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e una vana ostentazione di autonomia. Sappiano, quelli abituati ad ammirare
gli atti illeciti, che anche sotto cattivi prìncipi possono esservi uomini grandi,
e che l’ubbidienza e la discrezione, se si uniscano all’operosità e al vigore,
giungono a tanta gloria, quanta ne ebbero molti uomini attraverso vie impervie, ma senza alcun vantaggio per lo Stato, grazie a una morte clamorosa.
Tacito propone pertanto Giulio
Un modello
di retto Agricola come esempio di un uomo
comportamento che seppe difendere la propria dignità e nel tempo stesso servire lealmente lo Stato. Agricola agì con
moderatio e prudentia e non venne
mai meno ai doveri; riuscì a conserCa l ed o n i a
vare sempre la propria integrità,
Oceanus
senza macchiarsi delle infamie di un
Germanicus
imperatore indegno come DomiziaVallo di Antonino
no. La sua nobile esistenza dimoNovantae
stra che la tutela della propria onoVallo di Adriano
Hi b e r n ia
rabilità può andare di pari passo con
l’ubbidienza alle legittime autorità
Brigantes
Parisi
dello Stato, senza servilismi, senza
Coritavi
cedere alla tentazione della proteOrdovices
Cornavi
sta clamorosa ma sterile e vana. Tacito, con tali argomentazioni, proCatuvellauni Iceni
tegge pure se stesso e i numerosi
Oceanus
Silures
Camulodunum
uomini pubblici che sotto DomiziaAtlanticus
Londinium
no avevano avuto incarichi politici,
Damnonii
amministrativi e militari, ed erano
magari accusati di acquiescente
La Britannia al tempo di Tacito.
sottomissione al tiranno.
Anche se nell’Agricola si coglie ancora, qua e là, il gusto ciceroniano del fraseggio amLo stile
pio e fluente, i procedimenti stilistici vanno tuttavia in una direzione ben diversa dalla concinnitas. Il linguaggio conciso e soprattutto la frequenza della variatio sono i segnali più vistosi di uno stile che si sta evolvendo ed è ormai vicino alla maturità espressiva delle Historiae e degli Annales.
B1
Fanno il deserto
e lo chiamano pace
[Agricola, 30]
Nel sesto anno (83 d.C.) della campagna militare condotta in Britannia, Agricola, che negli anni precedenti
aveva rafforzato il dominio romano con la fortificazione dei territori già occupati, iniziò una nuova impresa
spingendosi a nord oltre il golfo di Bodotria (Firth of Forth); l’obiettivo era quello di piegare la resistenza dei
Caledoni, che abitavano le terre dell’odierna Scozia, estendendo il dominio romano sull’intera isola. Dopo alcuni scontri Agricola decise di rinviare l’attacco definitivo all’anno successivo; intanto i Caledoni guidati da
Calgaco si preparavano all’imminente guerra contro i Romani. Nell’anno 84 d.C. avvenne la battaglia decisiva nei pressi del monte Graupio; Agricola ebbe la meglio, ma non riuscì, per l’avvicinarsi della stagione au-
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tunnale, a organizzare l’occupazione dei territori dei Caledoni. Credeva di svolgere questo compito l’anno
successivo, ma non fece in tempo, perché Domiziano lo richiamò a Roma, o per gelosia dei successi militari
del valoroso generale o, come è più probabile, per la necessità di utilizzare le legioni stanziate in Britannia
sul fronte renano e su quello danubiano.
I tre capitoli dell’Agricola presentati in quest’antologia contengono il discorso pronunciato da Calgaco nell’imminenza della battaglia presso il monte Graupio. Al discorso del condottiero caledone segue (capp. 33, 34)
quello di Agricola ai suoi soldati; Tacito in questo modo rispetta la tradizione storiografica dei “discorsi a coppia” (come quelli di Annibale e Scipione prima della battaglia di Zama nel libro XXX, capp. 30-31 delle Storie di Livio), utili per una più efficace caratterizzazione psicologica dei generali e per riportare le ragioni delle parti in lotta con una più intensa carica drammatica.
Il carattere fittizio e retorico del discorso di Calgaco non inficia tuttavia le “verità” contenute in questa dura requisitoria contro l’imperialismo romano. Tacito, fedele e leale funzionario dell’impero, è riuscito a dar voce al
punto di vista dei vinti, riportando con una lucidità sorprendente le ragioni ideali che spingevano un popolo
a opporsi alle legioni romane. Calgaco, dopo avere ricordato il bene prezioso della libertà a uomini ignari
della servitù, condanna la prepotenza e la rapacità dei Romani, avidi di ricchezze, mossi dalla smania del
dominio persino verso popoli poveri.
