“Il y a la guerre la-bas!”

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“Il y a la guerre la-bas!”
“Il y a la guerre la-bas!”
Malattia, Terapia, Cura in Nord Kivu
Repubblica Democratica del Congo
Etnomedicina e biomedicina a confronto:
che significa essere malati in Nord Kivu?
Cosa si intende per cura?
Che ruolo hanno la scienza biomedica e la medicina tradizionale in RDC, oggi?
di Mario Trave
con il patrocinio di Docemus
training school theory and practice
for improving specialistic medicine
onlus
Malattia, Terapia, Cura. Butembo, Nord Kivu, RDC.
“Il y-a la guerre la-bas!!”
Malattia, Terapia, Cura in Nord Kivu
Repubblica Democratica del Congo
In Repubblica Democratica del Congo la popolazione civile sta vivendo una delle più gravi crisi umanitarie contemporanee.
Si stima (fonte: UNHCR) che dal 1998 ad oggi almeno 1000 persone siano morte ogni giorno per legame diretto o indiretto col conflitto in atto: 30000 persone al mese, 360000 all’anno, sono cifre di una Ecatombe reale, attuale, e taciuta
dall’Occidente, che dal 1998 ad oggi ha generato 5 milioni di morti – il bilancio più drammatico dalla Seconda guerra Mondiale - , oltre 2,2 milioni di profughi interni, un numero imprecisato e impossibile da censire di feriti e violenze e stupri.
La quasi totalità delle vittime sono civili, la metà delle quali bambini, che costituiscono oltre il 50% della popolazione congolese.
La Repubblica Democratica del Congo racchiude, nei suoi confini politici, uno dei sottosuoli minerari più ricchi e all’oggi
meno sfruttati del Pianeta, con uranio, zinco, oro, diamanti, cassiterite, e un materiale misterioso e poco conosciuto di
nome coltan, che da alcuni anni riveste un’importanza economica e strategica immensa. Dal coltan viene separato il tantalio, un metallo raro, diventato un componente fondamentale per l’industria hi-tech contemporanea in virtù delle sue eccellenti proprietà di conduzione elettrica e resistenza ad altissime temperature.
L’80% delle riserve mondiali di Tantalio attualmente scoperte si trovano in RDC.
La maggior parte delle miniere congolesi di coltan sono presenti in Nord Kivu, una regione fertilissima al confine tra Uganda e Rwanda, dove abbondano vasti depositi superficiali di sabbie ricche di questo elemento.
E dove, da oltre un decennio, è in atto una guerra terribile e brutale e silente.
Questo remoto angolo di Mondo sembra legato, a sangue, al nostro Occidente.
Chissà.
Biomedicina-etnomedicina, un sistema sanitario duale.
Butembo, Nord Kivu, RDC.
La popolazione civile in Nord Kivu vive una situazione quotidiana di terrore, crimine, disperazione, miseria, coraggio, e
morte.
Oltre un milione sono i civili nella condizione di sfollati in Nord Kivu. (fonte: Unicef), altre stime parlano di un milione e
mezzo di persone. Quasi un abitante su quattro è in fuga, in Nord Kivu; l’insicurezza e il clima di violenza diffusa spingono
migliaia di famiglie ad abbandonare i campi profughi in cui vivevano da anni, per andare a cercare rifugio nei centri urbani.
Butembo, in Nord Kivu, è una città di c.a. 700.000 abitanti, ed è il punto di partenza del progetto fotogiornalistico “Nord
Kivu: il y a la guerre la-bas!” Malattia, Terapia, Cura in RDC.
Il progetto vuole essere, in estrema sintesi, una Testimonianza, e documentare attraverso immagini e videointerviste
l’attuale della situazione socio-sanitaria in Nord Kivu.
Per farlo, cercherà di rispondere fotogiornalisticamente a queste domande:
• Che vuol dire, oggi, essere malati in RDC?
• che significato ha la parola malattia e, di riflesso, qual’è il significato della parola cura in un contesto problematico e caratterizzato dalla scarsità, - di mezzi, risorse, conoscenze, strumenti - come l’area di Butembo?
• che ruolo e legame hanno la scienza biomedica e la medicina tradizionale in RDC, oggi?
L’indagine fotogiornalistica sarà dunque focalizzata su tre aspetti complementari:
• sulla esigenza di cura della popolazione civile
• sugli sforzi portati avanti dal personale medico locale nell’offrire terapia
• sull’efficacia ed efficienza dei sistemi di assistenza offerti, strutturando un confronto documentaristico tra disciplina
biomedica e medicina tradizionale nel territorio di Butembo, Nord Kivu, RDC.
Perchè: il sistema sanitario ha in Nord Kivu un carattere duale, in quanto caratterizzato da due complementari e nel
contempo antagonisti sistemi di assistenza sanitaria:
• la biomedicina - che vede i medici locali, spesso non specialisti, lavorare in ospedali pubblici e cliniche gestite da personale religioso con tenacia e passione, ma in condizione di scarsità oggettiva di mezzi e strumenti.
