Live oncert

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Live oncert
Live concert
di Giancarlo Messina
L’impianto audio
Come tutti sanno, “MTV
Unplugged” è un format
internazionale di MTV
Network, reso celebre da
artisti quali Nirvana, Eric
Clapton, Alicia Keys, The
Police e molti altri. A parte
questo, cos’abbiano
di “unplugged”,
cioè “acustico”, dei
normalissimi concerti
pop o rock non è dato
capire. Comunque sia,
si tratta di un format
piuttosto prestigioso
ed ambito, che quindi
MTV non manca di
commercializzare come
più le aggrada.
Dal 24 settembre 2008,
anche Alex Britti è
entrato a far parte del
novero degli artisti che
si sono esibiti in questo
format, con un concerto
registrato presso gli
studi milanesi di MTV
Italia. Ne è seguito un
prodotto discografico,
disponibile a prezzo
speciale CD + DVD,
ed un omonimo tour
teatrale, in cui il chitarrista
ha proposto molti dei
successi vecchi e nuovi
riarrangiati ad hoc.
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maggio/giugno 2008 - n.71
I
l 12 marzo il tour passa dal Carisport di Cesena, una
delle poche date, se non l’unica, a svolgersi in un
palazzetto e non in teatro. Considerata la stima e la simpatia
che nutriamo per Alex Britti, con cui più volte abbiamo
avuto il piacere di chiacchierare per alcuni nostri servizi,
decidiamo senza meno di fare un salto per approfondire
l’organizzazione della tournée.
La produzione
La produzione è targata Friends&Partners, realtà che gestisce
anche il management dell’artista, ma la produzione esecutiva
è stata affidata alla Just1, azienda romana rappresentata in
tour da Angelo Di Martino, a cui facciamo qualche domanda
prima del sound-check.
Angelo ha seguito il progetto dall’inizio, con la produzione
dell’MTV Unplugged, e seguirà anche il tour estivo. L’idea è
quella di riallacciarsi al concerto per MTV, dagli arrangiamenti
alla scenografia che riprende le atmosfere di un club blues.
Sotto il profilo tecnico, Angelo ha scelto di collaborare con
il service barese BG Service che fornisce audio e luci e che
in parte si è attrezzato, come vedremo, con l’acquisto di
materiale ad hoc. Le strutture invece sono state realizzate da
un’azienda di Pomezia.
Angelo ci spiega che, per avere garanzie sul materiale
impiegato, il direttore di produzione, “Hugo” Tempesta, ha
lavorato fianco a fianco al service, testando e controllando
l’affidabilità e la bontà di uomini e mezzi. Inoltre la BG Service
ha investito nel tour, con l’acquisto di due nuove console
Digico D1, molto utili in questa produzione.
L’uomo della Friends&Partners responsabile del management
di Alex Britti a Roma è Michele Barrile, con il quale Angelo si è
maggiormente relazionato per l’organizzazione del progetto.
In tour ci sono 18 persone, band compresa, tutti a bordo di
auto Daihatsu, sponsor della tournée. “Alex è invece uno
spirito libero – ci spiega Angelo – spesso gira da solo, senza
personal, va negli alberghi che conosce... noi cerchiamo
solo di curare la logistica dei suoi spostamenti”.
Come impianto audio viene utilizzato un Martin Audio W8LC,
otto sistemi per parte, più alcune Martin F1, completato
dai nuovi sub WSX che ammorbidiscono la cattiveria
del Martin. Hugo si dice soddisfatto della scelta, perché
reputa l’impianto adatto alle sonorità blues del concerto
e sottolinea la corposità che le dimensioni del cabinet
conferiscono al suono anche quando i sistemi sono
appoggiati e non sospesi, come spesso è d’obbligo nei
nostri teatri. Il PA è di norma allineato con la linea di batteria
e percussioni, ma sempre con un occhio al microfono
dell’artista, spesso posto molto avanti rispetto alle pedane.
I ridotti spazi teatrali e l’agilità nel trasporto hanno
orientato Hugo verso le console digitali. D’accordo con
il service, si è scelta la tecnologia della Digico D1, che il
fonico reputa la più vicina ad un banco analogico sotto il
punto di vista sonoro.
