Risorse energetiche, consumi globali e l`ambiente: la produzione di

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Risorse energetiche, consumi globali e l`ambiente: la produzione di
Risorse energetiche, consumi globali e l’ambiente:
la produzione di energia elettrica
Alessandro Clerici
Presidente FAST e Presidente Onorario WEC Italia
Premessa
La popolazione mondiale è ora di 6,7 miliardi e negli ultimi 10 anni è aumentata del 12%, i consumi di energia
primaria del 20% ed i consumi di elettricità del 30%. Prima della crisi, i consumi di energia elettrica previsti per il
2030 erano il doppio di quelli del 2007, assorbendo per il loro fabbisogno il 44% delle risorse energetiche globali
(36% nel 2007). Nel mondo il 40% di CO2 è causato dalla produzione di elettricità: 10 miliardi di ton/anno cui
l’Europa contribuisce per il 14%. L’elettricità diviene pertanto sempre più importante nello scenario energetico
globale dove circa 2 miliardi di persone ne sono ancora privi.
In Cina, nel triennio 2006-2008 sono entrate in servizio ~300 MW/giorno (100.000 MW/anno pari al doppio del picco
di carico italiano) di nuove centrali delle quali l’80% a carbone e solo la loro produzione di CO2 annuale supera alla
grande quella da tutte le centrali dell’Europa dei 27.
Il target della Comunità Europea (CE) di riduzione in Europa del 20% di CO2 al 2020 sarà pari a ~2% dell’incremento
nel resto del mondo delle emissioni annue da oggi al 2020. Il problema energia/ambiente è risolvibile solo a livello
globale e tutti devono contribuire.
Per il consumo delle materie prime energetiche, secondo un “business as usual” il carbone (la fonte energetica più
contaminante e che contribuisce nel 2008 per il 26,3% dei consumi) continua ad incrementare la sua quota
raggiungendo nel 2030 il petrolio, sempre più confinato ai trasporti (34% consumi di petrolio nel 2008, 21% di gas,
10% di biomasse, 6,5% nucleare, 1,8% idro e 0,4% altre rinnovabili).
Ai consumi attuali e con le riserve accertate abbiamo petrolio per almeno 40 anni, gas per 60 e carbone per 150;
anche 40 anni orsono dicevamo che il petrolio avrebbe avuto una vita di 40 anni.
La tabella 1 relativa alla produzione di elettricità mostra chiaramente come i combustibili solidi a livello mondo
contribuiscano per i 2/3 alla produzione di energia elettrica, a livello Europa dei 27 per il 55% ed a livello Italia per
l’80%; è pure chiaro l’attuale marginale contributo di eolico e specie di fotovoltaico.
Le nuove fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico) hanno avuto in questi ultimi anni degli incrementi notevolissimi
(anche oltre il 30% all’anno) legati fondamentalmente a “generosi” incentivi. L’eolico è di gran lunga prevalente con
ingenti potenze installate che a fine 2008 vedevano Stati Uniti e Germania con circa 25000 MW ciascuno e Spagna
con 16700 MW (ha il 10% di energia elettrica prodotta dal vento). In Italia a fine 2009 risultavano installati circa
5.100 MW con una producibilità annua di 8 TWh (~ 2,5% dei totali consumi elettrici).
Il fotovoltaico a fine 2008 ha raggiunto i 15.000 MW a livello mondiale (0,6% della totale potenza installata ma meno
dello 0,08% nella totale energia elettrica prodotta). In Italia a fine 2009 risultavano installati circa 1.100 MW con una
producibilità annua di 1,3 TWh pari allo 0,4% dei consumi elettrici.
Considerando quindi i problemi ambientali, l’elevato costo e l’ aleatorietà e non programmabilità di produzione di
elettricità dalle nuove rinnovabili, è chiara la spinta in questi ultimi anni in molti paesi ad esaminare l’opzione
nucleare per la quale si sta assistendo a quello che viene chiamato “rinascimento”, dopo lo stallo a partire da fine
anni ’80 (1).
Il sistema elettrico italiano: presente e futuro ed il possibile ruolo del nucleare
Per quanto sopra accennato, le vie da percorrere per un contenimento/riduzione delle emissioni di CO2, che vanno
sempre più imponendosi a livello europeo ed ora mondiale, sono per il settore elettrico:
•efficienza e risparmio energetico (si può fare molto e subito con le tecnologie già esistenti),
•uso di risorse prive di emissioni di CO2 nella produzione di energia elettrica (rinnovabili e nucleare).
