DGR_19 Le Virtù - Don Gerlando Re

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DGR_19 Le Virtù - Don Gerlando Re
XIV - Le Virtù
"... Il Sacerdote deve avere la virtù di brillare in mezzo
agli uomini... "
(Scozzaro)
"... Sei il vertice di tutte le grandezze create..."
(S. Ignazio d'Antiochia)
In genere la virtù è una qualità che perfeziona una facoltà operativa,
disponendola al bene, in rapporto alla sua attività e al perseguimento del fine cui il
soggetto tende o è destinato80.
La teologia cattolica parla di virtù "intellettuali" e di virtù "morali"; quelle
perfezionano l'intelletto, queste orientano la volontà al bene. Inoltre distingue le virtù
in "naturali", quelle acquistate con atti buoni, da quelle "infuse", che sono operate da
Dio sull'uomo, alle quali appartengono le virtù teologali81 e le virtù cardinali82. La
riflessione teologica, però, non limita il concetto sulle virtù alle qualità sopra espresse,
ma lo estende a tante altre facoltà o carismi, che sono autentici doni di Dio. Infatti alle
virtù cardinali principali si associano tutti gli altri doni della grazia di Dio sugli uomini.
Quali sono allora le virtù che un Sacerdote deve possedere? Egli deve brillare in
mezzo agli uomini per rettitudine, intesa come onestà, lealtà e correttezza, per sincerità e
per tutte le altre virtù umane; deve conoscere se stesso, essere devoto, fuggire le
tentazioni sensibili, avere un animo sobrio
temperato, essere fedele alle promesse, fedele alla gerarchia ed alla Chiesa, pregare e
conoscere Gesù Cristo, immedesimarsi a Lui, essere animato di spirito divino
attraverso la vita sacramentale, essere un Buon Pastore, seguire Cristo nella passione e
nella gloria.
Eroicità delle virtù.
80
Cfr. Enciclopedia Cattolica - voi. XII0, ed. 1953, pg. 1459.
Fede, Speranza, Carità.
82
Prudenza, Giustizia, Fortezza, Temperanza.
81
Don Gerlando, avendo ricevuto il sacramento dell'Ordine, si configurò a
Cristo Sacerdote e come tale si impegnò a far crescere ed edificare il Corpo della sua
Chiesa e cooperare all'Ordine ministeriale.
È stato il Signore a conferire la sua stessa dignità agli Apostoli identificandoli,
nella loro missione, con la sua stessa persona: "Chi ascolta voi ascolta me; chi
disprezza voi disprezza me " (Lc 10,16).
Don Gerlando ha osservato con fedeltà i voti derivanti dai consigli evangelici,
vivendoli come elementi connaturali alla sua natura, per scelta e per esercizio
quotidiano.
Il suo spirito di pietà, di bontà e mitezza, la gioiosità della vita e la serenità
furono un chiaro segno per tutti. L'esercizio da parte sua delle virtù teologali fu
indiscutibile, perché tutta la sua vita, sin dalla fanciullezza, fu illuminata dalla fede,
sorretta dalla speranza e dalla carità verso Dio e verso gli uomini.
Che egli praticasse le virtù è dimostrato dal fatto che il suo modo di parlare e di
agire lasciava una intima edificazione e riusciva d'esempio; perciò era tenuto in grande
stima e rispetto da parte di tutti e di chi, in particolare, veniva a contatto con lui:
giovani, anziani, uomini, donne, fanciulli, ragazzi, studenti, lavoratori, bisognosi o
sofferenti.
Uno sguardo d'insieme a diverse testimonianze farà risaltare la figura eroica di
questo prete ed evidenziare al contempo le virtù da lui praticate.
Riportiamo di seguito alcune di queste testimonianze, tratte da documenti
esistenti, presso l'archivio (in originale o in copia) della famiglia Re.
Il Vescovo di Agrigento Mons. G. B. Peruzzo scrivendo ai fedeli di Cianciana,
in data 22.06.1949 sostiene che “abbiamo perduto uno dei migliori sacerdoti della
nostra Diocesi. Voi potete rendere testimonianza della sua virtù e del suo zelo, che
sono stati coronati da una morte gloriosa, che ce lo rende un eroe ed un martire. È per
il Signore, per la salvezza di un'anima, che Egli è andato consapevolmente incontro al
più grande sacrificio, al sacrificio di una vita nel fiore dell'età”.
Nel Giornale diocesano "Sentinella Agrigentina" del 22.06.1949 si legge che la sua
figura di Sacerdote buono, intelligente, zelante ed estremamente modesto, colto e
senza ambizioni, burbero talvolta ma profondamente umano, si inserisce nello stuolo
dei martiri antichi e moderni, caduti per un solo ideale: la propria missione di
Sacerdote per Cristo e per i fratelli.
Nel trigesimo dedicato alla santa memoria del Rev.mo Parroco don Gerlando Re il
Bollettino Parrocchiale della Chiesa del Carmelo riporta il seguente ricordo:
"Il singulto dei figlioli del Carmine"
Taci campana !
Il suo sacro corpo riposa nella pace del Signore,
il suo spirito purissimo è ormai una fulgida gemma incastonata nella rosa dei Beati:
Padre Re è scomparso e per sempre.
Quindi taci campana !
Perché egli ai tuoi rintocchi, non potrà oltrepassare il sagrato della tua chiesa, della sua
chiesa,
non si soffermerà più presso l'altare di S. Lucia nel pomeriggio per la quotidiana
benedizione sacramentale;
non ascenderà più all'altare maggiore col suo aspetto mistico, soave, imponente,
per consacrare la Santa Eucarestia,
non spiegherà più il Vangelo della Domenica per illuminare con le sue alate, toccanti
parole il nostro scuro intelletto ...
No, Taci campana i
... Perché Egli non può più assolvere le nostre colpe con la sua virile misericordia,
lenire i nostri affanni con la sua meravigliosa pazienza,
guidare le nostre coscienze con la sua fede radiosa.
Fermati subito, campana benedetta!
Perché Egli non va più in processione portando
tra le sue sacre mani tremanti d'emozione
quel Dio che degnamente rappresentò nella sua vita fugace, ma scintillante di luce divina.
Egli non potrà più cantare le lodi al Santissimo Sacramento,
alla bella Madonnina di Fatima che tanto amava, venuta appositamente dal cielo per
rapire la sua anima santa
ai primi albori della sua fiorente giovinezza.
Non suonare più campana del Carmine !
Che chiami alla mistica raccolta i suoi parrocchiani,
i suoi figlioli a Lui devoti
perché ogni suo tocco dice ancora:
Venite, fedeli, Padre Re vi chiama.
No, ormai devi tacere !
