1 Intervento del prof. Vincenzo Russo La giustizia tributaria come
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1 Intervento del prof. Vincenzo Russo La giustizia tributaria come
1 Intervento del prof. Vincenzo Russo La giustizia tributaria come fattore di crescita economica. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Introduzione Giustizia sociale e giustizia tributaria Equità ed efficienza nel le leggi fiscali L’attuazione delle leggi di imposta e di spesa La riscossione delle imposte Il contenzioso tributario Conclusioni 1. Introduzione Il tema che mi è stato assegnato è la giustizia tributaria come fattore di crescita economica. Ricordo a me stesso che c’è un’ampia letteratura a livello mondiale che collega democrazia e sviluppo. Mi basta citare Amartya Sen. Cito quindi Rawls: “ Una teoria dell’economia politica deve includere un’interpretazione del bene pubblico basata su una concezione della giustizia. Essa deve guidare la riflessione del cittadino quando considera questioni di politica economica e sociale. Egli deve assumere la prospettiva dell’assemblea costituente o dello stadio legislativo, e accertarsi del modo in cui sono applicati i principi di giustizia”. Passando dalla teoria alla pratica, dico che un sistema tributario moderno funziona se in sostanza è spontaneamente accettato e percepito come equo Far funzionare un sistema tributario è grossa parte del compito di far funzionare una democrazia moderna secondo quanto hanno scritto i coniugi Musgrave in un celebrato manuale adottato in diversi paesi del mondo per una trentina di anni. Dico subito che se un sistema tributario è costruito ed è gestito bene può funzionare in modo efficiente ed equo; può creare sviluppo e crescita economica. Al riguardo rifuggo dall’idea che il fisco comprime la crescita. Cito qui Antonio De Viti De Marco, un grande economista italiano che operò nella prima parte del secolo XX, che considerava lo Stato, l’operatore pubblico come fattore della produzione pubblica e privata. Le imposte riducono i costi di produzione del settore privato – naturalmente se il gettito è utilizzato in maniera efficiente ed efficace. Quindi occorre guardare anche ai benefici della spesa pubblica1. Un sistema tributario efficiente deve produrre il gettito strettamente necessario al finanziamento dei beni e servizi pubblici a tutti i livelli di governo. Deve minimizzare gli effetti di distorsione o di disincentivo allo svolgimento delle attività produttive. //////// In una democrazia ben funzionante i beni e servizi pubblici che vengono prodotti sono quelli desiderati dai cittadini che esprimono le loro preferenze con metodo democratico. I beni pubblici indivisibili sono finanziati con il gettito delle imposte generali. 1 2 Se all’interno di queste prevalgono le imposte dirette e progressive il sistema dei prelievi ha contenuti di equità che possono essere ulteriormente rafforzati con la selettività della spesa pubblica. Una pubblica amministrazione (ovviamente inclusa quella finanziaria, inclusa la giurisdizione tributaria) efficiente costa meno. È bene pubblico essa stessa. Perché se costa lo stretto necessario, se non produce sprechi , libera risorse per aumentare la quantità di beni e servizi pubblici richiesti o, a parità di livello, di ridurne il costo di produzione. /////// È compito molto difficile in una moderna società aperta, globalizzata e sottoposta anche alla concorrenza fiscale attuare la giustizia tributaria. È evidente quindi che un economista intende la nozione di giustizia tributaria in senso ampio. 2. La Giustizia sociale e la giustizia tributaria per individuare il concetto della giustizia sociale seguo ancora Rawls il quale assume: a) una costituzione giusta che assicura a tutti i diritti di eguale cittadinanza; b) che “il processo politico è condotto , per quanto lo permettono le circostanze, come una procedura giusta per scegliere tra vari governi e per emanare una legislazione giusta”; c) Che esista un’equa eguaglianza delle opportunità; “ ciò significa che il governo , oltre a garantire i normali impieghi del capitale sociale, tenta di assicurare eguali opportunità di istruzione e formazione a persone similmente dotate e motivate” d) Che “esso (il governo) garantisce e fa rispettare l’eguaglianza di opportunità nelle attività economiche e nella libera scelta dell’occupazione. Ciò è ottenuto per mezzo della sorveglianza sulla condotta delle aziende e delle