Diagnostica di opere d`arte attraverso elaborazione delle immagini

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Diagnostica di opere d`arte attraverso elaborazione delle immagini
Uno sguardo discreto
Diagnostica di opere d’arte attraverso l’elaborazione delle immagini, due esempi applicativi
Stefano Ferriani
ENEA Servizio Calcolo e Modellistica
via Don Fiammelli 2, 40129 Bologna
[email protected]
1. Introduzione
La conservazione e la salvaguardia del patrimonio artistico si avvalgono di metodi di indagine ed
analisi mutuati dai più disparati settori della ricerca scientifica.
L’ elaborazione delle immagini digitali, nata dai programmi spaziali degli anni ‘60, viene oggi
impiegata per migliorare le indagini diagnostiche che si basano sull’interpretazione e l’analisi di
immagini.
Gli occhi elettronici dei computer vengono rivolti alle opere d’arte per rivelarci il loro stato di
conservazione. Un matematico lo definirebbe “uno sguardo discreto” perché le immagini digitali
sono, per lui, funzioni discrete. Anche un restauratore concorderebbe con questa definizione
perché sa che questo sguardo è uno sguardo cauto, rispettoso, materialmente non offensivo nei
confronti dell’opera.
Le potenzialità dello “sguardo discreto” sono illustrate attraverso la descrizione di due interventi
che l’ ENEA ha condotto nella sua ormai ventennale attività per i beni culturali.
Il primo esempio illustra come sia possibile, attraverso opportuni algoritmi, acquisire dettagliate
informazioni sulle differenze formali a seguito di un intervento di ripulitura effettuato dai laboratori
della National Gallery di Londra sulla tavola “La Vergine ed il Bambino” di Jean Gossaert.
Il secondo mostra come l’elaborazione numerica sia in grado di migliorare la qualità dell’esame
multispettrale condotto sullo strato pittorico del Crocifisso di San Damiano di Assisi.
2. Registrazione delle immagini
In entrambe le applicazioni, un prerequisito essenziale è stato che le immagini di ciascuna opera,
sebbene prese in momenti diversi e con tecniche di ripresa differenti, fossero sovrapponibili le une
con le altre. In altri termini è stato necessario che ogni punto dell’opera fosse memorizzato, nelle
diverse immagini digitali che lo rappresentano, alle medesime coordinate spaziali. Questa
registrazione delle immagini si ottiene con algoritmi specifici di trasformazione geometrica. Essi si
basano su due metodi, il primo, denominato polinomial warping, si utilizza in assenza di una
conoscenza a priori o dettagliata del modello geometrico di formazione delle immagini, il secondo,
al contrario, denominato perspective transformation, si applica avendo a disposizione una
dettagliata descrizione del processo di formazione delle immagini.1
Le immagini utilizzate in questi esempi sono state registrate con il primo metodo; dal punto di vista
operativo si è dapprima definita un’immagine di riferimento e successivamente è stata definita su di
essa e sulle immagini da trasformare una serie di punti omologhi. In base a questi punti è possibile
definire un sistema di equazioni che, applicato alle immagini da registrare, le trasformano
geometricamente rendendole sovrapponibili a quella di riferimento e, ovviamente, tra di loro.
3. Differenze formali: La Vergine ed il Bambino
La piccola tavola - misura 31 cm di altezza e 24 cm di larghezza - con la Vergine ed il Bambino era
attribuita fino al 1996 ad un seguace di Gossaert. Il dipinto era stato acquistato nel gennaio del
1860, a Parigi, dalla National Gallery di Londra, con altri dipinti della collezione di Edmond
Beaucousin e catalogata come opera di "scuola fiamminga".
Nel 1994, durante uno dei periodici controlli, la tavola fu sottoposta ad indagini diagnostiche e
proposta per il restauro nei laboratori della National Gallery.
Prima del restauro si riteneva che la piccola composizione della Vergine e il Bambino fosse una
delle numerose copie, di un dipinto di Gossaert andato perduto. Questa convinzione si fondava sul
fatto che la tavola, fatta risaliva all’inizio del XVII secolo, presentava due caratteristiche nella resa
formale che la distinguevano dalle altre versioni: la mano destra del Bambino aveva le dita
allungate e protese verso l'esterno, mentre negli altri dipinti erano curve e piegate verso il palmo; il
velo sul capo della Vergine terminava a metà della spalla, invece di proseguire fino a lambire il viso
del Bambino.
