D Z - Chi è don Zeno
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D Z - Chi è don Zeno
http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti Don Zeno Saltini (1900-1981), prete di frontiera. Negli anni ‘50 manda in bestia chierici e laici: “Se ci sono i poveri, non ci sono i cristiani…”. Nasce a Fossoli di Carpi (MO) il 30 agosto 1900. “Un tino sociale in ebollizione. Perché si nasce ricchi e poveri? A 14 anni rifiuto la scuola: è lì che la società ci divide. M’immergo nella vita dei contadini e vivo libero come gli uccelli dell’aria. 1920: il contraddittorio con un commilitone anarchico mi fa decidere di cambiare civiltà in me stesso: non più padrone, non più servo. Dai venti ai trent’anni, tante iniziative, sempre alla ricerca di realizzare il mio sogno: non mettere cerotti, ma ricostruire la vita sociale secondo la fede. Amico di tutti, anche dei piccoli delinquenti. Più studio da avvocato per difenderli in tribunale, più mi rendo conto che hanno bisogno di ritrovare una famiglia. A 31 anni, sacerdote, prendo come figlio Barile, appena uscito dal carcere: il primo di 4000. La canonica viene invasa dai figli abbandonati, che suddivido in famigliole. 1941: una ragazza scappa di casa per fare da mamma. Poi la guerra, il crollo. Giro con la fisarmonica, propongo di fraternizzare le famiglie, parlo nelle piazze: Applicate la fede integralmente. 1945: lancio il Movimento della fraternità umana, popolarmente detto dei due mucchi: chi ha i soldi da una parte, chi non li ha dall’altra e si va al potere. 1 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti 1948: i giovani rimasti con me si sposano ed accolgono figli abbandonati alla pari dei propri. Il popolo rifiuta di fraternizzarsi e noi occupiamo l’ex-campo di concentramento di Fossoli (MO) per creare un esempio di vita fraterna tra le famiglie. Si buttano giù muraglie e fili spinati con le mani: la guerra degli angeli. Sulle macerie dell’odio nasce Nomadelfia: dove la fraternità è legge. Non più ricchi e poveri, tutti alla pari. 1950: ripropongo al popolo di fraternizzarsi politicamente e ci fanno fallire di nuovo. La DC, per paura di perdere voti, costringe il Vaticano a ritirare i sacerdoti da Nomadelfia (1952). Dispersione e repressione della comunità. 1953: chiedo la laicizzazione per seguire i miei figli dispersi. 1962 riprendo l’esercizio del sacerdozio come parroco della prima parrocchia comunitaria. Varie iniziative: il numero unico, le serate danzanti, la scuola vivente, la stampa, l’università, la nomade, la proposta della democrazia diretta”. - Non si entra in chiesa se non si fanno i conti - Bisogna mettere le calcolatrici davanti ai confessionali - Dio ci ha dato una misura precisa: uno stomaco, non due! - Se io fossi papa, venderei S. Pietro... - Bisogna saltare a piè pari 20 secoli di cristianesimo e… Poteva la chiesa digerire un diverso come lui? - Io sono Paolo di Tarso a Pietro - La rivoluzione comincia dall’alto... - I santi di domani avranno l’umiltà di occupare i posti chiave della chiesa. - Noi ecclesiastici di fronte ai figli alla fame siamo contro natura… 2 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti - Chiamatemi al Sant’Ufficio a dirigere la sezione della giustizia sociale. Faccia conto di creare una fabbrica di acido solforico al Sant’Ufficio. Introduzione Zeno, un uomo che ha scelto per fissa dimora l’utopia. La società esalta l’individuo, lui la comunità; premia il benefattore, lui chi si mette alla pari con il beneficato. Perennemente inquieto, perché la sua chiesa ha perso il treno della storia: “Il mondo non ha bisogno di palliativi, ma di essere rifatto dalle fondamenta”. Solo chi si identifica con la vittima può avere tanta certezza e tanto coraggio. Lui ne ha da vendere fino al punto di inondare Vaticano e adiacenze. Lo incontro nell’effervescente clima de ’68. Lui, l’immaginazione al potere, ce l’aveva messa fin dal 1931 quando prendeva come figlio un ex carcerato. Non per il gusto di fare il babbo-natale dei poverini, ma per impulso interiore: “Vuoi leggere il vangelo? Leggi le lacrime dei traditi dalla vita. Se un figlio ti chiede il papà e la mamma non gli darai l’istituto lucido ma freddo, l’umiliante assistenza ad ore e con lo stipendio… ”. Nel 1948 svuota il brefotrofio di Roma di 120 scartini, i rifiutati dalle famiglie adottive. Pretende mettere fine all’istituzione stessa dell’orfano, cancellarne il termine dal dizionario. Desideravo incontrare un uomo di Dio per vedere come fa ad essere tale senza negare l’uomo. Un uomo completo, non a mezzo, senza fughe in avanti o fuori dalla storia. Non farà mai il cristiano alle spese dell’uomo, nulla rigettando dell’umana 3 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti avventura. Gli piace il rischio d’essere uomo. Per lui sarebbe meglio dichiararci catecumeni, perché i cristiani non sono ancora usciti dalla placenta della storia: “Il cristianesimo è ancora un’idea, un sogno. Grandi opere di assistenza, ma socialmente non è mai esistito. Si parla di crisi di cristianesimo. Macché! è crisi d’umanità, il cristianesimo non è ancora arrivato all’alba”. La sua rabbia: perché spacciare gatto per lepre, far credere che è facile essere cristiani, anche per gli sfruttatori ed i popoli sazi? La sua personalità mi sconcerta: ligio e ribelle, obbediente e rivoluzionario, semplice come un bambino e profondo come un mistico. Come imprigionare nelle parole quella straripante umanità, la sua passione per il cambiamento di rotta? Quel suo raccontare dimesso, la corporatura abbondante, il volto bonario, la battuta tagliente: “L’amore è come una prostituta. Se non si dà a tutti che amore è?”