Il discorso di Calgaco non è la prima espressione nella storiografia latina del punto di vista dei vinti. Già Cesare nel De bello Gallico (VII, 77) e Sallustio, in un passo del Bellum Iugurthinum [41, 1] e poi nella lettera di
Mitridate ad Arsace, avevano fatto pronunciare veementi accuse contro l’espansionismo romano e le brutalità
a esso connesse (puoi leggere questi brani in traduzione nella scheda di approfondimento alle pagg. 30-32).
In Tacito però la forza della denuncia s’accresce per le suggestioni di uno stile che fa già intravedere la densità e le nervose spezzature delle opere della piena maturità, come appare evidente nella sententia finale. Auferre, trucidare, rapere, falsis nominibus imperium, atque, ubi solitudinem faciunt, pacem appellant, «rubano,
massacrano, rapinano e dove fanno il deserto dicono di portare la pace».
Parole belle e nobili, che demistificano le ragioni dei vincitori e nobilitano la lotta di chi si batte per la propria
libertà.
[1] «Quotiens causas belli et necessitatem nostram intueor, magnus mihi
animus est hodiernum diem consensumque vestrum initium libertatis toti
Britanniae fore; nam et universi coistis et servitutis expertes et nullae ultra
terrae ac ne mare quidem securum inminente nobis classe Romana. Ita
proelium atque arma, quae fortibus honesta, eadem etiam ignavis tutissima sunt. [2] Priores pugnae, quibus adversus Romanos varia fortuna certatum est, spem ac subsidium in nostris manibus habebant, quia nobilissimi
totius Britanniae eoque in ipsis penetralibus siti nec ulla servientium litora
aspicientes, oculos quoque a contactu dominationis inviolatos habebamus.
[3] Nos terrarum ac libertatis extremos recessus ipse ac sinus famae in hunc
diem defendit; nunc terminus Britanniae patet, atque omne ignotum pro
magnifico est; sed nulla iam ultra gens, nihil nisi fluctus ac saxa, et infestiores Romani, quorum superbiam frustra per obsequium ac modestiam effugias. [4] Raptores orbis, postquam cuncta vastantibus defuere terrae, et
mare scrutantur: si locuples hostis est, avari, si pauper, ambitiosi, quos non
Oriens, non Occidens satiaverit: soli omnium opes atque inopiam pari adfectu concupiscunt. [5] Auferre, trucidare, rapere, falsis nominibus imperium, atque, ubi solitudinem faciunt, pacem appellant.
[1] Quotiens… intueor: proposizione temporale con valore iterativo introdotta dall’avverbio relativo («Ogni volta che»). Di solito in frasi di questo tipo si applica la legge dell’anteriorità, qui disattesa per sottolineare la coincidenza nel tempo tra la riflessione sui motivi della guerra e l’immediato affiorare delle speranze in Calgaco. Forse proprio il desiderio di dare risalto al magnus… animus, alla grande speranza nutrita dal condottiero dei Cale-
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doni, avrà indotto Tacito a usare un verbo come inLa natura retorica dell’allocuzione di Calgaco, setueor, che al significato di “considerare” aggiunge
gnalata da vari studiosi, in particolare da Robert
quello più frequente di “guardare” qualcosa in un
Maxwell OGILVIE («una declamatio, un esercizio retomodo tale da far trapelare talora un sentimento delrico»), troverebbe conferma nel confronto con un
l’animo23. Nota la variatio causas belli… necessitapasso del discorso pronunciato da Catilina poco pritem nostram: i due complementi oggetti sono determa della battaglia di Pistoia, nel Bellum Catilinae di
minati rispettivamente da un genitivo di specificaSallustio (58, 18): Quom vos considero, milites, et
zione e da un attributo.
quom facta vostra aestumo, magna me spes victo± necessitatem nostram: il sostantivo rende
riae tenet, «Quando vi guardo, soldati, e quando
qui il significato di “momento critico”, “difficolgiudico le vostre imprese, una grande speranza di
tà”; puoi tradurre con qualche libertà: «la difficile
vittoria mi tiene».
situazione nella quale ci troviamo».
± mihi: dativo di possesso.