Le indagini diagnostiche, e in particolare l’esame radiografico, misero in luce che le differenze
compositive erano ridipinture successive alla stesura originale del colore. Dalle radiografie del
dipinto si é potuto evincere quindi la perfetta corrispondenza con le altre copie, tanto da confermare
che i particolari in questione - la mano del Bambino ed il velo della Vergine - erano differenti a
causa di un restauro pittorico eseguito in epoca non precisabile.
L'analisi dendrocronologica del supporto ligneo ha confermato in maniera inoppugnabile che il
dipinto doveva essere retrodatato ad un periodo coevo all’ attività del Gossaert.
Dopo questi accertamenti, la National Gallery decise di passare alla fase operativa e la tavola fu
sottoposto ad un’azione di rimozione delle ridipinture e dello spesso strato vernice che ne offuscava
il colore. Successivamente l’opera fu sottoposta a restauro ed attualmente compare nel catalogo del
museo con attribuzione a Gossaert.
Il laboratorio VASARI della National Gallery2, dedicato alla elaborazione di immagini e al
mantenimento di un archivio informatico delle immagini digitali delle opere ospitate nel museo, ha
acquisito le immagini della tavola prima e dopo l’intervento di restauro.
Dalla loro osservazione, i restauratori hanno condotto l'analisi critica per individuare i ritocchi e i
rimaneggiamenti che gli interventi di restauro precedenti avevano apportato al quadro.
Figura 1 - Istogrammi dell’immagine prima della
pulitura (blu) e dopo la pulitura (rosso)
La disponibilità delle immagini digitali, ovvero di informazioni che possono essere trattate con
metodi numerici, ha suggerito l’idea di sviluppare un metodo analitico di supporto allo studio e
all’analisi dei restauratori.
Il metodo sviluppato parte dall’assunto che le differenze tra le immagini prima e dopo la pulitura
siano suddivisibili in due categorie in base sia alla causa che le ha prodotte, sia alle caratteristiche
spaziali:
•
•
globali: differenze radiometriche prodotte dalla rimozione della vernice;
locali: differenze morfologiche prodotte dalla rimozione delle ridipinture.
Dal punto di vista dell’analisi, i restauratori erano interessati solo alle variazioni morfologiche,
pertanto è stato necessario rimuovere le differenze di tipo globale.
A tal fine, i pixel delle due immagini sono stati trasformati dallo spazio colore alla semplice
intensità luminosa, ottenendo le immagini in scala di grigio. Analizzando gli istogrammi dei livelli
di grigio delle due immagini, riprodotti in fig. 1, si è notato che la rimozione della vernice ha
ovviamente “spostato” i livelli di grigio dell’immagine dopo la pulitura verso tonalità più alte. Dal
punto di vista teorico, gli istogrammi differiscono anche per la presenza delle ridipinture, tuttavia,
poiché queste aree hanno una estensione limitata queste differenze sono statisticamente irrilevanti e
possono essere trascurate dal punto di vista operativo.
Figura 2 - Istogrammi dell’immagine prima della pulitura
dopo la trasformazione(blu) sovrapposto all’istogramma
dell’immagine prima della pulitura.
Utilizzando la tecnica della definizione dell’istogramma3, i livelli di grigio dell’immagine prima
della pulitura sono stati modificati in modo tale che l’immagine risultante abbia un istogramma
simile a quello dell’immagine dopo la pulitura, come mostrato da fig. 2.
Questa trasformazione ha ridotto notevolmente le differenze globali e una successiva differenza
algebrica tra le due immagini ha prodotto una nuova immagine in cui sono messe in evidenza solo
le differenze locali dovute all’eliminazione delle ridipinture.
Figura 3 - Differenze morfologiche dovute alla eliminazione delle ridipinture , in ocra le
ridipinture rimosse e in azzurro le aree coperte dal restauro pittorico e ridiventate visibili
Infine, su richiesta dei restauratori, le differenze sono state “contestualizzate” alterando
cromaticamente le aree dell’immagine digitale a colori della tavola dopo la pittura fig. 3.
Questa nuova immagine ha consentito una valutazione “oggettiva” e puntuale delle differenze
morfologiche causate dall’intervento di pulitura. Ha altresì permesso di rilevare differenze che
erano precedentemente sfuggita al confronto visivo delle due immagini.
