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Autonarrazioni di Pace Tracce di Conoscenza ed Istanze di
Autonarrazioni di Pace Tracce di Conoscenza ed Istanze di Relazione a cavallo tra Serbia, Bosnia e Croazia Progetto “Carovana di Pace nei Balcani” 2009 Ricerca-azione e verifica di fattibilità per la realizzazione di Corpi Civili di Pace nel post-conflitto dei Balcani Serbia, Bosnia-Erzegovina, Croazia Agosto 2009 Operatori di Pace – Campania ONLUS Abstract La Carovana di Pace nei Balcani ha coinvolto il personale degli “Operatori di Pace – Campania” ONLUS, composta di peacekeeper civili professionisti dotati di qualifica FSE della Regione Campania per operatori di pace, e partecipanti al corso di formazione alla gestione dei conflitti A.C.H.I.E.V.E. (Alternative Conflict Handling to Inhibit Emergencies and Volunteering Empower) nell’ambito dei Bandi CSV “Formazione”. La Carovana ha sviluppato un’esplorazione, tra il 5 e 19 agosto 2009, tra Serbia, Bosnia e Croazia, dei luoghi del post-conflitto della ex Jugoslavia degli anni Novanta, allo scopo di maturare conoscenza e sviluppare rete con realtà di società civile di pace in loco, con l’obiettivo di promuovere partenariati e verificare la fattibilità dell’insediamento di Corpi Civili di Pace, in linea con l’elaborazione dei Tavoli dedicati, quali il Tavolo “Interventi Civili di Pace” e la rete IPRI – CCP. Patrocinio e Contributo ai sensi della legge regionale 13 agosto 1986 n. 22 Assessorato alla Istruzione Formazione e Lavoro Regione Campania Introduzione Tra le numerose modalità attraverso le quali si può esplorare e percorrere il “sentiero della pace” vi è quella del “contact” (o “network”) building, vale a dire la costruzione di contatti e la realizzazione di reti. Tale modalità consiste nello sviluppo, nella ricerca e nel consolidamento di una serie di contatti “chiave” funzionali, in primo luogo, alla conoscenza delle realtà di pace attive nei contesti-obiettivo e, di conseguenza, alla verifica di fattibilità per la costruzione di proficue ipotesi di attivazione e percorribili partenariati strategici. Il tutto, essenzialmente, allo scopo di consolidare tali realtà di pace attive in loco quali autentiche capacità locali di pace (“Local Capacities for Peace”), in linea con le indicazioni strategiche provenienti dalla metodologia “Do No Harm” che, nell’elaborazione di Mary Anderson, recava la stessa denominazione: www.conflictsensitivity.org/resource_pack/8_do_no_harm_local_capacities_for_peace_project_323.html La premessa … In tale cornice, sono contenute, insieme, la premessa ed il traguardo dell’azione, intendendo utilizzare, ai fini dei nostri scopi, il lessico proprio della nonviolenza alla quale la Carovana di Pace, mediante l’applicazione degli approcci della trasformazione positiva, si informa. La premessa consiste nell’articolare, rafforzare e promuovere (nel senso dell’empowerment, vale a dire “capacitazione”), dentro le cosiddette “local capacities for peace”, le altrettanto importanti “peace constituencies”, vale a dire quegli “enzimi di pace”, costitutivamente presenti anche dentro le società post-conflitto, capaci di attivare od orientare il dibattito pubblico verso una più matura e conseguente consapevolezza di pace ovvero di ri-pristinare e ri-attivare processi di educazione civica e ri-costruzione della fiducia (“confidence building”) necessari al lavoro di trasformazione positiva (costruttiva) dei conflitti. … e il traguardo Il traguardo è ugualmente ambizioso, dal momento che richiede a tutti gli attori impegnati di provare a costruire una vera e propria “infrastruttura di pace”, luoghi di relazione e canali di attività orientati alla ripresa del dialogo, della fiducia e della collaborazione sociale nelle realtà lacerate dall’insorgenza del conflitto. La realizzazione di questa infrastruttura di pace non può limitarsi al solo, seppur importante, “intervento civile di pace”, ma deve provare a consolidare, con le realtà del partenariato