Ciò che ci preoccupa

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Ciò che ci preoccupa
OTTOBRE 2014 // N°74
Ciò che ci preoccupa
DI DIDIER SAINT-GEORGES
Membro del Comitato Investimenti
Il buon andamento dei mercati finanziari
nel corso degli ultimi cinque anni
rispecchia il ritorno delle economie a una
sorte migliore dopo la grande crisi del
2008 e il coinvolgimento senza precedenti
delle Banche Centrali. Sussiste
chiaramente la possibilità che perduri lo
scenario ottimistico in un ciclo economico
globale debole e protratto nel tempo,
associato a tassi d’interesse mantenuti a
livelli relativamente bassi, con la grande
benevolenza delle Banche Centrali.
Esso consentirebbe ai mercati azionari di
continuare a registrare delle performance
positive, con una conseguente modesta
fluttuazione del prezzo delle obbligazioni.
Tale scenario è tuttavia fondato su un
cumulo di disequilibri, la cui pacata
risoluzione, al momento, non ci sembra
garantita. Il recente accumularsi di fattori
di rischio ci ha indotti a innalzare il livello
di guardia.
L’Eurozona alla sfida della crescita
Uno scenario radicalmente deflazionistico
nell’Eurozona è sicuramente eccessivo,
e la determinazione di Mario Draghi nel
« Per i Paesi europei
maggiormente
indebitati sarebbe
problematico rimanere
impantanati in livelli
di inflazione molto
contenuti »
volere utilizzare tutti i mezzi a disposizione
per sostenere l’economia dell’area è
un vantaggio considerevole. Tuttavia i
livelli d’inflazione contenuti (secondo lo
stesso Mario Draghi stanno radicandosi a
medio termine) nonché quelli di crescita,
rappresentano in prospettiva
un problema per i paesi
gravati da un pesante debito
pubblico e da una competitività
insufficiente. A tale proposito il
caso dell’Italia e della Francia
ci preoccupa. Poiché, se
in Spagna, in Portogallo e
in Irlanda la disinflazione è
principalmente il risultato di
importanti sforzi di produttività,
che attualmente sostengono la
ripresa del commercio estero,
in Francia e in Italia è proprio
la debolezza della congiuntura
economica a essere al centro
della discussione. Certo, l’Italia
presenta ancora un surplus di
bilancio pari al 2,3% ante oneri finanziari
su debito. Tuttavia, secondo le nostre
stime, l’Italia deve riuscire a raddoppiare
questo surplus primario per invertire al
ribasso il proprio debito pubblico (che
attualmente rappresenta il 135% del PIL).
Questa sfida costituisce un ulteriore rischio
per la crescita economica, sostenuta
dagli sforzi di Matteo Renzi per applicare
il suo programma di riforme strutturali,
peraltro indispensabile. Per quanto
riguarda la Francia, il livello di debito
pubblico sfiorerà presto il 100% del PIL, e
contrariamente all’Italia, il paese risente di
un deficit strutturale di bilancio ante oneri
finanziari su debito. Di conseguenza, in
un contesto inflazionistico molto ridotto,
gli adeguamenti necessari per riprendere
il controllo delle finanze pubbliche francesi
continueranno sicuramente a penalizzare
la crescita. Dall’inizio dell’anno la
Germania registra un significativo
peggioramento del clima di fiducia delle
imprese (indice IFO) e il Governo tedesco
ha confermato il proprio impegno al
pareggio di bilancio, escludendo così il
sostegno fiscale ai partner europei. Resta
il contributo che il marcato calo dell’euro,
agevolato dalle iniziative della BCE (si
veda la Carmignac’s Note di settembre)
porterà alle economie esportatrici. Ma
non illudiamoci: da un lato è soprattutto
la Germania che ne beneficerà, grazie ad
un robusto commercio estero, e dall’altro,
tale indebolimento della moneta unica,
costituirà un’ulteriore tassa sul potere
di acquisto dei consumatori italiani e
francesi. La rete di sicurezza predisposta
dalla Banca Centrale Europea dovrebbe
conservare ancora intatta la fiducia degli
investitori esteri nella stabilità del sistema
finanziario europeo. L’ampia attuazione di
misure di stimolo al credito bancario può
certamente migliorare in modo marginale
il finanziamento alle società a media
capitalizzazione, ma saranno necessari
ulteriori misure per riportare l’Eurozona
su un percorso convincente a medio
termine. Di recente abbiamo proseguito
con la riduzione dell’esposizione al rischio
economico europeo.
