Il dialogo fra religioni apre le porte alla pace

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Il dialogo fra religioni apre le porte alla pace
L’ECO DI BERGAMO
Città 21
VENERDÌ 30 SETTEMBRE 2016
«Il dialogo fra religioni
apre le porte alla pace»
L’incontro. Le diverse comunità si sono ritrovate in Provincia
Canti, parole e preghiere. Richiamo ai valori del rispetto e dell’onestà
LAURA ARNOLDI
Parole, canto, musica: la preghiera interreligiosa
ha unito tante voci e lingue
diverse attraverso il filo rosso del tema del «dono». Tanti
i presenti all’incontro promosso nel Palazzo della Provincia nell’ambito del percorso «Molte fedi sotto lo
stesso cielo» promosso in
collaborazione con Acli,Ufficio per il dialogo ecumenico e
interreligioso, Comunità
Cristiana evangelica, Patronato San Vincenzo, Ufficio
per la Pastorale dei Migranti,
Cooperativa Ruah e Ufficio
Pastorale età evolutiva.
Sono stati i rappresentanti
delle comunità cristiana,
musulmana, buddista, sikh,
hare krishna, bahà’ì presenti
nel territorio bergamasco a
proporre una riflessione nella convinzione che la pace e il
dialogo vanno costruiti a partire dall’ascolto reciproco. «Il
dialogo si è rafforzato a partire dall’11 settembre 2001 – ha
detto monsignor Patrizio Rota Scalabrini –; abbiamo iniziato a guardarci in faccia, a
chiederci cosa fare per la giustizia, per la salvaguardia del
Creato, per la pace. Ora non
ferirci non basta: si deve fare
un passo in più, compiendo la
strada insieme».
«In cammino verso la pace
- Costruire ponti nella città»
è il titolo dato all’incontro a
cui ha partecipato anche il
vescovo Francesco Beschi. La
preghiera è stata preceduta
da un momento in cui le comunità si sono presentate.
Da parte di tutti i rappresentanti un invito a confrontarsi, conoscersi, recarsi nei
I rappresentanti delle comunità religiose riuniti ieri nel Palazzo della Provincia FOTO BEDOLIS
n L’iniziativa
promossa
nell’ambito
di «Molte fedi sotto
lo stesso cielo»
n Presente
il vescovo Beschi.
Il presidente Rossi:
le istituzioni siano
costruttori di ponti
luoghi di culto per comprendere. Assente all’incontro
per sopravvenuti impegni, il
prefetto di Bergamo, Tiziana
Costantino, ad accogliere gli
ospiti, ricevendo da essi un
regalo, è stato il presidente
della Provincia, Matteo Rossi: «Le istituzioni – ha detto –
devono essere costruttori di
ponti, non di barriere».
Per la comunità sikh ha
parlato Singh Kulwinder, per
quella Baha’ì Gigliola Zanoli,
per i musulmani del Centro
comunale islamico Valle Seriana Icaro Masseroli; per i
cristiani protestanti il pastore Winfrid Pfannkuche, per i
Bossetti, i giudici: nessuna pista
alternativa è stata tralasciata
La sentenza
Nelle carte i giudici
ripercorrono anche gli sforzi
investigativi compiuti prima
dell’identificazione di Ignoto 1
Non ci sono solo le prove e gli indizi a carico. Nelle motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo di Massimo
Bossetti i giudici sottolineano
anche che nessuna pista alternativa all’imputato è stata tralasciata. «Quanto alle cosiddette
piste alternative che secondo la
difesa avrebbero chiesto maggior approfondimento, il colonnello Michele Lorusso (carabinieri del Ros, ndr) e il dottor
Gianpaolo Bonafini (ex comandante della squadra mobile della
questura di Bergamo, ndr) hanno offerto un esaustivo resoconto delle indagini a suo tempo
svolte, nel corso delle quali non
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Il pm Letizia Ruggeri
era tralasciata alcuna pista,
nemmeno quelle offerte dagli
scritti anonimi o da coloro che
avevano rilasciato dichiarazioni, anche le più vaghe, a stampa e
televisione».
In quasi quattro anni di indagini, prima dell’identificazione
di Bossetti come «Ignoto 1», gli
inquirenti avevano percorso in
effetti diverse strade. La difesa
dell’imputato nel corso del pro-
cesso aveva puntato il dito contro asserite lacune investigative
riguardo al Dna di una delle insegnanti di ginnastica trovato
sul polsino del giubbotto di Yara,
su un presunto ruolo nella vicenda da parte del custode del
centro sportivo di Brembate Sopra, sul cantiere di Mapello, su
un punto di ritrovo chiamato gazebo dove alcuni ragazzi di
Brembate Sopra si incontrerebbero a fumare spinelli, sul furgone bianco sfrecciato davanti alla
abitazione di una testimone di
Ambivere, che disse di aver sentito gridare una ragazza.
L’insegnante di ginnastica di
Yara e i suoi familiari «sono stati
ripetutamente sentiti, intercettati e sottoposti a tampone salivare senza che emergesse niente in grado di fare anche semplicemente sospettare il loro coinvolgimento», osserva la Corte.
Quanto al custode del centro
cristiani ortodossi rumeni di
Bergamo padre Gheorghe
Velescu, per quelli di Romano padre Valentin Porumb,
per i cristiani ortodossi russi
padre Oleh, per la comunità
buddista il maestro Ghesce
Lob Sang Sherap, per i pentecostali il reverendo Sammy
Ted Tetteh, per le comunità
Hare Krishna Massimo Brioli. Dai loro messaggi un richiamo ai valori dell’amore,
dell’onestà e del rispetto che
– hanno sottolineato – possono portare al dialogo e a un
cammino comune verso la
pace.
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sportivo «è stato ripetutamente
interrogato – annotano i giudici
– perquisito e sottoposto a tampone; sul pulmino di proprietà
del centro sportivo a lui in uso
sono stati fatti i necessari rilievi,
anche in questo caso senza che
emergesse nulla». Non solo:
«Tutti i profili genetici estrapolati dai reperti, anche quelli a significativa distanza dal cadavere, sono stati confrontati con
quelli delle banche dati nazionali e internazionali e con quelli
estrapolati dalle migliaia di
campioni salivari acquisiti. I
molestatori o presunti tali indicati dai testimoni e i soggetti con
precedenti in materia di reati
sessuali sono stati i primi ad essere oggetto d’indagine». E infine, come non ricordare il cantiere di Mapello, che tenne banco
nelle prime fasi: «Tutti i soggetti
in relazione ad esso sono stati
oggetto di ogni tipo di approfondimento». Intanto, in carcere,
Bossetti ha appreso del deposito
delle motivazioni e attende, a
questo punto, l’inizio del processo d’appello, probabilmente
la prossima primavera.
V. A.
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