locale, un vero e proprio Servizio Civile di Pace, magari articolato in forza dell’azione di addestrati e professionali Corpi Civili di Pace. Si tratta di una “rete strutturata per il peace-building”, capace di attivare la leva della trasformazione nonviolenta, mediante la proposta di azioni diversificate ed integrate, quali: “empowerment”, “confidence building” (costruzione della fiducia), peace education (educazione alla pace), HR monitoring (monitoraggio dei diritti umani) e fondamentalmente “capacity building” (“costruzione” della comunità locale attraverso il rafforzamento delle capacità esistenti, come illustrato dalle applicazioni riferite alle c.d. “Tecnologie per l’accesso e per l’autonomia”: www.tpaa.it). L’antefatto Lo spirito della ricerca-azione è quello che ha mosso il progetto nella direzione del “fare rete” per orientare il cambiamento positivo, cioè una trasformazione nonviolenta dei rapporti sociali nel contesto-obiettivo, tale da consentire la realizzazione di un ambiente civile, sociale e culturale adeguato ad accogliere la proposta nonviolenta della ricostruzione del dialogo e del superamento delle ostilità tra le parti. In questo senso, la Carovana ha raccolto il mandato fatto proprio da una delle reti di pertinenza della comunità degli “Operatori di Pace – Campania”, vale a dire l’“Italian Peace Research Institute (IPRI) - Rete Corpi Civili di Pace (CCP)” (www.reteccp.org), allo scopo di “conoscere per comprendere” e di “comprendere per trasformare”: entrando nel contesto, certamente, “in punta di piedi”, ma sviluppando quella “ownership” (aderenza ed appropriazione) necessaria ad introdurre il discorso/prassi del cambiamento nonviolento, nonché veicolando un’ipotesi di lavoro insieme impegnativa e continuativa, al fine di rendere tale attivazione non episodica (né tanto meno evenemenziale) ma adeguata al contesto e capace di auto-sostenersi. Il personale ed i presupposti La Carovana trae forza da alcuni progetti-piloti già sperimentati ed il cui esito positivo ha costituito una premessa decisiva ai fini di questa ulteriore implementazione. Intanto, il corso di formazione alla gestione e trasformazione dei conflitti e delle controversie A.C.H.I.E.V.E. (Alternative Conflict Handling to Inhibit Emergencies and Volunteering Empower), dal quale provengono due (su cinque) partecipanti alla missione e nel cui ambito è nata l’ipotesi della Carovana medesima, come istanza di sperimentazione “sul campo” delle lessons learned (lezioni acquisite) nella materia, complessa ed affascinante, della trasformazione dei conflitti. Inoltre, il progetto di Servizio Civile di Pace a Castelvolturno (SCPC) in cui l’attivazione locale, nel senso della ricostruzione del legame civico, della fiducia inter-comunitaria e del tessuto di mediazione con l’altro e la/le diversità (ad es. i migranti del luogo), è servita come verifica per l’insediamento di un’azione civile di pace strutturata in ambito territoriale e per la declinazione del discorso delle “sentinelle di pace” nelle modalità “in presenza” locale. Infine, il progetto S.A.R.A. (Social and Anthropological Roma-focused Action-research), che ha fornito gli strumenti della ricerca-azione, la metodologia della c.d. “osservazione partecipante” e la consapevolezza del profilo antropologico - culturale delle azioni di pace “community based”, cioè fondate nella comunità ed improntate a radicamento ed aderenza (www.operatoripacecampania.it/progetti/metodol1). Le ipotesi retro-agenti La preparazione della Carovana è stata molto articolata. Intanto, la stessa composizione del programma fornisce un’idea della sua complessità ed un profilo della sua impostazione: dall’idea iniziale ruotante intorno all’osservazione partecipante nell’ambito del folk-festival di Guča (Serbia), in continuità con l’esperienza sviluppata nel contesto di implementazione di S.A.R.A. a Le Saintes Maries de la Mer (Camargue), all’orientamento finale mirante all’esplorazione dei luoghi culturalmente e