4. Analisi multispettrali: Crocifisso di San Damiano, Assisi
Le indagini multispettrali hanno lo scopo di indagare gli strati pittorici di un’opera sia a fini
diagnostici, valutando lo stato conservativo, sia ai fini storico-critici rilevando la presenza di disegni
preparatori o ripensamenti da parte dell’autore.
L’esame si attua acquisendo immagini dell’opera a diverse lunghezze d’onda, ciascuna delle quali
fornisce informazioni su strati più o meno profondi dello spessore pittorico. In particolare la
radiazione ultravioletto fornisce informazioni sugli strati superficiali evidenziando eventuali
interventi di restauro, mentre l’infrarosso vicino mette in evidenza gli strati più profondi, rilevando
la presenza di disegni preparatori o ripensamenti.
Utilizzando un sistema portatile di acquisizione costituito da una telecamera CCD con opportuni
filtri ottici è stato condotto, presso i laboratori di restauro della società COBEC di Spoleto,
l’indagine multispettrale del Crocifisso di San Damiano. L’opera è costituita da un dipinto a
tempera realizzato su un crocifisso ligneo di dimensioni pari a 200 x 150 cm.
Le immagine digitali di un particolare dell’opera, acquisite con luce visibile, infrarosso e
fluorescenza ad ultravioletti sono mostrate dalla fig. 4.
Figura 4 - Crocifisso di San Damiano, immagini digitali ottenute con luce visibile, infrarossa e fluorescenza ad ultravioletti.
Nelle immagine infrarossa e di fluorescenza ad ultravioletti è possibile individuare zone di interesse
costituite da aree più scure sulle quali si concentra l’attenzione del restauratore. Con buona
probabilità queste zone sono state interessate, in passato, da interventi di restauro.
Una volta registrate le immagini, le zone di interesse sono state evidenziate con falsi colori e
sovrapposte all’immagine con luce visibile ottenendo la fig. 5.
Figura 5 - Crocifisso di San Damiano: zone di interesse in falsi
colori, in viola sono le zone relative alla fluorescenza ad
ultravioletti, in rosso le zone relative all’infrarosso e in giallo le
zone comuni alle due radiazioni.
Infine, la disponibilità dell’immagine radiografica dell’opera ha permesso di sovrapporre a quest’
ultima le zone di interesse precedentemente evidenziate producendo l’immagine di fig. 6.
Figura 6 - Crocifisso di San Damiano, zone di interesse
in pseudocolori sovrapposte all’immagine radiografica.
Questa immagine mostra chiaramente che gli interventi di restauro si trovano in corrispondenza di
giunzioni del supporto ligneo. Infatti in queste aree di discontinuità la superficie pittorica ha subito
le maggiori sollecitazioni meccaniche che molto probabilmente ne hanno provocato il
deterioramento e il distacco e quindi il successivo intervento di restauro.
5. Conclusioni e prospettive
Questi esempi mostrano chiaramente che l’impiego di tecniche di elaborazione di immagini porta
ad un contributo fattivo alla diagnostica nel settore artistico, rendendo più affidabili e accurati gli
esami diagnostici. La risposta positiva, e a volte addirittura entusiasta, degli operatori del settore,
quali critici d’arte o restauratori, induce a proseguire la ricerca e la messa a punto di nuovi metodi
ed algoritmi. Proprio in questo senso l’unità CAMO, dando continuità alla sua azione, collabora
attualmente con l’Università di Ferrara per la messa a punto di strumenti di analisi di immagini
multispettrali basati sull’analisi delle componenti principali. I primi risultati sono incoraggianti e
possono condurre alla realizzazione di sistemi di facile impiego e che proprio per questo possono
trovare un vasto utilizzo anche da parte di operatori del settore a digiuno di conoscenze
informatiche specialistiche.
Infine, va osservato che i metodi e gli algoritmi messi a punto in questo settore possono trovare un
utile impiego anche nei settori della diagnostica medica ed industriale.
BIBLIOGRAFIA
1. Hall, E. L., Computer Image Processing and Recognition, Academic Press (1976) New
York, pp. 185-189;
2. Saunders D., Cupitt J., Image Processing at the National Gallery: the VASARI Project,
National Gallery Technical Bulletin 14 (1993);
3. Wintz P., Gonzales R. C., Digital Image Processing, Addison-Wesley P. C. (1977), London
pp. 127-136;