± hodiernum diem… fore: proposizione infinitiva, «che il giorno odierno e il vostro consenso segneranno l’inizio della libertà per l’intera Britannia»; initium è predicato nominale con la copula fore. L’intento di
Tacito di enfatizzare la reale portata dell’ultima battaglia combattuta da Agricola, prima del suo richiamo
a Roma su ordine di Domiziano, traspare dall’elegante chiasmo dei due soggetti con i rispettivi attributi
(hodiernum diem consensumque vestrum) e dal dativo di vantaggio toti Britanniae, che accresce l’importanza dello scontro con i Caledoni, considerato come il detonatore di una generale sollevazione dei Britanni
contro i Romani.
± nam et universi coistis: «infatti vi siete riuniti tutti insieme»; universi, predicativo del soggetto, uno dei
quattro aggettivi che rendono in latino l’indefinito “tutto”, indica un tutto insieme in opposizione alle singole unità. Per conoscere i significati specifici di questi sinonimi, puoi ricorrere al CD-ROM: fa’ clic sul termine nella finestra del testo latino e poi doppio clic sull’analisi contenuta nel riquadro Lingua e Sintassi.
± et servitutis expertes: «e siete privi di schiavitù»; la traduzione rende servitutis un complemento di privazione, mentre in latino il genitivo retto da expertes, derivato da ex- e pars, è partitivo (cfr. Alfred ERNOUT
e François THOMAS, Syntaxe latine, Klincksieck, Paris, 1964, pag. 47). Nota il polisindeto et… et… et… ac;
le congiunzioni, di cui l’ultima è in variatio, introducono quattro principali, tutte con l’ellissi della copula
(estis… sunt… est).
± et nullae ultra terrae: «e non ci sono terre alle nostre spalle», ultra è avverbio. Calgaco esorta i suoi
uomini ricordando che, in caso di sconfitta, non potrebbero rifugiarsi in altri territori. Nota l’aggettivo negativo dopo et; di norma, in casi del genere, la negazione si sposta sulla congiunzione (= nec ullae).
± ac ne mare quidem securum: «e neppure il mare è sicuro». L’aggettivo securus deriva dalla preposizione arcaica se- (= sine) e cura: riferito a persone ha il significato di “libero da preoccupazione”, “tranquillo”;
se invece qualifica una cosa, ha il significato di “libero da pericoli”, “che non causa affanni” (cfr. Alfred ERNOUT e Antoine MEILLET, Dictionnaire étymologique de la langue latine, Klincksieck, Paris, 2001, pag. 159).
± inminente nobis classe Romana: ablativo assoluto con valore temporale o causale, «mentre (o poiché) la flotta romana ci incalza». L’esortazione di Calgaco fa leva sull’orgoglio dei Caledoni, sull’amore della libertà in un popolo che mai aveva conosciuto la servitù, e su dati di fatto incontrovertibili; oltre la Caledonia non vi erano terre, dove eventualmente fuggire in seguito a una sconfitta militare: o si combatte e si
vince contro i Romani o, privi di libertà, si entra nei loro domini.
± Ita… tutissima sunt: una delle numerose sententiae contenute nell’Agricola, «Così la battaglia e le armi, che sono un motivo di gloria per i valorosi, sono al tempo stesso il più sicuro baluardo anche per gli uomini vili»; proelium atque arma possono essere intesi come un’endiadi (“la lotta con le armi”), i due dativi
fortibus e ignavis sono di vantaggio, il pronome eadem richiama e rafforza i due soggetti.
[2] Priores pugnae… habebant: «Le precedenti battaglie, nelle quali si lottò con varia fortuna contro i Romani, avevano nelle nostre mani una speranza e un aiuto»; il pronome relativo quibus è un ablativo strumentale. Il soggetto con attributo della principale Priores pugnae costituisce un caso di prosopopea o personificazione, in quanto raffigura come persone entità astratte come le battaglie.
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Cfr. Domenico FAVA, I sinonimi latini, Istituto Editoriale Cisalpino-Goliardica, Reprint Antichi
manuali Hoepli, Milano, 1976, pagg. 105-106.
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± varia fortuna: ablativo di modo.
± certatum est: passivo impersonale; ricorda che i verbi intransitivi si usano al passivo solo in forma impersonale.
± spem ac subsidium: anche in questo caso l’espressione potrebbe essere considerata un’endiadi (= la
speranza di un aiuto).
