I PERCORSI DI FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI DI

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I PERCORSI DI FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI DI
I PERCORSI DI FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI DI MATEMATICA IN ITALIA, OGGI
Desidero ringraziare per questo invito il Comitato organizzatore del Convegno; in qualità di
vicepresidente del GFMT (Gruppo di Formazione Matematica della Toscana ”Giovanni Prodi”)
desidero anche portare i saluti del presidente Franco Favilli.
Il titolo della tavola rotonda si può interpretare come una riflessione sull'esistente, ma anche come
un'ipotesi di quale percorso oggi vediamo necessario per formare un buon insegnante di
matematica; vorrei muovermi su entrambi questi aspetti.
INSEGNANTI – DI MATEMATICA (O DI MATEMATICA E...)
Piero Calamandrei nel 1950 definiva la scuola pubblica come un “organo costituzionale”, al pari
della magistratura. Essa infatti deve garantire ai giovani il diritto all'istruzione (che è un diritto
costituzionale), pertanto i docenti della scuola pubblica hanno un mandato costituzionale.
C'è quindi da costruire una figura professionale di insegnante che lo renda pienamente
consapevole di questo ruolo.
Essa è delineata innanzitutto dalla legge che disciplina lo stato giuridico del personale della
scuola: “TU D.L.vo 297/94 - Art. 395 Funzione docente
1. La funzione docente è intesa come esplicazione essenziale dell'attività di trasmissione della
cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a
tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità.”
Qualche anno dopo la scuola è stata investita (il termine “investita” non è casuale...) del processo
dell'Autonomia (L.59/97 e DPR 275/99).
Con l'Autonomia le scuole diventano luoghi di “Ricerca, sperimentazione e sviluppo”:
“Art. 6 - Autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo
1. Le istituzioni scolastiche, singolarmente o tra loro associate, esercitano l'autonomia di ricerca,
sperimentazione e sviluppo (…) curando tra l'altro:
a) la progettazione formativa e la ricerca valutativa;
b) la formazione e l'aggiornamento culturale e professionale del personale scolastico;
c) l'innovazione metodologica e disciplinare;
d) la ricerca didattica sulle diverse valenze delle tecnologie dell'informazione e della
comunicazione e sulla loro integrazione nei processi formativi;
e) la documentazione educativa e la sua diffusione all'interno della scuola;
f) gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici;
g) l'integrazione fra le diverse articolazioni del sistema scolastico e, d'intesa con i soggetti
istituzionali competenti, fra i diversi sistemi formativi, ivi compresa la formazione professionale.”
In concomitanza con l'avvento dell'Autonomia, il rapporto di lavoro del personale della scuola è
stato “privatizzato”, cosicché la funzione docente non è più espressa da uno stato giuridico
delineato per legge, ma da un articolo del Contratto nazionale di lavoro:
“Art. 27 - Profilo professionale docente
1. Il profilo professionale dei docenti è costituito da competenze
•
disciplinari,
•
psicopedagogiche,
•
metodologico-didattiche,
•
organizzativo-relazionali e di ricerca,
•
documentazione e valutazione
tra loro correlate ed interagenti, che si sviluppano col maturare dell'esperienza didattica, l'attività di
studio e di sistematizzazione della pratica didattica. I contenuti della prestazione professionale del
personale docente si definiscono nel quadro degli obiettivi generali perseguiti dal sistema nazionale
di istruzione e nel rispetto degli indirizzi delineati nel piano dell'offerta formativa della scuola.”
Questa parte di “area comune” per il docente di matematica è senz'altro necessaria per la
costruzione di un'identità professionale.
In particolare, la “ricerca valutativa” investe i docenti di matematica, in quanto le prove INVALSI
saranno strumento di valutazione delle scuole; esse producono reazioni anche ostili di interi collegi
dei docenti, ma non dimentichiamo che investono unicamente italiano e matematica. E siccome le
prove INVALSI non devono essere subite, ma utilizzate criticamente per la valutazione e la
valorizzazione, il ruolo dei docenti di matematica diventa essenziale.
PERCORSO DI LAUREA E PERCORSO ABILITANTE
Su quale soggetto si innesta questa identità professionale che va costruita?