Il sistema audio prevede una stage-rack sul palco, con
56 input: il segnale viene preamplificato e convertito, poi
smistato in MADI alla regia di sala ed a quella di palco,
che controlla anche i gain; dalla console di palco, tramite
MADI out, torna al rack dove viene convertito in analogico
e smistato ai vari diffusori monitor tramite 24 mandate out;
in regia di sala ci sono invece due “local” utilizzati per fare
dei punti di send e return per l’effettistica (Lexicon PCM 90
e Yamaha SPX), mentre un altro “local” sul palco riceve i
segnali in MADI provenienti dal mixer di sala e li indirizza al
PA. Tutto utilizzando quattro semplici BNC da 100 metri.
Solo per la voce di Alex, Hugo usa una channel strip
esterna, una Focusrite ISA 430 MKII con lo shelving separato
da un full parametrico: dopo la preamplificazione Digico,
il segnale esce in linea da un insert point della console
ed entra nel Focusrite dall’ingresso di linea, per poi,
ovviamente, tornare in console.
Il suono della chitarra di Alex è ovviamente importantissimo.
Arriva in DI stereo dal rack del
chitarrista, dotato di un Pre
TLAudio e di un processore
Lexicon. A questi due canali è
stato aggiunto un microfono
Neumann 104 alla buca, utile per
togliere, grazie al leggero fuorifase, un po’ del potente attacco
del piezoelettrico; infatti, essendo
un po’ sfasato, basta aprire il
canale microfonico per togliere un
po’ di “sferraglio” ed ammorbidire
il suono.
La channel list prevede 52 input
(16 canali solo per le percussioni)
tutti sempre aperti. Da sottolineare
l’assoluta assenza di sequenze,
contributi, e addirittura del click: è
un concerto veramente suonato
al 100 %.
L’audio sul palco
Oliver Marino è il fonico di palco.
Nonostante egli sia progettista di
apprezzati sistemi IEM, su questo
palco non ne vediamo nemmeno
mezzo, ci sono solo wedge monitor
e side-fill. Una richiesta di Alex
che ama sentire muovere l’aria
ed essere circondato dal suono. Il
set-up è quindi molto tradizionale,
se non per la console, una Digico
D1 che Oliver reputa veloce,
intuitiva, semplice, pratica e
Nella duplice veste di direttore di produzione e fonico di sala
troviamo Pierfrancesco “Hugo” Tempesta. Ci spiega che la
scenografia è prettamente teatrale: prevede un fondale,
realizzato con pannelli facilmente trasportabili e adattabili, e
due americane, indispensabili solo in alcuni teatri privi di punti
di sospensione adeguati. Tutto è stato calcolato per entrare in
una sola motrice, compresi il backline, piuttosto voluminoso, le
luci, il PA ed il monitoraggio.
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la squadra dei tecnici.
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soprattutto con un gran bel suono;
ne apprezza particolarmente
anche l’attenzione data al
tocco di encoder e fader, molto
morbido e “analogico”, tanto da
ricordare i celebri Penny&Giles.
Anche l’EQ è molto morbido,
mai isterico e netto come
potrebbe sembrare guardando
la sua rappresentazione grafica
sul monitor. Migliorabile invece
qualche ingenuità software: ad
esempio non si può copiare un
ausiliario già impostato con i suoi
livelli su un’altra uscita, quindi
non si può mandare lo stesso
mix su una nuova mandata con
un semplice copia-incolla, e
questo in alcune situazioni, come i
festival, diventa molto complicato.
“Inoltre – ci spiega Oliver –
quando hai cominciato un set-up
delle memorie, che lui chiama
“snapshot”, non puoi più ampliare
la capacità della macchina: il
software gestisce infatti gli ausiliari
mono sempre prima di quelli
stereo, credo per una questione
hardware del DSP; così se decidi
di aggiungere degli ausiliari mono
dopo quelli stereo, il software
scala tutti quelli stereo ed inserisce prima quelli mono, così
tutto il lavoro che avevi fatto sullo stereo te lo ritrovi sui mono,
con ovvi problemi! L’unica soluzione è utilizzare mandate
stereo in coda come mono, ma è un po’ un compromesso.
