Niente investimenti su tabacco, gioco d`azzardo, armamenti e
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Niente investimenti su tabacco, gioco d`azzardo, armamenti e
PRIMo PIANo GIoVEDì 31 MAGGIo 2012 31 L’intervento del prof. Giancarlo Elia Valori al Forum economico e d’integrazione che si è svolto in Campidoglio L’etica della finanza islamica Niente investimenti su tabacco, gioco d’azzardo, armamenti e pornografia L’intervento del Professore Giancarlo Elia Valori al Forum economico e d’integrazione che si è svolto recentemente in Campidoglio , con gli auspici di Roma Capitale, de La Centrale Finanziaria Generale, nell’ambito della settimana della Cultura Islamica e soprattutto il tema legato al mercato internazionale ed alla finanza islamica in Italia, rappresenta un momento di grande attualità e rilevanza che il Professor Giancarlo Elia Valori ha saputo cogliere in tutta la sua rilevanza, per questo abbiamo deciso di pubblicare intergralmente il suo intervento. di Giancarlo Elia Valori* Desidero porgere un cordiale saluto alle personalità intervenute, in particolare, al Vicepresidente della Comunità religiosa islamica italiana, l’Imam Yahya Sergio Yahe PALLAVICINI, che ringrazio per il gradito invito. Saluto con lo stesso calore e simpatia gli illustri Relatori che partecipano a questo convegno per portare, ognuno con la propria esperienza, un contributo di grande rilievo e di sicuro interesse al dibattito. L’incontro di oggi rappresenta un momento di approfondimento, di confronto aperto e consapevole poiché dà a noi tutti l’opportunità di ripercorrere e analizzare insieme le linee di questo importante Forum, e di trovare – mi auguro – una nuova strada, una nuova soluzione per far sì che il nostro intero sistema economico compia quel reale “salto di qualità” che consentirebbe di rendere il sistema Paese davvero più competitivo. Un impegno che personalmente ho voluto intraprendere con grande convinzione, perché credo che, in un periodo di incertezza quale quello in cui viviamo, la finanza islamica sia il collante insostituibile per rendere più ampio e più partecipato il progresso e il benessere equamente distribuito nella convivenza civile e nella solidarietà sociale. Si tratta di un modello ancora a noi lontano che non solo ha visto passare il violento tsunami dei muuti subprime senza sporcarsi, ma che addirittura cresce, si consolida e attrae investitori da tutto il mondo. Questo fenomeno emergente ha mosso i primi passi coi fondi sovrani per poi affermarsi come vera e propria struttura in grado di dare sostegno alle politiche governative e offrire strumenti di investimento al di fuori dei mercati domestici. Una finanza, dunque, non basata sul debito come le finanze occidentali e di matrice anglosassone, ma su business tradizionali che mirano alla centralità dell’individuo. Naturalmente anche per la finanza islamica il denaro ha un costo, solo che la religione vieta una determinazione a priori della remunerazione dello stesso, ma stabilisce che ai proprietari del capitale vada una quota del denaro prodotto dal suo impiego, percentuale che non si può conoscere in anticipo. Quindi, mentre la banca occidentale basa il proprio lavoro sulla intermediazione di capitali sui quali riconoscere pagamenti di tassi di interesse, la banca islamica partecipa in prima persona alle attività commerciali valutando il risultato economico e il corretto utilizzo delle risorse. E’ proprio sull’allocazione delle risorse che va soffermata l’analisi del fenomeno: la fi- nanza islamica applica, similarmente alla finanza di stampo etico, criteri di esclusione legati agli screening socio-ambientali: ad esempio non vengono presi in considerazione investimenti nei settori che riguardano la produzione di alcool, il gioco d’azzardo, gli armamenti, la pornografia e il tabacco, perché ritenuti “haram”, ossia proibiti. La religione è riuscita, nei paesi islamici, a creare stabilità e a un’eticità naturale dei prodotti, mantenendo il denaro connesso alla produttività, come immaginato da Adam Smith tanti anni fa. Ciò determina che la finanza islamica rimane lontana e allo stesso tempo condanna le politiche degli hedge funds (fondi speculativi) o dei fondi di private equity, colpevoli di manipolare denaro verso investimenti ad alto rischio ed elevato reddito. Questi principi di fondo rendono quindi la finanza islamica una finanza sociale dove ogni cittadino fa parte del sistema e dove ogni investimento è correlato a qualcosa di tangibile. Ad esempio si possono citare le sukuk, le cosiddette obbligazioni islamiche, che devono essere sempre legate a investimenti reali e mai destinate a scopi puramente speculativi. La finanza isla Nella foto, sopra il Prof. Giancarlo Elia Valori mica è un vero esempio di successo, con tassi di crescita superiori a quelli delle banche convenzionali e attivi bancari in aumento del 24%, sia nei Paesi del Golfo che in Asia. Tale sistema invece risulta in ritardo nell’Africa maghrebina e nel contesto europeo, dove solamente il Regno Unito è diventato il centro nevralgico dell’espansione della finanza islamica in Europa con cinque islamic bank e numerose istituzioni finanziarie che offrono prodotti e servizi, i cosiddetti “Sharia compliant”, ossia gli strumenti finanziari. Nel nostro Paese, nonostante la presenza di 1,3 milioni di mussulmani, questi strumenti finanziari sono