. Il suo esempio provoca, l’eccesso disturba. Gli danno dell’esaltato, megalomane, spregiudicato. Come fa l’amore ad essere omogeneizzato? Un giorno affronta il caso-Vittorio. Dentro e fuori di prigione. La comunità non sa più cosa fare. “Facciamo un patto: quando ti viene voglia di prendere, fammi un piacere, ruba qui dentro, non fuori, altrimenti i carabinieri ti mettono dentro”. Favoreggiamento o istigazione a delinquere? Acrobata di Dio e dell’uomo Sul trapezio del tempo, in cerca d’una proposta alternativa. La sfida del nostro tempo: trovare una soluzione sociale, produrre l’uomo universale, quello che va 4 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti bene a Pechino, a Londra, dappertutto, perché usa il necessario e non fa la guerra al vicino e all’ecosistema. L’uomo delle beatitudini. “Se ne avessimo uno per parrocchia, che forza avremmo in mano! Solo in Italia trentamila uomini nuovi! Non vediamo le potenzialità del Cristo, perché abbiamo una fede troppo minuscola, meschina…”. Nel dopoguerra la sua provocazione è travisata. Il Vaticano coltivava la sindrome rossa, l’inconfessato timore che un governo di sinistra (’48) impedisse al papa di esercitare il suo potere spirituale sul mondo intero. E lui grida in piazza: “Fate due mucchi! Chi ha i soldi da una parte, chi non li ha dall’altra… Che cosa sono due monetine, niente! Ma se le metti davanti agli occhi come fai a vedere gli altri? Dio ha dato una misura precisa: uno stomaco ciascuno, non due. Perché vuoi guadagnare più dell’altro?”. Elettrizza le folle, fisarmonica a tracolla, toccando le corde magiche del cuore. Troppo diverso dal clichè clericale, nulla a che fare con il prete funzionario. Ripete in alto ed in basso: “Le opere di Dio per loro natura portano lo scompiglio nelle coscienze”. Il sogno Il suo sogno: la città di Dio, un modellino di nuova società, far vedere fin dove si può arrivare ad applicare la fede nel sociale. Dimostrare che Cristo non è un cappello da mettere la domenica, ma è valido in tutti i campi. Per i cristiani, una responsabilità storica: se il figlio di Dio si dichiara Salvatore del mondo, significa che sa dire una parola creatrice anche alla famiglia, alla politica, alla società, al lavoro. La storia rigurgita di strategie 5 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti correttive. E Zeno: “Non si può mettere dei pannicelli caldi su un cancro sociale. Penicillina ci vuole!”. Prende il Cristo sul serio: “Gli uomini, per credere, hanno bisogno di vedere un esempio concreto di società fondato sui principi del Vangelo. Bisogna saltare a piè pari venti secoli di cristianesimo e ricominciare da capo”. Negli anni ’50 il sogno della città di Dio è alle stelle: la sua tribù conta 1150 persone, di cui 800 minorenni accolti. La domenica, curiosi e tifosi della carità, invadono la comunità. Il card. Schuster affida una quarantina di abbandonati alle mamme di Nomadelfia e pronuncia parole famose: “Tutto il resto è cornice, Nomadelfia una pagina di Vangelo.”. Il Nunzio, mandato per inquisire, torna entusiasta: “Una città come questa non l’avevo mai vista. Non la si può capire da Roma, bisogna vederla con gli occhi”. Zeno guarda in prospettiva: “Con questo tasso di crescita annua nel 1972, se non succederanno diaspore, saremo 120.000”. E’ logico, quindi, chiedere al Governo un territorio di trentamila ettari solo per cominciare… Il congresso di Nomadelfia (6.2.1952) stabilisce di: “costruire una borgata nomade per la missione al popolo; prepararci a costruire una città in Africa; avere un’ambasciata presso la Santa Sede: il papa oltre che vescovo di Roma sarà anche vescovo della città di Nomadelfia”. La comunità, benedetta dai prelati, ammirata dai visitatori, elogiata dalla stampa, sogna borgate e città. Quali reazioni potevano provocare, al di qua e al di là del Tevere, sfide e denuncie, proiezioni di città fraterne con le vittime della società? Un dossier della prefettura di Modena getta l’allarme: si parla di “amministrazione incontrollata e debiti a 6 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti non finire”. Il Ministro Scelba non accetta Nomadelfia e non ripassa gli aiuti assistenziali. A Zeno non resta che scrivere a Mons. Montini: “Guardi, Eccellenza, che lo stomaco è d’interesse divino… Non sono pazzo…”. Il Ministro invia un rapporto al Vaticano, lamentandosi della fede troppo audace nella Provvidenza e le idee sociali un pò spinte di Zeno. La lezione dell’Arno A vent’anni, sotto le armi, l’Arno gli aveva dato una lezione per il resto della vita. “Da Empoli noi, reclute, agli ordini d’un ingegnere, risaliamo la valle inondata. La gente sui tetti chiede soccorso. Egli ci spinge sempre più su. Arrivati all’argine sfondato tutto diventa chiaro: la vera sapienza é andare all’origine del male, toglierne la causa. Può apparire crudele non prendersi cura delle vittime. Invece c’è chi ha la vocazione del buon samaritano e chi quella di piantare il seme d’una nuova società, nella quale non ci siano più disfunzioni sociali. Se togli la radice del male sociale, non c’è più bisogno di curare le sue vittime”. La più grossa sfida umana: Nè padroni nè servi! E lui a chiedersi le mille volte perché la gente non capisce una cosa così evidente. “Se, sia pur in sogno, mi vedessi sotto padrone, morirei di crepacuore”. La sua ammirazione è per chi non si lascia integrare: zingari, irrequieti sociali, tutte quelle seti di giustizia o “schegge cristiane” - rivoluzioni sociali - condotte al di fuori o contro le insegne ufficiali. Il suo orgoglio: essere seguace del più grande rivoluzionario della storia, Cristo, il capovolgitore. Persino l’autorità civile ed 7 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti ecclesiastica lo temono come un perturbatore: “Nella prefettura di Modena c’è la mia scheda: ‘Zeno Saltini, ribelle all’autorità costituita’. Durante la guerra m’hanno fatto l’onore d’una taglia. A cose fatte mi presento dal Questore: ‘Mi sono trovato io, datemi la mia taglia!’ ”. Briganti della bontà… Come rivelano l’ampiezza del sogno certe uscite! Un giorno, in viaggio verso Napoli: “Andiamo da Lauro, l’armatore. Ci facciamo dare due, tre navi in disarmo, formiamo un equipaggio di carcerati e andiamo a fare i briganti della bontà. Prendiamo le derrate alimentari che gli americani gettano in mare e le portiamo a chi è alla fame...”. Che amarezza quando Mons. Palazzini gli offre un santuario per frenare l’emorragia economica della comunità! I prelati non possono capire che, “quando si fa un’opera straordinaria, bisogna esigere dal Signore segni straordinari. Io mi sono sempre mosso in base a sogni o segni particolari. Quelli del Vaticano non credono alla Provvidenza, ma alla loro banca...”. Quanti salti mortali, quanti bisticci con i metri di quaranta centimetri della Provvidenza! “Ero a letto. Viene l’ufficiale giudiziario: “Cosa c’è da sequestrare?”. “Guardi, c’è rimasto questo letto: mi faccia il piacere, mi sequestri a letto, perché sono stanco...”. Messaggio troppo duro? Troppo dure le sue sfide ai ricchi ed ai poveri, ai chierici e ai laici. Inapplicabili le sue proposte? “Nessuno ci vuole, perché non siamo né di destra, né di sinistra, né di centro: abbiamo cambiato strada”. 