Est a Ovest e viceversa, sarà certamente più conveniente servire l’Ovest a partire da un impianto a Est se: s N xt < F Risulterà invece più conveniente servire l’Est da Ovest se: (1 − s N )xt < F Infine, sarà conveniente avere un impianto in ciascuna regione se nessuna delle due situazioni precedentemente indicate si verifica, e cioè se: 11 F F < sN < 1 − tx tx Naturalmente, qualora risulti che F > tx/2, sarà sempre conveniente servire entrambi i mercati con un singolo impianto, anche se la popolazione è equamente distribuita. La Logistica economica impone un maggiore consolidamento modellistico ed operativo del legame funzionale dei trasporti terrestri (gomma, ferro, vie d’acqua interne) rispetto alle navigazioni marittime ed aeree, considerando gli effetti di dipendenza sui servizi e sulle infrastrutture, con possibilità di sostituire il fattore trasporto ad altri fattori produttivi e logistici. In ogni caso, però, la funzione costo del trasporto legata allo spazio-distanza diviene meno determinante, mentre acquista importanza la funzione “tempo” internalizzata nel costo totale dei servizi logistici. Attualmente, la condizione imposta al trasporto dalla partecipazione all’economia globalizzata è quella dell’accessibilità alle grandi reti, che hanno razionalizzato i flussi di scambio internazionale di merci fornendo regolarità e stabilità alla domanda e, soprattutto, provocato l’abbassamento del costo di trasporto a livello macro-spaziale. Di conseguenza si sono creati dei corridoi trasportistici intercontinentali e relativi flussi bi-direzionali di unità di carico standard, rispetto ai quali alcuni paesi hanno potuto usufruire - nel commercio internazionale - dei vantaggi connessi al loro accesso alla rete logistica globale. Un esempio è dato dal forte incremento delle importazioni di prodotti dalla Cina. Infatti, beni di consumo di massa a basso costo (e non sempre di scarsa qualità) risultano disponibili sui mercati europei e americani, stimolando i Paesi del Far East ad aumentare gli investimenti infrastrutturali al fine di poter meglio gestire la rete produttiva e distributiva a livello internazionale. La modernizzazione dei trasporti e dei servizi logistici in Cina è tra le priorità del piano governativo quinquennale 2001/2005, che prevede l’ampliamento della rete stradale di ulteriori 200 mila chilometri, con la costruzione di arterie stradali tra Pechino, Zuhai, Shangai e Chendu. Nel 2010 si prevede ad esempio l’estensione della rete stradale a 1,4 milioni di chilometri, mentre la rete ferroviaria raggiungerà un’estensione pari a 100 mila chilometri. Per quanto riguarda invece il traffico aereo, è previsto lo sviluppo ulteriore degli hub di Pechino, Shangai, Canton, nonché il potenziamento delle infrastrutture localizzate nelle zone occidentali del Paese. Sono previsti infine investimenti volti a potenziare anche il già florido sistema dei porti marittimi e fluviali. Sembra significativo far notare come in Cina, a fronte di una crescita annuale del PIL del 7-9% (tab.1), i volumi containerizzati siano cresciuti del 25-30% anno dopo anno nel corso dell’ultimo decennio, e tale tasso non mostra alcun segnale di rallentamento. Le navi portacontainer che percorrono in direzione 12 ovest la rotta Cina-Europa, oppure le tratte transpacifiche in direzione est, operano regolarmente con fattori di carico prossimi al 100%. Tabella 1 -Tassi di crescita del PIL (in %) 1999 2000 2001 Usa 4,1 3,8 0,3 Area Euro 2,8 3,5 1,6 di cui: Italia 1,7 3,3 1,7 Cina 7,1 8 7,3 Fonte: FMI, Consensus Forecasts e OCSE 2002 2,4 0,9 0,4 8 2003 2,9 0,5 0,5 8,5 2004 4,2 1,8 1,6 7,9 In termini di flussi generali di scambio, mentre dal 1992 al 2002 il traffico mondiale di beni fisici (misurato in valore) è cresciuto del 71%, l’export della Cina è aumentato del 283%, superando Canada, Italia, Gran Bretagna e raggiungendo l’80% di quello giapponese; inoltre, il valore dei volumi esportati verso l’Unione Europea è più del doppio di quelli importati (tab.2). E’ comprensibile quindi che tante società straniere (dalle multinazionali produttrici di beni di consumo ai fornitori di logistica e agli operatori portuali) siano interessate ad istituire una presenza in quel Paese. Tabella 2 – Scambi commerciali UE-15/Cina (miliardi di euro) Export UE verso la Cina Import UE dalla Cina Saldo commerciale 1998 17,1 41,8 -24,7 1999 19,4 49,6 -30,2 Anni 2000 25,5 70,2 -44,7 2001 30,1 75,9 -45,8 2002 34,0 81,3 -47,3 gennaio-agosto 2002 2003 21,8 26,0 51,5 58,9 -29,7 -32,9 Fonte: Istat Le figure 5 e 6 dimostrano l’asimmetricità nella movimentazione di unità di 4 carico standard tra alcuni Paesi asiatici ed il mondo occidentale . Nell’ambito dell’intera industria dei tras porti internazionali e delle attività produttive e commerciali che dipendono da essa non vi è alcun settore che in qualche modo non subisca le conseguenze di ciò che sta accadendo in Cina. 4 Con riferimento ai flussi asimetrici, attraverso idonei incentivi di organismi sovranazionali, si potrebbero attivare deviazioni di traffico dalle rotte marittime principali per consentire ai Paesi caratterizzati da situazioni di estrema pov ertà di avere forniture di generi di prima necessità a costo quasi nullo di trasporto, fornendo in cambio le loro risorse inutilizzate. 