Perché Egli non è più su questa terra
e il tuo suono si ripercuote nell'animo nostro,
come un lamento tetro e terrorizzante,
anche quando suoni festosamente.
Campana benedetta !
Tu eri per noi la sua voce fascinosa,
la voce cordiale del buon parlatore
che chiama a raccolta le sue pecorelle
nel Santo Ovile di Cristo.
Taci dunque !
Perché noi siamo rimasti ormai come pecore erranti per il vasto deserto della vita
e non potremo mai più udire la voce
paterna e melodiosa del Buon Pastore
che ci amava di un amore intrepido.
Taci, o sacro bronzo!"
Nel giornale "Sicilia del Popolo" del 22.06.1949 si legge che nella Chiesa Madre, ove il
Sacerdote Gerlando Re aveva svolto, tra la soddisfazione generale, il suo ministero, è
stata celebrata una messa funebre da Mons. Vicario, mentre il Prof. Augello,
condiscepolo di seminario della vittima, ha esaltato le virtù del compianto Parroco,
caduto per lo spirito di carità e sacrificio che aveva sempre accompagnato ogni sua
azione.
In una dedica alla sua effigie, esposta nella sagrestia della Matrice, si legge che il
Sac. Don Gerlando Re, di versatile ingegno, di sante virtù adorno, sentì e corrispose alla
voce del Signore che lo volle suo Ministro. Tutti ebbero da Lui e come confessore e
come direttore spirituale consigli savi, moniti salutari, parole di santità. Cadde vittima
del dovere mentre assisteva a ben morire un altro moribondo.
L'Ing. Pietro Cuffaro, da Roma, il 26 giugno 1949, scrive alla famiglia “Ho dinanzi
a me, la lettera che affettuosamente mi scrisse il 1° giugno del 1941, quando stava per
prendere il supremo ordine sacerdotale, nella quale concludeva: "la prego di volermi
degnare della sua morale e spirituale assistenza nel tempo che ancora mi rimane per
ascendere all'Altare”.
Don Giuseppe Ciaravella, da Favara, l’8.07.1949 scrive “gli volli tanto bene per la
sua sincerità, schiettezza, attività Amavo tanto, il buon collega con cui ho vissuto per
ben dodici anni di Seminario; dopo l'ordinazione ci mantenemmo sempre in ottimi
rapporti, confidandoci le nostre poche gioie, le nostre numerose croci, i nostri dolori. I
colleghi, Cianciana, la Diocesi hanno perduto in Lui uno dei migliori compagni, uno
dei suoi figli migliori, uno dei sacerdoti più in vista per intelligenza viva, integrità di
costumi, santità di vita”.
Mons. Giuseppe Augello, nell'elogio funebre del 19 giugno 1949, così si espresse:
“Buono ed indimenticabile amico/collega, si è spento per sempre quel dolce
immancabile sorriso che sul tuo volto, apparentemente burbero e talvolta accigliato,
rifletteva la profonda umanità del tuo animo ancora ingenuo ed infantile, sempre
pronto a cogliere gli aspetti nuovi delle cose e degli avvenimenti con un'originalità che
rasentava spesso il paradosso, centrando la sostanza dei fatti, spogliati dai fronzoli e
dagli ipocriti rivestimenti, alieni dalla tua mentalità e dai tuoi gusti, dalla tua
formazione e dalla concezione personalissima della vita”.
Ed ancora, dal Seminario di Agrigento, il 4.11.1949, scrive che Gerlando per lui
era un vero fratello. “Lo avrò a fianco nei momenti tristi e lieti per ricevere da Lui lo
sprone e l'incoraggiamento quando la debolezza umana potrà affievolire la voce del
dovere, da Lui che per il dovere si sacrificò e per esso non tremò di fronte alla morte”.
Nel giornale diocesano "Verso la Meta" – edizione Giugno - Luglio 1949, si
legge che poteva risparmiarsi, ma non ha voluto. Il senso del dovere, l'amore per il
prossimo languente, la responsabilità delle anime lo chiamavano...
Mons. Calogero Scicolone, Arciprete di Menfi, in una nota del 4.11.1997, scrive che
il suo ricordo è completamente positivo:
“Fin dai primi giorni del suo ingresso in Seminario Gerlando ha suscitato in me
il convincimento di un ragazzo buono, intelligente e timorato di Dio.
Dimostrava di avere ricevuto in famiglia, un'educazione profondamente
cristiana. Esemplare nel comportamento, simpatico a tutti per la sua modestia. La sua
formazione spirituale si basava sullo spirito di umiltà, sullo spirito di sacrificio,
accettando tutto con piena disponibilità… Attese con serietà e con costante impegno,
alla sua formazione spirituale ed intellettuale...
Dal martire Divino imparò ed attinse la donazione di se stesso ai fratelli, per il
bene dei quali superava ogni ostacolo e, con il suo spirito di spiccata fraternità, riusciva
a venire incontro alle varie necessità di tutti, avvicinandosi particolarmente ai poveri
ed agli ultimi...”.
Il Prof. don Antonino Marino, in una nota del 23.06.1974, scrive che lo rivede
ancora correre dalla Chiesa del Convento alla Matrice e da questa al Carmine in un
atteggiamento di continuo autocontrollo, di modestia e di virtù vissuta momento per
momento.
Il Sac. don Filippo Ferraro - parroco della Parrocchia del Carmine, in una poesia
recitata in occasione del 40° anniversario della morte di don Gerlando, scrive che
Padre Re è morto perché ha voluto compiere il suo dovere con coscienza, con
responsabilità, con amore.
Mons. Calogero Lauricella, compagno di Seminario, Arcivescovo di Siracusa, il
18.06.1974 scrive che ricorda amabilmente la nobile figura di don Gerlando Re,
esempio di virtù umane e sacerdotali.
Lo ricorda con freschezza di sentimenti alimentati già dai banchi di scuola:
l'averlo avuto compagno ed amico per 12 anni gli è motivo ancor più di edificazione e
di gioia.
Nella "Storia della Parrocchia del Carmelo in Cianciana", a cura del Sac. don
Filippo Ferraro, si legge che don Gerlando fu nominato Vicario Cooperatore della
Matrice di Cianciana e per otto anni lavorò con grande zelo nel campo
dell'apostolato. Si dedicò alla catechesi dei piccoli e dei giovani, fu Assistente
della G.I.A.C. (Gioventù Italiana Azione Cattolica) e anche degli Scout, ebbe cura degli
ammalati, annunziò con convinzione, fedeltà e coraggio la parola di Dio.
Era serio ed austero, ma vivificava le sue conversazioni con sano e piacevole
umorismo; era intelligente e riflessivo, molto colto e la sua parola era semplice, chiara,
penetrante, convincente.