associazioni private, e grazie alla prevenzione dell’instaurarsi di restrizioni e barriere monopolistiche nei posti più ambiti. e) Infine, che il governo garantisce un minimo sociale o per mezzo di assegni familiari e contributi speciali per malattia e disoccupazione, o , in modo più sistematico, grazie a meccanismi come le indennità per i redditi più bassi”… Rawls passa quindi all’analisi delle funzioni del bilancio dello Stato (operatore pubblico) ampliando la classica tripartizione di Musgrave (allocazione, stabilizzazione, redistribuzione) e introducendo una quarta funzione c.d. dei trasferimenti specializzata nel prendere in considerazione i bisogni e quindi l’equità distributiva. Cito anche il prof. Gallo che insite molto su questo punto nelle “Ragioni del fisco”. La funzione allocativa è specializzata nel superamento dei fallimenti del mercato atteso che il sistema dei prezzi di mercato non misura correttamente i benefici e i costi sociali e quella di stabilizzazione – nel modello di Rawls - è mirata a perseguire “una situazione ragionevole di pieno impiego, nel senso che coloro che vogliono un lavoro possono trovarlo, e che la libera scelta dell’occupazione e gli investimenti sono garantiti da una forte domanda effettiva”. 3 Queste considerazioni di Rawls dovrebbero farci riflettere sul PSC a livello europeo. È un modello teorico a cui tendere e non sempre condiviso. Ci sono complesse questioni di teoria della giustizia, di “constitutional political economy “ e, in pratica, di giudizio politico, ossia, di valutazione di singole esperienze storiche e sociali. In questo quadro, la giustizia tributaria è parte significativa della giustizia economica e questa è grossa parte della giustizia sociale e della giustizia tout court . Ovviamente c’è un legame diretto tra giustizia sociale e giustizia tributaria ma esso va visto nella dovuta proporzione. Se in un paese non c’è giustizia sociale, se le leggi fiscali non sono ispirate all’obiettivo di promuovere la giustizia fiscale, è difficile pensare che la giustizia tributaria in senso stretto possa dare un contributo decisivo alla giustizia sociale. Non è un ragionamento circolare. Stiamo uscendo da una lunga fase storica in cui il paradigma dominante è stato quello di ridurre le tasse senza se e senza ma, mentre un discorso più pacato e serio avrebbe dovuto puntare alla perequazione. Viviamo nella società della complessità dove le transazioni, economiche, commerciali, finanziarie si contano a decine di migliaia e questo complica enormemente il compito del legislatore fiscale, dell’amministrazione finanziaria, della giustizia tributaria. Lo complica la concorrenza discendente dalla globalizzazione dei mercati che costringe ad adottare leggi di imposta più favorevoli al capitale mobile che al lavoro fisso. 3. La giustizia tributaria passa innanzitutto attraverso la legislazione. I mercati premono sulle leggi di imposta e rendono più difficile l’attuazione degli artt. 3 e 53 Cost. Gli sviluppi della globalizzazione e dell’innovazione finanziaria, della ICT hanno condizionato la legislazione fiscale degli ultimi 30-40 anni. Mi limito a dire che dal modello di imposta personale e progressiva a base imponibile tendenzialmente onnicomprensiva siamo scivolati via via verso (la c.d. cedolarizzazione dell’imposta, ossia,) la tassazione sostitutiva e separata ad aliquota proporzionale delle diverse categorie di reddito. È ovvio che questo cambiamento confligge con il principio della capacità contributiva e della progressività di cui all’art. 53 Cost. La tassazione personale progressiva diretta su base individuale si applica prevalentemente al solo lavoro dipendente, specie se verrà approvata la proposta del governo sull’IRI (imposta sul reddito imprenditoriale). E tuttavia ci sono dei fondamenti etici, degli standard minimi di equità che non possono non essere rispettati senza violare apertamente i giusti principi della tassazione. Rinvio di nuovo alle analisi del prof. Gallo. Ci sono quindi fattori esterni e fattori interni che incidono sulla legislazione tributaria. Dai primi anni ’70 – gli anni della I grossa riforma tributaria – a oggi grossa parte della legislazione tributaria è stata dettata da situazioni di emergenza e di risanamento dei 4 conti pubblici – peraltro mai consolidati e resi sostenibili. Questo ha inciso molto sulla qualità della legislazione al di là dei valori e delle preferenze delle maggioranze