socialmente rilevanti del post-conflitto balcanico (Kragujevac in Serbia e Sarajevo in Bosnia, piuttosto che Pale e Banja Luka a cavallo della Republika Srpska). Quindi, si è inteso offrire un quadro di progetto compiuto, attraverso la rassegna dei contatti da intraprendere, affinché la strategia di “contact building” potesse intervenire sia nel senso dell’attivazione di società civile sia in quello di interlocuzione con le realtà istituzionali (le UTL italiane a Belgrado e Sarajevo, il sindacato della Zastava a Kragujevac, l’ADL a Prijedor e, tramite questa, a Mostar, il campo AGESCI a Sarajevo ed il “Teatro dei Burattini e per Ragazzi” ancora a Mostar). Infine, si è mantenuta viva la dimensione del “processo” insieme a quella di “prodotto”, curando il “team building” interno al gruppo di missione, in virtù della eterogeneità dei suoi componenti e della flessibilità dell’articolazione del percorso, consentendo ad es. itinerari parzialmente diversi pur nella conferma delle tappe salienti registrate nel crono-programma di progetto. Pronti … via! La partenza è, insieme, composizione delle istanze preliminari dell’implementazione e celebrazione, per dirla con Todorov, del “rinvenimento” del nuovo, dell’altro e del diverso. La partenza è anche un momento di compimento e di interfaccia. Ad es. sul progetto della Carovana di Pace, si sono conseguiti due patrocini, quello del Comune di Napoli e quello dell’Assessorato alla Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione Campania, ed un contributo finanziario, erogato nel quadro della legge regionale 22 del 13 agosto 1986 sugli scambi culturali internazionali. Il tutto in coerenza con il profilo progettuale, se si pensa al carattere socio-culturale e al portato internazionalista della missione che si è inteso portare a compimento. In questo senso, il gruppo di progetto si è preparato ad affrontare la diversità con spirito di apertura e di conoscenza, trattandosi di una missione di relazione e di esplorazione, ma anche con animo di confronto ed approfondimento, dal momento che si è trattato anche di valutare le condizioni operative e strategiche per un impegno di più lungo periodo nell’area scelta, funzionale all’implementazione di Corpi Civili di Pace locali. L’esercizio del superamento del c.d. “condizionamento etno-centrico”, insieme con l’attitudine al “cultural based” cross-cutting peacebuilding, costituiscono allora i fattori salienti di una missione di verifica di fattibilità per il ripristino di condizioni di fiducia basate sull’incontro trans-culturale e l’effettiva ri-umanizzazione dell’altro, anche in termini di detraumatizzazione e re-integrazione. La porta dei Balcani L’impostazione flessibile della Carovana ha consentito quella “esplorazione molteplice” adatta a fare scorgere le diverse sfaccettature dell’universo di pace, comunque presente nella realtà balcanica, da una quantità impressionante di punti di vista diversi. Il che si rivela vero sin dall’approdo, nel momento in cui quattro dei partecipanti alla Carovana scelgono di entrarvi attraverso la “porta del Nord”, Budapest, mentre la quinta partecipante sceglie, per così dire, la sua “porta naturale”, Trieste, città di incontro e crocevia per eccellenza. Ciò permette, come ovvio, due angolature e due prospettive in partenza molto singolari: la prima più adeguata a porre in luce i Balcani in tutta la loro ricca complessità, da Budapest a Sarajevo, passando per Belgrado, giusto per citare solo le capitali; la seconda, più efficace invece nel rivelare i c.d. “snodi di attraversamento”, Trieste quale crocevia di popoli, culture e passaggi, il confine nord-orientale quale “limes” per eccellenza, carico di storia e di storie. Dagli obiettivi … E’ da Trieste e da Budapest che è partita l’esplorazione della Carovana, che ha attraversato tutte le tappe salienti del post-conflitto balcanico: da Belgrado a Čačak, passando per Kragujevac; da Pale a Banja Luka, lungo le capitali della Republika Srpska, fino