13 Figura 5 – Asimmetria dei flussi marittimi unitizzati tra SE Asiatico e Nord America (M TEU) Sud Est Asiatico (Singapore, Malesia, Filippine, Indonesia, Tailandia e Vietnam) - Nord America 2002 2003 2004 2005 1.539.032 629.614 1.467.751 600.935 1.402.194 574.490 550.429 1.317.346 532.988 1.285.397 Nord America (Canada e Stati Uniti)- Sud Est Asiatico 2006 Fonte: Containerisation International, Aprile 2004 Figura 6 – Asimmetria dei flussi marittimi unitizzati tra Asia Orientale ed Europa (M TEU) Asia Orientale (Cina, Hong Kong, Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Singapore, Malesia, Filippine, Indonesia, Tailandia e Vietnam - Europa) 2003 2005 Fonte: Containerisation International, Aprile 2004 14 2006 3.358.136 7.650.789 3.193.600 7.204.797 6.763.996 2004 3.035.458 2.880.222 6.328.765 5.426.027 2002 2.822.471 Europa - Asia Orientale Tali cambiamenti comportano grandi ripercussioni sulle economie mondiali, imponendo strategie di ristrutturazione ed adeguamento di imprese e territori. In questo quadro, il trasporto intermodale deve svilupparsi su reti dove il trasferimento avviene in un processo continuo integrando diverse funzioni produttive e di servizio, nonché facendo assumere ai nodi logistici la funzione di centri nevralgici dell’attività economica globalizzata. In un quadro dinamico, al posizionamento precedente di una struttura produttiva e/o distributiva segue solitamente un nuovo posizionamento delle attività complementari entro schemi del tipo “ inside-outside” (fig.7). Figura 7 – Posizionamento-riposizionamento delle attività nello spazio Flussi Flussi orizzontali orizzontali Architettura Architettura reti Hube & Spoke Spoke Rotte Pendulum e Circolari Rotte Circolari Inside Inside Outside Liners Flussi verticali verticali Flussi verticali verticali general cargo general e carichi unitizzati Riposizionamento Riposizionamento Localizzazione Localizzazione Puntuale Produzione Distribuzione Distribuzione Stoccaggio Consumi Accumulazioni Accumulazioni Crescite Posizionamento Posizionamento Localizzazione Localizzazione puntuale Localizzazione puntuale Infrastrutture logistiche Localizzazione Puntuale Puntuale Produzione Produzione Distribuzione Stoccaggio Stoccaggio Consumi Consumi Accumulazioni Crescite Crescite Infrastrutture logistiche logistiche Si tratta di un sistema di relazioni complesse che vede emergere come protagonisti del mercato coloro che sapranno meglio sfruttare le interazioni interne ed esterne, cogliendo le opportunità che emergono da situazioni di disomogeneità positiva tra grado di maturità della domanda e grado di maturità dell’offerta di prodotti e servizi. Di conseguenza, prospettando scenari futuri per tutti i Paesi attualmente in via di sviluppo, si potrebbe prevedere l’estensione mondiale, attraverso una fitta rete logistica, dei grandi consumi di massa relativi a beni durevoli e servizi, e cioè, secondo l’interpretazione dello sviluppo economico à la Rostow, il quinto stadio della crescita economica. In particolare, tre sono le modalità attraverso cui un’impresa può espandere la sua capacità produttiva: espansione in loco (inside expansion), delocalizzazione 15 “parziale” (branching o multilocalizzazione) e delocalizzazione “completa” (outside relocation o rilocalizzazione). Da un punto di vista più strettamente spaziale, si possono avere tre tipi di movimenti: intra-regionali, interregionali e internazionali. Gli spostamenti di breve ra ggio, all’interno di una stessa regione, sono legati essenzialmente alla crescita dimensionale dell’impresa. I movimenti interregionali, invece, hanno da sempre attirato l’attenzione degli studiosi nel campo delle scienze territoriali per le implicazioni in termini di occupazione. Si pensi, ad esempio, alle politiche di decentramento produttivo dalle aree più congestionate verso le “periferie dello sviluppo” adottate da alcuni paesi avanzati (dal dopoguerra agli anni Settanta) per risolvere gli squilibri interregionali. Il decentramento all’estero della produzione è un argomento da tempo oggetto di attenzione per le conseguenze economiche e sociali a livello internazionale. Ecco, quindi, che