Niente investimenti su tabacco, gioco d`azzardo, armamenti e

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Niente investimenti su tabacco, gioco d`azzardo, armamenti e
PRIMo PIANo
GIoVEDì
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MAGGIo
2012
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L’intervento del prof. Giancarlo Elia Valori al Forum economico e d’integrazione che si è svolto in Campidoglio
L’etica della finanza islamica
Niente investimenti su tabacco, gioco d’azzardo, armamenti e pornografia
L’intervento del Professore Giancarlo Elia Valori al Forum economico e d’integrazione che si è
svolto recentemente in Campidoglio , con gli auspici di Roma Capitale, de La Centrale Finanziaria
Generale, nell’ambito della settimana della Cultura Islamica e soprattutto il tema legato al mercato
internazionale ed alla finanza
islamica in Italia, rappresenta un
momento di grande attualità e rilevanza che il Professor Giancarlo
Elia Valori ha saputo cogliere in
tutta la sua rilevanza, per questo
abbiamo deciso di pubblicare intergralmente il suo intervento.
di Giancarlo Elia Valori*
Desidero porgere un cordiale
saluto alle personalità intervenute, in particolare, al Vicepresidente
della
Comunità
religiosa islamica italiana,
l’Imam Yahya Sergio Yahe
PALLAVICINI, che ringrazio
per il gradito invito. Saluto
con lo stesso calore e simpatia
gli illustri Relatori che partecipano a questo convegno per
portare, ognuno con la propria
esperienza, un contributo di
grande rilievo e di sicuro interesse al dibattito. L’incontro di
oggi rappresenta un momento
di approfondimento, di confronto aperto e consapevole
poiché dà a noi tutti l’opportunità di ripercorrere e analizzare insieme le linee di questo
importante Forum, e di trovare – mi auguro – una nuova
strada, una nuova soluzione
per far sì che il nostro intero sistema economico compia quel
reale “salto di qualità” che
consentirebbe di rendere il sistema Paese davvero più competitivo. Un impegno che
personalmente ho voluto intraprendere con grande convinzione, perché credo che, in
un periodo di incertezza quale
quello in cui viviamo, la finanza islamica sia il collante
insostituibile per rendere più
ampio e più partecipato il progresso e il benessere equamente
distribuito
nella
convivenza civile e nella solidarietà sociale. Si tratta di un
modello ancora a noi lontano
che non solo ha visto passare il
violento tsunami dei muuti
subprime senza sporcarsi, ma
che addirittura cresce, si consolida e attrae investitori da
tutto il mondo. Questo fenomeno emergente ha mosso i
primi passi coi fondi sovrani
per poi affermarsi come vera e
propria struttura in grado di
dare sostegno alle politiche governative e offrire strumenti di
investimento al di fuori dei
mercati domestici. Una finanza, dunque, non basata sul
debito come le finanze occidentali e di matrice anglosassone, ma su business
tradizionali che mirano alla
centralità dell’individuo. Naturalmente anche per la finanza islamica il denaro ha un
costo, solo che la religione
vieta una determinazione a
priori della remunerazione
dello stesso, ma stabilisce che
ai proprietari del capitale vada
una quota del denaro prodotto
dal suo impiego, percentuale
che non si può conoscere in
anticipo. Quindi, mentre la
banca occidentale basa il proprio lavoro sulla intermediazione di capitali sui quali
riconoscere pagamenti di tassi
di interesse, la banca islamica
partecipa in prima persona
alle attività commerciali valutando il risultato economico e
il corretto utilizzo delle risorse.
E’ proprio sull’allocazione
delle risorse che va soffermata
l’analisi del fenomeno: la fi-
nanza islamica applica, similarmente alla finanza di
stampo etico, criteri di esclusione legati agli screening
socio-ambientali: ad esempio
non vengono presi in considerazione investimenti nei settori che riguardano la
produzione di alcool, il gioco
d’azzardo, gli armamenti, la
pornografia e il tabacco, perché ritenuti “haram”, ossia
proibiti. La religione è riuscita, nei paesi islamici, a
creare stabilità e a un’eticità
naturale dei prodotti, mantenendo il denaro connesso alla
produttività, come immaginato da Adam Smith tanti anni
fa. Ciò determina che la finanza islamica rimane lontana
e allo stesso tempo condanna
le politiche degli hedge funds
(fondi speculativi) o dei fondi
di private equity, colpevoli di
manipolare denaro verso investimenti ad alto rischio ed elevato reddito.
Questi principi di fondo rendono quindi la finanza islamica una finanza sociale dove
ogni cittadino fa parte del sistema e dove ogni investimento è correlato a qualcosa di
tangibile. Ad esempio si possono citare le sukuk, le cosiddette obbligazioni islamiche,
che devono essere sempre legate a investimenti reali e mai
destinate a scopi puramente
speculativi. La finanza isla
Nella foto, sopra il Prof. Giancarlo Elia Valori
mica è un vero esempio di
successo, con tassi di crescita
superiori a quelli delle banche
convenzionali e attivi bancari
in aumento del 24%, sia nei
Paesi del Golfo che in Asia.
Tale sistema invece risulta in
ritardo nell’Africa maghrebina
e nel contesto europeo, dove
solamente il Regno Unito è diventato il centro nevralgico
dell’espansione della finanza
islamica in Europa con cinque
islamic bank e numerose istituzioni finanziarie che offrono
prodotti e servizi, i cosiddetti
“Sharia compliant”, ossia gli
strumenti finanziari. Nel nostro Paese, nonostante la presenza di 1,3 milioni di
mussulmani, questi strumenti
finanziari sono pressoché sconosciuti, per cui è necessario
modificare l’impianto normativo, civilistico e fiscale per favorire lo sviluppo della
finanza islamica, importante
per la competitività del sistema-Paese, quale opportunità di business e di strumento
anche per migliorare la capacità dell’Italia di attrarre capitali dai mercati del Golfo.
