Amanti per sempre - Fondazione Federico Secondo

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Amanti per sempre - Fondazione Federico Secondo
"Amanti per sempre"
Così Bianca Lancia, ultima donna di Federico II, racconta di un uomo e del suo regno...
«Lavatevi i piedi. Così mi disse l’imperatore la prima volta che mi vide donna. Anche nel ricordo
divento rossa. Avevo quindici anni. Ero scappata dalle sollecitudini della mia nutrice e stavo
girovagando scalza in questo magnifico giardino del Palazzo di Palermo. Si preparavano le
nozze di mia sorella Violante, nessuno si curava di me e di quello che potevo fare». Chi parla è
Bianca Lancia. Colore del candore e tempra dell’arma millenaria. Mi parla mentre passeggiamo
sopra le mura del Palazzo dei Normanni, mura che un tempo furono di difesa e che oggi,
convertitesi in giardino, appaiono gentili e premurose verso la città.«Era la seconda volta che lo
incontravo» aggiunge.
E avete voglia di raccontarmi la prima volta che lo vedeste?
«Ero una bambina, ancora con la cuffietta allacciata sotto il mento. Vidi quest’uomo a cavallo
entrare nel castello della mia famiglia ad Asti, accompagnato da mio fratello Manfredi. Era
primavera e il sole, asciugando il fango, gli aveva disegnato una maschera di creta sul viso.
Siete sporco e brutto. Siete sicuro di essere l’imperatore? - gli dissi - E voi siete adorabile e
sincera- rispose lui».
Quindi non fu, come si usa dire, amore a prima vista.
«Dissi sporco e brutto, ma volevo dire prendetemi adesso e portatemi con voi per sempre. E se
per lui non fu amore a prima vista, come giudicare i versi che scrisse per me A ora ch’io vi vidi
primamente, mantenente - fui in vostro podere, che altra donna mai non voglio avere
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. E poi, non è la vista il senso dell’amore. La passione acchiappa tutti e cinque i sensi e li strizza
come fossero panni madidi. Quello che cola dai sensi strizzati, è amore. E sono felice che il
nostro ci prese dai piedi, i piedi che tengono saldi sulla terra e che danno al corpo la maestosità
che la testa, pesante, rende goffo».
Quindi è giusto pensare che la vostra fu una passione, una passione violenta che
scoppiò quando l'imperatore aveva da poco sposato Jolanda da Brienne. Insomma, è
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lecito affermare che voi siete stata prima di tutto la sua amante?
Non nascondo di avere provato un certo pudore nel rivolgere questa domanda «Non solo è
lecito, ma è anche legittimo. È giusto. E vi dirò di più. Anche se poi il nostro rapporto divenne
regolare e io, seppur in punto di morte, divenni sua moglie, lui per me fu sempre un amante. E
così io per lui».
Cosa intendente dire?
«Se mi permettete vi racconterò le donne di Federico. E dopo che ve le avrò presentate una a
una, vi dirò di me».
Voi che mi raccontate le donne dell'imperatore?
«Nessuno meglio di me conobbe il suo cuore e tutte, chi più chi meno, passarono per questo
muscolo misterioso, fisiologico e metafisico».
Allora, vi prego, non potrei chiedere di meglio.
E mentre aspetto l’elenco delle consorti imperiali, abbandoniamo la passeggiata assolata e
ricamata di gelsomino e buganvillea, per entrare nel fitto del giardino reale. «La prima, di sicuro
è la più famosa e a voi palermitani anche la più cara. È quella Costanza di Aragona che sposò
Federico in seconde nozze e avendo il doppio dei suoi anni. Lui la amò al posto della madre,
che portava lo stesso nome, e che non poté mai amare. Certo, dell’esperienza di lei Federico
riuscì a far tesoro in ogni ambito».
Se dite tesoro, non posso fare a meno di pensare a quello della Cattedrale che annovera
tra i pezzi più prestigiosi la Corona di Costanza, ritrovata nel sarcofago della regina. Si
narra che fu messa lì per volere di Federico, perché dopo la morte della sua prima
consorte lui pensò che mai nessun'altra sarebbe stata degna di portarla.
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Così dico alla bella Bianca, sperando che una donna minacciata dal pungolo della gelosia sia
più generosa a raccontare. Lei mi fissa con i suoi limpidi occhi verdi e ha un’espressione che mi
incolpa di ingenuità. La famosa Corona di Costanza, un gioiello tempestato di zaffiri, rubini,
granati e fatta di una maglia d’oro lavorata così finemente che volendo la si può racchiudere
morbida nel palmo di una mano. Un gioiello che qualsiasi donna vorrebbe per sé, anche solo
per sentirsi bella nel sepolcro».