8 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti Paradossale prendere il Vangelo sul serio. Praticarlo, poi... Svuotare il brefotrofio di Roma; farla finita con i correzionali; pretendere di liberare i carcerati; urlare in piazza che siamo fratelli... Non è troppo fustigare i ricchi mentre i preti ce la mettono tutta per tenerli buoni, con l’illusione di evangelizzarli? Il silenzio della Chiesa avrebbe potuto voler dire consentimento? Turoldo sostiene che proprio la chiesa gli avrebbe impedito di vivere il Vangelo: “Ci hanno fermati perché avevano paura che stessimo riuscendo, che noi facessimo la rivoluzione cristiana. Ed è stata impedita dalla chiesa con la DC”. Zeno è solito dire: “Salti mortali, ma dentro la barca di Pietro”. La sua eccezionalità è quel fare semplice da manovale di Dio e dell’uomo. Personalità dirompente, che contrasta con il faccione da t’amo pio bove. I sogni del cuore non ci stanno nei cinquantamila documenti, nelle cinquemila registrazioni. Perché comunica più con la presenza, con il gesto, con tutta la persona. Il suo linguaggio è tagliente, ma non urta perché parla col cuore in mano: “I poveri sono dei derubati, non dei condannati da Dio ad essere poveri. E da chi? Da tutti coloro che non sono poveri”. Quando narra le parabole politiche, il popolo applaude, sogna ad occhi aperti con lui. Come nella piazza di Vignola nel dopoguerra: “Il signorotto abita nel castello sulla collina. Tutte le terre della vallata sono lavorate dai suoi sudditi. Un giorno apre la finestra e vede una moltitudine dirigersi verso lo stradone del castello: chi con il badile, chi con la forca, la falce, la vanga. “Che ricorrenza è oggi? Non è giorno di processione. E poi non ci si va con quegli 9 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti arnesi! Non c’è né fiera, né mercato”. Suona il campanello. Chiede al capo dei servi: “Cosa fa quella gente, laggiù?” “Non so... sa...”. “No, no, parla chiaro e subito”. Capiva che si preparava il temporale. “Béh! Quella gente è stanca di essere sfruttata da lei, da suo padre, dal suo nonno, dal suo bisnonno...”. “Ma questo è contro la legge, l’ordine!”. “Signore, vada lei a spiegarglielo...”. “Raduna tutti i servi. Tu: prendi mille lire, corri là in mezzo e grida “Viva Gesù Cristo”; tu, ecco mille lire: vai là e grida “Viva Carlo Marx”! Tu, grida “Viva la Russia”! Tu: “Viva l’America”. E sta a guardare alla finestra. I contadini dicono a quello che grida “Viva Gesù Cristo”: “Dai che andiamo al castello”. E lui: “Viva Gesù Cristo”. “Cosa dici? Cosa c’entra?”. In quel mentre salta su quell’altro: “Viva Carlo Marx”, “Viva, l’America”, “Viva la Russia”! E si danno tante botte da orbi, che è un disastro. Chiude la finestra: “Anche questa volta è andata bene. Posso dormire tranquillo”. Nella stiva come un topo Era entrato nella chiesa come nella sua casa. E l’hanno relegato nella stiva come un topo. Alle corde di obbedienze assurde. Come quando i suoi si rifiuteranno di votare DC per dare una lezione ai politici inadempienti e gli imporranno di ritirarsi dalla comunità ribelle, abbandonando i figli alla deriva. Tutte le volte che gli chiedo: “Poteva la chiesa importi di tradire i figli che avevi accolto, di rinnegare il diritto naturale della paternità che avevi loro promesso, per salvare la disciplina ecclesiastica?”. “Taci, taci...”. Come se avessi richiamato in vita antichi mostri con i quali aveva combattuto a sangue 10 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti d’anima. E lui ad implorare d’essere assunto al Sant’Ufficio per “dirigere la sezione suprema della giustizia sociale come virtù dovuta. Faccia conto di creare una fabbrica di acido solforico al Sant’Ufficio”. Nella stiva, ma sempre figlio, di casa. Perché ama, non risparmia lo staffile. Più che un ritornello, un’ossessione che trasuda dalla corrispondenza: - Il costume sociale della chiesa è pagano. - Roma? Una curia, poco più, poco meno. - Santo Padre, la rivoluzione comincia dall’alto. - Non sono un ribelle, sono una vittima. - Condannando Nomadelfia, la Chiesa condanna se stessa. - Meglio tormentare Roma, che affannarsi a curare qualche sua vittima. I santi di domani avranno l’umiltà di prendere i posti di comando nella chiesa. - Nomadelfia è nelle sole mie viscere. Voi non la potrete mai capire, perché non entra a far parte della vostra missione personale. Perché volete sopprimere una vocazione che voi non avete? Perché volete pretendere da noi l’assoluta mancanza di difetti? Del Governo DC dirà: - De Gasperi è un tiranno. - Il caso Nomadelfia: una delle infinite prepotenze di Scelba. - La DC è contro la Chiesa. - Il mondo ritiene necessario sopprimerci, perché non ci sopporta. Ci hanno crocifisso nel nome di Dio. Questa non è un’accusa, ma un pianto… 11 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti L’eredità Che cosa è rimasto di lui? Una comunità: 50 famiglie, 320 persone, una tenuta di 380 ettari, sulla statale 223 SienaGrosseto. Nomadelfia si presenta come un villaggio rurale con undici raggruppamenti di case sparsi nella campagna tra boschi di sughere e ciliegi marini. La loro carta d’indentità: - siamo un popolo di volontari, cattolici, che vuole costruire una nuova civiltà fondata sul vangelo; - i beni sono in comune, niente denaro, non esiste proprietà privata; - le famiglie accolgono figli in affido; - quattro o cinque famiglie formano un gruppo familiare e i bambini respirano il clima d’affetto e di sicurezza di una famiglia più ampia; - si lavora nelle aziende interne e ogni gruppo riceve il necessario; - un’ora di cultura quotidiana per approfondire insieme i principi della comunità; - i figli a 18 anni, raggiunta la maggiore età, fanno le loro scelte; - chi vuole far parte della comunità deve essere maggiorenne, cattolico praticante, accettare di essere povero “nel senso di avere solo il necessario ad una vita dignitosa”, superare un periodo di prova. “La Popolazione dei Nomadelfi è un’Associazione privata. I suoi membri si chiamano nomadelfi perché per essi l’amore fraterno è legge, in eroica applicazione della loro fede. Operano insieme in solidale fraternità cristiana, al fine di assicurare e diffondere lo stato evangelico dei liberi figli di Dio e di dedicarsi ad opere di bene, a sollievo materiale e ad elevazione spirituale dell’umanità”. 