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Problematiche della rotula nell’atleta
in rapporto al tipo di sport
Alberto Ventura – Enrico Borgo
1° Divisione – Istituto Ortopedico G. Pini – Milano – Università di Milano, Istituto di Scienze Ortopediche
Reumatologiche e Riabilitative
La patello femoral pain syndrome (PFPS) è indubbiamente una delle affezioni più frequenti che
possono insorgere nella pratica sportiva. Se osserviamo la differenza di prevalenza della PFPS nella
popolazione normale e nello sportivo (1-7) possiamo notare come in quest’ultimo la prevalenza sia
maggiore e che quindi vi siano nella pratica degli sport, in generale, dei fattori che possano incidere in
modo sostanziale nella nascita e/o nell’evolversi di questa patologia.
Una delle maggiori difficoltà nell’affrontare la PFPS è che non conosciamo con sicurezza i meccanismi
lesivi e la causa del dolore e quindi risulta ancora più difficile ricercare la patogenesi sport specifica.
Inoltre la PFPS è un insieme di patologie diverse tra loro ma che generano uno stesso dolore e quindi è
difficile essere sicuri del meccanismo patogenetico che l’ha generato.
Possiamo però contare su alcuni dati certi che ci fornisce la letteratura e che possono gettare un po’ di
luce su questo argomento.
• La PFPS colpisce maggiormente i giovani sportivi mentre quelli più “anziani” sono più esposti a
fratture da stress e periostiti (4).
• Le femmine sono più soggette a questa affezione, anche se di poco, e non nella misura in cui si
pensava in precedenza (7).
• Non esistono correlazioni anatomiche certe con la PFPS e anche l’angolo “Q” non risulta
essere significativo, tranne in alcune situazioni, nel predire questa affezione (2,8).
• La PFPS è maggiormente frequente negli sport e negli atleti nei quali è richiesto un grande
impegno e che gareggiano ad alto livello (1). Ad esempio la ginnastica artistica (5).
• Gli sport più colpiti sono quelli nei quali il gesto atletico specifico è il salto (9).
• Anche tra i runners la PFPS è molto presente (3,10,11,12).
• Esiste senza dubbio un fattore psicologico che colpisce gli sportivi maggiormente stressati e/o
con una maggior autopercezione del proprio corpo (6).
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Tenendo presente il gesto atletico specifico per ogni sport è quindi possibile tentare una
schematizzazione del meccanismo patogenetico. Se consideriamo che la maggior parte degli Autori
considera la lesione osteocartilaginea la principale causa del PFPS, possiamo suddividere gli sport per
meccanismo patogenetico in grado di creare una lesione della cartilagine femoro-rotulea. Questa può
avvenire in modo acuto o cronico (da sovraccarico funzionale).
Occorre prima di tutto ricordare la contusione articolare e cioè il traumatismo femoro-rotuleo acuto,
che si può avere praticamente in tutte le attività, ma che è molto più frequente negli sport di contatto.
La situazione di gioco più frequente è l’impatto del ginocchio contro un avversario o una struttura fissa
(pali della porta, sostegno del tabellone del canestro ecc.) mentre non è da trascurare la caduta dalla
bicicletta o dopo un salto.
Le lesioni croniche della femoro-rotulea sono definite da sovraccarico funzionale, in quanto dovute a
microtrumatismi iterativi, submassimali ripetuti e presentano numerose analogie con le patologie
presenti nella medicina del lavoro. Devono quindi essere ricercati, in presenza di una PFPS, i fattori
intrinseci e i fattori estrinseci.
Tra i fattori intrinseci possiamo considerare tutte le condizioni morfo-funzionali che siano in grado di
provocare, in ultima analisi, una perdita dell’omeostasi tissutale (9) che può avvenire con o senza
l’intervento di fattori estrinseci. Questi, al contrario di quelli intrinseci, sono valutabili solo analizzando
all’interno di ogni sport le condizioni nelle quali esso viene praticato. In questo caso risulta molto più
difficile il lavoro del traumatologo sportivo, che deve essere a conoscenza di ogni aspetto di quel tipo di
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sport a partire dalle modalità di allenamento, all’abbigliamento (fondamentali le calzature) per finire con
aspetti psicologici.
E’ opinione comune che vi siano sport in grado di generare, più frequentemente rispetto ad altri, una
PFPS. Analizzando il gesto atletico specifico di ogni singolo sport si rileva che quelli più implicati sono
il salto e la corsa. Gli sport in grado di provocare una PFPS con un meccanismo da sovraccarico
funzionale si possono quindi dividere per gesto atletico potenzialmente patogeno in 2 gruppi:
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Sport maggiormente implicati
1. Sport di corsa (mezzofondo, fondo)
2. Sport di salto (basket, volley, handball)
3. Sport di compressione (sci, ciclismo, sollevamento pesi)
4. Sport misti ad altissimo livello di preparazione (ad es. ginnastica artistica)
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Sport meno implicati
Sport misti (calcio,tennis, rugby)
Sport di corsa
La corsa è un gesto atletico che risente di molti fattori che possono modificarne le caratteristiche
essenziali e di conseguenza portare all’insorgenza di diverse patologie. Tra queste la gonalgia
rappresenta la più comune sintomatologia che affligge i runners (10-11).