Il Sig. Giuseppe Gambino, dal Canada, ricorda che era tra i giovanissimi
dell'Azione Cattolica; Padre Re era sempre in mezzo a loro, ragazzi e giovani,
nell'Oratorio, tra un'attività e l'altra: riunioni, catechismo, filodrammatica, "schola
cantorum", messa domenicale, gare catechistiche, attività ludiche e giochi di vario
genere: dama, mosca-cieca, staffetta, ping/pong, calcio, scoutismo, tutte attività
formative per i ragazzi e per i giovani. Era una persona seria, amabile, ricco di
insegnamenti.
In tutti i suoi atteggiamenti di vita umana e spirituale si notava che era dotato
di carisma, che lo rendeva benevolo e simpatico con tutti.
Domenico Vizzì, dall'Argentina, scrive che Padre Re fu un lavoratore assiduo
nella parrocchia: “Per noi è stato il più amato assistente dell'Azione Cattolica del
nostro paese. Curò gli esploratori, la "Schola Cantorum", la filodrammatica,
l'Oratorio. Lavorò molto non solo in Matrice ma anche nelle altre chiese, contribuendo a
rianimare le coscienze religiose. Fu bravo come sacerdote, educatore e maestro di vita.
Ricordo la sua febbrile attività durante le campagne elettorali ed il pellegrinaggio della
Madonna di Fatima. Diede vita e risveglio all'ambiente religioso e civile”.
Mons. Stefano Pirrera, nel libro "Gli ultimi saranno i primi", ricordandolo dice
che don Gerlando era uno di questi pochissimi “segnati”. Ne erano convinti tutti in
Seminario, ma quelli che più ammiravano e godevano del suo dono erano i più piccoli
che si incantavano a sentirlo parlare e naturalmente gli obbedivano come ad un
oracolo.
Nella rivista mensile "Vita Pastorale", n. 4, aprile 1958, si legge che don Re è un
Sacerdote martire del dovere. Si tratta di don Gerlando Re, nato il 16 gennaio 1916 a
Cianciana, provincia di Agrigento. Ereditò dal padre fortezza d'animo, senso del dovere, spirito di intraprendenza e dalla Madre lealtà, sincerità e profondi sentimenti
religiosi. Iscritto alle scuole elementari, manifestò subito buone doti intellettive e
notevoli capacità di apprendimento. All'età di 13 anni entrò nel Seminario di
Agrigento per diventare Sacerdote. Qui fece come suo programma di vita l'espressione
di Gesù: «Io sono la via, la verità, la vita» (Gv 14,6), perché pienamente convinto che
senza la via non si cammina, senza la verità non si conosce, senza la vita non si vive.
Perciò per lui Cristo fu la via da seguire, la verità da credere, la vita da
sperare.
Il Sig. Salvatore Canzoneri, Maresciallo dei Carabinieri in pensione, da Roma,
ricorda che fece parte del coro nella Chiesa Madre di Cianciana, gremita di fedeli
festanti per il grande evento eccezionale della prima messa dei due giovani Sacerdoti:
don Gerlando Re e don Giuseppe Cuffaro. Aggiunge ancora che nell'oratorio giovanile
si notò subito un grande risveglio in tutte le attività, sia religiose che civili, sociali,
ricreative, con particolare impegno alla formazione dei giovani.
Il Sig. Felice Pollari, Maresciallo della Marina in pensione, da Roma il 16
novembre 1998, ricordando gli anni della giovinezza passati a Cianciana tra gli amici
fraterni dell'Azione Cattolica scrive che con Padre Re ebbe a condividere gli
indimenticabili anni dell'infanzia e dell'adolescenza. Spiccava in mezzo a tutti gli altri
padre Gerlando Re, amico e guida spirituale, esempio impareggiabile di spirito
cristiano e indimenticabile testimonianza di fede sincera ed eroica.
Don Carmelo Territo, cappellano a Cianciana prima di padre Re, da Ribera
l’8.10.1998, scrive che Gerlando, prima di essere ordinato Sacerdote, gli diceva che
voleva vivere distinto dal denaro e dal mondo, che voleva essere il servo del popolo
per condurlo a Gesù; che voleva essere lampada ardente per illuminare gli altri e che
voleva dedicarsi tutto alla gioventù, sperando nel domani.
Nel marzo del 1949, nell'accogliere la Madonna di Fatima, pellegrina a Cianciana,
don Gerlando pregava come segue:
“Io benché indegnissimo d'essere vostro servo, mosso nondimeno dalla vostra
mirabile pietà e dal desiderio di servirvi, Vi elogio oggi, in presenza dell'Angelo mio
custode e di tutta la Corte Celeste, per mia particolare Signora Avvocata e Madre; e
fermamente propongo di volervi sempre amare e servire per l'avvenire e di fare
quanto potrò, affinché siate amata e servita ancora dagli altri”.
Prostrato dinanzi a Gesù Eucarestia il giorno in cui ad alcuni fedeli parve
delinearsi il volto di Gesù nell'Ostia consacrata esposta nell'Ostensorio, durante le
quarant'Ore presso la Chiesa del Carmine, così don Gerlando pregava:
“Signore Gesù, eterno Sommo sacerdote, accompagnami, guidami, proteggimi,
sorreggimi sempre ed in ogni luogo. Fà che io non dimentichi mai di essere tuo
umilissimo servo e tuo obbedientissimo ministro.
Illuminami nel diradare dubbi, incertezze, perplessità, errori in tutti coloro che
ne sono affetti e tormentati per portarli a quella pace interiore che Tu e solo Tu sai
donare. Fammi strumento della tua grazia...
Benedici tutto quello che faccio per le anime che mi hai affidate, per l'avvento del
tuo regno e per la tua sempre eterna gloria. Accresci e rinsalda sempre più la mia fede”.
La Fede, la Speranza, la Carità.
Don Gerlando visse di fede come si addice ad un uomo giusto. Era animato da
una profonda fede, l'unica sua forza con la quale considerava tutti gli avvenimenti
della vita, lieti o tristi, con un senso di soprannaturalità, ritenendo forse che il mistero
della vita è nella natura e come tale non si spiega ma si accetta, appunto perché il
tutto rientra in un atto di amore qual è la fede in Dio.
Ad una fede viva faceva riscontro in lui una intima speranza, una speranza che si
riferiva alla forza delle promesse di Dio e che comunicava soprattutto ai giovani. La
pratica della virtù della speranza lo trasformava e lo liberava dalle preoccupazioni terrene
e da ogni timore, accrescendogli il desiderio del cielo.
Dal suo pensiero e dal suo comportamento si rileva quanto fosse radicata nel suo
animo la virtù della carità nel duplice rapporto verso Dio e verso il prossimo.