politiche che la promuoveva. Su detta qualità ha inciso ed incide la conflittualità politica esasperata del nostro Paese per cui i ministri che si alternano al governo, magari della stessa coalizione, considerano sbagliata la legislazione promossa dal predecessore e la riscrivono ex novo. Ha inciso e continua a incidere la legislazione casistica chiesta e data dal Parlamento in un contesto in cui il Parlamento non si fida dell’amministrazione, il governo non si fida degli organi della giurisdizione e viceversa . Tutti chiedono norme precise e circonstanziate ma la legislazione resta in affanno e non riesce mai a raggiungere una realtà in continua evoluzione. Le prime osservazioni critiche sulla qualità della legislazione – non di rado ispirata a principi contraddittori – sono a mia memoria del Governatore della Bd’I Carli nelle sue Considerazioni finali dei primi anni ’70 e quelle più specifiche del prof. Antonio Pedone sulla legislazione tributaria degli anni ’70. Queste circostanze hanno prodotto una legislazione alluvionale e sussultoria che rende molto difficile il lavoro sia dell’amministrazione finanziaria sia quello del giudice tributario. Spesso è stata sollecitata una tregua legislativa ma gli inviti sono caduti nel vuoto2. Se uno fa l’analisi delle leggi finanziarie degli ultimi 20 anni, si accorge subito che in ognuna di esse si modificano decine e decine di norme riguardanti gli istituti sostanziali e quelle procedurali dell’accertamento. Norme che per lo più rimangono sconosciute e inattuate. Se si considerano i continui condoni e le continue violazioni dello Statuto del contribuente, il quadro è quasi completo. Le regole non sono rispettate dallo stesso legislatore, figuriamoci dagli evasori. In un recente convegno (25-26 maggio) dell’ AIPDT è stata fatta un’analisi storica delle grandi riforme ed è stato autorevolmente affermato che il fisco è astruso per gli stessi esperti. “l’unica certezza è che non c’è certezza del diritto” ha detto il prof. Basilavecchia. Equità ed efficienza vanno cercate in questo groviglio di legislazione – fermo restando che se uno accetta la teoria rawlsiana della giustizia come equità, l’efficienza viene dopo l’equità o comunque deve essere bilanciata con l’equità. L’equità nella legislazione si attua con l’applicazione rigorosa del principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost. dal lato dei prelievi, le esenzioni e la coniugazione con schemi di trasferimenti perequativi, di imposta negativa e/o di reddito minimo garantito, ecc. 2 Ricordo che sia le deleghe fiscali degli anni ’90 sia quella degli anni ’00 non sono state attuate. 5 Dal modello adottato nella riforma degli anni ’70, che prevedeva la tassazione del reddito entrata per le persone fisiche e quello prodotto netto per le imprese e il lavoro autonomo, ci si è subito allontanati legiferando schemi di tassazione forfettaria per le PMI e i lavoratori autonomi nell’assunto che l’inefficienza dell’AF non rendesse possibile controllare l’enorme numero di contribuenti emerso dopo la riforma. Se le basi imponibili assunte sono diverse, è difficile attuare l’uniformità e generalità di trattamento. Già nel 1979, il prof. Pedone constatava la sostanziale suddivisione dei contribuenti italiani tra evasori e tartassati – titolo di un libro sempre attuale e interessante. Ritorno al mio tema principale. L’efficienza nella legislazione tributaria passa: a) attraverso il processo di riallocazione delle risorse per superare i c.d. fallimenti del mercato; b) attraverso un’attenta opera di minimizzazione delle distorsioni (effetti di inefficienza sullo sforzo di lavoro e sugli incentivi al risparmio) che quasi tutte le imposte portano con se; c) attraverso la previsione di agevolazioni, esenzioni, detrazioni, tax expenditure che tengano conto di situazioni particolari, di esigenze extratributarie, ecc..; d) la flessibilità del sistema. Non mi addentro nella illustrazione delle proposizioni di cui alle lettere a), b), e c). Sulla lettera d) mi limito a dire che il sistema tributario non serve solo ad assicurare un regolare flusso di entrate necessarie a finanziarie le funzioni fondamentali dell’operatore pubblico. Serve anche per la funzione di stabilizzazione come individuata sopra da Rawls (ragionevole pieno impiego, possibilità di scegliere un lavoro, livello adeguato degli investimenti garantiti da forte domanda effettiva). Sotto questo punto di vista il sistema tributario italiano è stato sempre sotto stress perché in 150 anni di storia , come noto, solo una volta nel lontano 1875 il bilancio dello Stato sfiorò il pareggio. Nessun governo di destra o di sinistra è mai riuscito a spingere l’economia verso il pieno impiego – neanche durante il c.d. miracolo economico. 