Negli Stati Uniti il rischio principale è
un errore di politica monetaria
Negli Stati Uniti, sebbene la buona salute
dell’economia reale non debba essere
sopravvalutata, essa rappresenta senza
dubbio un fattore rassicurante. L’ingente
« Un ritmo di crescita
debole e elevati livelli
di debito pubblico
rendono le economie
vulnerabili agli shock
esterni »
iniezione di liquidità erogata dalla Fed
da cinque anni a questa parte, non solo
ha evitato il peggio, ma ha anche dato al
sistema bancario il tempo necessario per
ricapitalizzarsi, e al mercato immobiliare
quello per stabilizzarsi. Allo stesso tempo,
la rivoluzione energetica e la maggiore
produttività hanno reso l’economia
statunitense molto competitiva. Inoltre, la
crescita, per quanto modesta, associata a
un’inflazione ridotta, costituisce di per sé
un cocktail a tutto vantaggio dei mercati
azionari. La tensione è altrove: la mossa
della Fed è stata favorevole soprattutto
agli investimenti finanziari rispetto a quelli
industriali ed ai redditi disponibili dei
lavoratori dipendenti del Paese. Pertanto la
nostra preoccupazione oggi è focalizzata
sulla scelta che presto la Fed dovrà
fare: iniziare a normalizzare la politica
monetaria per ridurre i rischi di instabilità
finanziaria a termine o mantenere una
politica molto accomodante per sostenere
una ripresa economica ancora precaria.
Negli Stati Uniti, il rischio di un errore di
politica monetaria in questa fase ancora
fragile del ciclo, giustifica l’enfasi posta
Carmignac's Note - Ottobre 2014
sugli investimenti nelle società ad alta
visibilità.
Disparità tra i Paesi emergenti rispetto
ai fattori di rischio
Nell’universo emergente, la situazione
è molto varia. Paradossalmente il
rallentamento cinese pone maggiori
difficoltà al resto del mondo che non alla
stessa Cina. Certamente, la continua
flessione del mercato immobiliare è
preoccupante e giustifica la liquidazione
totale dei titoli del settore bancario da
lungo tempo. Le autorità cinesi dispongono
comunque dei margini di manovra
necessari per guidare in modo opportuno
la decelerazione economica. Tale
rallentamento rafforza invece le pressioni
deflazionistiche in Europa e rappresenta
un serio ostacolo per il Brasile e la Corea,
i cui livelli di attività sono storicamente
e marcatamente condizionati da quelli
della Cina. Il Sudafrica o la Turchia, che
continuano a presentare forti disavanzi
delle partite correnti (al contrario della
Cina, della Corea o di Taiwan) sarebbero
loro stessi molto più vulnerabili a
un’eventuale riduzione della liquidità
globale e al conseguente netto rialzo
del dollaro. Infine, le sorti del Messico e
dell’India sono principalmente basate sui
rispettivi meriti. Siamo di conseguenza
posizionati in modo molto selettivo
all’interno di questo universo eterogeneo.
Il Giappone a un bivio
In Giappone, riuscire a valicare un
lungo periodo di crescita nominale molto
debole, in un momento in cui il mondo
occidentale vi sta entrando, rappresenta
una grande sfida per Shinzo Abe. Per
mantenere credibilità, il volontarismo
ostentato diciotto mesi fa dovrà essere
raddoppiato. La scommessa è lungi
dall’essere vinta. Resteremo pertanto in
attesa della conferma di una versione
bis dell’Abenomics, prima di rafforzare
le nostre posizioni, ridotte nel corso
dell’anno.
I mercati stanno entrando in una nuova e
delicata fase: mentre il debole ritmo della
crescita economica, gli alti livelli di debito
pubblico e le pressioni deflazionistiche
globali rendono le economie occidentali
più vulnerabili agli shock esterni
(compresi quelli geopolitici), le Banche
Centrali iniziano a temere i rischi che le
loro politiche estremamente accomodanti
fanno correre alla stabilità del sistema
finanziario (in Europa, è la Germania che
s’incarica di ricordarlo a Mario Draghi).
A ciò si aggiunge l’isteresi di ogni grave
crisi finanziaria: la paralisi del credito,
che non consente di avviare la ripresa
del settore privato mentre il settore
pubblico rimane ostacolato dai deficit.
Dal momento che, né le quotazioni dei
mercati, né le analisi tecniche danno
chiari segnali di un imminente punto
di rottura, ci sembra opportuno tenere
conto di tutte queste preoccupazioni nella
gestione patrimoniale tramite una ridotta
esposizione al rischio, degli investimenti
limitati nei settori ciclici, una minore
esposizione all’euro con il conseguente
rafforzamento delle posizioni in dollari, in
titoli non ciclici Investment Grade ed infine
una maggiore flessibilità nella gestione
del rischio inerente ai tassi d’interesse.