Egli era davvero un'anima colma di amore di Dio e ne fanno fede la sua preghiera
assidua, il continuo studio della teologia,
il
grande
impegno
missionario
nell'espletamento del suo apostolato e nel fare la volontà del Padre celeste.
Dal pieno amore divino scaturiva l'amore per il prossimo.
In un suo scritto composto durante gli anni di teologia, nella rivista mensile "Verso la
meta", diceva che l’opera del sacerdote era sconosciuta, la sua dedizione mal compresa, le
sue fatiche mal retribuite e, nondimeno, a somiglianza di Gesù, mentre beveva il calice
del sacrificio e dell'abbandono, continuava a farsi tutto a tutti, partecipando alle gioie e
ai dolori che affliggevano gli uomini, interessandosi di tutto e di tutti, senza distinzioni di
classi.
Per tutti era un amico che si prodigava in qualsiasi circostanza, per qualsiasi
bisogno, dove c'era una sofferenza da lenire, un'angustia da consolare, accorrendo anche li
dove c'era pericolo.
La sua carità non era soltanto materiale, ma anche spirituale.
Anche a questo riguardo, significative sono le testimonianze che possiamo
proporre.
In "Sentinella Agrigentina", giornale della Diocesi, del 22.06.1949, si legge che il
suo impulso generoso e sacerdotale lo spinse immediatamente all'uscio. Non si era
ingannato, sulla strada polverosa boccheggiava un infelice morente; l'anima del fratello
morente gli premeva più di ogni altra considerazione che lo riguardasse
personalmente.
In "Settimana del Clero" del 1949, si legge che, nella festa di Cristo Re, il ricordo
di un Sacerdote vittima della sua abnegazione offre ai fratelli d'Italia l'invito e l'esempio
per un più generoso impegno nella lotta al servizio del Re Divino.
Ancora, in una nota del Direttore dello stesso settimanale, don Ulderico
Gamba, si legge che il suo esempio richiamato nelle colonne di quel settimanale
avrebbe certamente fatto bene a quanti attendono gli esempi, più che le parole.
In una nota del 04.11.1949 del prof. Mons. Giuseppe Augello, compagno di
seminario e di sacerdozio, si legge che Padre Re meritava un immortale carme sublime,
da trasmettere nei secoli perché i posteri sapessero quale eccelsa anima di apostolo
intrepido pulsò e fremette nel petto generoso di don Re.
Nell'opera del Rev. prof. don Stefano Pirrera(83) si legge che son passati
trentacinque anni da quel giorno e don Gerlando continua a "confessare" la sua fede
come pochi altri fedeli di Cristo.
Dal giornale parrocchiale "II Minuto" di S. Stefano Quisquina, n. 2 del 18.01.1998
in ricordo di don Gerlando Re, si legge che ben presto fu evidente in lui la vocazione al
sacerdozio e dopo le scuole elementari entrò il 21 ottobre 1929 nel Seminario di Agrigento.
Qui fece come suo programma di vita l'espressione di Gesù: "Io sono la via, la verità, la
vita. Durante i lunghi dodici anni di studio e di formazione dimostrò sempre forte
carattere e acutezza nelle analisi delle varie tematiche teologico/filosofiche.
Per più di un lustro collaborò con entusiasmo, zelo e dedizione con Mons. Pietro
Agliata.
Attenzione particolare rivolse ai giovani, i quali ebbero modo di apprezzare in lui
una guida sicura ed intelligente per la loro formazione civico/sociale ed etico/spirituale.
83
Cfr. S. Pirrera, 1987, cit. pg. 131.
In un'omelia del 18 giugno 1998, il prof. Mons. Domenico De Gregorio, durante la
celebrazione dell'anniversario della morte di don Gerlando, si chiedeva che cosa avesse
fatto il sacerdote Re nei pochi anni del suo sacerdozio: aveva dato se stesso al Signore!
Si era consacrato completamente all'attività di catechista, di istruttore,
specialmente dei giovani e dei piccoli, di maestro di verità e si era dedicato
all'apostolato della confessione e della predicazione, con cui si chiamano le anime e con cui
si guariscono, attraverso il Sacramento del perdono di Dio, dalle malattie, dalle
infermità, dalle mutilazioni, dalla paralisi del peccato.
Da Mons. Francesco Alaimo, che fu Rettore del Seminario di Agrigento,
provengono questi pensieri:
“Caro don Gerlando! Come sapevi nascondere sotto un viso serio e un pó scontroso,
un'anima giovanile e generosa, sino ad immolarti per gli altri! Quale carità maggiore di
questa?”
Da una dichiarazione del sig. Antonino Bonanno, amico di don Gerlando, ex
Presidente della G.I.A.C., si evince che Padre Re era animato di profonda fede, amava il
prossimo, credeva fermamente nel vero Dio. Era ricco di carità e di pietà cristiana verso il
prossimo. Usava la preghiera, specialmente il SS. Rosario, in ogni circostanza. Era
fiducioso nel lavoro, nel ministero, nell'apostolato, nello studio, nella preghiera,
nel patire le pene e le sofferenze degli altri. Aveva grande amore verso Dio e verso la
Madre di Gesù attraverso l'adorazione e la contemplazione. Egli ricordava di averlo
trovato in preghiera presso l'altare del SS. Sacramento; si alzava solo quando si ridestava
dalla contemplazione.
Da una dichiarazione della sig.na Caterina D'Anna, nipote di Mons. Giuseppe
Cuffaro, si ricava che don Gerlando era ricco di virtù: fede, timor di Dio, amore per il
prossimo, preghiera, pietà, sano e serio comportamento.
Ella ricorda che il Padre Re andava ogni settimana in miniera per assistere i
minatori, celebrando messa e distribuendo la Santa Eucarestia. Visitava settimanalmente
gli ammalati ed i sofferenti. Portava il viatico ed assisteva i moribondi con attenzione e
cristiana carità.
Il prof. Antonino Bellanca, ex seminarista, scrive che la fede di don Gerlando era
profonda e viva, senza dubbi e incertezze. Timorato di Dio, caritatevole al massimo.
Soffriva quando vedeva qualcuno soffrire, cercava di prestare del suo per soddisfare i
bisogni del prossimo. Pregava intensamente con fede, comportandosi dignitosamente.
Era sempre pieno di speranza e di intenso fervore, pregava continuamente con fede
perché si avverasse un maggiore regno di Dio. Lottava sempre e si preoccupava delle
miserie degli altri.
