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significati antichi ed illuminanti, cosicché l'etimologia, alla quale si può ma non necessariamente si deve far ricorso, diventa il coronamento della ricerca, non l'obbligatorio
e vincolante punto di partenza. Egli cerca cosi di isolare un contesto semantico entro
il quale individuare il punto di partenza della terminologia di un'« istituzione» nelle varie
lingue ie.: inutile sottolineare quanto sia produttivo questo metodo rispetto al voler
indicare, con comparazioni più o meno felici, dei Realien indeuropei. Il quadro che
cosi si viene delineando è un complesso ed interessantissimo svolgersi di antiche convergenze e divergenze culturali che permetterà allo storico di affrontare con chiarezza
tutta una serie di problemi che il Benveniste ha con cosciente modestia lasciato da parte.
Per gli stessi micenologi i due volumi del Benveniste sono di estrema importanza,
anche se lo studioso non tratta le tavolette micenee che di riflesso.
La civiltà micenea è un fenomeno di mirabile sintesi: alle componenti minoiche ed
orientali si è sommata la tradizione «indeuropea », ed è proprio questa tradizione che
il lavoro del Benveniste aiuta a riconoscere con maggiore chiarezza. Si è visto come i
documenti micenei siano d'aiuto nella datazione di molti sviluppi semantici greci, ma il
lavoro non deve fermarsi qui: nel momento in cui constatiamo che il miceneo ~ÉVFOC;
ci parla direttamente di un'istituzione, dovremo ricorrere alla comparazione con le analoghe istituzioni degli altri popoli parlanti lingue ie., per riconoscerne, nei limiti del
possibile, la dipendenza da una tradizione comune e la possibile originalità.
Il lavoro del Benveniste, oltre ad essere quindi un indispensabile strumento di consultazione, è un invito al proseguimento di questi studi e come tale è rivolto anche ai
miceneisti.
Segno qui, nel caso di una seconda edizione, alcuni marginalia.
voI. I p. 236. L'ipotesi che il lat. ftlius sia da riconnettersi alla radice di telare, gr. i}ij),UC;
etc. non regge alla prova dei fatti, come già da molto tempo sostiene V. Pisani 41 ed
ora anche M. Lejeune 42.
voI. II p. 24-5. L'interpretazione di wa-na-se-wi-ja (* FrJ.WJ.O"O"TlFLrJ. « relativa al * FrJ.VrJ.O"O"EUC; »
[= sacerdote della Fa.vrJ.O"O"rJ.]), wa-na-so-i (FrJ.Va.O"O"Ol.v « alle Due Signore », da intendersi
in senso religioso), wà-no-so-i (FrJ.v60"0"ol.v cfr. prec.) sono ormai acquisite.
p. 25. Il senso di wa-1za-ka-te-ro (* FrJ.Va.X'tEPOC;) è ugualmente certo ed indica dipendenza
diretta dal Fa.vrJ.~ (artigiani etc.).
p. 186. La Worttrennung dell'anello di Pietroassa e traduzione che il BENVENISTE accetta 43 paiono oltremodo incerte: Gutan Iowi Hailag «consacré au dieu des Gots ».
Cfr. W . KRAUSE, Die Runeninschriften im iilterem Futhark2, Gottingen 1966, p. 91 sgg.
F. CREVATIN
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ARCHEOLOGIA (a cura di PAOLA CASSOLA GUIDA)
P. ASTROM, Das Panzergrab von Dendra, «Ath. Mitt.» 82, 1967, pp. 54-67, figg. 1-8,
tavv. 35-37.
Descrizione della tomba a camera 12 di Dendra (in cui fu trovata l'ormai famosa corazza
di bronzo), della sua stratigrafia, e della ceramica M II e III A 1 colà rinvenuta.
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Cfr. ex. gr. «Saggi di Linguistica Storica », Torino 1959 p. 226 e n. 3.
BSL 62 (1967) pp. 67-86.