• la medicina tradizionale - profondamente radicata nel tessuto socio-culturale in esame, e che rappresenta -attraverso
la figura dei curatori tradizionali - il sistema di intervento complementare e-o antagonista alla terapia biomedica occidentale.
In Nord Kivu i curatori tradizionali occupano, nel bene e nel male, un ruolo centrale nel soddisfacimento dei bisogni di
salute delle popolazioni almeno quanto il personale medico di estrazione biomedica occidentale.
Entrambe queste figure - i guaritori tradizionali e i medici - sono dunque coinvolte in maniera diretta od indiretta in
programmi di sviluppo comunitario, soprattutto in materia di nutrizione, salute materno-infantile, programmi di vaccinazione, lotta contro le malattie trasmissibili, e trattamento delle affezioni croniche.
Entrambi questi sistemi sono - in RDC - a pagamento.
Il paziente, e di riflesso il suo diritto alla terapia, si trova dunque a scegliere il sistema di cura - oscillando di volta in
volta nella decisione su quale sistema considerare “migliore”- sulla base di fattori, appunto, antagonisti e-o complementari: condizionamento culturale, coercizione, fiducia, tradizione, accessibilità, economicità, mancanza effettiva di
alternativa.
Per questo, il progetto “Nord Kivu: Il y a la guerre la-bas!” vuole testimoniare, documentandole, queste due situazioni
speculari di cura:
1) il Poliambulatorio.
Raccontare il Poliambulatorio nella sua quotidianità, descrivendone l’agire nella doppia prospettiva del malato e del personale sanitario che vi opera, raccontandone le problematiche, le mancanze strutturali, e la tenacia del personale medico
e tecnico nell’ offrire cura.
2) I centri di medicina tradizionale.
L’etnomedicina è madre e figlia in Africa Centrale di un sapere atavico e profondamente radicato, a cui la popolazione necessariamente si aggrappa per ottenere Conforto e Terapia.
Centri di cura tradizionali sono diffusi in Nord Kivu, e più in generale sono maggiormente presenti dove non ancora sono
insediate ed operative strutture biomediche di estrazione “occidentale”, e rappresentano una risposta -locale , pragmatica,
evidente- alla istituto poliambulatoriale.
Raccogliere testimonianze dei curatori -le terapie proposte, i materiali utilizzati, la loro condizione operativa e quotidianaattraverso i racconti e gli sguardi dei malati sottoposti a terapia, e documentarne il percorso terapeutico implementato, è
obiettivo dichiarato della Missione.
Sguardo di donna, e tecniche tradizionali di cura. Villaggio nei pressi di Butembo, Nord Kivu, RDC.
Perchè Docemus.
Da Testimonianza a Missione Scientifica
La Docemus è una onlus che si ispira a principi fondamentali di solidarietà sociale.
Ha come scopo e ragione costitutiva quello di migliorare la formazione del personale sanitario locale sia medico che tecnico
in aree problematiche, avviando percorsi didattici, corsi propedeutici, e collaborazioni tra Istituti, Università e Centri di
Ricerca, e Istituzioni locali. Rivoluzionario sotto molti aspetti è l’assunto-base della Docemus, che vede nell’insegnamento
e nella formazione professionale del personale locale il proprio fulcro operativo. Nello specifico a Butembo, Nord Kivu,
dopo tre missioni didattico-esplorative realizzate nel 2009 e nel 2010, è nata l’idea di costruire localmente dei poliambulatori con relative abitazioni per personale internazionale, al fine di permettere quello scambio di saperi e conoscenze che è
alla base del metodo Docemus.
All’oggi è attiva una collaborazione tra la Docemus, le Suore Missionarie presenti nell’area nella figura di Suor Safiana Kahindula, e l’ Università Islamica Alfhatou di Butembo, che dirige il dipartimento di Salute Pubblica per conto del Ministero
della RDC.
Questa collaborazione all’oggi si è fatta più intensa; Suor Safiana, la suora Congolese con cui la Docemus ha avuto contatti
a Butembo in tre missioni (2009 e 2010), è venuta in Italia a conoscere la realtà dei laboratori italiani, ed è stata ospitata
presso l’azienda Ospedaliera di Lodi. In un successivo incontro in Abruzzo, Suor Safiana ha dimostrato interesse per il reportage “Nord Kivu: il y a la guerre la-bas!!”, - più in generale, si è dimostrata interessata ad un progetto che sappia essere
testimone e voce della condizione della sanità in RDC -, e si è detta disponibile ad aiutare nella logistica in loco, e nel tessere
e costruire la rete di relazioni contatti e testimonianze utili alla struttura narrativa del documentario.