Su un laureato in matematica, fisica, informatica, economia, ingegneria, discipline nautiche, scienze
statistiche...., che ha effettuato o non ha effettuato un percorso abilitante, comprendente, in
particolare, un tirocinio didattico; e qui la discriminante non è tanto l'essere abilitato o non abilitato,
quanto piuttosto l'aver effettuato un percorso abilitante, che è altra cosa dall'essere abilitato.
Fin dal 1990, con la legge 341, si era deciso che dopo la laurea (allora quadriennale) il futuro
docente avrebbe dovuto effettuare un percorso abilitante biennale, presso una scuola di
specializzazione per l'insegnamento. Nei successivi dieci anni è stata messa a punto la struttura di
questa scuola, la SSIS, con le sue quattro aree:
•
trasversale,
•
di didattica disciplinare,
•
laboratorio didattico e
•
tirocinio didattico nelle scuole,
il cui primo ciclo prese avvio solo dopo dieci anni dall'emanazione della legge istitutiva.
Tra i provvedimenti emanati nel 1998 che preparavano il terreno per l'apertura della SSIS, ne fu
emanato uno che affrontava un tema diverso, quello dei concorsi a cattedre, il DM 460, denominato
“Norme transitorie [e sottolineo transitorie] per il passaggio al sistema universitario di abilitazione
all’insegnamento nelle scuole e istituti di istruzione secondaria ed artistica”.
Esso sanciva, tra molti incisi, un principio importante: i concorsi ordinari a cattedre, a
regime, sarebbero stati aperti ai soli abilitati, in coerenza con l'avvio della SSIS; c'era solo una
clausola di salvaguardia per le classi che avessero, al momento dell'emanazione del bando, penuria
di abilitati.
Gli articoli successivi dettavano però delle norme transitorie, che derogavano dal possesso
dell'abilitazione, per tutti gli immatricolati in quello stesso anno che si fossero laureati in pari (entro
il 2001/2002 per le lauree quadriennali).
Sono seguiti nove anni di “sperimentazione” della SSIS (perché non si può dire che la SSIS sia mai
andata a regime), ma già contemporaneamente al primo ciclo furono effettuati un concorso
ordinario a cattedre e due concorsi riservati, che permettevano l'abilitazione con un breve percorso
(di sole 50 ore di lezione, di cui 25 disciplinari e 25 di didattica e normativa) e delle prove finali
molto semplificate.
Si badi bene, non ci si poteva aspettare che una scuola appena avviata come la SSIS fosse esente da
difetti, quindi era facilmente attaccabile dai suoi molti detrattori.
Ma bandire tre concorsi uno dietro l'altro, di cui due riservati, è stato a mio avviso un segnale molto
ambiguo per coloro che dovevano capire se era o non era necessario un serio percorso abilitante per
accostarsi a questa professione, e quindi decidere se assumersi l'onere di frequentare la SSIS.
Si continuava a dare il segnale che si sarebbe potuto evitare qualsiasi percorso (serio) abilitante,
potendo sempre contare sulle “sanatorie”: chi fosse riuscito ad effettuare un biennio di supplenze
(360 giorni) invece che un biennio di corso SSIS (i due periodi hanno perfino la stessa durata, con
la differenza che il primo è pagato, il secondo si paga!), avrebbe avuto prima o poi un percorso
facilitato, molto facilitato, per conseguire l'abilitazione all'insegnamento.
LA SERIETA' DI UNA SOGLIA DI AMMISSIONE FLESSIBILE
La SSIS nel corso degli anni è cresciuta, si sono stabilizzate alcune “buone pratiche”, per esempio
quella, certamente passata inosservata, di accogliere allievi con dei debiti formativi da colmare
durante il corso di studi.
Nicolina Malara ieri ha parlato della necessità che gli insegnanti abbiano “coscienza di sé” .
Ebbene, proprio l'accesso con debito formativo aiutava molto gli statistici, gli ingegneri... e anche
qualche fisico e matematico, ad avere coscienza delle proprie carenze sulla matematica elementare,
quella oggetto di insegnamento, talvolta sottovalutata o addirittura ignorata anche dagli studenti
migliori. Giorgio Ottaviani ieri ci ha stupiti con le sue considerazioni sugli studenti anche brillanti
di matematica che non conoscono la geometria euclidea; eppure sono quanto mai vere.