12 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti Lo “sfondatore” La sua posizione tipica: la guancia affondata nel palmo della mano, lo sguardo lontano ad interrogare la storia. E, con la semplicità di un bambino: “Fondatore? Io sono uno sfondatore! Il vangelo o è utopia o ha ragione”. Non avrò mai il coraggio di chiedergli cosa si prova ad essere fondatore. Lui stesso ne stupisce: “A volte, quando parlo, mi sembra di ascoltarmi”. Le anime eccelse faticano a trovare spiriti loro pari. Tutto ciò che lo distoglie dal suo obiettivo lo disturba. Appena mette piede in comunità, bisticci familiari, cambiali, marachelle, tutto confluisce nel suo studio, un prefabbricato troppo piccolo per contenere sbavature umane e utopie. E io mi sento un nano intento ad infilare i piedi nelle orme d’un gigante. Al volante ha l’impressione d’inseguire il suo orizzonte interiore: popolo nuovo, nuova civiltà. Può una creatura imprigionata nella cornice del tempo, nutrire passioni così ampie? Nuovi roveti ad illuminare la storia. E lui chiama a raccolta i seguaci per alimentare la fiamma. Non luminari, ma uomini semplici come i pescatori della prima ora. Tutti noi, inesperti, impacciati dietro all’allenatore dello spirito: da Dio siamo nati. Ci porta sul trapezio della nuova civiltà e ci incanta con fasci di luce: la nostra vocazione è la giustizia; siamo nati per dare al mondo la nuova civiltà. Come far camminare sul filo d’acciaio del soprannaturale padri e madri di famiglia con i figli e il bagaglio degli istinti dei comuni mortali? L’impossibile arte del fondatore, al cui ruolo ricorre come ultima ratio. Un fenomeno sempre più frequente negli 13 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti ultimi anni. In Vaticano il prete contadino spiega agli addetti ai lavori: “Dico il mio ritratto: i fondatori sono persone alle quali la Provvidenza affida una missione di interesse pubblico e universale. Come prima di Cristo c’erano i profeti, dopo vi sono questi uomini. Non sono infallibili; ma su certi punti non la sbagliano, perché generano opera Domini da un seme che essi non conoscono, ma che vedono e sentono in modo inconfondibile essere volontà di Dio”. “Le miserie personali dei fondatori sono come quelle di Pietro quando rinnega per tre volte Cristo, non incidono sulla traiettoria della loro missione. Io sono uno tra quelli, cosa che vedo con tanta semplicità come quando da fanciullo portavo un’importante lettera di mio padre a qualche persona”. “I fondatori non è che pensano, vedono! Nomadelfia io la faccio anche ad occhi chiusi… A Roma la studiano, io la vedo”. “Se il mondo sapesse chi siamo, ci sparerebbe! Nomadelfia è come una nave da guerra: quando è in alto mare s’avvolge in una cortina fumogena per non essere avvistata e... colpita. Quando ci attacca la chiesa, appelliamo all’associazione civile; quando è lo stato diciamo che siamo una parrocchia comunitaria. E così navighiamo tra i pescecani...”. Don Zeno e la famiglia La famiglia nuova, secondo il cuore di Dio: una scalata da sesto grado. Non c’era giorno che non ne parlasse: “La società moderna ne ha fatto un nido di egoismi, un mini-supermercato che soddisfa tutti i suoi bisogni e, una volta chiusa la porta a chiave, si chiudono fuori tutti gli altri. Per forza i figli asfissiano…”. Il trapezio più impegnativo: “Se amate amici e parenti, 14 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti che fate di speciale? Anche i pagani, anche gli animali si prendono cura dei loro cuccioli”. Lo spiega un pò rudemente alle donne: “Foste come le gatte, almeno! Da ragazzo osservo due nidiate. Una gattina muore, l’altra porta gli orfanelli nel suo nido e li tira su tutti assieme. Non è un esempio, per noi? La famiglia deve esserci, ma quella di Dio, non quella di quei due! Io non credo alla famiglia isolata, perché non riesce a salvare i figli. Ogni giorno vai al lavoro e non sai se ritorni la sera. Esponi moglie e figli al rischio di lasciare una vedova e degli orfani. Come andare in aereo senza paracadute. Il decantato affetto familiare relega in collegio i figli scomodi e all’ospizio i genitori anziani. La famiglia isolata è contro natura, non riesce a soddisfare le esigenze dei più deboli”. Zeno sembra nella fossa dei leoni a lottare con i mostri: egoismi, razzismi, abitudini ataviche. Per lui la sfida di Cristo a Nicodemo (rinascere dallo spirito) non è rivolta solo al singolo, ma anche alla famiglia. La cristianità non ha esempi storici da offrire. La famiglia non è ancora rinata dall’acqua e dallo Spirito. “Da parroco quante volte, sulla via del cimitero, mi ha ferito il commento delle donne: “Quando muore una mamma con un neonato, sarebbe meglio metterlo nella cassa da morto con lei”. O è crudele Dio a fare gli orfani, o crudeli siamo noi, che non sappiamo trovare delle soluzioni. I nostri padri avevano inventato la famiglia patriarcale nella quale non si abbandonavano né figli, né vecchi, né inabili. Se con il vincolo del sangue si sono fatte le tribù, i clan, che cosa si potrebbe fare con quello della fede? Ecco la nostra soluzione: gruppi di 3-4 famiglie che condividono la vita e i beni. Come si 15 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti pretende la fraternità tra gli individui, perché non pretenderla tra le famiglie? O fratelli anche come famiglie o niente. Può l’amore che hai per tuo marito e tuo figlio diventare un ostacolo per amarci come fratelli anche tra famiglia e famiglia? Ma allora che amore è? Ha funzioni diverse, ma, se privilegia qualcuno, è a scapito degli altri. Da noi il bambino ha la certezza di non rimanere mai abbandonato, perché vive sotto la cupola dell’affetto di tre-quattro donne, oltre che dell’intera comunità. La famiglia soprannaturale perfeziona quella naturale. O si ricostruisce la famiglia con la fede o si va a rotoli. La luce di Dio passa attraverso i sensi, diventa sensibile, ma é misurata, equilibrata. Bisogna amare con i sensi, senza fermarsi ad essi. Chi si ferma al senso rimane l’uomo animale, che non percepisce le cose di Dio”. Don Zeno e la donna La vita di Zeno è piena di donne: dalle prostitute, cui predicava gli Esercizi Spirituali, alla Contessa Pirelli (venderà un palazzo per pagargli i debiti), fino alle mamme di vocazione, che lui ha inventato, per dare la mamma agli abbandonati e smentire la crudeltà di Dio. Il 2.2.1948, mentre si lavora alla Costituzione di Nomadelfia, in un clima carico di entusiasmo, dichiara: “Chi