Ma la missione può avere una valenza ulteriore e più strettamente scientifica: partendo dall’assunto che la medicina
Tradizionale - con il suo sapere, le sue figure professionali, le sue credenze e attraverso le sostanze che utilizza - riveste
un ruolo di prim’ordine nell’assistenza sanitaria di base in un contesto problematico come quello in esame, la missione
esplorativa indagherà in maniera empirica le implicazioni farmacologiche che la realtà curativa tradizionale rappresenta.
La missione vuole dunque raccogliere campioni medicinali utilizzati dai terapeuti tradizionali per curare le principali
forme epidemiologiche e patologiche presenti nell’area.
Prevede così di analizzarle e valutarne l’efficacia terapeutica, attivandosi per la costruzione di una banca dati specifica
di riferimento farmacologico.
Va ricordato che l’ultimo tentativo realizzato in Italia in questa direzione è il lavoro “etnomedicina in Africa Centrale”, è
del 1974, ed è stato sviluppato dal Prof. Antonio Scarpa dell’Università di Genova.
Dunque, il patrocinio della Docemus al progetto “Nord Kivu-Il y a la guerre la-bas!” si inserisce in un discorso più ampio,
che coniuga le esigenze documentaristiche del progetto con le finalità didattico-scientifiche che sono proprie di questa
onlus. Verificando sul campo la validità di ambedue gli approcci terapeutici – biomedico e tradizionale -, la Docemus
lentamente, ma in maniera sempre più radicata, potrà cercare di inserirsi nel territorio, per tessere una rete fattiva di
relazioni e correggere le eventuali storture che entrambi questi metodi possono aver sviluppato.
La Docemus può dunque costruire un percorso sintetico, dove per sintesi si intende riconoscere valenza curativa alla
medicina tradizionale e accettare il volere e il credo del paziente da un lato, ma anche - e soprattutto - insegnare scienza
biomedica al personale locale, e far tornare il medico - esperto in disciplina biochimica - il reale protagonista a cui lasciare il bagaglio culturale necessario, correggendo eventuali storture, ma sempre facendolo partecipare fattivamente al
percorso terapico.
Tutte le fotografie utilizzate in questo documento sono state realizzate dal Prof. Giuseppe Nubile a Butembo, RDC,
tra il 2009 e il 2010.
BIO
Mario Trave
Born in 1977, graduated in Political Sciences in 2002, he actually own a small bed and breakfast in Abruzzo, Central Italy.
As photographer, he firstly focused on surf photography, dedicating more than ten years searching for waves in Europe (expecially Canary Islands, England, Wales, Portugal), Australia, China, Mauritania, Morocco, Mexico, Maldives, Malaysia, Indonesia, Senegal, Sri Lanka, Thailand,
and trough the Mediterranean coastlines. From 2006 he started publishing on the major Italian surfing magazines such as SurfNews or SurfLatino amongst the others. A bad surfing accident in winter 2008 was determinant for its future choices, as he started improving its interests in
photojournalism, photogrammetry and multimedia.
In 2008 he took part in a project held by Touchwindow in Lybia, like photographer-assistant of Ing. Enzo d'Annibale - multimedia engineer of
Ancona University - managing for installations of the New National Museum of Lybia, in Tripoli.
In the same year, he started a collective long-therm multimedial project focused on abandoned railways in Abruzzo, called Percorsi Binari;
organising several happenings and expositions, he managed architectural workshops on “Trabocchi” with Greenwich University and Ancona
University, and collaborated with Rai1”Linea Blu” showing the Ortona-Vasto abandoned railway.
In 2009, while frequenting the Master in Photojournalism held by ISFCI in Rome, he collaborated with Mascalzone Latino in a social project
ruled by Fondazione Vodafone; the result was a book and a collective exposition in Rome. He partecipated with interest in the “Festival della Memoria” of Lanciano, - an etno-antropological visual happening -, with a videodocumentary on civilians survived on the IIWW, and with a project
about Rom's illegal and legal settlements in Rome, Italy. This work becamed an exposition, and has been published in 2011 by Istituto Abruzzese
della Resistenza e dell'Italia Contemporanea.
He is currently working on “Transit” - a train journey trough world's railways - , and on a long-term project about civilians.
CLIENTS
SurfNews
Touchwindow
Linea Blu – Rai1
"Mascalzone Latino" per "Fondazione Vodafone"
SurfLatino
Istituto Abruzzese della Resistenza e della Italia Contemporanea
PUBLICATIONS
Surfguide 2011
Museo Nazionale Libico, P.Crachi
Surf Guide - 2009
Cafè Latino - 2009
Nuovi MigranziOZ - 2010
Percorsi Binari - 2010
Surf Latino - 2007
Photo Special - 2009 Zoo Art - 2010
Istituto Abruzzese della Resistenza e per la Storia Contemporanea
Vodafone - Storie Minime, Grandi Storie - 2011
Mascalzone Latino - 2011
Surf Guide - 2010
Photo Special - 2008
Costa Nostra - The Invisible Backstage - 2007