Questo interessante Forum
può quindi essere lo stimolo
verso importanti prospettive
di sviluppo della finanza islamica in Italia, anche in considerazione
della recente
integrazione della popolazione mussulmana nel tessuto
socio-economico europeo e dei
sostenuti ritmi di crescita delle
dimensioni del mercato finanziario islamico, che portano
l’attenzione del mondo economico sul forte potenziale di
sviluppo della finanza islamica, ossia di quel complesso
di pratiche e attività finanziarie (bancarie e non) che rispettano i dettami della legge
islamica (Shari’a). Questo apprezzato sistema finanziario è
in grado non solo di ottimizzare i processi di integrazione
delle comunità islamiche che
vivono in Italia, ma anche, e
soprattutto, di fornire utili opportunità per trovare soluzioni
complementari – rispetto alla
finanza sociale ed etica – per
uscire dalla crisi economica
globale e nuove idee per la riforma delle istituzioni economiche
nazionali
e
internazionali. In Italia, in
particolare, la finanza islamica
è in grado di fornire uno sviluppo inclusivo ed equilibrato,
contribuendo al rafforzamento
del tessuto sociale, tenuto
conto che questo sistema cresce, ogni anno, al ritmo del
20%, e nel mondo ha una valutazione di 1.600 triliardi di
dollari. Secondo Hatem Abou
Said dell’Al Baraka Banking
Group (nel Bahrein), “gli strumenti della finanza islamica
sono utili per sostenere le Pmi,
in difficoltà, con l’accesso al
credito e con i tradizionali sistemi di finanziamento, nel
loro processo di internazionalizzazione”. La finanza islamica quindi non è solo un
business profittevole per l’Europa, ma anche un affare d’oro
nei Paesi del Golfo e in Asia.
E’di tutta evidenza che tra gli
stati a maggior tasso di crescita ci sono proprio i Paesi a
religione mussulmana: basti
pensare alle economie dei
Paesi del Golfo, alla crescita di
alcuni Stati del sud est asiatico,
alle grandi ricchezze di alcuni
paesi nordafricani, quali: l’Algeria, la Libia, la Tunisia e
l’Egitto. Scommettere su quest’area e individuarne una
strategia di sviluppo, attraverso apposite leve finanziarie, significa offrire più
stabilità e ridurre i rischi di
conflitto, permettendo di ottenere una maggiore collaborazione nel controllo dei
fenomeni terroristici e una migliore possibilità di gestione
dei fenomeni migratori, nonché creando, attraverso progetti di formazione, un vero
incontro tra domanda e offerta
di lavoro nell’ambito di un bacino geografico enorme. In
una prospettiva di sviluppo di
lungo periodo può giocare un
ruolo chiave l’introduzione
dell’islamic banking, in grado
di offrire al sistema-Italia la
possibilità di penetrare più fa-
cilmente nei Paesi arabo-musulmani per rafforzare le “eccellenze del made in Italy”,
anche in considerazione che il
nostro Paese è il primo partner
commerciale europeo dell'Arabia Saudita ed è nella
“top three” degli Emirati
Arabi, del Qatar e del Kuwait.
Per cui, al di là dei vantaggi di
contiguità geografica, l’Italia
può essere l’interlocutore ottimale nello sforzo dei Paesi
arabi di ampliamento della
base produttiva, grazie alla
nostra specializzazione in
produzioni a bassa e media intensità di capitale ed alla flessibilità del sistema produttivo
nazionale, favorita dall’elevata
densità delle piccole e medie
imprese.
Il sistema Italia deve quindi
guardare a questi grandi mercati e capire che questa sfida è
un’opportunità da cogliere subito per alimentare efficaci
processi di internazionalizzazione e, quindi, favorire l’attuazione di formule di
cooperazione tra imprese delle
due sponde.
In tale quadro, un passo importante per aprire un mercato
interno e, soprattutto, internazionale è stato fatto recentemente con l’entrata della
“Khashoggi Holding” ne La
Centrale Finanziaria Generale
Spa, la merchant bank che ho
l’onore di presiedere. Khashoggi Holding è presente in
numerosi settori di attività,
che vanno dall'asset management (in cui vanta relazioni
con oltre 250 clienti) al settore
energetico, dalla sanità alle costruzioni fino al settore dei
media e dello sport management: dal 1960 ad oggi ha
preso parte ad oltre 20 partnership tra l'Arabia Saudita e
investitori internazionali, che
hanno generato attività per
oltre 20 miliardi di dollari. Nel
settore della difesa alcuni
membri della famiglia Khashoggi sono intervenuti per favorire l'ingresso nel Regno
saudita di gruppi, quali: Raytheon, Lockheed, McDonnell
Douglas, Northrup e Grumman. Questo nostro impegno
nell’area mediterranea ci consentirà di creare le condizioni
per nuovi posti di lavoro, in
particolare in Arabia Saudita,
dove i migliori cervelli italiani
saranno posti in condizioni di
elaborare idee presso società
nazionali operanti all’estero e
non siano costretti ad emigrare
definitivamente. Ritengo che
con questo “fare sistema”, che
passa attraverso il binomio
economia-integrazione, non
potrà che nascere progresso e
benessere. Da questo Forum
deve emergere con chiarezza
l’importanza della finanza
islamica per lo sviluppo economico il più ampiamente
partecipato.
*Presidente Centrale
Finanziaria Generale