non ha mai chiamato Mamma venga qui e la chiami; da qui si corre a cercare chi è senza Mamma, gridando, perché ogni donna che ha un utero, una mammella, un animo femminile deve sentire la maternità. Un bambino ha detto: “La maternità è su tutto”. E questa deve vibrare in modo che a nessun bambino sia negato il diritto di dire Mamma. Dando ai fanciulli la 16 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti maternità e la paternità diamo la fraternità al mondo, l’Unum perché nessuno sarà escluso da questo amore. Questa è una sentenza data al mondo e al suo sistema sociale egoista: siamo fratelli”. Irene, la prima mamma, cancella con una X, sul vetro appannato, la parola orfano. Mai più. Nel ’49 al Lirico di Milano è convenuta la creme della città per ascoltarlo. In duomo il cardinal Schuster ha appena affidato alle mamme di Nomadelfia i ragazzi del brefotrofio, secondo il rito della comunità: “Donna, ecco tuo figlio, figlio ecco tua madre”. Zeno commenta: “Questa mattina è arrivato il pullman con 36 fanciulli. Ce ne sono alcuni che mi guardano con la loro personalità di ribelli ad una società che non li capisce. Ne guardo negli occhi uno: non mi sento più don Zeno, ma Milano, Londra, New York, mi sento il popolo, gli adulti. Lo guardo, mi guarda, serio, senza dire niente. Mi dico: “Che male hai fatto, ragazzino che mi guardi senza parlare?”. In cuor mio dico: “Va là, troverai una mamma!” Mi guarda, mi sorride. Lo saluto. Li abbraccio tutti, ma quello mi fissa mentre scendo dal pullman. E a nome vostro, a nome di tutti gli dico: “Perdonaci!”. Ogni sera, all’imbrunire, le famiglie si presentano per la benedizione. Lui prende il più piccolo, lo innalza e con esso traccia un segno di croce nell’aria. In comunità tutti i figli, accolti e non, lo chiamano “babbo”. Senza forzature. Dove ha imparato il mestiere del papà? Spiega ai ragazzi: “Il mondo più grande da scoprire è in noi stessi. Fuori di noi cosa c’è? Materia che muore. Ognuno di voi deve dire: ‘Io so che sono al centro della vita e, senza di me, tutto è morto’ ”. Vorrebbe dei figli liberi, generosi, aperti. Non che debbano per forza rimanere in 17 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti comunità, ma che non si lascino prendere dal fascino di quella borghesia che li ha emarginati. “Il bambino deve sapere che se non ama diventa triste”. Un giorno assiste con loro al filmato di un parto. Poi dice alle ragazze: “Voi siete chiamate ad amare più di noi uomini. State attente: quando prendete in braccio i figli, prendete in mano Gesù. Noi uomini non sappiamo fare quello che fate voi. Ricordate: la maternità non é di carne, ma di spirito. Una missione che avete non solo sui vostri figli, ma su tutta l’umanità. Che le donne non offendano i loro uteri, perché sono la culla dell’umanità. Abbiate lo sguardo della Madonna. La bellezza vera non sta nel fisico, ma nell’anima. O noi riusciamo a convincere le donne della loro missione o il mondo si perderà. Ragazze: se vi spiego chi siete, andate davanti allo specchio e vi inginocchiate davanti a voi stesse. Quando Dio ha dovuto scegliere qualcuno per farsi uomo ha scelto la donna, non l’uomo. Le due parole più sacre al mondo: Dio e mamma. Io vi frusto per ottenere il massimo. Ma quando mi vedo davanti delle donne come la Norina che ha tirato su più di sessanta figli, mi viene da dire che siete delle eroine ed io sono disposto a baciare dove passate”. La pedagogia di Zeno All’inizio glieli bocciavano. E lui s’è preso la rivincita: “Siamo stati costretti a fare la scuola paterna, perché ne combinavano tante, che le maestre mi pregavano di tenerli a casa…”. Solo nel ’48 riusciamo a gettare le basi della nostra pedagogia, perché solo un popolo può educare i figli, cioè metterli sul piano della verità. Cosa c’è di più vero del creato? Bisogna fargli toccare tutte le cose di Dio, 18 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti anche i serpenti. Se non conoscono la natura non possono conoscere Dio. Solo Lui può educare, perché, dando l’anima, può rivendicare la paternità sui figli. Offendete un bambino? Offendete suo padre, Dio. I ragazzi si sentono educati, perché viviamo tutti insieme. Non ci deve essere frattura: in famiglia, nel gruppo, in comunità, si muovono nel tessuto sociale. Gli adulti, con il loro vivere, devono essere scuola ai minorenni. Bisogna insegnare cose che servono per la vita. L’educatore non esiste, esiste il ragazzo che è educatore di se stesso, al quale non si fa che delle proposte, perché è sensibile alla verità: lui vede che il fiume è il fiume, la mela, la mela. La verità fa vedere l’errore, ma l’errore non fa vedere la verità. Le idee sono false quando non sono vissute. La semplicità è cultura, non il fare della testa un magazzino di nozioni. L’aula scolastica è un carcere. Un figlio si cura come un fiore. Chi fa scuola? Le mamme, i babbi, educazione di popolo. La chiamiamo scuola vivente, perché i ragazzi vivono le cose insieme e studiano la vitalità della vita. Se la scuola tradizionale è agnostica, atea, pluralista, come fa ad educare? La scuola non deve essere la scuola, ma un aspetto dell’educazione. Il problema non sta nei ragazzi, ma negli adulti. Non riusciamo ancora ad educarli, perché abbiamo la pretesa che capiscano le parole. Da noi la scuola non esiste, esiste la vita. La scuola deve essere il bambino che partecipa alla vita degli adulti, perché egli non guarda il bambino, ma ha sempre davanti l’uomo. Così imparano senza andare a scuola e il popolo, pian piano, diventa scuola e la scuola diventa popolo. Chi si deve mandare a scuola: i bambini o gli adulti? La vita educa, non le parole. 