Ancora don S. Pirrera scrive che un giovane apostolo di Cristo, come don Gerlando,
maturato al fuoco dello Spirito Santo, in dodici lunghi anni di preghiere e studio, non
poteva non vivere in maniera incandescente la fede nel Maestro e nel suo vangelo, fede che
traduceva quotidianamente, in opere di gioiosa carità, alla cui realizzazione coinvolgeva i
ragazzi della Parrocchia. Per i ragazzi e per le loro famiglie, don Gerlando era un vero
oracolo(84).
L'autore di questa biografia ebbe a notare nelle sue memorie, scritte appena dopo
la morte del fratello don Gerlando, che quell'apostolato, condotto per otto anni nella
pazienza, nella bontà, nell'umiltà, che gli diede il frutto di tanta fede nel popolo e tra i
minatori, doveva portarlo con tanto zelo, con tanto amore ed altrettanto ardore a quella
suprema immolazione che lo fece maestro del dovere apostolico, vittima del sacro dovere,
eroico soldato di Gesù Cristo, martire.
Una delle principali massime di vita quotidiana, che ripeteva durante le sue
conversazioni, era: fare, compiere il proprio dovere in ogni circostanza!
La Giustizia, la Fortezza, la Temperanza.
Don Gerlando era scrupoloso nel dare e nel fare: nel dare a ciascuno il suo, nel fare le
cose propositivamente collocandole al giusto posto.
Sia nei rapporti con Dio che nella vita di relazione col prossimo si attenne sempre
ai principi basilari della giustizia e dell'equità.
Si può dire che egli avesse innato il senso della giustizia, perché ripeteva sempre
che con la sua professione religiosa si era donato a Dio e quindi apparteneva a Lui non
solo per via del Battesimo ma anche in forza dell'Ordine Sacro.
Inquadrata la sua figura alla luce della sua fede forte e della sua carità, occorre
rilevare anche la sua profonda gratitudine verso il Signore, considerato che egli
84
S. Pirrera, Anni Verdi in Seminario, Agrigento 2009, Pag. 106.
indirizzava sempre a Dio l'onore e la gloria di ogni sua iniziativa e del suo diuturno
lavoro.
La Sig.na Caterina D'Anna ebbe a dichiarare che don Gerlando era molto
equilibrato, amante della giustizia e dell'equità.
Il Sig. Antonino Bonanno, già Presidente della G.I.A.C., affermava che padre
Re amava la lealtà e la giustizia. Dava a Cesare quel che è di Cesare ed a Dio quello che
è di Dio. Dava ragione o torto secondo carità e giustizia. E su questa scia spesso era
mirabile paciere.
Ancora una citazione di Mons. Domenico De Gregorio(85) dice che la sua spiritualità
era sana, cosciente, sicura, lineare nella vita e nella parola.
Don Gerlando era serio negli atteggiamenti e riconoscente verso coloro che gli
facevano del bene, manifestando gratitudine era rispettoso dei diritti altrui, generoso
con gli operai e con i poveri, particolarmente grato verso i suoi collaboratori, che
trattava con molta dignità e fraternità.
Nelle riunioni, lasciava libertà e spazio alla discussione ed ognuno era libero di
manifestare la propria opinione; usava massimo rispetto per le autorità, sia
ecclesiastiche, sia civili.
In ogni circostanza manifestava un carattere fermo e solido, perseveranza in ogni
iniziativa, fedeltà nell'osservare tutti i suoi doveri, pazienza in tutte le circostanze;
anche nelle sofferenze fisiche e morali.
Mai, ricordano i suoi giovani dell'Azione Cattolica, videro don Gerlando
innervosirsi o andare in escandescenza, rimanendo calmo e sereno. Nell'ora della
prova non solo pregava, ma spingeva gli altri alla preghiera.
Il Prof. Antonino Bellanca ricorda che era giusto verso Dio e verso il prossimo;
non era capace di ingiustizie e torti. Sempre amico del bene amava la verità, la ragione,
la giustizia.
La Sig.ra Caterina Cuffaro a sua volta ricorda che in occasione della “visione”
del volto di Gesù nell'Ostia consacrata, durante le quarantore del 1949 presso la
Chiesa del Carmine, vide Padre Re prostrato a terra a pregare tutto il giorno, la notte e
tutto il giorno seguente, ininterrottamente, prorogando anche l'esposizione del Santis-
85
Cf., D. De Gregorio, Profili di Sacerdoti Agrigentini, Del Bono Editore Firenze, pg., 189.
simo di un giorno(86).
Nonostante fosse generoso e coraggioso anche nell'affrontare ogni pericolo, il
suo carattere riflessivo lo portava ad essere anche cauto, moderato in ogni esigenza,
anche di carattere personale, ed in ogni azione.
Amava lo scherzo, la burla, la parodia, la battuta, che erano ben accettati
perché non oltrepassavano mai i limiti della temperanza.
Le sue conversazioni, condite spesso da un sano umorismo, erano sempre volte
al bene, chiunque avvicinasse, così come ricorda Mons. De Gregorio(87); mentre Mons.
Vincenzo Restivo parlava della sua "serenante fraternità" ricordando la vita del
seminario, le cameratesche allegre conversazioni e le capriole nelle passeggiate
pomeridiane(88).
Era un riflessivo, scrive Mons. Giuseppe Augello. E poi lo ricorda come segue:
così era, ricordo bene, a scuola, quando bonariamente e con immancabile,
personalissima barzelletta, faceva sfumare gli effetti del successo nelle lezioni o
dell'approvazione dei professori; così si comportava, eludendo o sviando i commenti
entusiastici, dopo ogni rappresentazione teatrale, in Seminario, in cui le sue originalissime
e caratteristiche interpretazioni raggiungevano spesso le vette artistiche di un consumato
attore(89).
Era, poi, convinto della necessità dello spirito di sacrificio, quale salvaguardia della
virtù della temperanza, che inculcava fraternamente e frequentemente anche agli altri, specie ai giovani dell'Azione Cattolica ed ai lavoratori della miniera, attraverso la sua assidua
e costante assistenza.
La Prudenza, l'Obbedienza, l'Umiltà.
La virtù della prudenza in don Gerlando era palese.
Fu sempre ed in tutto prudente, sia nei rapporti umani sia nell'affrontare problemi
materiali, sia nel compimento dei suoi doveri sacerdotali. Manifestava tale virtù in tutto:
nelle parole, nei giudizi, nelle azioni e nelle relazioni con gli altri. Sapeva autocontrollarsi
86
Cfr., Cap. XII, pg., ______.
Cfr. D. De Gregorio, La logica di un martirio, Miranda, San Giovanni Gemini, 1974.
88
Da una lettera di Mons. V.zo Restivo, inviata all’Autore il 31.10.1997.
89
Per la testimonianza riportata vedi quanto già scritto in questo capitolo XIV in premessa.