E’ risaputo infatti, anche dai runners ricreazionali, che una scarpa sbagliata o il correre su una superficie
inclinata orizzontalmente possa portare all’insorgenza di gonalgia. In alcuni casi si tratta di una
sindrome della bendelletta ileo-tibiale o, meno frequentemente, di una tendinopatia della zampa d’oca,
ma sicuramente la PFPS è una delle affezioni che colpisce più frequentemente l’atleta che corre
abitualmente.
Il meccanismo patogenetico può essere ricondotto al fatto che la corsa è una ripetizione continua di
salti e quindi dovremmo aspettarci un numero maggiore di sportivi affetti da PFPS rispetto agli sport di
salto. Va considerato che l’intensità con la quale viene svolta la corsa è minore e quindi anche fattori
intrinseci ed estrinseci che sembrerebbero poco influenti sono in grado svolgere un ruolo patogenetico
fondamentale.
Alcuni Autori (3-12) ritengono che una delle cause di PFPS sia da attribuire a un malallineamento
dell’apparato estensore, che nella corsa potrebbe rivestire un ruolo molto importante, mentre negli altri
sport non influirebbe nella patogenesi di questa affezione. Infatti secondo S.P. Messier et Al. (3) un
angolo “Q” tra i 15 ed i 20° potrebbe essere indicativo, nei runner, della possibile insorgenza di dolore
di PFPS.
Attualmente si ritiene che possa essere determinante nella patogenesi della PFPS un disturbo del
movimento di pronazione dell’articolazione sottoastragalica. L’eccessiva pronazione sarebbe
responsabile di una intrarotazione più accentuata della tibia con un conseguente disallineamento
dell’apparato estensore. Nei soggetti in cui è già presente un disallineamento l’eccessiva pronazione
agirebbe come un fattore aggravante.
Altri Autori (13-14-15) ritengono che sia determinante nella patogenesi la mancanza di coordinazione
tra la pronazione della SA e i movimenti del ginocchio. Questa anomalia agirebbe nel non attenuare la
forza d’impatto del piede sul terreno durante la corsa, con una conseguente trasmissione di forza lesiva
a livello del ginocchio.
Nei soggetti con anomalie della pronazione è quindi indicata una correzione plantare in grado di
impedire l’eccessiva escursione articolare dell’art. sottoastragalica. Un sistema molto semplice è l’utilizzo
di scarpe antipronazione largamente diffuse tra i runners. Queste permettono di ottenere, con un costo
molto contenuto, una soddisfacente correzione della funzione e nella maggioranza dei casi un ritorno
alla pratica sportiva con risoluzione completa del dolore al ginocchio.
Il difetto di questo metodo è legato alla mancanza di una reale gradazione della correzione della scarpa
e dell’indicazione fatta all’allenatore o del venditore. In teoria la soluzione più logica sarebbe quella della
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costruzione di un supporto plantare su misura in grado di bloccare con precisione il movimento
anomalo eccessivo. Ma anche questo metodo presenta alcuni problemi. In primo luogo la difficoltà di
reperire un tecnico ortopedico esperto ma anche, da non sottovalutare, il costo di costruzione
dell’ortesi.
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Sport di salto
E’ noto da tempo che il salto è il gesto atletico maggiormente implicato nelle patologie da sovraccarico
del ginocchio. Per quanto riguarda la femoro-rotulea il meccanismo lesivo si sviluppa con un aumento
repentino della compressione delle faccette articolari rotulee nella fase finale dello scorrimento nella
gola. La compressione è molto elevata in quanto l’atleta deve spostare verso l’alto in modo ripetuto una
cospicua massa corporea. Inoltre gli allenamenti sono centrati sullo sviluppo della forza esplosiva, con
la ricerca della massima elevazione e dell’ottimizzazione del reclutamento delle unità motorie.
Tutto questo porta al formarsi di lesioni osteocartilaginee dapprima sulla superficie rotulea e in seguito
su quella femorale. E’ frequente il riscontro di grosse ulcerazioni cartilaginee in questa sede in giocatori
di basket a fine carriera o anche dopo alcuni anni dalla sospensione dell’attività.