pressoché sconosciuti, per cui è necessario modificare l’impianto normativo, civilistico e fiscale per favorire lo sviluppo della finanza islamica, importante per la competitività del sistema-Paese, quale opportunità di business e di strumento anche per migliorare la capacità dell’Italia di attrarre capitali dai mercati del Golfo. Questo interessante Forum può quindi essere lo stimolo verso importanti prospettive di sviluppo della finanza islamica in Italia, anche in considerazione della recente integrazione della popolazione mussulmana nel tessuto socio-economico europeo e dei sostenuti ritmi di crescita delle dimensioni del mercato finanziario islamico, che portano l’attenzione del mondo economico sul forte potenziale di sviluppo della finanza islamica, ossia di quel complesso di pratiche e attività finanziarie (bancarie e non) che rispettano i dettami della legge islamica (Shari’a). Questo apprezzato sistema finanziario è in grado non solo di ottimizzare i processi di integrazione delle comunità islamiche che vivono in Italia, ma anche, e soprattutto, di fornire utili opportunità per trovare soluzioni complementari – rispetto alla finanza sociale ed etica – per uscire dalla crisi economica globale e nuove idee per la riforma delle istituzioni economiche nazionali e internazionali. In Italia, in particolare, la finanza islamica è in grado di fornire uno sviluppo inclusivo ed equilibrato, contribuendo al rafforzamento del tessuto sociale, tenuto conto che questo sistema cresce, ogni anno, al ritmo del 20%, e nel mondo ha una valutazione di 1.600 triliardi di dollari. Secondo Hatem Abou Said dell’Al Baraka Banking Group (nel Bahrein), “gli strumenti della finanza islamica sono utili per sostenere le Pmi, in difficoltà, con l’accesso al credito e con i tradizionali sistemi di finanziamento, nel loro processo di internazionalizzazione”. La finanza islamica quindi non è solo un business profittevole per l’Europa, ma anche un affare d’oro nei Paesi del Golfo e in Asia. E’di tutta evidenza che tra gli stati a maggior tasso di crescita ci sono proprio i Paesi a religione mussulmana: basti pensare alle economie dei Paesi del Golfo, alla crescita di alcuni Stati del sud est asiatico, alle grandi ricchezze di alcuni paesi nordafricani, quali: l’Algeria, la Libia, la Tunisia e l’Egitto. Scommettere su quest’area e individuarne una strategia di sviluppo, attraverso apposite leve finanziarie, significa offrire più stabilità e ridurre i rischi di conflitto, permettendo di ottenere una maggiore collaborazione nel controllo dei fenomeni terroristici e una migliore possibilità di gestione dei fenomeni migratori, nonché creando, attraverso progetti di formazione, un vero incontro tra domanda e offerta di lavoro nell’ambito di un bacino geografico enorme. In una prospettiva di sviluppo di lungo periodo può giocare un ruolo chiave l’introduzione dell’islamic banking, in grado di offrire al sistema-Italia la possibilità di penetrare più fa- cilmente nei Paesi arabo-musulmani per rafforzare le “eccellenze del made in Italy”, anche in considerazione che il nostro Paese è il primo partner commerciale europeo dell'Arabia Saudita ed è nella “top three” degli Emirati Arabi, del Qatar e del Kuwait. Per cui, al di là dei vantaggi di contiguità geografica, l’Italia può essere l’interlocutore ottimale nello sforzo dei Paesi arabi di ampliamento della base produttiva, grazie alla nostra specializzazione in produzioni a bassa e media intensità di capitale ed alla flessibilità del sistema produttivo nazionale, favorita dall’elevata densità delle piccole e medie imprese. Il sistema Italia deve quindi guardare a questi grandi mercati e capire che questa sfida è un’opportunità da cogliere subito per alimentare efficaci processi di internazionalizzazione e, quindi, favorire l’attuazione di formule di cooperazione tra imprese delle due sponde. In tale quadro, un passo importante per aprire un mercato interno e, soprattutto, internazionale è stato fatto recentemente con l’entrata della “Khashoggi Holding” ne La Centrale Finanziaria Generale Spa, la merchant bank che ho l’onore di presiedere. Khashoggi Holding è presente in numerosi settori di attività, che vanno dall'asset management (in cui vanta relazioni con oltre 250 clienti) al settore energetico, dalla sanità alle costruzioni fino al settore dei media e dello sport management: dal 1960 ad oggi ha preso parte ad oltre 20 partnership tra l'Arabia Saudita e investitori internazionali, che hanno generato attività per oltre 20 miliardi di dollari. Nel settore della difesa alcuni membri della famiglia Khashoggi sono intervenuti per favorire l'ingresso nel Regno saudita di gruppi, quali: Raytheon, Lockheed, McDonnell Douglas, Northrup e Grumman. Questo nostro impegno nell’area mediterranea ci consentirà di creare le condizioni per nuovi posti di lavoro, in particolare in Arabia Saudita, dove i migliori cervelli italiani saranno posti in condizioni di elaborare idee presso società nazionali operanti all’estero e non siano costretti ad emigrare definitivamente. Ritengo che con questo “fare sistema”, che passa attraverso il binomio economia-integrazione, non potrà che nascere progresso e benessere. Da questo Forum deve emergere con chiarezza l’importanza della finanza islamica per lo sviluppo economico il più ampiamente partecipato. *Presidente Centrale Finanziaria Generale