19 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti Saper vedere anche un fiore, il mare, un aereo, una macchina: è sempre l’uomo che dà vita alla vita. Non si può fare una vita smorta. Un aereo? Devo ammirare l’uomo che sa volare ed è come Dio che dà vita alle macchine”. Tre quarti della pedagogia di Nomadelfia la fanno i ragazzi, educandosi tra loro, come gli elefanti ammaestrati sono d’esempio a quelli da ammaestrare. Non si può vivere senza lo spirito: un suicidio. La pedagogia è la scienza di educare l’anima, che è spirito, quindi domina la materia. Dio ha concentrato in questo essere di carne lo spirito che muove l’universo. Chi conosce se stesso, conosce tutta l’umanità. Crescendo, il bambino sente la paternità di Dio attraverso le cose che Lui gli offre. Don Zeno e la materia Ama vestirsi in modo semplice, ma con proprietà: maglione alla dolce vita ed il cappello, che gli dona un tocco di signorilità. Esige la massima pulizia, s’infuria quando vede una macchina tenuta male. Per lui ogni cosa trascurata è crocifissa. Quando parla della materia si commuove, s’esalta: “Dio ci ha immersi nella materia e la nostra gloria è muoverla con lo spirito. Quando non riusciamo, ci alteriamo. Tutto è sacro, tutto è bello, perché è di Dio. Vivendo così, siamo sempre con le Sue cose e il culto sarà superato. Non l’ha detto il Cristo: “Adorerete in spirito e verità”? Le cose non sono fredde, ma vive, calde, divine. Cristo le ha fatte col Padre. Il creato non è un carcere. Nell’umanità c’è un’onda che ricerca la verità dell’uomo e noi dobbiamo farla vedere. Incarniamo l’universo: in noi ci sono le galassie, tutto! 20 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti E lo comandiamo in noi. Non so perché si debba vedere la macchina come una cosa rigida. No! è viva, duttile, plastica come il cavallo, perché la mano dell’uomo s’è abbracciata a quella di Dio e ha dominato la materia. Io non ho mai disprezzato niente. La carne è bella. L’immagine vivente di Dio non può pettinarsi male, essere brutta. Non ci ha creato per essere umiliati, mortificati. Una notte ero in macchina sotto una tormenta di neve. I fari illuminano i fiocchi bianchi come gocce di luce, il motore romba. Una scena indescrivibile. Che dono divino, che gioia Dio ha dato all’uomo con la materia! Una carezza alla quale ha contribuito tutta l’umanità col suo sudore. Se facciamo godere ai figli queste cose, saranno più lieti, parleranno il linguaggio della fede. Il rispetto di Dio è rispetto delle cose di Dio. Le prendi in mano come Lui, le usi come Lui secondo la funzione che gli ha impresso. I giovani devono abituarsi a guardare dentro le cose e vedere il creato come un’armonia vivente. Il cambiamento di rotta è far cantare la materia attraverso l’uomo spirito incarnato. Cantiamo la materia che è nelle stelle, negli atomi, nelle foreste, in noi stessi. Se si arriva lì si trascina il mondo. Dobbiamo restituire a Cristo e alla chiesa la materia, perché l’hanno sempre disprezzata e divisa dallo spirito. Perché non la si mette alla pari dello spirito? Quando la faremo cantare in noi stessi e la sentiremo come il cuore di Dio, viva sotto tutti gli aspetti; quando avremo capito che bisogna avere lo stesso spirito per fare la Comunione e raccogliere una mela da terra, allora saremo “uomini nuovi”. Dobbiamo puntare lì, anche se non ci arriveremo mai, perché lì è l’infinito. La terra è il cuore di Dio e noi la strapazziamo. Prende un pugno di materia, 21 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti gli soffia lo spirito: è l’abbraccio dell’universo con l’anima umana. E questa materia che abbraccia se stessa nell’uomo è una cosa sola con lo spirito. Non possiamo pensare di andare in alto, disprezzando la materia. É Cristo che vive in me e in me c’è la materia. Solo i puri di cuore vedono così. Se non siamo fratelli delle piante, cosa siamo? Dio si tocca con le mani. É nelle cose. Tocco? Tocco Dio. Guardo? Guardo Dio. Penso? Penso Dio. La materia in noi è stata troppo mortificata. Il corpo deve essere un violino di Stradivari che suona l’unum. Cosa sono le cose? Carezze di Dio. Gentilissime con noi. Tutto il creato é vivo, sempre accogliente, non ci rifiuta mai. La carne è tremenda... Invece, per noi, è nostra sorella, perché ci dà la vita. Quando si concepisce un bambino, lì c’è Dio. É presente, vede, è lì con il suo Spirito che accarezza quel bambino nell’utero materno. Fede e natura sono una cosa sola. Come si fa a vivere Dio? Più bello di averlo tutto attorno e in voi stessi! Il peccato del mondo è di usare male la materia. Se non la muoviamo con lo spirito è un furto. I preti mi accusavano di essere materialista, perché dicevo sempre al popolo di fare i conti, di controllare come usiamo i beni. Non è su quel punto che saremo giudicati? E loro non sono materialisti a mangiare almeno tre volte al giorno?”. Se fossi papa... Come non accettare, da lui, anche certe sparate, plateali solo per chi non conosce il suo senso dell’humor? Nei giorni duri delle barricate il giornalista gli chiede: “E se lei fosse papa...?”. 22 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti E ancora: “Ah… se fossi papa! Chiuderei tutte le chiese e le riaprirei solo a chi porta i conti, a chi non sperpera, a chi si nutre sobriamente. Quando Pio XII m’ha ricevuto nel ’48 gli ho detto: “Santità, mi lascia usare il suo telefono?”. “Cosa intende fare?”. “Chiamare i capi di stato e dirgli: ‘Se non fate osservare almeno le leggi naturali a cominciare dalla giustizia, siete scomunicati…”. Don Zeno e la chiesa La chiesa, il capitolo più paradossale del suo romanzo. Per essa si auto-affonda. Da uomo, non da marionetta, non senza dubbi, inquietudini, turbamenti. Per cogliere lo spessore del suo trauma, bisogna incastonarlo nella cornice del tempo: il dopoguerra con la sindrome rossa e con i suoi otto milioni di miserabili, che mette sul tappeto dei cardinali. Scrive al Turoldo: “Intanto i diseredati piangono la tirannia di una presente oppressione. Il Papa, dopo il discorso è andato a pranzo; io mentre scrivo sento il profumo della cena. Io, il Papa, tu, ecc. possiamo giustificare questo nostro stato di cose; ma quelli sono sulla croce più ignominiosa, perché schiavi senza padrone; almeno avessero noi come padroni... potremmo buttar loro farina gialla o ghiande come facciamo amorevolmente per i nostri maiali. Questo non è ancora cristianesimo. Il Papa deve scomunicare tutti noi e Lui compreso per aprire un anno santo di penitenza durante il quale in S. Pietro, prima Lui e poi noi, si firmasse un nuovo patto: giurare di non più opprimere i poveri, o meglio, di non più generarli e chiudere la porta del tempio in faccia a chiunque non dà la vita 23 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti per mettersi alla pari degli oppressi. Io vado a cena, ma c’è chi non va a cena. Ero io in loro. Io vado a cena, ma capisco che sono in viaggio per finire con quelli che non cenano...”