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Fiscal News
La circolare di aggiornamento professionale
N. 74
12.03.2014
IRPEF: cessione immobili da
demolire
Per la Cassazione, la cessione di un fabbricato da
demolire non può essere riqualificata in cessione di area
edificabile
A cura di Giuseppe Rebecca e Giulia Lovato
Categoria: IRPEF
Sottocategoria: Redditi diversi
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4150, depositata il 21 febbraio 2014, è intervenuta sul tema
della cessione degli immobili da demolire. Finalmente è stato stabilito, in contrasto con l’orientamento
dell’Agenzia delle Entrate, che invece persiste dal 2008, che la cessione di un fabbricato da demolire non
può essere riqualificata in cessione di area edificabile.
Premessa
La cessione di immobile da demolire non può essere considerata cessione di
terreno edificabile. Così (finalmente) afferma, molto chiaramente, la Corte di
Cassazione, con la recente sentenza n. 4150, depositata il 21 febbraio 2014.
E
così
verrà
(si
spera)
interrotto
il
filone
degli
accertamenti
dell’Amministrazione Finanziaria, che costantemente riqualifica le cessioni di
immobili da abbattere in cessioni di terreni, con tutte le conseguenze del caso.
La Risoluzione n. 395/E del 22 ottobre 2008 dell’Agenzia delle Entrate, è il
documento all’origine di questa prassi dell’Amministrazione Finanziaria.
In risposta all’interpello di un contribuente, l’Agenzia delle Entrate aveva
stabilito che la cessione di un immobile ricompreso in un Piano di Recupero e
destinato alla demolizione, andava considerata cessione di area edificabile.
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Con la conseguenza che il cedente si vedeva tassata la plusvalenza, a
prescindere dalla durata del possesso del fabbricato (o meglio del terreno).
L’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate è stata poi estesa alle cessioni di
immobili da abbattere in generale.
Si era anche arrivati ad una esasperazione dei concetti: per esigenze di cassa,
l’Agenzia, infatti, suggeriva, nella stessa Risoluzione n. 395/E/2008, la possibilità
di attuare una rivalutazione «ai sensi dell'art.1, comma 91, della legge
n.244/2007 (finanziaria 2008)», ovvero una rivalutazione del terreno.
Nell’ambito, però, di una cessione che aveva come oggetto un fabbricato, non
un’area!
Il contribuente, pertanto, nella previsione di vendita di un fabbricato da
demolire, si sarebbe preventivamente dovuto munire di una perizia di stima
asseverata attestante il valore del terreno e non dell’immobile, al fine di
consentire
l’affrancamento
del
plusvalore,
ovviamente
a
pagamento.
Dopodiché, nella redazione dell’atto di cessione di fabbricato (che, al contrario
dell’atto di cessione di terreno, non necessita del certificato di destinazione
urbanistica), avrebbe dovuto apporre tutti gli estremi dell’immobile, comprese
le autorizzazioni amministrative, oltre che indicare la perizia effettuata sul
terreno; infine, avrebbe dovuto dichiarare, ai fini delle imposte dirette, il
reddito diverso. Una situazione alquanto contorta e comunque priva di logica.
La motivazione alla base della presa di posizione dell’Amministrazione
Finanziaria, ribadita tra l’altro anche in successive occasioni1, è molto
semplice: pura esigenza di gettito. Non si vedono, infatti, altre valide
spiegazioni.
Ricordiamo che, secondo l’art. 67 TUIR, comma 1, lett. b), sono redditi diversi,
sottoposti a tassazione:
•
le plusvalenze derivanti da cessione a titolo oneroso di beni immobili
acquisiti/costruiti da meno di 5 anni, esclusi quelli ottenuti per
successione;
•
in ogni caso, le plusvalenze derivanti da cessioni a titolo oneroso di
terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, secondo gli strumenti
urbanistici vigenti al momento della cessione.