Queste lesioni sono decisamente più frequenti nel basket rispetto al volley, anche per l’intervento di un
altro meccanismo patogenetico. Infatti nel basket è tipica la posizione a ginocchio flesso di circa 30-40°,
che permette al giocatore di eseguire ogni movimento fondamentale e che deve essere mantenuta
praticamente in ogni fase di gioco. Se aggiungiamo la ragguardevole massa corporea e la lunghezza degli
arti inferiori, superiori alla media, arriviamo a una notevole forza compressiva che si esercita sulle
superfici di contatto.
All’inizio la sintomatologia è rappresentata da gonalgia, a volte intensa, che comunque tende a regredire
con la riduzione dell’attività sportiva e con l’applicazione di ghiaccio localmente. In seguito compare la
tumefazione che persiste anche dopo la sospensione dell’attività.
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Sport di compressione
In alcuni sport il gesto atletico specifico prevede il mantenimento della posizione con ginocchia flesse
per un periodo protratto. E’ il caso dello sci, del ciclismo, del sollevamento pesi e di altri. E’ ovvio
come tale posizione mantenuta per un periodo eccessivo o con un carico troppo elevato sia in grado di
esercitare sulle faccette articolari rotulee una forza lesiva che può provocare, oltre al dolore, delle
alterazioni permanenti osteocartilaginee.
In questo gruppo risultano importanti rispetto agli altri i fattori estrinseci, mentre sono meno
importanti quelli intrinseci.
Nello sci il ginocchio è sottoposto a enormi forze lesive in relazione alla velocità e alla massa corporea.
Anche una semplice modifica di pendenza di un tracciato o di inclinazione di uno scarpone sono in
grado di influire negativamente sul ginocchio. Ma fortunatamente gli sciatori sono abituati alla gonalgia
e quasi sempre capaci da soli di risolvere il problema modificando le proprie abitudini di allenamento o
variando le regolazioni dei mezzi tecnici di cui dispongono.
Il ciclismo è un altro esempio di sport nel quale i fattori estrinseci sono numerosi ed è difficile creare
un equilibrio di soluzioni tecniche in grado di non arrecare disturbo al ginocchio dell’atleta. Infatti
esistono almeno tre principali fattori di rischio per il ginocchio.
Il primo fattore è legato alla forza lesiva causata dall’eccessivo sforzo in seguito all’utilizzo di un
rapporto sbagliato.
Il secondo è il più conosciuto e nel quale difficilmente cade il ciclista ed è l’altezza della sella. Infatti
nonostante vi sia stata un evoluzione tecnica nella costruzione delle biciclette, la distanza tra sellino e
pedivella non è mutata e anzi è possibile notare come, in alcuni casi, sia aumentata proprio per impedire
l’insorgenza di patologie da sovraccarico del ginocchio.
Il terzo fattore è l’attacco delle scarpe alla pedivella. Molti anni fa si utilizzavano i classici fermapiede
con la possibilità di aumentare la presa stringendo l’avampiede con un cinghietto. Oggi si utilizzano
fermapiede rigidi che si collegano alla scarpa con un attacco automatico. Il vantaggio è un irrigidimento
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con un aumento del rendimento del complesso piede-gamba-coscia. Lo svantaggio è costituito dalla
mancanza di possibilità di muovere il piede liberamente e quindi di sfuggire al disallineamento femororotuleo che si crea durante la pedalata o per fattori intrinseci. In seguito alla frequente insorgenza di
PFPS, attualmente i fermapiede possiedono una sensibile possibilità di movimento.
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Sport misti
Gli sport che alternano il salto alla corsa e al mantenimento di alcune posizioni di compressione della
femoro-rotulea sembrano non presentare la stessa incidenza di PFPS. E’ il caso di sport come il calcio,
il rugby, il tennis. La spiegazione potrebbe essere nel mantenimento di una soddisfacente omeostasi
tissutale, in quanto i pochi gesti lesivi presenti come corsa e salto sono ampiamente controbilanciati da
momenti di relativo riposo come corsa lenta o cammino, inoltre gli allenamenti non risultano essere
così intensi come negli altri sport. Un’altra spiegazione potrebbe essere legata al vantaggio di poter
alternare la corsa e il salto a movimenti meno lesivi, così da non arrivare mai o quasi mai a valori soglia
di lesione osteocartilaginea.
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In conclusione la presenza della PFPS sembra essere frequente nello sport, anche se con notevoli
differenze. Il problema principale è che non esistono al momento possibilità di impedirne l’insorgenza
in quanto legata a particolari gesti atletici che sono l’essenza di quel tipo di sport. La prevenzione risiede
nella possibilità di agire sulle cause estrinseche. Per quanto riguarda le cause intrinseche, l’unica
prevenzione potrebbe essere quella di sconsigliare a questi soggetti, durante una visita di idoneità, di
intraprendere un’attività sportiva potenzialmente lesiva.
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