4. I problemi dell’accertamento delle imposte. Senza code e senza controlli non c’è democrazia. Le leggi di imposta vanno applicate e, quindi, passiamo ai problemi dell’accertamento. Il sistema è quello della denuncia verificata. Esso presuppone fiducia e cooperazione. Presuppone un’AF in grado di svolgere un pacchetto efficiente ed efficace di controlli. Non è il nostro caso. Ci sono diversi metodi di accertamento ed essi sono rilevanti ai fini dell’equità e dell’efficienza 6 /////// C’è il metodo principale dell’accertamento analitico su base documentale mirato a definire il reddito effettivo e gli altri metodi forfettari più o meno sofisticati. Il primo è quello legiferato dalla grande riforma degli anni ’70 e subito abbandonato. Il primo metodo è rimasto per i redditi di lavoro dipendente e accerta una base imponibile ampia, quasi onnicomprensiva.//////// Per il reddito delle PMI e di lavoro autonomo ormai da 30 anni si sono applicati prima gli IPR, e poi gli SdS, ossia, la tecnica di ricavi stimati. Secondo esperti del settore gli SdS sottostimano i ricavi. I livelli dei ricavi sono negoziati dal MEF a livello centrale con i rappresentanti delle categorie interessate. Una vera anomalia italiana3. Un’analisi di qualche anno fa condotta dal prof. Convenevole dell’Ufficio Studi dell’AdE ha dimostrato che su un arco temporale di diversi anni i ricavi stimati mostravano un andamento crescente mentre i redditi imponibili decrescevano. Questo si spiega con il fatto che le regole di determinazione del reddito non sono state cambiate. Acquisti regolarmente fatturati non sono detratti per non violare i criteri di coerenza e congruità degli SdS 4. Il sistema dei controlli non è efficiente. Non svolge un numero adeguato di accertamenti approfonditi. Quelli cosiddetti parziali che sono la stragrande maggioranza si esercitano nella logica del "pizzicato" (Russo 1994: 8369) per cui recuperano qualche elemento di materia imponibile ma, di per sé, non sono strumenti efficaci né di prevenzione né di repressione dei fenomeni evasivi. Controlli inefficienti ed inefficaci favoriscono il moonlighting l'evasione parziale o l'economia in nero Chiarini e Marzano la voce.info dalla mia relazione 2006 Senza tema di essere smentito, mi sento di affermare che gli SDS, così come attuati, promuovono l’integrazione verticale ed orizzontale tra economica sommersa e quella legale con evasione fiscale. //////// Gli SDS indirettamente alimentano un flusso di produzione e scambio in nero che si intreccia con l’economia sommersa e - perché no? - anche con quella criminale se consideriamo che la criminalità organizzata entra in attività legali non solo per riciclare i proventi illegittimi ma anche per investire e sviluppare le sue attività./////// E il paradosso è che più ci si adegua ai criteri di coerenza e congruità, maggiore è la base imponibile nascosta. 3 4 Rinvio ai lavori della Commissione ministeriale guidata dal prof. Rey del 2007 per l’analisi di una serie di problemi tecnici relativi agli SdS , purtroppo rimasti irrisolti. 7 Restano quindi due regimi diversi uno per gli imprenditori e lavoratori autonomi e l’altro per i lavoratori dipendenti anche per la suddivisione dei redditi tra i membri della famiglia. I primi possono farlo legalmente, i secondi no. ////////// Non si introduce l’”income splitting” o il quoziente familiare alla francese per i lavoratori dipendenti perché costa troppo, ma nessuno si chiede quanto costa quello surrettizio delle società di persone e delle imprese familiari.////////// L’inefficacia storica della lotta all’evasione è comprovata da un dato molto semplice pubblicato dall’ISTAT recentemente: nel 1981, ai tempi di Reviglio, l’evasione di imposta era stimata tra il 7-8% del PIL come ora, 30 anni dopo. E su un punto voglio essere chiaro: non è questione di poteri degli Uffici. 30 anni fa c’era il segreto bancario. Da qualche decennio non c’è più e, secondo me, non trovano seria giustificazione le recenti misure legislative che prevedono l’invio obbligatorio degli estratti conto di lavoratori dipendenti e pensionati all’AT. Siamo giunti ormai ad una sorta di casa correzionale del tipo Panopticon che Jeremy Bentham, economista e filosofo inglese, propose nel 1791. L’ADE è divenuta una sorta di Grande Fratello che sorveglia e spia tutti i movimenti di tutti i contribuenti. Non c’è più privacy. 