Un altro problema – aggiunge – è che non si può mettere in
“safe” un solo parametro di un canale: o metti tutto il canale
oppure niente, e questo è ovviamente molto limitante,
anche se credo sia un problema affrontato nella nuova
release”. Per il resto una bella macchina, tanto che Oliver
non usa nessuna dinamica o effetto esterni al banco.
Da sottolineare, sul palco, la presenza dei monitor Meyer
MJF 212, di cui Oliver è entusiasta: “Analizzati con lo Smaart
hanno una variazione di +/‑ 1,5 dB! Alex ne usa quattro, due
solo per la chitarra e due solo per la voce, il resto del mix lo
ascolta dai side-fill MSL4”.
Le luci
Parliamo di luci con Carlo Pastore, lighting designer ed
operatore luci. Da una Avolites Pearl 2800 controlla un
disegno luci piuttosto essenziale, con alcuni motorizzati,
sei spot in prima e sei spot in seconda americana, quattro
barre di ACL e cinque barre di par. Il disegno è molto
teatrale, nonostante la musica abbia ben poco di teatrale.
Non a caso Carlo muove molto il disegno luci, una volontà
espressa dallo stesso artista anche per compensare una
certa staticità data dal suo suonare seduto per quasi tutto il
concerto. Da sottolineare la presenza di alcuni lampadari,
che sono dimmerati ed interagiscono col disegno luci, e
del fondale, composto da un doppio strato, illuminato da
LED SGM, e da pannelli anteriori illuminati con dei PAR LED,
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Live concert
soluzione che conferisce una
certa tridimensionalità alla scena.
Ci sono anche, sparsi per il palco,
delle DWE a doppia lampada e
quattro testemobili.
Il concerto
Ad essere sinceri, cari lettori, noi
questo concerto ce lo siamo
veramente goduto. Visto che per
lavoro ci tocca guardare un po’ di
tutto... che male c’è se ogni tanto
troviamo qualcosa che incontra
maggiormente il nostro gusto? E
non certo per gli effetti speciali,
%&'(
ché qui non ce n’è nemmeno mezzo, ma proprio perché
quello proposto da Alex è un concerto vero, di musica
suonata dall’inizio alla fine, senza basi e click, con larghi spazi
concessi all’improvvisazione, condita di cuore e di sudore
e di sano virtuosismo, fattore che, non dimentichiamolo,
aggiunge sempre qualcosa in più allo spettacolo.
La diffusione audio è ottima, e per una volta non abbiamo
nulla da eccepire, così come l’illuminazione svolge il proprio
compito con garbo, senza farsi notare troppo, con l’unico
rischio di essere un po’ ripetitiva, aspetto ovviamente legato
alla non faraonica quantità del materiale sul palco: il sangue
dalle rape, come si sa...
In conclusione una gran bella serata di musica, anche grazie
all’ottima band ed agli arrangiamenti: se il tour estivo passa
dalle vostre parti, non perdetevi questo concerto.
Alex Britti
Come sempre carino e disponibile,
dopo il sound-check Alex ci dedica
una mezz’oretta; così, nel suo
camerino, facciamo due chiacchiere in
compagnia di un bicchiere di vino.
Cosa non ti piace in un tour?
Non mi piacciono le prime donne
nello staff, fra i musicisti, i fonici e tutto il
resto: mi piacciono le persone serene,
che non vogliono primeggiare e che
non sono competitive, perché altrimenti
si innestano scontri psicologici che
rovinano la tranquillità necessaria.
Andiamo nei particolari... quanto
sei esigente? Cosa vuoi trovare in
camerino?