Considerando i problemi della sostituzione delle vecchie centrali di base specie in Europa ed il possibile incremento
di carico, è impossibile raggiungere obiettivi di lungo periodo per le emissioni della CO2 ed avere sicurezza degli
approvvigionamenti con le sole rinnovabili.
L’efficienza energetica e l’opzione nucleare devono essere prese in considerazione con il nucleare importante per
bassi costi “globali” ed entità di possibile contribuzione (1000 MW di nucleare danno 8 TWh all’anno contro 1,8 TWh
da 1000 MW di eolico ed 1,2 TWh da 1000 MW da fotovoltaico: quello che conta è la produzione annua di energia e
non la potenza installata).
L’Italia, per le materie prime energetiche, ha attualmente una dipendenza dall’estero dell’86%, tendente a superare
il 95% nel 2020; ha inoltre alti costi per la produzione di energia elettrica dovuti al suo mix “particolare” di materie
prime come accennato all’inizio (no nucleare e poco carbone e sempre più gas, costoso e rischioso per
approvvigionamenti). Vale la pena di ricordare che l’Europa dei 27 produce oltre il 60% dell’energia elettrica da
nucleare e carbone e gli Stati Uniti oltre il 70%.
Relativamente al nucleare (che non è “la soluzione” ma un possibile importante contributore alla soluzione dei
problemi ambientali), sono spesso citate alcune criticità alle quali si cerca di rispondere sinteticamente e che
richiederebbero invece adeguato spazio e dibattito, con particolare riferimento alle scorie. Si rimanda in ogni caso
per dettagli su situazione attuale e futura a (1).
Relativamente ai costi del kWh da diverse tipologie di centrali si rimanda alle tabelle 2 e 3 che sono auto esplicative,
valide per l’Italia e dedotte considerando una vasta gamma di variazione nei prezzi dei combustibili e nella
penalizzazione della CO2. Il settore energetico è caratterizzato da lunghi cicli di vita ed i ritorni di investimenti attuali
vanno quindi traguardati con ipotesi di lungo periodo per i principali fattori di costo, appunto combustibili ed
emissioni. Chiaramente le tabelle 2 e 3 sono relative a 2 forme di energia elettrica non paragonabili; programmabile
e capace di seguire la variabilità dei carichi quelle da gas, carbone e nucleare mentre aleatoria e non programmabile
la produzione da sole e vento.
La vita e l’ammortamento degli impianti a gas, carbone e nucleare di tabella 2 sono stati considerati rispettivamente
di 20 – 40 e 60 anni, mentre il loro tempo di costruzione di 2 – 4 e 6 anni. Per Gli impianti di tabella 2 è stato
considerato un periodo di vita e di ammortamento di 20 anni e tempi di costruzione inferiori all’anno per grossi
impianti fotovoltaici ed inferiore a 2 anni per grossi impianti eolici e CSP (Concentrated Solar Power = solare
termodinamico realizzabile in Italia solo in alcune zone dell’estremo Sud).
E’ chiaro come il ciclo combinato a gas sia notevolmente penalizzato dai possibili alti costi del combustibile, il
carbone da alti costi della CO2 ed il nucleare da alti costi dell’investimento. Il nucleare, anche con elevati costi di
investimento, risulta nettamente conveniente su un lungo periodo caratterizzato da possibili alti costi dei
combustibili fossili (legati ad alti prezzi di un petrolio convenzionale destinati a salire avvicinandosi ad una riduzione
delle riserve) ed alti costi della CO2. La CCS (Carbon Capture and Storage = cattura della CO2 da centrali a carbone)
risulta conveniente al carbone convenzionale per penalizzazioni della CO2 superiori ai 50 €/ton e nell’ipotesi che i
costi di trasporto ed iniezione in pozzi esistenti sia compensata da possibili vantaggi (tertiary oil recovery).
Per quanto riguarda le rinnovabili, la tabella 3 considera il semplice costo di produzione senza tenere in conto gli
oneri addizionali sopra menzionati per il sistema elettrico. Chiaramente l’eolico è di gran lunga la sorgente più
conveniente mentre il fotovoltaico, anche con il minimo investimento odierno per grossi campi di svariati MW
ciascuno e con il massimo numero di ore di insolazione, risulta ancora ben lontano da una possibile convenienza e
necessita di ulteriori investimenti in ricerca e sviluppo per non gravare, come con gli incentivi attuali, in modo
pesante sulla bolletta degli utenti finali. E di questo le associazioni di categorie se ne stanno facendo carico
accettando una riduzione degli incentivi come in discussione in sede governativa.
