Tutto sui VITELLI

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Tutto sui VITELLI
Tutto sui
VITELLI
ExDairyPress Gennaio/Febbraio 2011
COLOSTRO: NON SOLO IMMUNOGLOBULINE
Le immunoglobuline sono senza dubbio un ingrediente importante del colostro, tuttavia il dottor Mike Van Amburgh, professore e riceracatore presso
la Cornell University, dichiara che esse non sono gli
unici componenti chiave di questo “oro liquido”.
L’importanza di fornire subito dopo la nascita colostro pulito e di alta qualità ai vitelli appena nati, è
stata ben documentata dalla ricerca e ampiamente
pubblicizzata nel settore dell’industria da latte. Perché il colostro possa avere influenza sulla sopravvivenza e sulla crescita del vitello, è essenziale che
ci sia il trasferimento delle immunoglobuline (Ig) da
madre a figlio. La valutazione della presenza di Ig
è la misura standard per determinare se è stato
raggiunto il trasferimento passivo d’immunità.
Il dottor Van Amburgh ricorda però che l’importanza del colostro non si limita alle Ig. Ci sono una
miriade di altri componenti nel colostro che hanno
dimostrato di essere altrettanto positivi per il vitello, e tra questi ci sono:
• Insulina
• Fattori di crescita insulino-simili (IGF-I)
• Leucociti materni
• Oligosaccaridi
• Ormone della crescita
• Relaxina
• Leptina/e
• Acidi grassi a catena corta
Van Amburgh prende la relaxina come esempio per
descrivere un altro elemento chiave che potrebbe
influenzare la “programmazione metabolica”, nonché la salute e la produttività delle vitelle per tutta
la loro vita futura. Egli mette in evidenza una ricerca sui maiali che mostra quanto le performance
nella loro carriera riproduttiva siano condizionate
dalla relaxina assunta con la prima poppata di colostro, e teorizza che lo stesso potrebbe valere per
i vitelli. “Abbiamo ricerche che mostrano quanto il
mancato trasferimento passivo possa causare
un’efficienza alimentare più bassa e ritardare l’età
al primo parto,” afferma. “Insieme alle Ig, questi vitelli hanno perso probabilmente altri componenti
chiave del colostro, che hanno influito sull’efficienza alimentare prima dello svezzamento e sugli ulteriori effetti dopo lo svezzamento.” Secondo lui,
questa teoria avvalora ulteriormente l’importanza
che ha seguire rigidi protocolli igienico sanitari durante la raccolta, la conservazione e la somministrazione del colostro, per ridurre al minimo l’aggiunta di batteri nel tratto digerente, i quali potrebbero
altrimenti interferire con l’assorbimento del colostro e con i molteplici vantaggi che questo offre.
IGIENE NELLE MANZE PER
LA PREVENZIONE DELLA MASTITE
Persino nelle manze al primo parto, l’igiene può fare una grande differenza nel ridurre l’incidenza di
mastiti. Neil Broadwater, Università del Minnesota,
offre alcune idee per diminuire il numero di mastiti causate dalla presenza di batteri sul capezzolo:
• Verificate nelle manze eventuali segni di mastite,
sia al momento dell’inseminazione che al controllo della gravidanza, e comunque ogni volta che
sono maneggiate.
• Esaminate lo sviluppo delle mammelle, il liquido
mammario e la cute del capezzolo per aiutarvi a
identificare quarti gonfi, secrezioni anomale e
presenza di croste o piaghe sui capezzoli.
• Dovete conoscere il tipo di “microbo” con cui
avete a che fare in modo da poter centrare il problema. Raccogliete e poi analizzate campioni asettici di latte degli animali che sono freschi da più
di sette giorni e che presentano mastiti cliniche o
alte cellule somatiche, per poter determinare la
fonte batterica.
• Evitate che vi siano aree di riposo, sia all’interno
sia all’esterno, bagnate e con una alta presenza
di carica batterica. Gli animali dovrebbero partorire in box-parto puliti, igienizzati, e asciutti, separati dagli altri animali.
• Le gabbie e i recinti per vitelli e manze dovrebbero avere una buona lettiera, confortevole, pulita e asciutta. I recinti e i pascoli dovrebbero essere gestiti in modo tale da evitare che vi siano
aree fangose dove gli animali potrebbero sdraiarsi.
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• Rimuovete qualsiasi vitello che nel gruppo succhia gli altri, oppure per evitarlo, sistemate i vitelli in box individuali o gabbiette.
• Effettuate un trattamento per l’ asciutta sulle manze prima del parto.
ExDairyPress Gennaio/Febbraio 2012
RISULTATI DI UNO STUDIO
SULLA DECORNAZIONE
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La decornazione dei vitelli è una pratica comune
negli allevamenti da latte, giustificata da motivi di
sicurezza per gli addetti e dalla riduzione dei rischi
di lesioni tra i capi della mandria. In Europa, la decornazione è regolata dalla legge, ma i metodi applicati e l’atteggiamento degli allevatori verso questa pratica sono poco noti.
Per avere maggiori informazioni su questa pratica,
è stato condotto un ampio studio europeo che ha
rilevato le opinioni degli allevatori riguardo a questa pratica. I 639 questionari consegnati agli allevatori in un’area a tradizione lattiera del nord-est
d’Italia sono stati quindi suddivisi in base alle dimensioni della mandria, al tipo di stabulazione ed
agli scopi produttivi della razza predominante allevata. Ecco quanto è emerso:
• Più dell’80% delle aziende pratica la decornazione.
• Il metodo più comune di decornazione è il disbudding (rimozione degli abbozzi cornei) effettuato in media a 32 giorni di età.