Redatto il 3 Ottobre 2014
STRATEGIA DI INVESTIMENTO
VALUTE
Nel corso del mese
l ’ e u r o
è
ulteriormente calato
rispetto al dollaro
statunitense, con
una flessione di quasi il 4%. Tale
movimento ha apportato un contributo
significativo alla performance dei nostri
Fondi. L’indebolimento dell’euro sembra
essere uno strumento fondamentale della
BCE per contrastare le pressioni
deflazionistiche che gravano sul Vecchio
Continente. Prevediamo quindi un
proseguimento di tale tendenza, tanto più
che il dollaro è sostenuto anche dalle
prospettive di normalizzazione della
politica monetaria statunitense.
Manteniamo inoltre una componente
valutaria a favore del biglietto verde. A fine
mese l’esposizione di Carmignac
Investissement al dollaro statunitense si
attesta così al 90% e quella di Carmignac
Patrimoine al 64%.
OBBLIGAZIONI
Nel corso del mese,
la BCE ha usufruito
degli ultimi margini
di manovra sui tassi
d’interesse,
abbassando il principale tasso di
rifinanziamento allo 0,05% (contro il
precedente 0,15%). Ormai ci si aspetta
che la Banca Centrale Europea contrasti il
rischio deflazionistico attraverso gli acquisti
di asset. La scarsa partecipazione delle
banche dell’Eurozona alla prima
assegnazione di fondi del programma
TLTRO ha rafforzato la speranza dei
mercati riguardo a possibili acquisti diretti
di asset da parte della BCE per accrescere
le dimensioni del proprio bilancio, come da
obiettivo di Mario Draghi. In questo
contesto i tassi delle scadenze lunghe dei
Titoli di Stato periferici hanno proseguito il
trend al ribasso, mentre nel corso del
mese i tassi d’interesse statunitensi sono
aumentati. Il discorso molto equilibrato di
Janet Yellen ha così lasciato intravedere
l’avvio del processo di normalizzazione
della politica monetaria USA per il 2015.
Nei nostri Fondi abbiamo quindi sfruttato i
movimenti simultanei di calo dei tassi in
Europa e di aumento di quelli statunitensi.
Nel corso del mese le duration modificate
dei nostri Fondi non hanno subito grandi
variazioni, rimanendo a livelli moderati,
rispettivamente +2,4 per Carmignac
Patrimoine, +3,3 per Carmignac Portfolio
Emerging Patrimoine, +2,6 per Carmignac
Portfolio Global Bond, +1,4 per Carmignac
Sécurité e +0,4 per Carmignac Portfolio
Capital Plus.
AZIONI
I mercati azionari
hanno registrato
una correzione
significativa nel
mese di settembre,
scontando probabilmente un consensus di
mercato divenuto ormai troppo ottimista. I
mercati emergenti sono stati i primi colpiti
da questa correzione, in particolare il
Brasile le cui performance oscillano a
seconda dei sondaggi sulle prossime
elezioni presidenziali. Da rilevare tuttavia il
significativo rimbalzo del Giappone di
quasi il 5% nel mese. L’andamento
idiosincratico del mercato giapponese
contribuisce così ad un stretto pareggio
della performance della nostra strategia
globale. Nel corso del mese abbiamo
continuato a rafforzare il carattere difensivo
della nostra selezione titoli, aprendo nuove
posizioni all’interno della tematica relativa
alle società leader mondiali nel settore
healthcare. Allo stesso tempo abbiamo
ridotto l’esposizione ai titoli europei
domestici (soprattutto bancari) per
focalizzare l’asset allocation europea su
società con maggiori probabilità di
beneficiare della debolezza dell’euro. Oltre
a rafforzare la natura difensiva dei
portafogli, nel corso del mese abbiamo
così ridotto l’esposizione azionaria. Alla
fine del mese, quest’ultima si attesta al
44% per Carmignac Patrimoine e al 39%
per Carmignac Portfolio Emerging
Patrimoine.
MATERIE
PRIME
Carmignac Portfolio
Commodities ha
beneficiato
dell’asset allocation
a favore del settore dell’energia a discapito
di quello minerario, per assorbire la
correzione osservata sui mercati azionari.
Continuiamo a concentrare le nostre
posizioni in società con una forte
generazione di cash-flow, trascurate o
sottovalutate dal mercato.
