CORSO DI ARTE MARINARA Lezione 21

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CORSO DI ARTE MARINARA Lezione 21
Arte Marinara - Lezione 21
CORSO DI ARTE MARINARA
Lezione 21
(Aggiornamento aprile 2009)
4.6. Interventi in carena
La capacità di eseguire interventi in carena è argomento strettamente correlato con
quelli in corso di trattazione sulla sicurezza. Queste operazioni sono spesso decisive per
risolvere situazioni dannose o per contenere eventi pericolosi ai fini dell’incolumità
dell’imbarcazione e del suo equipaggio.
Su uno yacht sono imbarcate un’infinità
di cose, speso inutili o dannose, ma
talvolta
manca
una
dotazione
di
validissimo ausilio in caso di eventi che
richiedano un intervento in carena, quale
è un set per subacqueo: maschera, pinne,
muta e bombola d’aria carica.
L’attrezzatura
subacquea
è
utilissima in tante occasioni ordinarie:
piccoli interventi sull’opera viva, pulizia
della carena, degli ombrinali e delle
prese a mare, verifica della tenuta
dell’ancora, liberazione dell’ancora da
corpi
estranei,
dell’ancora
o
di
messa
in
chiaro1
un
corpo
morto
incattivati2.
E’ essenziale per intervenire in caso di banali incidenti per i quali sia necessario
operare sotto lo scafo, quali cima nell’elica, reti o sacchi di plastica incocciati nella deriva,
nel timone o nell’elica, fogli di plastica aspirati da una presa a mare.
E’ indispensabile per verificare e possibilmente porre rimedio ad incidenti seri, quali
urto con ostacoli flottanti semi sommersi, incaglio, falla, avaria al timone o all’elica.
1
2
Liberare l’ancora
Incastrati, ingarbugliati a tre
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Pertanto, rinunciate all’imbarco di qualche inutile ed ingombrante trastullo, ma non
fate mancare a bordo un’attrezzatura da sub!
L’immersione in mare aperto di un membro dell’equipaggio per interventi in carena,
può essere anche molto pericoloso in condizioni di mare formato, per cui deve avvenire solo
se strettamente indispensabile e comunque con la massima cautela. In coperta, sullo yacht,
deve esserci sempre una membro dell’equipaggio di assistenza durante l’immersione. La
persona che si immerge deve indossare un cintura di sicurezza legata ad una robusta cima
per il pronto recupero da bordo in caso di necessità; inoltre il sommozzatore deve avere
anche una cimetta legata al polso da utilizzare come mezzo di segnalazione per avvertire
l’assistente in caso si pericolo.
Richiamo l’attenzione sull’opportunità, anche quando la poppa è attrezzata di
plancetta balneare, di fare scendere in acqua e far operare il sub da centro barca sottovento,
dove lo specchio d’acqua è più tranquillo, senza onde frangenti che sbattano il malcapitato
contro lo scafo: armare sempre una scaletta sul bordo, perché sarà comunque molto utile, sia
per la discesa in acqua senza pericolo, sia per un’agevole risalita a bordo dopo l’intervento
in carena. Un lavoro in carena, specie se avvenuto in apnea, può essere molto faticoso e
spossante per l’operatore, rendendone molto problematico il recupero.
4.7. L’incaglio
Ritengo non ci sia skipper che non abbia provato la rabbia impotente dell’incaglio,
sia pure limitato alla “toccata” del fondo sabbioso con la chiglia di una barca a vela, oppure
al fare la “barba” alle eliche di
una imbarcazione a motore.
Anche questo sinistro è,
nella massima parte dei casi,
imputabile ad imprudenza o a
leggerezza dello skipper, che si
sia fidato troppo della propria
esperienza,
della
propria
conoscenza dei luoghi, o, peggio
ancora, che abbia voluto esibire
le proprie virtù di disinvolto navigatore in acque ristrette. Nella massima parte dei casi il
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sinistro occorre a seguito di mancata consultazione delle carte nautiche e del portolano o di
errata interpretazione delle indicazioni ivi riportate.