87
in tutto il suo comportamento, non essendo mai stato oggetto di critiche o di
mormorazioni, sia come uomo sia come presbitero. Non era categorico o superficiale, ma
sapeva accettare, con discernimento e rispetto, le opinioni e le posizioni dei suoi
interlocutori.
Tant'è che, nel trattare con le persone, specialmente nelle relazioni con le
donne, usava cautela e riservatezza.
Afferma una sua devota, la sig.ra Caterina Cuffaro, che era onestissimo, molto
prudente con tutti, specie con le donne, parlando con loro sempre con cautela, con
sguardo sommesso e con occhi bassi.
A conferma il sig. Nino Bonanno, ex Presidente della G.I.A.C. precisa che: non si
notarono mai atteggiamenti libertini nel suo carattere e nel suo comportamento. Era
umile e spesso dimostrava di essere timido, trattava ed usava conversare con le
donne quasi sempre con atteggiamento prudente e riservato.
Altra testimonianza del prof. Nino Bellanca, ex seminarista, dice che Padre Re
era sempre ubbidiente ai superiori. Eseguiva gli ordini senza obiettare, tranne
quando erano di ostacolo a certi suoi sentimenti. Esercitava le virtù in sommo grado ed
aveva il dono di sapere attrarre a sé la gente e di convincerla alle sue idee.
Don Gerlando non era precipitoso nel suo operare, ma rifletteva, meditava,
pregava il Signore e la Madre Celeste e poi decideva.
Era una virtù, la prudenza, che egli esercitava bene anche nella confessione e
nella direzione spirituale delle anime devote.
A lui ricorrevano molte anime, in particolare giovani, nubendi e mamme, per
consigliarsi e confidargli i propri travagli interiori.
La virtù dell'obbedienza rifulse in lui in modo mirabile: chi ama – soleva dire ai
ragazzi che lo ascoltavano durante le istruzioni catechistiche - obbedisce al Padre, obbedisce
al Salvatore, alla Madre di Gesù, alla Chiesa, ai superiori, ai genitori. Ricordate la vicenda
di Adamo ed Eva? Ebbene il male, tutti i mali del mondo, sono nati da un atto di
disubbidienza!
Ed aggiungeva ancora che la concezione e la nascita di Gesù Salvatore erano il
frutto di un atto di obbedienza della Madre Immacolata Maria.
L'ubbidienza è unione: come il tralcio unito alla vite, avrà, appunto, la linfa per
mezzo della Grazia per produrre germogli ed uva, cioè frutti di grazia.
Sin dalla tenera età, durante gli anni di scuola, durante gli studi seminarili e durante
il sacerdozio, don Gerlando coltivò la santa umiltà con impegno costante, chiedendola
nella preghiera come grande ed inestimabile dono.
Così si distingueva non solo per la sua intelligenza, ma anche per la sua
mansuetudine ed umiltà, tant'è che i compagni si rivolgevano spesso a lui per avere
consigli ed essere aiutati.
Sottolinea una sua devota, Sig.ra Caterina Cuffaro, sorella di Mons. Giuseppe
Cuffaro, che don Gerlando visse povero. Non guadagnò mai un soldo, perché in parrocchia
non percepiva nessuna prebenda; nonostante ciò era sempre ubbidiente, umile e solidale
con i suoi superiori e servizievole col popolo.
E un'altra devota aggiunge che egli viveva poveramente. Dai superiori non riceveva
neanche un soldo. Era umile, ma generoso, amatissimo, molto prudente con tutti.
Ancora altri, che lo conobbero e praticarono, affermavano che amava i poveri, i
lavoratori, i bisognosi, immedesimandosi nei loro problemi ed assistendoli spesso da
vicino, sul luogo della sofferenza, in miniera, sul posto di lavoro.
Non si notarono mai nei suoi atteggiamenti segni di umana superbia, ma di
cristiana obbedienza ai superiori e ai canoni della santa Chiesa.
In proposito, Mons. Giuseppe Augello scrisse che conosceva bene la sua grande
modestia che lo faceva sempre rifuggire da ogni esibizionismo, quasi avesse ripugnanza
a mostrare le sue doti non comuni e avesse come paura o nausea degli applausi e degli
ammirati commenti ai suoi successi.
Era sempre cordiale con tutti, non usava mai mettersi in mostra, né si vantò mai di
se stesso e del suo operato.
Nonostante un'acuta intelligenza, non ostentava mai di essere tale ed a chi osava
elogiarlo soleva dire: L'amore tanto vale per quello che è davanti a Dio.
Mons. Vincenzo Scicolone, arciprete di Menfi afferma che la sua formazione
spirituale si basava sullo spirito di umiltà, nascondendo le sue doti di mente e di cuore,
sullo spirito di sacrificio, accettando tutto con piena disponibilità e rendendosi sempre
disponibile alle richieste dei colleghi, che tanta stima nutrivano in lui.
Il sig. Ignazio Attardo, in una nota da Parigi dell’11 marzo 2000, scrive che da
ragazzo dodicenne conobbe la figura di Padre Re e la ricorda per la sua grande bontà e la
dolcezza d’espressione nel rivolgersi a quanti lo ascoltavano.
La sig.na Carmelina Chiappisi, già citata, scrive che fu un prete esemplare ed
assolvette il suo alto ministero con fede, semplicità ed umiltà.
Don Gerlando era sacerdote e come tale aveva subito una trasformazione che lo
rendeva simile a Cristo Gesù. Se era Cristo quando amministrava i Sacramenti ed
eseguiva gli atti del suo ministero, a Cristo dimostrò di conformarsi nella totalità della
sua esistenza.
La Povertà, la Castità.
La povertà materiale e di spirito della vita di don Gerlando era orientata
all'acquisto della povertà evangelica, alla quale egli si preparò sin dall'infanzia,
attraverso un costume di vita estremamente sobrio e non esente da privazioni.
Appartenendo ad una famiglia di lavoratori - il padre, il nonno, gli zii, erano
tutti solfatari - nella casa dove visse vi era solo il necessario e niente di superfluo.
Nell'uso del denaro egli dipendeva dalla famiglia ed era assistito anche dalla zia
paterna, Assunta Re, nubile, che lo accudiva come un figlio. Anche nel vestire era
sobrio.
Quando cadde vittima del suo atto generoso, fu trovato con un portamonete in
tasca contenente appena alcuni spiccioli.
Alcuni suoi devoti affermano che era povero ed amava i poveri.
Il maresciallo di P.S. in pensione Luigi Re, da Firenze testimonia con un suo
ricordo personale che per la benedizione delle case, lo accompagnava quasi ogni anno.