l’approccio della Logistica economica ai problemi di equilibrio, in termini industriali e trasportistico-infrastrutturali, può essere visto sia a livello macro-spaziale, dove i flussi si sviluppano secondo modelli organizzativi del tipo hub and spoke su reti “a maglie larghe”, sia a livello micro, e cioè considerando la stessa logica organizzativa in ambiti spaziali più ristretti (regionali ed urbani). In quest’ultimo caso, si tratterà di individuare, da un lato, quali risorse di milieu si attivino per reagire al posizionamento e/o riposizionamento di un’attività in rete con sistemi sovralocali e, dall’altro, quali specificità locali possano rappresentare un fattore di attrazione in contesti che aspirano a diventare sede di funzioni produttive e logistiche avanzate. Mentre il tradizionale sistema a rete prevede che i centri di raccolta e distribuzione delle merci operino in maniera indipendente e spesso in situazione di sovrapposizione spaziale-merceologica, la logica hub and spoke prevede la concentrazione dei traffici su pochi punti (hub) che diramano veicoli, unità standard e merci verso strutture periferiche (spoke) da cui hanno poi origine le consegne finali su brevi itinerari (fig.8). Il modello dei centri di smistamento centralizzati, largamente diffuso nel traffico marittimo, dove i cosiddetti “ transhipment hub” sono posizionati lungo le tratte servite da grandi navi che effettuano servizi intercontinentali (fig.9), si sta, anche se lentamente, diffondendo nella distribuzione terrestre. In campo marittimo tale soluzione risponde alla necessità degli armatori di massimizzare i carichi delle grandi navi; in campo terrestre la logica in oggetto prevede lo sviluppo di due distinte strutture logistiche in qualità di hub primari, come ad esempio l’interporto di grandi dimensioni e il terminal cargo aeroportuale. Gli spoke, invece, sono rappresentati dai collegamenti con gli hub di livello inferiore (ad es. piattaforme logistiche di medio-piccole dimensioni), che movimentano lotti di merce a scala progressivamente decrescente, posizionandosi nelle immediate vicinanze della destinazione finale delle merci. 16 Figura 8 – Modello distributivo tradizionale e modello hub and spoke MODELLO CLASSICO MODELLO HUB AND SPOKE Hub Hub Figura 9 – Itinerari marittimi intercontinentali Gibraltar Bosporus Suez Hormuz Bab el-Mandab Panama Malacca Good Hope Magellan Fonte: Rodrigue, 2004 In ogni caso, occorre ricordare che il modello di pianificazione delle reti distributive basato sul concetto dell’hub and spoke si è sviluppato nei primi anni ’80 nel settore del trasporto aereo di passeggeri, affermandosi poi come modello distributivo tipico dei corrieri espresso e dei grandi spedizionieri internazionali. In generale, tale modello si é dimostrato particolarmente valido nel caso di reti composte da molti nodi di origine/destinazione sparsi su una vasta area geografica, con flussi di traffico bilanciati nelle due direzioni (andata/ritorno). Tale logica organizzativa estende nello spazio, mediante 17 maggiori economie di scala nel trasporto, i potenziali di accessibilità alle reti logistiche, favorendo l’aggancio a catene di distribuzione più efficienti e meno costose. 4. Considerazioni conclusive In questa fase di approfondimento ed ulteriore consolidamento della Logistica economica quale branca dell’Economia applicata, è opportuno che si approfondiscano i modelli concettuali di analisi, avvalendosi certamente anche delle tecniche per la simulazione e la valutazione della fattibilità (economia matematica, econometria, statistica applicata, ecc.), intese però in chiave strumentale e non come obiettivo finale. Il percorso dovrebbe essere quello di specificare meglio i flussi all’esterno del “sistema impresa” nelle maglie larghe (globalizzazione) e nelle maglie strette (regional e city logistics). Bibliografia Armstrong Harvey, Taylor J. (2000), Regional Economics and Policy, Blackwell. Bologna S. (1998), “Trasporti e logistica come fattori di competitività di una regione”, in Perulli P. (a cura di), Neoregionalismo. L’economia-arcipelago, Bollati Boringhieri. Borruso G., Polidori G. (a cura di) (2003), Trasporto merci, logistica e scelta modale. I presupposti economici del riequilibrio modale in Italia, Franco Angeli, Milano. Boscacci F. (a cura di) (2003), La nuova logistica: un’industria in formazione tra territorio, ambiente e sistema economico, Egea, Milano. Camagni R., Capello R. (a cura di) (2002), Apprendimento collettivo e competitività territoriale, Franco Angeli, Milano. Centro Studi Confetra, dati statistici, documenti e pubblicazioni disponibili sul sito http://www.confetra.it. 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