• La cauterizzazione con ferro caldo è il metodo di
disbudding preferito dal 91% degli intervistati.
• La pratica di decornazione viene di solito effettuata dal personale presente in azienda, mentre nelle aziende con 30 vacche o meno la procedura
viene eseguita il più delle volte da un veterinario. La maggior parte degli allevatori (70%) afferma di non aver ricevuto alcun particolare addestramento su come eseguire la rimozione delle
corna.
• Anche se oltre la metà degli intervistati (52%) segnala che la decornazione provoca dolore postoperatorio prolungato, solo il 10% degli allevatori
utilizza l’anestesia locale prima della cauterizzazione, e appena il 5% dà ai vitelli un analgesico
postoperatorio.
• La ragione per cui si sceglie di non adottare pratiche per alleviare il dolore è, il più delle volte, la
poca voglia di sostenere costi aggiuntivi.
• Circa la metà (54%) dei produttori che sono a favore della conservazione delle corna, ne danno
una motivazione estetica. Alcuni affermano che il
bestiame con le corna piace di più ai consuma-
tori che vengono a comprare latte e prodotti caseari direttamente in azienda.
• Tra gli allevatori che hanno conservato le corna,
il 74% non segnala alcuna difficoltà nel gestire
animali con le corna.
QUANDO SI DOVREBBE ASSISTERE AL PARTO?
Alcuni ricercatori dell’Ohio State University si sono chiesti quando è più opportuno assistere una
vacca durante il parto, e hanno così condotto uno
studio per cercare di trovare la risposta. Il loro
obiettivo era quello di valutare il tempo che intercorre fra la comparsa del sacco amniotico o dei
piedi del vitello all’esterno della vulva e la nascita del vitello, in vacche Holstein (primipare e pluripare) con assistenza al parto (distocia) o senza
(eutocia), ed anche stimare i tempi di riferimento
da utilizzare come linee guida per l’intervento
ostetrico nelle vacche che necessitano assistenza
durante i parti difficili.
Hanno scoperto, senza troppo stupirsi, che nelle
vacche con parti assistiti (distocia) il tempo tra la
comparsa del sacco amniotico (o dei piedi) e la
nascita era maggiore, e maggiore era l’incidenza
di natimortalità rispetto alle vacche che non richiedevano assistenza durante il parto. Sebbene non
sia significativo, i ricercatori dicono però che è importante notare che la durata del travaglio varia
tra primipare e pluripare.
I risultati di questo studio suggeriscono che il personale che assiste al parto dovrebbe iniziare a intervenire 70 minuti dopo la comparsa del sacco
amniotico (o 65 minuti dopo la comparsa dei piedi) (per quanto riguarda i parti senza assistenza).
In condizioni di campo, l’osservazione della comparsa del sacco amniotico o dei piedi all’esterno
della vulva, così come la progressione del parto,
sono eventi chiari e concreti, facilmente individuabili dal personale che assiste al parto. Intervenire
in maniera precoce può evitare la natimortalità, ma
anche provocare lesioni alla madre a causa di una
mancata corretta dilatazione dei tessuti molli.
Quando è evidente un malposizionamento subito
dopo la comparsa del sacco amniotico (come la
comparsa di un solo piede all’esterno della vulva),
o vi sono torsioni uterine (dove non si vedono né
il sacco né i piedi all’esterno della vulva), si rende necessario l’intervento ostetrico. La durata del
travaglio, unitamente al tempo che passa tra la
comparsa del sacco o dei piedi e la nascita, e la
valutazione della progressione del parto (come descritta per i parti senza assistenza), dovrebbero es-
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sere utilizzati come linee guida per stabilire quando intervenire durante i parti difficili in condizioni di campo.
Ricordate che questi tempi di riferimento andrebbero interpretati in combinazione con adeguate
conoscenze e valutazioni ostetriche.
Questa ricerca è stata pubblicata nel numero di
novembre 2011 del Journal of Dairy Science.
LE MALATTIE NELLE PRIME ORE DI VITA DEL
VITELLO RIDUCONO LA SUA CARRIERA
PRODUTTIVA
È stato dimostrato che l’alimentazione, l’alloggiamento ed ora anche la salute del vitello possono
influire a lungo termine sulla futura produttività e
redditività dell’animale.
I ricercatori della Penn State hanno condiviso i loro risultati sulla pubblicazione Penn State Dairy
Digest di fine agosto. Lo studio ha monitorato 795
vitelli in 21 allevamenti della Pennsylvania, dal
momento della loro nascita alla fine della loro car-
riera produttiva. Durante la loro crescita sono state registrate le pratiche di gestione, l’alimentazione, le condizioni di salute e il tipo di alloggiamento. Sono stati, inoltre, monitorati i dati relativi ai
parti ed alle lattazioni. Qualsiasi evento collegato
alla salute del vitello è stato raggruppato per analizzare il costo degli animali malati e i benefici del
trattamento.
È risultato che, per ogni giorno di malattia di una
vitella appena nata (non svezzata), la sua produzione in prima lattazione ha subito una riduzione di
126 kg rispetto a quella delle vitelle sane. Le vitelle trattate hanno invece avuto una risposta positiva di 200 kg di latte. Perciò, una vitella malata per
4 giorni e poi trattata per 2 giorni, in prima lattazione avrebbe una perdita netta di 104 kg, rispetto
a una perdita di 503 kg nel caso in cui non venisse trattata. Questo studio ha dimostrato l’impatto
che i vitelli malati e poi trattati possono avere sulla diminuzione delle perdite economiche a lungo
termine dovute alla ridotta produzione di latte.
Noi, no.
Noi questo lo facciamo.
Non tutti sono uguali.
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ExDairyPress Gennaio/Febbraio 2012
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