Ma invece Federico la destinò per l'eternità a Costanza. La prima moglie.
Insisto.
«Forse. Oppure quella corona, che è una replica fedele del kamelaukion 2 e simboleggia il
mondo e sopra porta una croce, era del mio Federico, il quale seppelliva, insieme alla povera
Costanza, il sogno di fondare un impero romano d’Occidente. Un impero mediterraneo di
stampo bizantino».
Quindi, voi dite un gesto politico e non d'amore.
«No, questo lo state dicendo voi. Io ho solo insinuato un fondato dubbio. E come dite voi, la
regina si è portata il segreto nella tomba. Costanza diede a Federico un unico figlio maschio.
Enrico VII, tutto somigliante alla madre. E anche lui fallì un sogno».
Dovete ammettere che state usando parole dure per la regina Costanza.
«L’acrimonia è un privilegio che si accorda ai nemici che si temono e non aggiungo altro. Per le
altre mogli di Federico non avrò che parole benevole. Per esempio, cosa dire di Jolanda?»
Sono proprio curioso di sapere quello che mi direte della seconda moglie
dell'imperatore.
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«Ecco, cominciamo dal fatto che non la sposò».
Che volete dire? Si sposarono a Brindisi nel novembre del 1225 alla presenza della
nobiltà siriana.
«Non nego che si celebrarono delle nozze in Brindisi, dico solo che non era Jolanda la sposa.
Federico sposava il titolo di regina di Gerusalemme».
Menomale che avreste usato solo parole benevole, addirittura negate a Jolanda il suo
essere donna e sposa.
«Ma stavolta è mia intenzione essere dura con Federico. La povera Jolanda era poco più che
tredicenne. Bruttina come tutte le adolescenti e, al contrario della vecchia Costanza, inesperta
di tutto e di tutti». Si dice infatti che l'imperatore le negò la prima notte di nozze.
«Sì. Decise di trascorrerla con la cugina di lei. La bella ed esotica Anais. Un gesto che deve
avere moltiplicato i timori della piccola Jolanda nei confronti del capriccioso marito. Non per
difenderlo, ma sono certa che la giovane età della ragazza deve averlo a modo suo spaventato.
E poi, c’era un’altra bimba nei suoi pensieri. Ed ero io. Che però prima e dopo il matrimonio con
Jolanda feci di tutto per evitarlo. Per evitare i suoi occhi e perché lui evitasse i miei. I miei occhi
in quei giorni avrebbero tradito sentimenti di biasimo e di delusione. E, innegabilmente, di
desiderio».
Quindi, prima ancora di giacere con la sua legittima sposa, Federico fu nel vostro letto.
«Scusate, ma io sono dama di altri tempi e ritengo la vostra domanda del tutto fuori luogo. E poi
ho detto, prima le altre e in ultimo io. Senza paura di tradire l’ordine cronologico. Seguiamo
l’ordine del cuore».
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Scusate voi, vi prego di continuare. E ancora scuse.
«Alla fine Federico provò molta tenerezza per Jolanda e trovò il modo di farla provare anche a
lei. Con i figli non fu più fortunata di chi la precedette. Diede alla luce una figlia nata morta e poi
Corrado, nel partorire il quale morì lei. Ma il giovane Corrado divenne re di Germania. E io lo
amai come un figlio mio».
Ma non è ancora il momento di parlare di voi...
«Non ancora. Prima devo dire di Isabella d’Inghilterra».
La figlia di Giovanni Senzaterra. Si dice fosse promessa sposa di Enrico, ma che finì per
sposare Federico stesso.
«Sì. Bisognava rimediare al vuoto lasciato da Jolanda, al vuoto istituzionale e l’Inghilterra era il
tassello mancante. Federico tolse al figlio la promessa sposa e la rivendicò per sé».
Si dice che Isabella,bella lo fosse di nome e di fatto.
«Ed era vero. Federico apprezzò in lei non solo la bellezza, ma anche il piacere condiviso della
musica e dell’arte. Isabella ebbe il merito di rendere più raffinati i modi schietti di Federico».
La loro intesa fece sì che lei partorisse ben quattro eredi.