Oltre alla bacinella con l'acqua benedetta, portava anche un paniere dove i fedeli
facevano cadere le offerte consistenti in uova e monete. Alla fine della giornata, buona
parte delle uova veniva ridistribuita ai poveri e gli spiccioli venivano regalati ai ragazzi
dell'Azione Cattolica. Questi suoi gesti erano molto apprezzati non solo dalla gente,
ma sommamente di ragazzi che provavamo immensa gioia. Egli lo ricorda sempre
perché era generoso, fraterno e paterno; ogni suo atto era un insegnamento. Porta la
sua figura nel cuore ancora oggi e deve confessare che pregarlo e rivolgersi a lui gli
procura un senso di pace e di serenità, soprattutto di speranza.
La purezza - diceva don Gerlando ai ragazzi dell'Azione Cattolica e del
Catechismo - ci rende come Angeli e ci avvicina al Signore.
Nelle lezioni di catechismo, nei ritiri ed esercizi spirituali esaltava la virtù della
purezza, evidenziandone i pregi e consigliando i mezzi più idonei per custodirla e
praticarla, quali la preghiera, la mortificazione, la continua vigilanza dei sensi, la
custodia della purezza del cuore, la fuga dalle occasioni.
Così, come sostengono alcuni devoti, nel suo comportamento non si notarono
mai atteggiamenti licenziosi o libertini; la sua onestà traspariva anche nella virtù della
castità. Non fu mai chiacchierato ed ogni suo atto nei confronti dell'altro sesso, nel
senso della purezza, era lineare, trasparente, di un amore fraterno e sincero.
Era sua abitudine parlare con le donne con schiettezza, con sguardo umile e
discreto. Questa virtù in lui si traduceva in una abituale riservatezza, in una
timidezza elegante e disinvolta.
In un suo scritto della rivista “Verso La Meta”, si legge che l'isolamento del
sacerdote non è effetto di una segregazione forzata, ma di una volontaria
proscrizione, per cui egli, spinto e chiamato, non solo a seguire, ma a propugnare i
dettami di Cristo, deve necessariamente staccarsi dalla comunione del mondo per
evitarne gli scogli pericolosi e per potere coltivare gli ideali di una vita santa e
operosa.
Abbiamo già ricordato come don Gerlando, nel prendere i primi ordini,
teneva presenti le parole che Gesù rivolgeva ai suoi seguaci: "chi mi vuol seguire
rinneghi se stesso". Perciò pregava: "Cristo Gesù, votandomi a Te dà forza al mio
spirito, purità al cuore, conferma al volere". E poi, ancora, nel ricevere l'Ordine
sacerdotale: "Per Te Signore Gesù, per le anime... la mia vita ed il Primo
Sacrificio".
Le devozioni.
Completano le virtù religiose di don Gerlando le sue particolari devozioni,
che nella spiritualità cristiana sono fondamentali, perché il vero cristiano, che vive
dello spirito di Dio, non può farne a meno; può differenziarsi l'intensità affettiva
o il particolare aspetto secondo cui ognuno si compiace considerarle, ma esse sono
basilari per coloro che vogliono tendere alla perfezione.
Non sempre però la "devozione" viene intesa rettamente, perché la si
confonde con le "devozioni".
San Tommaso annovera la "devozione" tra gli atti interiori della virtù della
religione insieme all'orazione, il cui oggetto principale è Dio, il quale è pure la
causa principale, in quanto Egli la dà, la mantiene, l'accresce, secondo la sua
volontà(90).
Q u alità essenziali della devozione - che Sant'Ambrogio definisce la
prima virtù ed il fondamento delle altre - sono il distacco dai beni terreni,
l'affidarsi completamente alla volontà di Dio, non cercare affannosamente la
consolazione interiore, ma tendendo disinteressatamente alla perfetta unione con
Dio, ancorarsi a una fede cosciente e vissuta.
I mezzi essenziali per ottenere la vera devozione, sempre secondo il
pensiero di S. Tommaso, sono la contemplazione, la meditazione e la preghiera.
Le pratiche devozionali, poi, sono mezzi per raggiungere il fine, che è
l'atto interiore della virtù della religione.
Le "devozioni" nel cattolicesimo sono principalmente indirizzate alla SS. Trinità, al
Cuore di Gesù Cristo, alla Vergine Maria, a San Giuseppe, agli Angeli, ai Santi, alle anime
Sante del Purgatorio; sono praticate, fondamentalmente, con il segno della croce, la Via
Crucis, l'ora santa, la visita al SS. Sacramento, la recita del Santo Rosario, le novene ed i
tridui, le messe gregoriane, i primi nove venerdì del mese.
Che don Gerlando fosse "devoto" è incontestabile, perché con il suo sacerdozio si era
votato a Dio a cui aveva unito profondamente ed intimamente cuore e spirito.
Dovendo ricordare, poi, le sue devozioni più praticate, non si può non ribadire e
sottolineare il suo ardente amore alla S.S. Trinità, al Verbo Incarnato, alla Vergine
Immacolata, al SS. Crocifisso, a San Giuseppe, a Sant'Antonio di Padova, manifestate
innanzitutto attraverso la preghiera, la meditazione e le varie pratiche religiose.
Aveva una passione cristocentrica che coltivava con interesse quando parlava,
quando pregava quotidianamente, sul far della sera, dinanzi al tabernacolo
dell'Eucarestia o dinanzi a Gesù Sacramentato durante le Quarantore, quando predicava
dal pulpito la Passione di Gesù e quando il Venerdì Santo conduceva e seguiva, con
90
Cfr., Enc. Catt. Cit. Vol. IV°, 1950, pg. 1512.
animo intimamente compreso la "Via Crucis", quando distribuiva l'Eucarestia ai
lavoratori nei meandri delle miniere di zolfo o quando portava il Pane Eucaristico agli
ammalati o il viatico ai sofferenti ed ai moribondi, quando portava il SS. Sacramento
durante le processioni per la festa del Corpus Domini. Al centro della sua vita spirituale
c'era Gesù Cristo; la Teologia, la Bibbia ed il SS. Sacramento erano la fonte della stessa
devozione e di tutta la sua attività.
L'Eucarestia costituiva il perno della sua passione cristocentrica, tanto da
sostenere che un'anima eucaristica è un'anima votata alla santità. Così si impegnò nel
Congresso Eucaristico Regionale di Agrigento del 1934, voluto dal Vescovo Peruzzo, e
nel Congresso Eucaristico di S. Stefano Quisquina, voluto da Mons. Luigi Abella nel
1938.
Nel celebrare la messa era ispirato nel cuore e nello spirito.
Il suo atteggiamento era immerso in un profondo raccoglimento ed in un
sentito ringraziamento, conscio del grande mistero che coinvolge il sacerdote.
Considerava la celebrazione della messa il più nobile e profondo atto del culto
divino: durante la consacrazione, infatti, quasi sempre sembrava trasfigurarsi o
estasiarsi.