Per gli odierni diportisti è molto raro che l’incaglio capiti per cause di forza maggiore, quali
un fortunale o una grave avaria, accaduti in prossimità di costa. Gli antichi velieri erano
fortemente condizionati dagli eventi meteorologici avversi e dai conseguenti danni alle
attrezzature, che li esponevano al pericolo di incaglio e naufragio in costa, circostanze che si
combinavano in maniera nefasta con una cartografia inaffidabile o addirittura inesistente.
Ma al giorno d’oggi, in cui si dispone di strumenti di navigazione elettronica di estrema
accuratezza, di scandagli elettroacustici di formidabile precisione, di cartografia nautica
completa ed affidabile, di portolani realizzati appositamente per la navigazione da diporto,
l’incaglio dovrebbe essere davvero un evento raro. Ma così non è!
I mari italiani, ed in genere il mar Mediterraneo, riservano poche insidie di incaglio per uno
yacht da diporto, essendo rare le secche o gli scogli isolati in alto mare, non essendovi ampie
maree, né forti correnti di marea come negli insidiosi mari del Nord Europa, dove è
necessaria una grande esperienza marinara per navigare in acque ristrette. Tuttavia occorre
sempre grande precauzione quando ci si avvicina alla costa o si entra ed esce da un porto.
Oltre le acque della laguna di
Venezia,
soggette
a
sensibili
escursioni e correnti di marea, ma
ottimamente segnalate di giorno e di
notte, cito alcune “classiche” secche
che ingannano il diportista incauto.
A sud di Gallipoli, navigando
lungo costa per doppiare il Capo di
Santa Maria di Leuca, si è tentati di fare rotta diretta, mentre bisogna mettere la prora bene
al largo per lasciare a levante le secche di Ugento, ben evidenziate dalle carte nautiche e dai
portolani, nonché ben segnalate in mare.
Lo specchio d’acqua a sud del porto di Trapani appare libero da ogni pericolo,
mentre la secca si estende alcune miglia al largo, pericolosissima per i natanti, anche di poco
pescaggio, diretti verso lo Stretto di Sicilia.
L’ingresso del porto di Anzio è impedito da una barra mobile non segnalata, che si
estende verso terra per qualche centinaio di metri, per cui bisogna girare bene al largo della
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testata del molo e procedere ben oltre l’allineamento di ingresso, in particolare provenendo
da nord.
A Livorno il pericolo non è costituito solo dalle note secche della Meloria, non
transitabili da yachts di buon pescaggio, ma anche dalla barra sabbiosa nell’ingresso nord
del porto, che si estende per un centinaio di metri da mare verso terra a ridosso della diga
foranea.
In Calabria, il canale di ingresso alla laguna portuale di Sibari, se non dragato di
continuo, è inaccessibile a barche che peschino più di un metro e mezzo.
L’ingresso del porto di Macinaggio in Corsica appare sicuro dalle carte e dal
portolano per yachts che peschino fino a due metri e mezzo, mentre la profondità è talvolta
inferiore in alcuni punti al centro del canale.
Ricordo bene in Sardegna, nell’arcipelago di La Maddalena, che un abile marinaio
locale, nei mesi estivi di grande assalto degli yachts alle splendide cale di quel paradiso
marino, ascoltava il canale 16 e poneva alcune vedette nei passi strategici, pronto ad
intervenire con la sua imbarcazione in oneroso soccorso di poco marinari skipper, che,
regolarmente, finivano in secca negli ingannevoli passi a sud e ad ovest di Santa Maria
nonché sulla Secca Corsara a nord di Caprera. Non mancava giorno che l’intraprendente
personaggio non lucrasse uno o più costosi interventi per disincagliare e rimorchiare, per le
riparazioni in cantiere, le improvvide imbarcazioni avventuratesi senza le dovute cautele in
quelle acque dai fondali infidi.