. Scrive a Montini: “Solo gli oppressi possono capire la chiesa e portarla nel mondo intero”. Ed ai confratelli: “Io penso che noi sacerdoti abbiamo deciso di andare all’inferno”. “Ma che cosa mediti da riuscire a rovinarti fino al punto da scambiare satana per Cristo? Arrivano i fascisti e mi diventa fascista; arriva la borghesia e mi diventa borghese, arriva Marx e mi diventa marxista... Se fosse anche solo un ravanello avrebbe la meravigliosa prerogativa di rimanere ravanello anche in mezzo ad un cumulo di cipolle. Ti sei fatto un Cristo con i piedi piatti che non è più capace di camminare sui pavimenti sconnessi delle catapecchie. Un timido che non può entrare nelle case delle Sue figlie e delle Sue sorelle prostitute perché ha paura di prostituirsi…”. Non vive la chiesa come un’appendice, ma come la sua famiglia, la sua razza. Sente sue le ferite di lei: “Roma! Povera città che si è resa quasi terra di missione. Io non critico la diocesi di Roma, arrossisco e piango, né mi scandalizzo della mondanità che avvelena la S. Sede, ma penso che è dovere di tutta la cristianità amarla. Il Papa si serve degli uomini che ha a disposizione. La S. Sede è la nostra casa paterna. Noi siamo essa. Essa è noi”. Rifiuta d’essere ridotto a funzionario del culto. Non è succube di quella ideologia ecclesiocentrica che rischia di rendere l’istituzione più importante di Dio. Scava nelle piaghe della chiesa come nelle stigmate di Cristo. “In capite est venenum”, osa scrivere in alto. A cosa si riferisce? Non al papa, del quale subisce il mito tipico 24 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti dell’epoca: Bianco Padre, Pastor Angelicus. Si riferisce alla curia? Più avanti dirà che il papa ne è prigioniero. All’incoerenza, alle connivenze con i ricchi ed i politici? Solo nel 1952, quando lo scontro sarà frontale, riuscirà a buttar fuori tutto. Ma sempre guarderà alla chiesa come a Cristo stesso: “Forse che Egli non è tale anche quando è imbrattato di sangue e di sputi?”. Manda lettere e cuore al Papa per ottenere un segno di approvazione per lanciare il suo movimento politico: troppo ingenuo o fede da kamikaze? Aveva pur scritto: “Odio la diplomazia vaticana”. Quindi sa delle trame, dei conclavi politici, dei patteggiamenti con la DC. Non è d’accordo con l’integralismo pacelliano. E’ lucidamente cosciente del fatto che l’essere prete è una spada a due tagli: in quanto sacerdote, ha in mano la chiave del cuore del popolo; dall’altra è condizionato da una disciplina ecclesiastica che vivrà come una camicia di forza. Scrive a Montini: “Guardi che non sono matto. Se tutte le volte che vi porto una spranga d’oro voi la guardate come ottone perché mi chiamo don Zeno non ci metteremo mai d’accordo. C’è stata una levata di scudi contro di me [per il movimento politico]? E forse che le masse ed anche gran parte degli intellettuali non hanno fatto una levata di scudi contro la Chiesa? Dal mancato cristianesimo sociale è nato il comunismo e, prima, il liberalismo. Sono le due forze negative che ci portano alla guerra senza nulla risolvere” (17.12.1950). Con quale tenerezza parla della sua chiesa! “La chiesa è nostra figlia. Siamo noi che la generiamo. Oggi è in lacrime. Come una madre che ha tanti figli: uno sta bene, gli altri stanno male. É troppo 25 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti giovane. Fino ad ora ha fatto solo qualche esperienza e, nel campo civile, anche cose brutte. Un fermento che cammina in mezzo ai popoli, nei secoli: ora incontra i barbari, i greci, i bianchi, i neri. Non può fare Nomadelfia, perché deve interessarsi di tutti e influenzare il mondo con la pastorale. Non può proporre un sistema civile, perché é una religione, ma noi sì, perché siamo un popolo. A noi interessa la chiesa per la sua sostanza: il vangelo”. Quando tutto sarà consumato e sua madre lo consegnerà al braccio secolare (1953), non gli resterà che sputare il rospo: “Il fatto che 70.000 sacerdoti e 300 vescovi offrano al popolo italiano, in un’ora così tragica, un partito borghese ed ingiusto, è il massimo ed il più pauroso dei fallimenti... l’ingiusto nega Dio Padre, quindi nega Cristo, nega tutto”. Ed ai cristiani: “Non siamo d’accordo con il costume globale del popolo di Dio, perché é una borghesia che non và. La chiesa deve richiamarlo per essere coerente alla fede e non essere di scandalo agli altri. Non capisco come abbia fatto ad adorare la ricchezza quando nel vangelo non c’è nessuna parola in suo favore. Se avessimo in mano mille parroci avremmo la chiesa in pugno. Oggi è boccheggiante, un Getsemani. Io lo vedo il Cristo che suda sangue. Siamo noi che lo riduciamo così. Ho detto ai preti di Rimini: ‘Noi siamo l’ultima generazione, quella del cimitero dei seminari. Ce lo siamo meritato, perché siamo diventati nepotisti, carrieristi, funzionari...’ In Italia, ogni settimana, ci dovrebbe essere qualche funerale di preti, perché noi non siamo d’accordo e non possono sopportarci! Invece è tutto un molla, molla... Quando non si vede la forza che si ha in mano è perché si è già 26 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti finiti e il Signore ci abbandona. La religione é diventata marginale, non incide sulla vita. Gli ordini religiosi si sentono superati: quello che conta, oggi, è il problema sociale, un problema cristiano, uno dei più vivi che siano mai esistiti sulla terra. Non basta curare le vittime del peccato sociale, bisogna fare la rivoluzione. Noi cristiani abbiamo delle tare che ci offuscano la mente: crediamo di risolvere con rappezzi. Noi preti, poi, siamo un macello! C’è chi dice: ‘Io aiuto gli altri, ma applicare il vangelo in certi campi, smantellare la borghesia è impossibile; la chiesa si deve adattare’. Forse Cristo non ha capito niente in questo campo? Noi ci siamo battuti nella chiesa, sempre però stando nella barca di Pietro, sia pure in compagnia dei topi e dei gatti nella stiva”. Il suo ragionamento è di una semplicità inequivocabile: meglio in una barca che fa acqua, piuttosto che in balia dei pescecani. E che dire del suo martirio quando nel 1952 la chiesa gli impone di ritirarsi dalla comunità? I prelati, essi sì non sanno che la paternità sui figli abbandonati è un diritto naturale, che ha precedenza su ogni diritto positivo. Non riesco a capacitarmi come abbiano potuto imporgli una cosa del genere. Abuso di potere? Buona fede? Oppure la riprova che non sono mai penetrati nel cuore del vangelo scritto in un abbandonato, non ne hanno mai contemplato le stigmate? Anche loro sono prigionieri del sangue e del fatalismo? Constaterà amaramente: “C’è da meravigliarsi che il clero e l’episcopato