L'ipotesi è stata emessa da R. Loewe, « IF» 26 (1910) p. 203 sgg.
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W. R. BIERS, Excavations at Phlius, 1924, The Prehistoric Deposits, «Hesperia»
XXXVIII, 4, 1969, pp. 443-458, tavv. 113-118, figg. 1-3.
A quarantacinque anni dallo scavo ha avuto inizio la pubblicazione del materiale di
Fliunte, che va dal primo Neolitico fino all'epoca turca. Questo primo articolo concerne la
ceramica preistorica dal Neolitico all'Antico Elladico. La collina ove sorgeva l'acropoli dovette
essere abitata fin dall'inizio del Neolitico, ma solo per l'Antico Elladico II ci sono tracce di
un vasto insediamento, esteso anche alla pianura; poi sembra che il sito sia rimasto abbandonato fino all'età protogeometrica.
J.
BOARDMAN, Bronze Age Greece and Libya, « AB SA » 63, 1968, pp. 41-44, figg. 1-5.
Sulla possibilità che durante l'età del bronzo vi siano stati rapporti tra il mondo egeo
(specialmente Creta) e la Libia, l'A. si dimostra piuttosto scettico, in quanto alcuni reperti
considerati minoici o micenei possono essere meglio inquadrati in età greca arcaica.
R. M. BOEHMER, Ein Cyprisches Rollsiegel aus iigypten, « Zeitschrift fiir Assyriologie und
vorderasiatische Archiiologie », 59, 1969, pp. 293-294.
Breve nota su un sigillo cilindrico di ematite, di fabbricazione cipriota e provenienza egizia,
conservato nel Museo Egizio di Berlino. Il sigillo, su cui sono raffigurati quattro demoni, rientra
nel secondo gruppo della Porada (cfr. «AJA» 52, 1948, pp. 148 ss.), ed è databile intorno
al 1400 a.C.
K. BRANIGAN, A Transitional Phase in Minoan Metallurgy, « ABSA» 63, 1968, pp. 185203, figg. 1-4.
L'A. si propone di tracciare la storia delle quattro principali armi offensive in uso tra
il MM ILI e il TM II (pugnale corto a lama larga, pugnale «ad alette », spada corta e spada
lunga). Allo scopo di illuminare il periodo da lui detto «di transizione» della metallurgia mi, noica (MM I B-MM II), egli risale sino alla fine dell'AM e nota, già in quest'epoca, il coesistere di due opposte tendenze: una, indigena, verso armi costolate, lunghe e sottili, e una,
d'ispirazione siriaca, verso armi più corte e più semplici. Il lavoro è completato da un catalogo
di armi appartenenti alla fase di transizione (pp. 201-203).
M. A. S. CAMERON, Unpublished Paintings Irom the « House 01 the Frescoes » at Knossos,
« ABSA» 63, 1968, pp. 1-31, figg. 1-13, tavv. 1-8, tavv. a colori A-B.
L'A. riesamina i frammenti di affreschi della «House of the Frescoes» (MM III B-TM
I Al, situata a Nord-Ovest del Palazzo di Cnosso, allo scopo di verificare, con l'ausilio di una
cinquantina di frammenti inediti, la ricostruzione del Gilliéron figlio. Il Cameron, noto per
le accurate e acute analisi già condotte in questo campo, propone di ricomporre gran parte
del materiale conservato in un lungo fregio (fig. U), che doveva estendersi su tre pareti (là
dove il Gilliéron aveva ricostruito tre pannelli), e di abbassarne lievemente la data d'esecuzione, dal periodo di transizione tra il MM III B e il TM I A (Evans), all'inizio del TM I A.
Segue il catalogo dei frammenti inediti (pp. 27-31).
H. W. CATLlNG, Late Minoan Vases and Bronzes in Oxford, «ABSA» 63, 1968, pp. 89.
131, figg. 1-9, tavv. 22-29.