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In condizioni di mare tranquillo diffidare delle chiazze di mare che evidenzino
colorazione improvvisamente più chiara delle acque circostanti, sempre che ciò non sia
dovuto all’effetto sole/ombra delle nuvole. In prossimità di costa, osservare eventuali
frangenti: dove le onde frangano più di quanto dovuto all’azione del vento, lì sicuramente vi
è una secca. In mare aperto i frangenti isolati possono rivelare la presenza di un pericoloso
corpo semisommerso, quale un container o un grosso tronco!
Consiglio vivamente, entrando in porto o andando alla
fonda, di procedere a lento moto e di mettere una
vedetta a prua per osservare il fondale: sono
precauzioni che possono evitare tante spiacevoli
sorprese, non ultima quella di evitare dannosi oggetti
semisommersi, quali bustoni di plastica, nasse, cavi da
ormeggio.
Affrontare con molta cautela anche l’ingresso o
l’uscita dal porto in presenza di forte risacca, in
particolare con vento fresco al traverso: fondali
solitamente sufficienti al transito possono rivelarsi
improvvisamente troppo bassi nel cavo dell’onda.
Se, malgrado ogni precauzione ed attenzione, l’incidente di incaglio sia occorso, la
prima cosa da fare (più facile a dirsi che a farsi) è… non perdere la calma!!!
L’evento più pernicioso è indubbiamente l’incaglio su una roccia acuminata,
soprattutto in condizioni di mare formato. In genere comporta per lo yacht una pericolosa
falla che può comprometterne la galleggiabilità.
Per fortuna, nella massima parte dei casi l’incaglio non provoca falle, ma solo danni
minori all’opera viva o alle sue appendici sommerse. Se il fondale è sabbioso o melmoso il
danno si limita solo ad una grave ferita dell’orgoglio dello skipper!
Come di consueto, rimando ai numerosi manuali marinareschi per le metodologie,
spesso fantasiose, di disincaglio dello yacht: a tal proposito consiglio la consultazione
dell’ottimo “Manuale dell’emergenza” edito da Edisport, ricco di consigli validi e corredato
da utili illustrazioni.
Mi limito qui a rammentare che, per disincagliare la barca, spesso è sufficiente
innestare la marcia indietro dopo aver spostato un po’ di pesi da poppa a prora su uno yacht
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a motore o aver inclinato la barca lateralmente su uno yacht a vela: talvolta basta
concentrare tutto l’equipaggio a poppa o su una fiancata per ottenere tale effetto; talvolta
occorre attendere con pazienza l’alta marea, provvedendo nel frattempo ad alleggerire la
barca.
A bordo di una imbarcazione a vela, dopo aver ammainato tutte le vele
eventualmente a riva, può essere utilizzato il boma bracciato fuori bordo con un peso
all’estremità (es: un canotto o un grande sacco pieni di acqua) oppure un ancorotto
agganciato ad una drizza di spinnaker e dato fondo bene in fuori con il tender.
Sembra assurdo, ma, se dalla dinamica
dell’incidente
si
apprezzasse
che
l’imbarcazione sia rimasta incastrata sulla
roccia e possa essersi creata una via d’acqua,
può
essere
più
opportuno
non
tentare
immediatamente il disincaglio, ma dare la
precedenza all’approntamento di un qualunque
mezzo idoneo a turare la falla. Predisposto al
meglio il contenimento dell’entrata dell’acqua,
è bene tentare di liberarsi dall’incomoda
posizione.
Dopo un incaglio, anche se di lieve
entità, è opportuno alare la barca in secco appena possibile per ispezionare con cura l’opera
viva. Per le imbarcazioni a vela, a seguito di un urto violento della chiglia contro un corpo
sommerso, possono crearsi seri danni ai perni di attacco della chiglia alla carena: questi sono
guasti particolarmente insidiosi, perché restano nascosti all’osservazione esterna, essendo
rilevabili solo smontando la chiglia.
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