a Sarajevo e Mostar a sud, nel cuore della Bosnia eterogenea e multi-etnica, senza dimenticare, chiaramente, Prijedor e Dubrovnik, altri luoghi della divisione e della memoria. Il tutto con i seguenti obiettivi: 1. verifica di fattibilità per l’implementazione di Corpi/Servizi Civili di Pace locali, 2. incontri di conoscenza e costruzione di rete per possibili partenariati socio/istituzionali nell’area del confidence building, 3. ricognizione con i soggetti della coop. italiana in ordine alla situazione di contesto ed azioni di pace implementabili. alle azioni … Le cose dette e fatte sono venute di conseguenza. Nell’ordine: 1. analisi dei fabbisogni sociali e culturali di contesto, sia mediante l’esplorazione dei luoghi del post-conflitto, sia mediante l’incontro con le realtà di pace locali, istituzionali e di società civile; molto importanti, in questo senso, la relazione intrapresa con il Samostalni Sindakat della Zastava, che già vanta significative collaborazioni sociali ed istituzionali in Italia (Comune di Napoli, Comune di Torino, Regione Emilia Romagna, nonché con le associazioni CNJ – Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, “Non Bombe ma solo Caramelle” ONLUS e “ABC” ONLUS) e la ricognizione on-field del tradizionale folk-festival di Guča, in ordine al rinvenimento dei vettori folklorici ed identitari della tradizione socio-culturale serba e balcanica in generale, in quanto istanza di prosecuzione, rafforzamento e continuità della ricerca antropologico - culturale (S.A.R.A.) sviluppata in Camargue nel maggio 2007, 2. approfondimento della situazione del post-conflitto locale, sia in Serbia, con particolare riferimento alle prospettive di accesso all’Unione Europea ed alla situazione dei rientri e dei profughi/sfollati interni delle guerre balcaniche degli anni Novanta, sia in Bosnia ed Erzegovina, con particolare riferimento ai programmi di ricostruzione della fiducia intercomunitaria ed ai programmi quadro dell’Unione Europea riferiti sia all’innovazione federale bi-comunitaria sia alle prospettive del confidence building locale, grazie agli incontri istituzionali: due con la UTL a Belgrado e due con la UTL a Sarajevo (Cooperazione Italiana). Molto importante, nella medesima direzione, anche l’incontro presso l’ADL di Prijedor e il contatto intrapreso con la ADL di Mostar, essendo le ADL (Agenzie per la Democrazia Locale) progetti per la partecipazione civica promossi dal Consiglio D’Europa ed aperti alla collaborazione con realtà istituzionali e di società civile. Va aggiunta la collaborazione avanzata con la ADL di Prijedor e con il Teatro per Ragazzi e dei Burattini di Mostar, con specifico riferimento alla promozione di attività socio-educative, 3. individuazione di istanze specifiche per l’attivazione socio-istituzionale nell’ambito dell’azione civile di pace, della trasformazione positiva del conflitto e del confidence building di ambito locale, sia per quello che riguarda i programmi localmente attivati dalle UTL a Belgrado e Sarajevo, sia in relazione alla fattibilità dell’ingresso della Regione Campania tra i partner istituzionali della rete delle ADL di Prijedor (http://alda-europe.eu/alda/front_content.php?idcat=21) e Mostar (http://alda-europe.eu/alda/front_content.php?idcat=20). Risultati e Prospettive A proposito dei risultati conseguiti da questa implementazione e dai suoi sviluppi: 1. l’individuazione dei bisogni socio-culturali locali sulla base dei quali proporre, presso le sedi locali ed internazionali, possibili sperimentazione per azioni civili di pace (nella forma di Interventi Civili di Pace o di veri e propri Corpi/Servizi Civili di Pace locali) anche in considerazione dell’ipotesi del Tavolo Nazionale ICP di proporre una sperimentazione internazionale a completamento dell’iniziativa progettuale Info-EaS nelle scuole secondarie superiori di cui alla legge 180/1992 e dell’orientamento della Rete CCP a sviluppare una attivazione progettuale nei Balcani occidentali; 