Riguardo all’esiguità delle possibili riserve dell’uranio, l’ultimo “Red Book” della IAEA sottolinea come ai consumi
attuali e con riserve accertate e con costo di estrazione inferiori a 130 $/kg si avrebbero 150 anni di combustibile che
salgono a 300 anni considerando anche le riserve più costose per l’estrazione. Poiché il prezzo/costo dell’Uranio
incide marginalmente sul costo totale del kWh prodotto, l’utilizzo di possibili risorse marginali più costose non
impatta l’economicità del nucleare.
Con l’avvento dei reattori della 4° generazione, che consumeranno 1/60 – 1/100 di Uranio rispetto ai reattori della 3°
generazione a pari produzione di kWh, riducendo proporzionalmente le scorie ad alta radioattività, ci si attesta su
limiti temporali del combustibile superiori al millennio anche con un drastico sviluppo del nucleare. Occorre anche
notare che le riserve di Uranio sono distribuite su vari paesi / continenti e non “concentrate” in alcune aree
“critiche” come quelle del petrolio e del gas; Australia e Canada sono attualmente i più grandi esportatori di Uranio.
Per quanto riguarda l’attendere l’avvento dei reattori di 4° generazione invece che costruire centrali della 3°, vale la
pena di notare che in tutto il mondo sono attualmente in costruzione 56 reattori della terza generazione per oltre
50.000 MW e tutti i programmi da qui al 2040 per 140 reattori pianificati e 315 programmati (1) non considerano
l’esistenza sul mercato prima di tale data di reattori della 4° generazione di taglia commerciale oltre i 1.000 MW,
come richiesto dalle principali società elettriche. Va rilevato che non è per nulla certo che i reattori della 4°
generazione con le nuove tecnologie e sistemi di refrigerazione a metalli fusi presenteranno, specie inizialmente,
maggiori garanzie di sicurezza rispetto agli attuali reattori della 3° generazione che hanno standards elevatissimi e
con “edifici” resistenti all’urto di missili o grossi aerei e senza rilasci di radiazioni all’esterno anche per quegli eventi
più gravi che hanno una ridottissima probabilità di accadere.
Conclusioni
Non esistono preoccupazioni per il breve, medio termine relativamente alla disponibilità di combustibili fossili
convenzionali e non (scisti bitumosi, olii extra pesanti, ecc); la loro problematica è il come “bruciarli” senza
compromettere l’ambiente. In ogni caso nei prossimi decenni saranno ancora la principale sorgente di energia per
l’umanità.
Considerando i lunghi cicli di vita delle infrastrutture energetiche, gli sviluppi tecnologici e delle normative
ambientali, tutte le risorse energetiche e tutte le tecnologie debbono però essere considerate; nessuna deve essere
demonizzata o idolatrata. Ogni tecnologia dovrà trovare la propria nicchia in funzione dei suoi costi reali, includendo
le esternalità. L’efficienza energetica deve essere perseguita con campagne di informazione e formazione per
arrivare ad una adeguata cultura del “life cycle cost”, senza la quale, e senza normative adeguate, risulterà
impossibile ottenere i grandi vantaggi potenziali.
Nucleare e rinnovabili non sono in contrapposizione: il nucleare (come gas e carbone) fornisce l’indispensabile
energia di base programmabile mentre le rinnovabili sono “aleatorie” (danno energia quando c’è vento o sole) e
necessitano quindi di adeguata “riserva” da altre fonti.
Anche per l’Italia un’opzione nucleare deve essere considerata adeguatamente prima di essere scartata
ideologicamente ed in contrapposizione a rinnovabili ancora costose e marginali come contributo.
Le centrali nucleari hanno inoltre circa il 75% di contenuto di ingegneria, opere civili e di componenti/sistemi termo
elettromeccanici, i quali, previa adeguata qualifica a lavorare in garanzia di qualità, potrebbero essere prodotti in
Italia con un elevamento tecnologico delle nostre imprese, rendendole anche potenziali fornitrici per il
“rinascimento” nucleare in atto all’estero. Un piano nucleare in Italia deve comportare quindi per il settore elettrico
un trasferimento da una spesa all’estero per i combustibili (gas) a quella per contenuto industriale italiano con
relativa occupazione e sviluppo del sistema industriale e può essere portato avanti efficacemente solo con un
approccio bipartisan e coinvolgendo con adeguata e trasparente informazione e comunicazione tutti i principali
stake-holders e le popolazioni interessate.
Bibliografia
A. Clerici -“Nuclear power: the world situation and prospects in Italy”, Energy Technologies for Italy 2009, Fabriano
Editore.
http://e-learning.dti.unimi.it/Portale/rivista/?p=228