«Sì, ma sopravvissero solo Margherita e Carlotto. Anche Isabella morì presto, a soli ventisette
anni, e finì anche lei ad Andria, nella tomba vicino a Jolanda».
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E adesso ci siete voi. E' il vostro turno. Dopo la morte di Isabella, Federico si dedicò
completamente a voi. Voi, Bianca, avete dato all'imperatore ben tre figli, anni prima che
nascesse la primogenita di Isabella.
«Ma non tocca ancora a me». E chi c'è ancora?
«Adelaide, Richina, Maria, Leila, Catalina, Sibilla e tutte quelle delle quali non so neanche il
nome, perché vennero dopo di me. Gemiti e sospiri del corpo esultante di un uomo curioso del
mondo e degli uomini. E delle donne. Non ci fu donna, da cui Federico non imparò: un profumo,
un sapore, un gesto o una battuta sagace. In qualche modo, l’esperienza delle donne, la
conoscenza del loro corpo e della loro testa, fecero di un uomo lo Stupore del Mondo».
C'è ancora dell'altro o degli altri?
Enzo, Caterina, Riccardo, Biancofiore, Margherita, Selvaggia, Gherardo e tanti Federico sparsi
per l’impero. Figli naturali. Per i quali l’imperatore si assicurò che avessero tutti un destino
reale».
Deve essere stato difficile stargli vicino nonostante tante donne e tanti figli.
«Ecco, adesso vi parlerò di me. Ma prima guardate dove ci ha portato il nostro chiacchierare
passeggiando per i vialetti del giardino di questo palazzo». Distolgo gli occhi da Bianca e mi
guardo intorno. Papiri, un roseto e aiuole gentili. Sul fondo una vasca con qualche ninfea.
Vialetti e serre. Un giardino raffinato e disciplinato, che un po’ fa rimpiangere la gloria sinuosa e
variegata dei giardini arabi. Poi, proprio davanti a noi, una visione prodigiosa. Un ficus
bengalensis
e
un
pino marino
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svettano altissimi abbracciati l’uno all’altro. E' incredibile, chissà come hanno fatto questi due alberi diversi a crescere l'uno
innestato nel tronco dell'altro. Formano un'unica pianta e allo stesso tempo sono due
diverse.
«Vi presento l’amore di Federico II di Svevia e Bianca Lancia. Non ci sono parole che possano
esprimere meglio quello che la natura vuole qui mostrarvi». Cerco di intendere la metafora.
Faticando a distogliere gli occhi dalle cortecce che si sono irrobustite negli anni e le foglie che
pendono ad altezze diverse.
Uniti e diversi. Accanto, ma non fusi in unica cosa. Ecco perché non marito e moglie ma
amanti per sempre. Dico bene?
«Non avrei mai capito se me lo avessero spiegato. Ero stata educata per essere moglie e per
accudire una casa, un luogo sereno a cui ancorare l’esistenza».
E invece per voi ci fu un continuo peregrinare di castello in castello, spostandovi quando
si spostava Federico e quando vi faceva spazio tra una moglie e l'altra.
«L’amore ha bisogno di spazi sconfinati per fare circolare la libertà. Non confondetelo con la
sicurezza della famiglia. Per Federico sono stata una compagna. Di caccia, di conversazione, di
cibo, di vino e di letto. La forza degli amanti è quella di riconoscersi senza frequentarsi. È una
conoscenza che viene dalle radici della reciproca esistenza, fatta per stare vicini senza
sovrapporsi. Come questi due alberi».
Eppure Federico in punto di morte volle sposarvi.
«Federico mi sposò per lo stesso motivo per cui in tempi antichi e ancora oggi si celebrano tanti
matrimoni: i figli. Costanza, Manfredi e Violante. In questo modo ebbero il destino che era
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dovuto ai figli dell’imperatore. La prima divenne imperatrice bizantina; Violante fu contessa a
Caserta. E Manfredi avrebbe uguagliato il padre, al quale assomigliava sorprendentemente
nell’aspetto e nel carattere, se solo la morte non lo avesse colto nel pieno del suo progetto ».
Mi avete raccontato, Bianca, quella vita privata di cui uomini come Federico sembrano
sprovvisti. Dal vostro racconto sembrano non emergere rimpianti, è così?
Dice così. E non potendo domandare all’albero prodigioso dove sia Bianca, non resta che
immaginarla stretta al petto dell’uomo che ebbe il coraggio di scegliere al posto di un regno e di
una corona.
Eleonora Lombardo
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