Catalogo di un gruppo di oggetti tardominoici di provenienza cretese (in parte rinvenuti
nella regione di Sitia), conservati presso l'Ashmolean Museum. Si tratta di bronzi (spade, pugnali, punte di lancia, ecc.) e di vasi, che il Catling descrive accuratamente, con particolare
attenzione per le spade, che egli classifica secondo lo schema già fornito dalla Sandars, da lui
leggermente ampliato (p. 95 55.).
L'indagine sui vasi è seguita dalla bibliografia essenziale della ceramica TM III.
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C. DAVARAS, Trois bronzes minoens de Skoteino, « BGH » XCIII, 1969-II, pp. 620-650,
figg. 1-16, tavv. XI-XIV.
L'A. illustra tre bronzetti da lui stesso rinvenuti in una grotta della Creta settentrionale:
i tre pezzi, che costituiscono i reperti più interessanti dello scavo (1962), appartengono all'ampia
serie degli «adoranti» minoici, di cui il D. aggiorna qui il catalogo (pp. 624-63,5), già fornito
dal Biesantz (Kretiscb-Mykeniscbe Siegelbilder, 1954) e dal Boardman (Tbe Cretan Collection
Ìll Oxford, 1961).
In questa categoria di oggetti, databili tra il MM III e il TM I, i bronzetti di Skoteino
sono tra i più antichi: l'A. li pone infatti ancora nel MM III.
J.
DESHAYES, Les vases Vollgrall de la Deiras, BCH XCIII, 1969-II, pp. 574-61("
figg. 1-95.
Catalogo e illustrazione di numerosi vasi, frammenti di vasi e figurine fittili di età
micenea, provenienti dai vecchi scavi eseguiti dal Vollgraff. La pubblicazione, r.esa possibile da
un riordino del materiale nel Museo Nazionale di Atene, completa e precisa le conclusioni del
recente volume del Deshayes sulle tombe della Deiras (Argos, les fouilles de la Deiras, «Etudes
Péloponnésiennes» IV, Paris, 1966).
C. DoUMAS, A Mycenaean Rbyton Irom Naxos, «Archeologischer Anzeiger» 1968, 3,
pp. 374-389, figg . 1-23.
Su un vaso miceneo a forma di testa d'ariete, rinvenuto in parecchi frammenti nei pressi
dell'attuale porto di Nassa. Il rbyton, che proviene da uno scavo occasionale e non può perciò
essere inserito in un contesto datato, si pone per i suoi caratteri stilistici in uno stadio avanzato
del Tardo Elladico III. L'oggetto, certamente importato, conferma l'importanza commerciale
che l'isola di Nasso ebbe in questo periodo.
S. E. ELLIS - R. A. HIGGINS - R. HOPE SIMPSON, Tbe Façade 01 tbe Treasury 01 Atreus
at Mycenae, «ABSA» 63, 1968, pp. 331-336, figg. 1-2, tavv. 66-67.
Sono qui esposti i risultati di un'indagine condotta sui marmi di cui è composta la facciata del Tesoro d'Atreo, allo scopo di individuarne e locallzzarne le cave.
Margareth A. V. GILL, Tbe Minoan « Frame» on an Egyptian Reliel, «Kadmos» VIII,
2, 1969, pp. 85-102, figg. 1-8, tav. I.
L'A. studia un elemento decorativo di assai dubbia interpretazione, riconoscibile in varie
raffigurazioni minoiche e micenee. La presenza di quest'elemento, simile ad un paio di corna,
in rilievi egiziani dimostrerebbe l'influsso che il mondo egeo esercitò sull'arte egizia.
Martha HEATH WIENCKE, Furtber Seals and Sealings Irom Lerna, « Hesperia » XXXVIII,
4, 1969, pp. 500-521, tavv. 125-130, fig. 1.