2. l’individuazione dei canali possibili di collaborazione socio-istituzionale peace-oriented, a partire, per quanto riguarda l’ambito di attivazione proprio della Regione Campania, dalla possibilità di valorizzare gli strumenti normativi e programmatici vigenti (l.r. 12/2000 sulle azioni di pace e l.r. 22/1986 sugli scambi culturali internazionali), all’ipotesi di sperimentazione di vere e proprie forme di coinvolgimento istituzionale, come nel caso dei partenariati a sostegno delle ADL interessate e nella programmazione della Cooperazione Italiana (a Belgrado e Sarajevo) per programmi di internazionalizzazione, solidarietà internazionale e cooperazione internazionale. Va sottolineato, a tal proposito, come le prospettive di sviluppo della Carovana alludano alla possibilità di incrementare il dialogo sociale/istituzionale a livello internazionale sui temi della pace, di sviluppare possibili collaborazioni nei programmi regionali vigenti e di proporre azioni di progetto specifiche basate sul confidence building e la trasformazione positiva dei conflitti a livello locale a partire dalle expertise disponibili. In questo senso, è fattibile lavorare sia per la costruzione di partenariati che coinvolgano i promotori e l’amministrazione regionale, sia infine per lo sviluppo di reti di peace-building, ambito di attivazione, questo, particolarmente strategico e interessante. Rientro e Considerazioni Alla fine del suo itinerario, la “Carovana di Pace” rientra in Italia … nel suo modo, creativo ed originale, che ne aveva analogamente caratterizzato gli esordi e gli sviluppi: in due rientrando il 15 Agosto da Split, facendo rotta verso Ancona, ed in tre rientrando dopo alcuni giorni di ulteriore sedimentazione, il 17 Agosto, da Dubrovnik, facendo rotta, stavolta, verso Bari. Il rientro in nave diventa così l’occasione, prima dell’appuntamento di sedimentazione finale (organizzato a settembre a Napoli), per un bilancio orientativo di progetto, nel quale compendiare sia una prima valutazione dei punti di forza e di debolezza dell’implementazione, sia una ricognizione sulla connotazione e la fungibilità del “contactbuilding” attivato, funzionale alla creazione di reti di affinità ed orientato all’insediamento di servizi di pace locali, in grado di lavorare per la pace, la nonviolenza e la riconciliazione nei micro-contesti di riferimento. Certamente, la “Carovana di Pace” ha concluso con successo il suo itinerario di conoscenza (assessment ricognitivo) e la sua rete di contatti per l’insediamento locale di programmi di confidence building. In tal senso, se un punto di debolezza può essere riscontrato nell’esiguità del tempo a disposizione per approfondire i singoli articoli del crono-programma, si rinviene un punto di forza decisivo nella qualità e nella trasferibilità dei contatti assunti, che possono concorrere a sedimentare le “buone prassi” intraprese e ad alimentare ipotesi progettuali anche nei contesti di provenienza (a Napoli ed in Italia, ad es. nell’ambito dell’educazione alla pace e della promozione sociale della gestione positiva dei conflitti). Tutto ciò ha consentito, con il supporto dell’Assessorato alla Formazione, Istruzione e Lavoro della Regione Campania, nell’ambito della legge regionale per gli scambi culturali internazionali, al personale degli “Operatori di Pace – Campania” di accumulare un importante patrimonio di conoscenze e di approfondire il proprio back-ground di competenze, utili sia per un ulteriore affinamento del profilo professionale destinato alle missioni di solidarietà e cooperazione internazionale, sia per nuove applicazioni positive nel campo, così ampio ed affascinante, dell’“Intervento Civile di Pace”. Bibliografia sul lavoro culturale per la trasformazione dei conflitti Allport G. W., La natura del pregiudizio, Firenze, 1973 Aluffi Pentini A. La mediazione interculturale: dalla biografia alla professione, Milano, 2004 Avruch K. - Black P. 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