Pertanto, riqualificare la cessione di un immobile posseduto da più di 5
anni in terreno edificabile, consente al fisco di trasformare una plusvalenza
che sarebbe non tassabile in plusvalenza tassabile.
Questo il risultato: qualora si ceda un fabbricato che potrebbe essere demolito
e magari facente parte di un Piano Urbanistico, si potrebbe incorrere nel rischio
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– per non dire certezza! – che la cessione del fabbricato venga riqualificata in
cessione di area edificabile.
Da qui i numerosi accertamenti sulla materia ed il conseguente contenzioso
davanti alle Commissioni Tributarie1.
Mancava però, finora, una chiara sentenza di legittimità sulla questione.
La sentenza
della
Cassazione
Il caso trattato nella sentenza della Cassazione n. 4150/2014, riguarda la
vendita di un capannone ad uso commerciale, avvenuta in data 14 dicembre
2000 (quindi ante Risoluzione n. 395/E/2008), per la quale il contribuente si è
visto accertare la plusvalenza di euro 370.573.000 e la relativa imposta pari ad
euro 49.071,15, oltre sanzioni ed interessi. Il ricorso del contribuente,
inizialmente rigettato dalla CTP di Ravenna, è stato, invece, accolto dalla CTR
di Bologna con sentenza del 6 novembre 2006, la quale evidenziava che
«oggetto della cessione era un capannone ad uso commerciale e non un
terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti
urbanistici vigenti al momento della cessione, come invece richiesto, per
tassare la plusvalenza, dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 81 [ora art. 67], comma 1,
lett. b.».
L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso in Cassazione, ritenendo che l’art. 67
si riferisce non solo alle vendite di terreni “nudi”, bensì anche a quelli che,
seppur già edificati, conservano la loro capacità edificatoria in base al piano
regolatore generale.
La Cassazione ribatte proprio su questo punto: il terreno in questione, sul
quale insiste il fabbricato, va considerato terreno edificato nonostante
faccia parte di un piano regolatore generale, e non, invero, terreno
suscettibile di utilizzazione edificatoria.
Sottolinea nuovamente la Corte che oggetto della cessione è, quindi, un
capannone ad uso commerciale e relative pertinenze, tanto che lo stesso
risulta censito al catasto dei fabbricati, e non a quello dei terreni. A nulla rileva
il fatto che, l’immobile «insorga su terreno che abbia una ulteriore potenzialità
edificatoria, o che in base a non oggettivamente riscontrate (v. CTR) intenzioni
delle parti, il capannone medesimo sia stato destinato alla demolizione.».
1
Tra le decisioni più recenti a sostegno della tesi dell’Agenzia: CTR di Roma, sentenza n. 37 del 17 febbraio 2012; CT di I grado di Bolzano, sentenza n. 87 del 17 giugno 2013. Tra le più recenti, in opposizione alla tesi dell’Agenzia: CTP di Modena, sentenza n. 78 del 29 febbraio 2012; CTP di Reggio Emilia, sentenza n. 86 del 26 marzo 2013; CTP di Cremona, sentenza n. 45 del 3 maggio 2013; CTP di Ancona, sentenza n. 125 del 9 maggio 2013; CTP di Milano, sentenza n. 271 del 7 ottobre 2013. Informat srl
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Una decisione, invero, frettolosa e poco motivata, ma comunque molto
importante, nonostante faccia riferimento ad un caso ante Risoluzione n.
395/E/2008.
Le nostre
obiezioni
Consistente è la dottrina2 che, come noi3, non ha mai condiviso la tesi
dell’Amministrazione Finanziaria, secondo cui la cessione di un immobile da
demolire debba essere equiparata alla cessione di un’area.
Non pare, infatti, accettabile che l’intenzione dell’acquirente di (forse) demolire
il fabbricato, si possa ripercuotere sulla sfera tributaria del cedente, soprattutto
considerando che oggetto del contratto e dell’atto di vendita è un fabbricato e
non un terreno. Inoltre, tale riqualificazione viene effettuata solo ai fini delle
imposte dirette.