Anche per il Crocifisso e la Madre Addolorata sentiva tanta compassione, che
manifestava attraverso le sue prediche durante la Quaresima sulla Passione di Gesù e
durante la celebrazione della "Via Crucis" del Venerdì Santo.
Nei suoi atti si notava, inoltre, una particolare devozione alla Madonna. Sono da
ricordare le celebrazioni delle novene in preparazione della festa dell'Immacolata
Concezione, le celebrazioni del mese di maggio dedicate alla Madonna, la celebrazione
della "Peregrinatio Mariae" nel marzo 1949, la celebrazione dei 15 sabati alla Madonna
durante la Quaresima, nonché la quindicina in preparazione della festa della Madonna
Assunta; ed ancora le sue meditazioni e le sue preghiere dedicate alla Vergine Santa, i
suoi quaderni di musica contenenti prevalentemente inni e canti dedicati alla Madre
di Gesù.
Si esprimeva sulla Madonna con una tale sensibilità da far pensare che tra lui
a la Vergine Santa, attraverso la preghiera, dovesse esserci un particolare rapporto.
Ripeteva che, essendo Maria Santissima la madre dei santi, dove c'è un santo lì
c'è Maria e senza di lei il cammino verso la santità è impossibile.
Raccomandava a tutti la recita del SS. Rosario, la cui coroncina, che portava
sempre nella tasca della sua tunica, faceva parte del suo corredo personale.
Era particolarmente attratto dal canto del "Magnificat", che recitava
anche frequentemente per esprimere al Signore, con la preghiera di Maria, i suoi
sentimenti di ringraziamento per la chiamata ricevuta.
Devota attenzione, poi, poneva al culto della Madonna Annunziata, che veniva
festeggiata con il patrocinio dei lavoratori della miniera(91).
Era solito suffragare le Anime Sante del Purgatorio con la celebrazione
settimanale di una messa presso la Chiesa a loro dedicata.
Aveva anche un culto particolare verso alcuni Santi, convergendo di preferenza
verso:
* San Gerlando, Vescovo di Agrigento dal 1086 al 1100, Pastore dotto ed erudito,
di grande capacità e carità, di sante virtù. A lui è dedicato il Duomo della città di
Agrigento, dove è venerato il suo corpo. Ogni anno don Gerlando si recava in
cattedrale in occasione dei solenni festeggiamenti del Santo, il 25 febbraio;
* San Giuseppe Patriarca, che considerava come il modello dei sacerdoti,
custode di Gesù e di Maria, vissuto con umiltà ed eroismo nella preghiera, nel
lavoro e nella carità, da "uomo giusto per eccellenza" secondo le parole del Vangelo. In
suo onore, don Gerlando, celebrava la novena, la festa il 19 marzo di ogni anno ed i 9
mercoledì antecedenti la festa;
* S. Antonio di Padova, Patriarca e Patrono di Cianciana, i cui festeggiamenti
ricorrono il 13 giugno.
In quella occasione don Gerlando celebrava devotamente la tredicina con messe,
vespri, canti popolari e distribuzione del pane benedetto.
Si è già ricordato che don Gerlando celebrò la sua prima messa a Cianciana il 13
giugno 1941, festa del Patrono, proprio dinanzi al simulacro di Sant'Antonio di
Padova, esposto all'altare maggiore. Egli parlava tanto ai ragazzi di questo grande
Santo, raccontando le sue virtù ed i suoi miracoli.
In una preghiera rivolta alla Madonna Pellegrina così pregava:
“Vi supplico, Madre di Dio e Madre Mia pietosissima ed amatissima, per il
sangue del vostro Divin Figlio sparso per me, che mi riceviate nel numero degli altri
91
Cfr., Cap. IX°, pagg. ______, nota n. ___.
vostri devoti per vostro figlio e servo perpetuo.
Assistetemi in tutti i miei pensieri, parole ed opere, tutti i momenti della mia
vita; sicché tutti i miei passi siano indirizzati a maggior gloria del mio Dio. E per la
vostra potentissima intercessione, non offenda mai più l'amato mio Gesù, lo glorifichi
e l'ami in questa vita ed ami Voi, mia dilettissima e cara Madre, per poi amarvi e
godervi per tutti i secoli nel vostro paradiso”(92).
Si era consacrato al Cuore di Gesù recitando ogni giorno questa coroncina:
"Dolcissimo mio Gesù, nel professarmi Vostro umilissimo servo, prostrato dinanzi al
Vostro Santo Altare, degnatemi del Vostro divino sguardo. Io sono Vostro e Vostro
voglio essere per poter vivere più strettamente a Voi.
Al Vostro Sacratissimo Cuore consacro il mio.
Al Vostro immenso amore dono il mio cuore come pegno di chi non Vi conosce,
di chi disprezza i vostri Comandamenti, di chi Vi bestemmia e ripudia, affinché
abbiate misericordia di me e di loro e tutti possiate attrarre al Vostro benignissimo
Padre.
Riflettendomi nel Vostro buon Cuore, mi sento rallegrare nel vederlo traboccare
tutto di pietà, di dolcezza, di misericordia per noi tutti indegni peccatori.
Vi offro le mie azioni, Vi offro tutto me stesso per ottenere che tutti i nostri cuori
riconoscano nel Vostro l'immenso amore, la Sacra Vostra Regalità ed il Celeste Vostro
Regno.
Pater... .Ave.. .Gloria..
Sacro Cuore di Gesù confido in Voi. Amen”(93).
Il Sig. A. Bonanno racconta che don Gerlando amministrava la comunione con
serena e paterna attitudine, significando che l'Eucarestia era ed è il Pane della Vita
religiosa di ciascun fedele;
che mirabili erano i suoi discorsi, le sue omelie, i suoi sermoni nelle riunioni
dell'Azione Cattolica. Quasi ogni anno andava a predicare fuori Cianciana. Particolare
ricordo ho delle sue prediche sulle "Sette Parole" la mattina del Venerdì Santo, e poi
l'omelia dinanzi a Gesù deposto dalla Croce, dopo la tradizionale processione del
Venerdì Santo.
La devota Caterina D’Anna ricorda che don Gerlando era un bravo predicatore
92
93
Preghiera fornita all’Autore dalla Sig.ra Caterina Cuffaro, insegnate di Padre Re.
Preghiera fornita all’Autore dalla Sig.ra Caterina Cuffaro, insegnate di Padre Re.
del maggio mariano a Cattolica Eraclea, dove era molto conosciuto per l'attenzione che
suscitava tra i fedeli(94).
94
Le citazioni trovano riscontro in atti o memorie presso l’archivio della famiglia.