abbiano accettato i collegi e gli orfanotrofi? Un flagello! A Pompei i preti hanno fatto perfino la ‘Casa dei figli dei carcerati’. Una scritta a caratteri cubitali. Ma come? Tu, prete, hai il coraggio di 27 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti chiamare figli dei carcerati coloro che Dio ha scelto per figli prediletti, perché rifiutati dagli uomini? Disprezzati dal mondo è un conto, ma anche dalla chiesa non è troppo? É lecito alla chiesa di commettere di questi guai? Chi tace, acconsente? In tal caso siamo come il sacerdote e il levita della parabola del samaritano. Il Calvario è la storia di Dio nell’umanità. La chiesa riprenda i figli nati lì”. Ma come potrà avvenire questo, se il clero è coltivato per anni ed anni nell’ambiente asettico del seminario? Una cultura eunuca potrà mai sfornare uomini che sappiano accogliere l’umanità con cuore di madre? Per lui la paternità spirituale è ad usum delphini per una spiritualità disincarnata. Dedicando il suo Non siamo d’accordo al papa, giunge a scrivere: “In rerum natura non si sono mai visti i babbi e le mamme ricchi o benestanti ed i figli poveri, affamati, ignudi e senza casa. Si è visto e si vede spesso l’inverso. Noi ecclesiastici, che siamo Padri per divina elezione, di fronte ai figli siamo quindi contro natura, in peccato”. Aveva ragione a dire che il cristianesimo non è ancora arrivato alla sua alba. L’obbedisco di Zeno solleva quesiti che vanno oltre la sua persona. Se è convinto di obbedire ad un ordine sbagliato non ha agito contro coscienza? Neppure Dio può ordinarci di farlo. Oppure l’ha fatto come gesto da kamikaze per amore alla chiesa? Come per dire a sua madre: “Vedi? Io sarei tenuto a resisterti; ma, siccome sei umano-divina, vedo che qui prevale la tua umanità ed io ti accetto così come sei, anche se con la testa non capisco, ma la fede me lo fa vedere: il mio amore ti vincerà...”? Dice e ripete che la chiesa è 28 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti più importante della sua creatura. Fede da alte temperature. Si scaglia contro i prelati e pretende il loro benestare per il movimento politico. É per farsi accettare che si piega alle loro regole del gioco? Obbedisce nella speranza che, dando loro prova di obbedienza eroica, possano aprire gli occhi? Invece di combatterli a viso aperto, sceglie, per instinctum caritatis, la strategia del granello di frumento che muore per dare la vita. Guerra fredda, cortina di ferro, ateismo di stato, erano ragioni sufficienti per una chiesa dal cuore di Cristo per avere paura dei nemici, alimentare la sindrome rossa, scomunicare tutti coloro che odorano più sete di giustizia che Carlo Marx? Zeno insiste a più riprese con il Papa che anche i comunisti vanno amati come figli e fratelli. Se il nostro è amore vero, li vincerà. Nonostante tutto, nonostante le cortine di ferro, nonostante le persecuzioni, i gulag del cuore e dell’anima. Assurdo, paradossale? Che cosa c’è di logico nella teologia della croce, che già S. Paolo chiamava scandalo agli ebrei, pazzia per i gentili? Il prete senza misura non fa che parlare del Sant’Ufficio, non più il mattatoio della chiesa, ma il luogo dove si perdona settanta volte sette... Fede, speranza e carità da fantascienza! Anche oggi, dal cielo, continua a torturarsi: Può la chiesa condannare Nomadelfia? A me pare di no, perché condannerebbe se stessa. Ed a me viene da dire: “Per piacere, Zeno: continua a pestare i piedi, più forte d’allora, perché una chiesa golosa di applausi, troppo sicura di sè, sazia di verità non può reggere il tuo vino nuovo”. E lui, kamikaze di Dio, ha il coraggio di dire: “Perché ubbidiamo alla Chiesa? Lo 29 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti facciamo come fanno i bambini, consapevoli che da soli nulla possono. E perché ci impenniamo senza ribellarci ma solo pestando i piedi? Lo facciamo come fanno i bambini, sicuri che, se infine avremo ragione, il Padre ce la darà o piegherà la Madre a farlo”. Voglia il cielo che così sia. Amen. Don Zeno e la morte La società d’oggi ci dà tante sicurezze, ma polizze per evitare la morte, no. Un retaggio inevitabile. E Zeno? Zeno se la sente vicina, compagna di viaggio, quasi una liberazione dal troppo dolore. La vigilia del compleanno, dolcemente cinico, dirà: “Che merito c’è a compiere gli anni? Sono gli altri che se la godono. Cosa ho da festeggiare, io? Un solo merito: quello di non essermi sparato...”. Senza acredine nè ribellione. Realismo puro. “La morte? Cosa vuoi che sia. E’ Gesù che ti passa vicino con una fuoriserie e ti dice: “Monta sù…” E si va con Lui. A che serve aver paura?”. Sul finire della sua giornata, guarda al meritato riposo non senza umana ironia: “Quando tirerò le cuoia, sbirciando tra gli ultimi respiri, se vedo qualcuno che piange, gli tiro una scarpa in testa... Se volete farmi un piacere, accompagnatemi alla vita eterna con un bel walzer! E se per caso, dopo il mio viaggio, a qualcuno passerà per la testa di farmi santo, scendo giù dalla gloria del Bernini e lo prendo a sberle…”. Come si compiaceva a immaginare il suo incontro ed il suo dialogo con S. Pietro: “Sai cosa ero solito dire ai miei figli, burlandomi di te? Quando arriverò in porto, dirò al portinaio del Cielo: ‘Suvvia, non farmi tante storie! Di anticamere ne 30 http://www.ildialogo.org – Chi è don Zeno? di Fausto Marinetti ho fatte tante, che sono stufo. Mentre fai i conti del libro cassa, del mio dare e del mio avere, imprestami una branda che ci faccio una dormitina di diecimila anni! Non abbiamo l’eternità per fare i conti?’”. E dopo diecimila anni, quando S. Pietro arriverà alla pagina del processo di Bologna, che ti vede nel banco dei rei per truffa e millantato credito, vorrà sapere: “Truffatore o truffato? Da Dio o dall’uomo?”. O forse da tutti e due? Anche il guardiano del Cielo darà la parola all’avvocato Luigi Vecchi, come è successo a Bologna: “Noi pensiamo al nostro prossimo per dieci minuti al giorno, poi torniamo a chiuderci in noi. Ma Nomadelfia aveva aperto le sue porte sul mondo, né poteva dire basta agli orfani. Come mai, nonostante gli aiuti della generosa Milano e i tanti consensi, non ha potuto continuare? É una risposta difficile. Un giorno forse, non qui, quando dalla cronaca passeremo alla storia, noi rifaremo il processo a Nomadelfia. O forse sarà Nomadelfia che lo farà a tutti noi?” (G. Vecchietti, La stampa, 21.11.1952). 31