17 milioni di lavoratori dipendenti e altrettanti milioni di pensionati sono ora tutti sospettati di essere evasori. E questo a fronte di circa 10 mila indagini bancarie all’anno di cui nulla sappiamo circa la tenuta in commissione tributaria dei conseguenti accertamenti. Per contro si sono blindati gli SDS, ossia, si è ristretto a ipotesi particolarmente gravi e precise la possibilità di ricorrere ad accertamenti sintetici ed analitici induttivi nei confronti di soggetti che hanno aderito agli SDS - mascherando il tutto per rigore. Né fanno rigore i blitz sulle località turistiche. Sono gesti dimostrativi a forte effetto mediatico ma la legge dice che per poter utilizzare quei dati e per arrivare alla chiusura temporanea degli esercizi , detti controlli devono essere ripetuti in tre anni successivi. I 40 anni che ci separano dalla grande riforma sono suddivisi in due sotto-periodi: prima e dopo il 1994. Prima grande rigidità nelle procedure di accertamento. Dopo il 1994 le procedure sono state radicalmente modificate, rese più flessibili, più partecipate, più trasparenti. Siamo passati da un eccesso di rigidità ad un eccesso di flessibilità. Sono stati introdotti due ravvedimenti operosi, accertamenti con adesione e/o concordati e due possibilità di conciliazione in I e II grado e, da ultimo, il reclamo cui si collega uno sconto sino al 40%, nella linea della transazione5. In assenza di controlli efficaci, tale linea è fin qui servita a introdurre una premialità negativa. In pratica siamo in un regime di condono permanente. Come un sistema del genere possa promuovere la conoscenza , l’assimilazione, l’accettazione e il rispetto delle regole è tutto da dimostrare. 5 Il reclamo assomiglia ad un ricorso gerarchico improprio e, probabilmente, prende atto del fatto che gli uffici usano di rado l’autotutela. Sia con l’uno sia coll’altra, non vedo il fondamento di uno sconto sulla MIA. Se di errore si tratta, esso va corretto e, magari, va chiesto scusa al contribuente. 8 5. La riscossione. Oltre che accertate le imposte vanno riscosse. Non credo di essere fuori tema rispetto all’argomento. La riscossione è una delle parti più delicate del complesso procedimento di prelievo delle imposte. Errori e ritardi nei versamenti sono gravemente sanzionati. E buona parte del contenzioso origina anche dalle pesanti sanzioni previste. Gli ultimi 40 anni sono suddivisi in due sottoperiodi : prima e dopo il 1999. Flessibilità prima forte rigidità dopo con forte incremento delle somme da pagare subito. C’è stata escalation delle sanzioni e delle misure cautelative per gli inadempienti e per i ritardatari. Sanzioni “estese” o improprie si aggiungono a quelle ordinarie. Non di rado gli uffici applicano i minimi edittali e molto spesso le commissioni di merito le annullano o le ridimensionano. In pratica si è tornati al “solve et repete”. I recuperi di efficienza nella riscossione, in sostanza, sono equivalenti a recuperi di evasione ma servirebbe un’analisi statistica più attenta per capire a carico di quali contribuenti sono operati i recuperi nella riscossione. La Corte dei Conti ha ripetutamente certificato un miglioramento nella riscossione, ma il sistema non appare del tutto soddisfacente. Gli elevati livelli degli aggi e delle sanzioni e le iniquità ad essi connesse tendono a coprire la restante inefficienza che crea scontento e forte risentimento nei confronti dell’operatore pubblico ai vari livelli. L’automatismo telematico impersonale che caratterizza l’attuazione delle procedure provoca reazioni violente dei contribuenti non solo nei confronti dell’agenzia preposta alla riscossione ma anche contro se stessi, con azioni tragiche ed irreparabili. Le cause sono diverse ma uno sguardo di insieme mi fa dire che c’è un forte squilibrio tra le varie vie di uscita previste nella fase di accertamento – per lo più sconosciute ai contribuenti meno aggiornati - e la rigidità delle procedure coercitive della riscossione. La problematica merita un’attenta riflessione perché anche questo mina il senso della giustizia. 6. Il contenzioso tributario. Dopo l’approfondita relazione del prof. Consolo, io mi limito a poche osservazioni empiriche. 