Mah... come vedi il mio camerino non
ha praticamente niente di particolare:
mi piace avere una bottiglia di vino se
mi viene a trovare qualche amico, poi
prima di cantare mangio del prosciutto
crudo o delle patatine, perché sono
salati e grassi e mi fanno bene alla
voce. Fondamentalmente mi basta
stare tranquillo a suonicchiare. Invece
sono un po’ rompipalle sotto l’aspetto
tecnico, perché so molto chiaramente
cosa voglio e lo pretendo; infatti i
miei dischi li produco quasi da solo,
suonando un po’ tutti gli strumenti,
mixando ed usando le varie macchine,
quindi ho proprio le idee molto chiare
sul risultato da ottenere anche in tour.
Per me un mixer vale l’altro, ma la mia
chitarra, ad esempio, deve suonare
come dico io...
Quanto deleghi agli altri e quanto segui
in prima persona?
Delego praticamente tutto: do
delle indicazioni, ma poi lascio fare ai
miei collaboratori, anche se non mi
piacciono quelli che stravolgono le
cose: ad esempio il concerto ha già un
suono sul palco, il fonico non deve fare
il creativo, deve fare uscire fedelmente
quella sonorità.
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La scelta di non usare nemmeno il click
ti ha creato problemi?
No, affatto: io scelgo musicisti
abituati ai club, alla musica suonata, li
preferisco ai cosiddetti “tournisti” che
sanno suonare un po’ di tutto ma non
approfondiscono niente, perché non
ne hanno il tempo. Io non uso mai le
sequenze e nemmeno il click: a volte
ho usato un “uomo campione”, cioè
uno che mandava i campionamenti in
tempo reale, soprattutto quando avevo
il DJ con i piatti.
Pensi sia praticamente obbligatorio
proporre dal vivo le stesse sonorità del
disco?
È una cosa abbastanza naturale,
perché realizzato quel disco con quegli
arrangiamenti, mi piace fare sentire
quelli; in effetti bisognerebbe dire che
noi proviamo a suonarlo uguale, ma
siamo musicisti abituati ad improvvisare,
non usiamo sequenze, così ogni
concerto non è mai uguale a quello
della sera prima.
I tuoi sono dischi pop, ma spesso
impreziositi da chicche per intenditori:
quanto è difficile trovare il giusto
equilibrio?
Ad essere sincero non devo
frenarmi molto, perché su certe
canzoni mi viene spontaneo: mi
piacciono un bel testo ed una bella
melodia quanto un’improvvisazione.
Alcuni pezzi sono pop e mi piacciono
così, non mi va di snaturarli con
strane armonie o improvvisazioni.
Devo riconoscere che anch’io, come
spettatore, se ascolto un concerto
tutto di assoli dopo un po’ mi faccio
due... insomma mi annoio, e la stessa
cosa mi succede in un concerto
soltanto pop: così cerco di trovare e
proporre una via di mezzo, melodica
ed allo stesso tempo interessante e
non monotona.
L’ospite di stasera chi è?
Si chiama Mezzanotte ed è un noto
personaggio delle notti bolognesi, molto
divertente; è amico di un mio amico:
non mi ha chiesto di dargli una mano,
sono stato io a proporgli di suonare
con me. Mi piace pensare il mio palco
come le case di paese di una volta,
con la chiave sempre attaccata alla
porta: infatti ci sono sempre ospiti ed
amici che vengono a trovarmi.
Sempre più si parla di un probabile
arrivo delle case discografiche nel live:
cosa ne pensi?
Molti anni fa lo facevano, poi, nel
periodo delle vacche grasse, gli è
venuta la puzza sotto il naso, perché
nel live bisogna lavorare veramente.
Oggi, che c’è la moria delle vacche, si
vorrebbero ributtare nella mischia, ma
per organizzare il live bisogna esserne
capaci, avere una struttura apposita,
quindi dovrebbero assumere persone
di una certa esperienza. Ma a quel
punto la discografica diventerebbe
un’agenzia come un’altra, quindi se
ne dovrebbe parlare. Forse è più facile
che avvenga il contrario, cioè che le
agenzie inizino a produrre i dischi.
La nostra chiacchierata è durata anche
più del previsto, così salutiamo Alex, lo
ringraziamo, gli facciamo l’in bocca al
lupo di rito ed andiamo verso la sala per
ascoltare il concerto.
Alex con il produttore esecutivo
Angelo Di Martino della Just1
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