Ricordiamo che, in occasione di Telefisco del 26 gennaio 2011, l’Agenzia delle
Entrate ha sottolineato che, ai fini Iva rileva la natura oggettiva del bene
ceduto, a prescindere quindi dalla destinazione del bene da parte
dell’acquirente. In altre parole, ai fini delle imposte indirette, la cessione di un
fabbricato, seppur da demolire, resta cessione di fabbricato. Ma è possibile
dare ad un atto unico una doppia valenza tributaria? A nostro parere, no!
Giova anche richiamare in questa sede, per evidenziare l’assurdità della presa
di posizione dell’Agenzia delle Entrate, la tematica dei provvedimenti “piano
casa”, che, con l’obiettivo di agevolare gli interventi urbanistici, consentono, a
certe condizioni, di incrementare la volumetria dei fabbricati. Presupposto
ovvio è, dunque, la presenza del fabbricato da ampliare, e non una “nuda” area
edificabile: non è possibile ampliare la volumetria di un immobile non ancora
esistente.
Il fabbricato oggetto di “piano casa”, inoltre, può essere abbattuto, al fine di
realizzare
la
nuova
costruzione.
In
tale
contingenza,
la
tesi
dell’Amministrazione Finanziaria si scontra addirittura con la normativa: infatti,
mentre secondo il provvedimento “piano casa” si sarebbe senza dubbio in
presenza di un fabbricato, altrimenti non ci sarebbero i presupposti per
l’applicazione del provvedimento in esame, ai fini delle imposte dirette si è in
presenza di un’area edificabile.
2
Si vedano, tra i più recenti: G. Gavelli, M. Targhini e R L, “«Riqualificazione» da fabbricato a terreno edificabile e accertamento di plusvalenza «speculativa»” in Dialoghi Tributari n. 6/2012; Il Notariato, Studio n. 24/2012/T del 20.12.2012; G. Gavelli, M. Targhini e R L, “Conferme giurisprudenziali che i fabbricati demoliti dall’acquirente restano tali ai fini tributari” in Dialoghi Tributari n. 3/2013. 3
G. Rebecca, “Riqualificabilità della cessione di fabbricato da demolire in cessione di terreni”, Il Fisco n. 37/2010; G. Rebecca, “Cessione di fabbricati da demolire”, Il Fisco n. 13/2011; G. Rebecca, “Il fabbricato da demolire e le imposte”, Il Fisco n. 33/2011; e, da ultimo, G. Rebecca e G. Lovato, “Cessione di immobili da demolire: cessione di area edificabile o di fabbricati?”, Il Fisco n. 3/2014. Informat srl
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Una situazione contorta, come abbiamo già visto: da un punto di vista
oggettivo, di diritto e ai fini delle imposte indirette siamo chiaramente di fronte
ad una cessione di fabbricato; ai fini delle imposte dirette, invece, il bene
ceduto non è più un fabbricato, bensì un’area, per l’Amministrazione
Finanziaria. Assurdo!
Conclusioni
Finalmente, dunque, una sentenza di legittimità che ha confermato quanto
ribadito da tempo dalla dottrina avversa alla Risoluzione n. 395/E/2008: la
cessione di un immobile edificato su un’area che abbia un’ulteriore potenzialità
edificatoria, e che sia o meno, secondo le intenzioni delle parti, destinato alla
demolizione, resta cessione di immobile, e non può essere legittimamente
riqualificata in cessione di area edificabile sulla base di mere esigenze di
gettito dell’Amministrazione Finanziaria.
Consola vedere questi primi segnali di svolta da parte della giurisprudenza di
legittimità.
A questo punto si confida che l’Amministrazione Finanziaria ne prenda atto e
che anche il contenzioso in essere venga abbandonato. Certamente, in questo
senso, dovrebbe essere emmessa una direttiva da parte degli uffici centrali,
altrimenti i singoli uffici periferici continuerebbero ad operare come hanno
sempre fatto.
Ci sarà questa lungimiranza? Non sapremmo.
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