Facendo seguito ad un articolo del 1958 (<< Hesperia », XXVII, pp. 81-121) sulle cretule
antico-elladiche della Casa delle Tegole, l'A. pubblica qui un gruppo di sigilli, cretule e frammenti di ceramica stampigliata appartenenti a Lerna III e IV (Antico Elladico II e III).
M. S. F. HOOD - J. N. CoLDSTREAM, A Late Minoan Tomb at Ayios Ioannis near Knossos, « ABSA» 63, 1968, pp. 205-218, figg. 1-4, tavv. 51-54.
Scavo di una tomba a camera, la cui costruzione è databile al TM II, appartenente al
complesso delle «tombe dei guerrieri », che caratterizzano la zona di Cnosso tra il TM II e
l'inizio del TM III A.
Alla fine dell'età micenea nella tomba furono inumati un uomo e una donna; la donna
aveva un lungo spillone di bronzo su ciascuna spalla. Benché gli spilloni abbiano una tradizione nel mondo miceneo, la notevole lunghezza e il modo di disporli, simmetricamente sulle
spalle (com'era in uso nell'area centroeuropea fin dall'inizio della media età del bronzo), sono
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elementi estranei all'ambiente miceneo, che compaiono solo alla fine del Tardo Elladico e
costituiscono una delle prove dell'immigrazione di un popolo proveniente dal Nord.
U. JANTZEN - H. DOHL - P. GROSSMANN - W. R. MEGOW - J. SCHAFER, Tiryns-Synoro-Iria
1965-1968, «Archeologischer Anzeiger» 1968, 3, pp. 369-374, figg. 1-6.
Breve nota su scavi eseguiti a Tirinto, nella parte inferiore della rocca (lato Sud-occidentale) e su ricerche effettuate in altre due località dell'Argolide che hanno fornito pure materiale miceneo.
C. RENFREW - J. SPRINGER PEACEY, Aegean Marble: a Petrological Study, « ABSA» 63,
1968, pp. 45-66, figg. 1-2, tavv. 11-13.
Sulla base di una serie di analisi condotte su campioni di marmi bianchi, continentali e
insulari, gli AA. sono giunti a negare la possibilità di riconoscere i luoghi d'origine delle varie
qualità di marmo greco. Cadono quindi le attribuzioni di statue a questa o quella località,
fatte solo sulla base del tipo di marmo usato, e, in particolare, perde significato il termine
«marmo insulare» (coniato dal Lepsius nel 1890).
.
Per quanto riguarda l'età del bronzo, gli AA. negano validità ai tentativi fatti in passato
di identificare, in base al tipo di marmo, i luoghi di produzione delle figurine cicladiche.
Per arrivare a risultati utili in questo campo, bisognerebbe cominciare con lo stabilire
tutte le possibili cave esistenti, e, in secondo luogo, adottare dei criteri veramente validi, che
permettano di distinguere un marmo dall'altro.
B. RUTKOWSKI, The Origin 01 the Minoan Coffin, «ABSA» 63, 1968, pp. 219-227,
figg. 1-3.
L'articolo si basa sul libro del Rutkowski, edito recentemente, Larnaksy ege;skie (Aegean
Larnakes), 1966 (con riassunto in inglese).
L'A., dopo aver accennato alle ipotesi degli studiosi che in gran numero si sono occupati
dell'argomento, esprime l'opinione che l'uso delle larnakes, diffusosi a Creta nel MM I, sia
legato alle condizioni della cultura mediominoica comunemente detta palaziale (che l'A. designa
come «urban or palace-urban»), piuttosto che ad influssi esterni. Quest'uso era infatti noto
in Egitto, Mesopotamia e Palestina già da tempo, e cioè fin dall'epoca in cui si erano determinate, in queste regioni, condizioni di vita analoghe a quelle della Creta mediominoica.
L'A. traccia poi brevemente la storia delle larnakes in età tardominoica, e accenna al
ricordo che di questo tipo di sepoltura si conservò nel mondo greco fino all'epoca classica.