9 C’è un problema di professionalità del giudice riconosciuto da tutti ma a cui non si pone rimedio. Basti pensare alla massa di contribuenti sottoposti agli studi di settore per rendersi conto come i casi che sempre più verranno all’attenzione dei giudici tributari richiedano conoscenze non solo del groviglio di leggi che ho menzionato sopra, della giurisprudenza e prassi ma anche di economia aziendale, di ragioneria, di regole contabili internazionali, di statistica, di nozioni elementari di teoria della probabilità, di tecniche di analisi regressiva che mettano il giudice in grado di capire quanto meno la logica con cui si costruiscono gli SdS e il redditometro, come sono o possono essere stimati da un lato i ricavi delle imprese e/o di lavoratori autonomi, dall’altro, i redditi goduti da persone fisiche sulla base di dati dichiarati, occultati, di indici diretti ed indiretti. Sia i verificatori sia gli uffici accertatori in sede di motivazione degli accertamenti sia i giudici tributari sono costretti a ragionare in termini probabilistici. Un ultimo dato di esperienza. Ho già accennato alle conciliazioni giudiziali che flessibilizzano anche il processo tributario. Non c’è un grande arretrato anche per effetto della raffica di condoni del 2002-03. Se solo si passasse anche gradualmente al giudice a tempo pieno il problema scomparirebbe. Di certo c’è un problema di qualità degli accertamenti degli Uffici e delle decisioni delle Commissioni tributarie di merito. C’è un problema marginale con l’arretrato della CTC da circa due anni ormai frenata o semiparalizzata dal condono del 2010 ora prorogato sino al dicembre 2013 dall’attuale governo. /////////Alle soglie del mio pensionamento da giudice tributario, non difendo la bottega ma la CTC andrebbe conservata se non altro per evitare di congestionare la valorosa Sezione tributaria della Corte di Cassazione che ha sempre illuminato la mia strada.////// 7. Brevi osservazioni e conclusioni. Non credo a riforme fiscali palingenetiche. In fatto ne abbiamo una in corso da diversi anni, quella del federalismo fiscale che stenta ad andare avanti. Presa sul serio la riforma federalista implica una complessa articolazione del sistema tributario su più livelli con una vera riassegnazione dei poteri di prelievo ed un aggiustamento progressivo del sistema che potrebbe portare oltre che ad una maggiore equità ad un meccanismo più efficiente e trasparente. Un sistema federale ben costruito potrebbe perseguire meglio l’efficienza. Di nuovo, purtroppo non è il nostro caso. Bisognerebbe rifuggire dalle innovazioni nominalistiche e dalle continue disaggregazioni e ricomposizioni degli istituti. Così facendo il sistema il sistema diviene meno trasparente. 10 Bisognerebbe legiferare con maggiore prudenza e pacatezza. Bisognerebbe rinunciare sul serio a condoni e sanatorie. Questo modo di legiferare mina la giustizia tributaria perché trasforma le sanzioni in una tela di Solone e mina la credibilità dell’Amministrazione finanziaria. “Un sistema giusto - (afferma Rawls, 2008: 257) - deve generare il proprio sostegno. Ciò significa che deve essere ordinato in modo da far sorgere nei propri membri il corrispondente senso di giustizia, un desiderio effettivo di agire in accordo con le sue norme” . In Italia, il sistema fiscale non genera il consenso della maggior parte dei contribuenti e, quindi, non è giusto. in Italia viviamo un clima di illegalità diffusa. Le leggi fiscali vi contribuiscono non poco la riprova di quanto affermo sta nei dati dell’Istat. Se sommo i dati dell’economia sommersa, quelli della base imponibile non dichiarata, quelli della contraffazione, quelli della corruzione siamo attorno al 30% del PIL. Come detto, gli italiani restano divisi tra evasori e tartassati. Aumenta la disuguaglianza, la crescita è negativa e le prospettive a medio lungo termine non sono buone come dimostra una proiezione del CSC al 2030. Si prevede lo 0,7% di crescita all’anno e la disoccupazione in crescita può diventare strutturale. L’ascensore sociale è bloccato come lo conferma il Rapporto Istat. È fenomeno che interessa in vario grado altri paesi occidentali ma questo non può consolarci. Ragionando in termini di giustizia tributaria in senso ampio alla Rawls , come fa anche il prof. Gallo in un suo recente saggio sulla diseguaglianza , siamo in una situazione insostenibile a cui andrebbe posto rimedio con urgenza. Un simile sistema non è equo né efficiente.