Non si trattava certamente di accogliere tutti, ma di fare i conti con la realtà: se il sistema
universitario era in grado di fornire al sistema di formazione degli insegnanti un numero di laureati
sufficiente a formare una graduatoria di ammessi abbastanza numerosa, si sarebbe potuta effettuare
una selezione ”dei migliori” grazie al numero chiuso; ciò avveniva generalmente per le materie
letterarie; se invece, come succedeva per l'indirizzo fisico-informatico-matematico, si riusciva con
le domande a coprire a malapena il numero di posti disponibili, era importante una presa d'atto da
parte di molti soggetti di quali fossero tutte le implicazioni delle rispettive scelte. E un principio
astratto di “rigore” selettivo, se pensato fuori da ogni contesto, provoca reazioni a catena del tutto
controproducenti rispetto all'obiettivo meritocratico che il criterio selettivo si pone.
Ne abbiamo avuto già esperienza, proprio nel nostro settore disciplinare: l'eccessiva selettività,
negli anni 80 e 90, nei concorsi ordinari di matematica e fisica ha fatto sì che proprio le cattedre dei
licei restassero scoperte, creando molto precariato non abilitato; a questo sono seguiti concorsi
riservati con cui si sono abilitate anche quelle stesse persone che non avevano superato il concorso
ordinario. Senza nulla togliere al valore che può avere l'insegnante a prescindere dalla modalità con
cui si è abilitato, di fatto lo stato ha rinunciato a verificare questo valore; quindi quel rigore iniziale
non è stato funzionale allo scopo.
Questo è un problema che abbiamo toccato anche stamattina con il prof. Vassallo, riguardo alla
situazione in Francia. Se il sistema di formazione docente non riesce a soddisfare il fabbisogno delle
scuole, il sistema scolastico deve far ricorso a personale privo dell'abilitazione, creando così
nell'immediato un'immissione di personale di cui non viene formalizzata alcuna forma di verifica
delle competenze relative all'insegnamento, e nel corso del tempo un precariato che dopo qualche
anno necessiterà di una qualche forma di stabilizzazione.
Avevamo dunque due esperienze: una negativa, il falso rigore delle soglie alte e rigide del concorso,
che erano comunque necessarie, visto che il concorso non è un percorso, ma abilita in modo
definitivo all'insegnamento; l'altra positiva: l'accesso con debito alla SSIS, che invece era l'inizio di
un percorso, per legge personalizzato; come tale poteva essere adattato sia alle condizioni iniziali
del candidato che alle sue capacità e disponibilità ad apprendere; il percorso terminava con un
esame finale abilitante che veniva effettuato a seguito di molte prove intermedie, che venivano
affrontate previo accertamento del superamento delle carenze iniziali; questo, facendo le cose con
serietà, ha provocato talvolta un allungamento dei tempi del percorso abilitante, e, in misura minore,
anche qualche abbandono.
Ma incredibilmente, ignorando i danni dell'esperienza dei concorsi, ed ignorando i benefici
dell'esperienza SSIS, il DM 249/2010 sulla formazione iniziale ripete lo stesso identico errore del
falso rigore mediante soglie rigide di accesso; che avrebbero senso “a regime”, cioè a valle del
conseguimento di una laurea magistrale già orientata all'insegnamento, ma ha veramente poco senso
dopo una laurea specialistica generale.
Non c'è stato neanche bisogno di aspettare troppo per vedere i primi effetti negativi di questa scelta:
le prove preselettive, dapprima considerate troppo facili, sono poi risultate piene di errori, forse
perché modificate in fretta e furia per renderle più difficili; ed ecco, ora come allora, la scappatoia
alla penuria di accessi: la promessa di un “TFA speciale”, senza prova di accesso, per chi ha un
certo numero di giorni di insegnamento. Oggi nel 2012, come allora nel 1999, non appena viene
annunciata una nuova modalità di formazione degli insegnanti, spunta fuori un percorso parallelo
facilitato.
Ora, per il TFA “normale” bisognerebbe proseguire con una valutazione “trasparente” delle prove
successive: lo scritto e l'orale. Ma, con una soglia minima così alta, corriamo il rischio di non
coprire il fabbisogno di insegnanti di matematica, con danno al sistema scolastico, come abbiamo
visto, ma anche con il problema immediato della non sostenibilità economica per le università. E'
facile allora prevedere dei criteri di valutazione che tengano conto delle necessità del sistema (o
meglio dei due sistemi, scolastico e universitario), come è naturale, ma questo andrà a discapito
della trasparenza della valutazione. Poi però sarà ben difficile, una volta fatti entrare, grazie a una
valutazione “a maglie larghe”, dei soggetti con lacune di base, e senza una loro chiara
esplicitazione, far sì che questi soggetti siano “consapevoli di sé” (Malara), convincerli della
necessità di un recupero di quelle conoscenze, peraltro già in partenza sottovalutate e snobbate,
soprattutto da chi, non essendo laureato in matematica, talvolta non coglie neanche quale sia
l'oggetto di tanta attenzione.