N. M. VERDELIS, Neue Funde von Dendra, « Ath. Mitt. » 82, 1967, pp. 1-53; figg. 1-17,
tavv. 1-34, tavv. a colori 1-2.
Insieme con l'articolo di P. Astrom (ibid., pp. 54-57), è questo il più ampio e completo
resoconto che sia stato pubblicato finora sugl'importantissimi, recenti rinvenimenti di Dendra.
Dopo aver accennato alle circostanze dello scavo e alla posizione del corredo nella tomba, l'A.
ne elenca e ne descrive accuratamente i reperti. L'illustrazione degli elementi della corazza
bronzea, che costituisce il pezzo più interessante del complesso, è accompagnato (pp. 20-29) da
un'ampia disamina dei reperti e delle raffigurazioni di ambiente miceneo in cui è possibile
identificare corazze. Segue il confronto con gl'ideogrammi della corazza nelle tavolette di Cnosso
e di Pilo. L'opinione del Verdelis (già da lui precedentemente espressa), che la corazza di
Dendra corrisponda all'ideogramma di Pilo meglio che a quello di Cnosso, appare poco convincente: sembra preferibile confrontarla, con la Gray, lo Snodgrass e altri, con l'ideogramma
di Cnosso, più vicino sia per tipologia che per datazione. Quello di Pilo, più recente di quasi
due secoli, trova confronti migliori in coeve raffigurazioni di vasi e affreschi, e attesta probabilmente l'uso di una corazza di materiale deperibile, che poteva essere rinforzata con piastre
bronzee.
J. VORYS CANBY, Some Hittite Figurines in tbe Aegean, « Hesperia » XXXVIII, 2, 1969,
pp. 141-149, tavv. 38-41.
L'A. affronta il problema relativo ad un notevole numero di statuette di bronzo trovate
in varie località del mondo egeo, raffiguranti un guerriero, con perizoma e copricapo conico,
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nell'atto di brandire un'arma. Queste figure sono state variamente interpretate e collegate con
diverse divinità del Vicino Oriente. L'A. propone di vedervi dei piccoli esemplari della plastica
ittita, importati nella tarda età del bronzo, forse tramite l'isola di Rodi, dove si rinvenne uno
dei migliori esemplari di questo tipo.
P. WARREN - M. R. e H. N. JARMAN - N. J. SHACKLETON - J.
Part II, « ABSA» 63, 1968, pp. 239-276, figg. 1-29.
D.
EVANS,
Knossos Neolithic,
Facendo seguito alla parte I del resoconto sulla facies neolitica di Cnosso (EVANS, « ABSA»
LIX, 1964, pp. 13-2-240), gli ÀA. forniscono qui una ricca serie di dati, raccolti con l'aiuto dei
più moderni metodi di ricerca, sull'economia di Cnosso neolitica, e giungono alla conclusione
che il primo insediamento umano sulla collina di Kefala si data intorno al 6000 a.C.
HELEN WATERHOUSE,
A.]. B. Wace: Supplementary Bibliography,
«ABSA»
63, 1968,
pp. 327-329.
Aggiornamento della bibliografia del \Yface pubblicata nel voI. XLVI dcll'« ABSA» (1951),
dedicato all'illustre studioso.
PAOLA ZANCANI MONTUORO,
Gente vestita di bronzo,
«RAL»
23, 1968, fasc. 7-12,
pp. 249-254.
Prendendo lo spunto dal rinvenimento, effettuato in una tomba dell'età del ferro presso
Francavilla Marittima (Cosenza), di un gran numero di bottoncini di bronzo che dovevano
adornare una veste ricoprendola interamente, l'A. esprime l'ipotesi che l'aggettivo omerico
Xa.À.xOX'''W'IIEC;, riferito nel linguaggio poetico ai guerrieri achei, fosse usato, già prima dell'introduzione della corazza bronzea nel mondo miceneo, per definire chi indossa lunghe vesti
trapunte di ornamenti di bronzo.