FONDI DI
FONDI
Nel mese i nostri
Fondi di Fondi
hanno registrato
una performance
leggermente positiva. Le strategie sulla
volatilità che abbiamo attivato per
proteggere i Fondi in caso di correzione,
continuano a essere il nostro principale
strumento di gestione del rischio. Oltre a
questo abbiamo anche leggermente ridotto
l’esposizione azionaria. Pertanto, a fine
mese le esposizioni azionarie di
Carmignac Profil Réactif 100, 75 e 50 si
attestano rispettivamente a 84%, 58% e
42%. L’esposizione azionaria di Carmignac
Investissement Latitude è dell’89%.
PERFORMANCE DEI FONDI
Carmignac Investissement A EUR acc
MSCI AC World NR (Eur)
Carmignac Portfolio Grande Europe A EUR acc
Stoxx 600 NR (Eur)
Carmignac Euro-Entrepreneurs A EUR acc
Stoxx 200 Small NR NR (Eur)
Carmignac Emergents A EUR acc
MSCI Emerging Markets NR (Eur)
Carmignac Portfolio Emerging Discovery A EUR acc
50% MSCI EM SmallCaps NR (Eur) + 50% MSCI EM MidCaps NR (Eur)
Carmignac Portfolio Commodities A EUR acc
Carmignac Commodities Index*
Carmignac Patrimoine A EUR acc
50% MSCI AC World NR (Eur) + 50% Citigroup WGBI (Eur)
Carmignac Portfolio Emerging Patrimoine A EUR acc
50% MSCI EM NR (Eur) + 50% JP Morgan GBI EM Global diversified
Carmignac Euro-Patrimoine A EUR acc
50% EuroStoxx 50 NR (Eur) + 50% Eonia Capitalizzato
Carmignac Profil Réactif 100 A EUR acc
MSCI AC World NR (Eur)
Carmignac Profil Réactif 75 A EUR acc
75% MSCI AC World NR (Eur) + 25% Citigroup WGBI (Eur)
Carmignac Profil Réactif 50 A EUR acc
50% MSCI AC World NR (Eur) + 50% Citigroup WGBI (Eur)
Carmignac Portfolio Global Bond A EUR acc
JP Morgan Global Government Bond (Eur)
Carmignac Securité A EUR acc
Euro MTS 1-3 anni
Carmignac Portfolio Capital Plus A EUR acc
Eonia Capitalizzato
Carmignac Court Terme A EUR acc
Eonia Capitalizzato
NAV
2014
1 anno
3 anni
5 anni
1 048,30
170,70
256,90
766,38
1 239,07
298,96
604,55
105,34
306,47
181,81
203,04
169,50
1 203,56
1 701,74
1 166,68
3 766,89
-
3,96%
13,15%
8,62%
7,01%
7,66%
1,51%
8,08%
11,73%
15,24%
14,94%
12,45%
7,40%
6,01%
11,68%
8,64%
10,41%
0,84%
3,15%
1,72%
13,15%
2,54%
12,42%
3,31%
11,68%
10,60%
10,82%
2,02%
1,83%
2,23%
0,10%
0,17%
0,10%
10,76%
19,28%
14,45%
13,52%
19,72%
10,12%
10,79%
11,77%
15,22%
14,81%
13,93%
9,53%
10,22%
13,51%
7,60%
8,66%
2,08%
7,44%
7,10%
19,28%
6,34%
16,47%
5,64%
13,51%
14,33%
7,49%
3,44%
2,39%
3,55%
0,13%
0,23%
0,13%
33,33%
63,79%
46,52%
59,84%
66,73%
61,13%
26,33%
26,99%
40,13%
32,11%
3,94%
17,60%
17,27%
31,67%
11,00%
20,12%
12,91%
25,80%
29,16%
63,79%
23,23%
47,02%
14,47%
31,67%
18,05%
4,53%
11,35%
8,11%
11,38%
0,64%
1,03%
0,64%
40,12%
74,35%
44,01%
49,10%
72,59%
60,68%
52,70%
33,26%
52,91%
42,76%
17,94%
24,24%
25,28%
50,09%
20,90%
11,34%
33,33%
74,35%
26,25%
62,37%
18,37%
50,09%
28,74%
27,28%
15,44%
9,80%
14,65%
1,85%
2,22%
1,85%
* 45% di MSCI ACWF Oil and Gas (Eur), 5% di MSCI ACWF Energy Equipment (Eur), 40% di MSCI ACWF Metal and Mining (Eur), 5% di MSCI ACWF Paper and Forest NR (Eur)
e 5% di MSCI ACWI Chemicals NR (Eur) dall’ 01/07/2013. Ribilanciato su base annua dal 01/01/2012.
Fonte : Carmignac Gestion al 30/09/2014.
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