Ma non si può dire che l'esperienza delle SSIS sia stata tutta positiva, non tutte le SSIS hanno
lavorato nel migliore dei modi, e la mancanza di valutazione ha fatto sì che quando la politica ha
deciso di chiuderle, ha trovato facili pretesti che era difficile contraddire.
La SSIS è stata chiusa per 4 anni, cioè per quattro anni non si è consentito ai giovani desiderosi di
accostarsi a questa professione di poter conseguire il titolo per accedervi; in questo periodo ha visto
la gestazione un decreto (il DM 249/2010) che, a prescindere dallo scivolone sulle modalità di
selezione, contiene molte buone intenzioni su quello che dovrebbe essere la formazione docente a
regime, ma che è molto preoccupante per ciò che prevede per un periodo transitorio, che si
preannuncia piuttosto lungo.
Non sarà facile “piegare” in un solo anno, che forse si ridurrà ad un semestre, dei laureati generici,
di svariate discipline, al mestiere di insegnante di matematica (o di matematica e...), nascondendo
all'esito dell'esame di ammissione le eventuali lacune di base (per evitare l'esclusione), e
scardinando con un pugno di ore (pur concentrate) di lezione tutte le credenze ingenue che, in
mancanza di una forte formazione specifica, non faranno altro che basarsi sull'esperienza scolastica
personale, riferite ad una scuola che non c'è più, e ad uno-studente tipo (il soggetto in questione)
che non è certamente rappresentativo della popolazione scolastica attuale. Sarà molto difficile.
Anche il tirocinio nelle scuole, che dovrebbe essere di ben 475 ore, sarà del tutto ingestibile se
concentrato nei tempi richiesti, e questo porterà alla necessità di adattamenti fantasiosi e forse al
limite della legittimità.
Ma a proposito del perdurare delle norme transitorie, abbiamo scoperto che il ministro ha
fortemente quanto frettolosamente voluto l'indizione di un concorso a cattedre senza che si fosse
fatta pulizia delle norme transitorie, in particolare di quel DM 460/98 citato sopra, che applicato
dopo 15 anni suona come una beffa: malgrado i sacrifici e le competenze acquisite dalle migliaia di
abilitati SSIS nello scorso decennio, si apre di nuovo un concorso anche per i non abilitati, ma non
per tutti: solo quelli laureati prima del 2003, cioè solo coloro che hanno avuto più occasioni
(almeno per sei anni consecutivi) per iscriversi alla SSIS e non l'hanno fatto o non vi sono riusciti.
Viceversa, l'accesso è negato ai giovani, cioè ai laureati negli anni successivi, compresi quelli che
non hanno potuto fare la SSIS a seguito della chiusura voluta dall'allora ministro Gelmini. Quindi a
un giovane laureato in matematica con crediti in didattica, motivato a fare l'insegnante viene negato
l'accesso, mentre a un non più giovane, che ha una laurea in discipline nautiche presa venti o trenta
anni fa che “ci vuole provare”, e che magari finora si è occupato di tutt'altro, la strada del concorso
è aperta.
E ancora: a un docente che vuol passare dalla scuola media alla scuola superiore il concorso è
precluso, mentre per un dipendente dell'USL o delle Poste che ha voglia di cambiare mestiere, e che
abbia una laurea sufficientemente vecchia, la strada del concorso è aperta. Ecco, sembra che i
criteri di merito per partecipare a questo concorso siano quelli di avere una laurea sufficientemente
vecchia e di lavorare fuori dalla scuola.
Anche con questo concorso, dopo ben 10 anni di SSIS, si conferma il vecchio messaggio secondo
cui l'abilitazione è un optional, e lo si dice, proprio come 13 anni fa... in concomitanza con l'avvio
di un nuovo percorso abilitante.
Bergamo, 26 ottobre 2012
Maurizio Berni.