± quia: introduce una proposizione causale che ha per predicato verbale l’imperfetto habebamus; con il
soggetto sottinteso nos concordano l’aggettivo superlativo nobilissimi e i due participi siti e aspicientes, tre
termini legati dalle congiunzioni coordinanti -que e nec che attestano una funzione sintattica analoga, ma
di difficile individuazione: in traduzione puoi renderli con proposizioni relative, «perché noi, che siamo i più
nobili di tutta la Britannia e per questo motivo siamo situati nelle zone interne, noi che non vediamo alcuna spiaggia di uomini schiavi, avevamo persino gli occhi non profanati dal contatto con un dominatore». Osserva la variatio dei complementi: prima un genitivo partitivo (totius Britanniae), poi un ablativo di stato in
luogo (in ipsis penetralibus), infine un complemento oggetto (ulla… litora); inoltre le prime due espressioni
sono disposte in un chiasmo che incrocia i complementi e i termini reggenti:
nobilissimi
totius Britanniae
in ipsis penetralibus
siti
± nobilissimi totius Britanniae: la superiorità spirituale dei Caledoni, il popolo giudicato da Calgaco il
più nobile dell’intera Britannia, discende secondo il condottiero dalla posizione geografica, come si capisce
dai due cola successivi; essi sono lontani dalle terre dominate dai Romani e non sono in condizione neppure di vedere i luoghi contaminati dalla servitù imposta dai conquistatori.
± eoque: eo è un avverbio, «e per questo motivo».
± in ipsis penetralibus: il sostantivo, comunemente usato al plurale penetralia, indica la parte più interna delle case e soprattutto dei templi e dei santuari; qui è adoperato in senso metaforico e conferisce alle
terre dei Caledoni un’aura di solenne sacralità. La collocazione dei Caledoni nelle zone interne è cosa diversa dalla loro origine: il colore rosso dei capelli e la grandezza delle membra inducono Tacito a ritenerli di
origine germanica, come leggiamo in Agricola, 11, 1.
± servientium: il participio presente sostantivato allude agli abitanti della Gallia e della Spagna, già asserviti ai Romani.
± oculos… inviolatos habebamus: nota l’ampio iperbato, con il complemento oggetto oculos separato
dal predicativo inviolatos e, al centro della frase, l’ablativo di separazione a contactu; da segnalare anche
l’uso metonimico dell’astratto dominationis al posto di un sostantivo concreto. Alla suggestione del passo
contribuiscono gli effetti sonori dovuti alle numerose sibilanti e la fitta presenza della vocale a, contenuta
in cinque delle sette parole e posta nella penultima sillaba tonica delle ultime due: ne deriva un’idea di vastità, funzionale all’amore per la libertà del condottiero caledone, che in questo modo colora di poesia la
sua fiera rivendicazione.
[3] Nos… in hunc diem defendit: «Fino a questo giorno l’isolamento stesso e l’oscurità della fama hanno
difeso noi, che ci troviamo agli estremi confini del mondo e della libertà». Il passo è reso di difficile comprensione e traduzione anzitutto dall’espressione terrarum ac libertatis extremos, con l’aggettivo che ha rispettivamente il significato di ultimi nello spazio (terrarum) e nel tempo (libertatis): i Caledoni abitano gli
estremi territori del mondo e sono gli ultimi a conservare la libertà. Alla corposa densità espressiva del passo non è estraneo il sintagma assai ardito sinus famae, con il sostantivo che dal significato proprio di “piega”, “sinuosità”, “insenatura” passa per metafora a quello di “oscurità”: come una piega copre e nasconde
o come un’insenatura sottrae al mare aperto un tratto della costa, così la lontananza dei Caledoni ha rappresentato per loro una sorta di rifugio che li ha finora protetti24. Altre difficoltà nascono dall’analisi morfosintattica; extremos potrebbe essere considerato aggettivo sostantivato («gli ultimi abitanti»), usato come
apposizione del complemento oggetto Nos. Un’ultima osservazione merita il pronome posto in ampio risalto all’inizio del periodo, a rafforzare l’immagine gloriosa di un popolo fiero della sua autonomia.
24 L’idea della protezione associata al sostantivo sinus è pure in Seneca: Quantum potes autem in phi-
losophiam recede: illa te sinu suo proteget (Epistulae morales ad Lucilium, 103, 4), «Per quanto ti è possibile, ritirati nella filosofia: essa ti proteggerà nel suo seno».
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± nunc terminus Britanniae patet: «adesso si apre il limite estremo della Britannia»; l’affermazione è
fatta dal punto di vista dei Romani, che iniziano ad apparire come rapaci conquistatori di ogni territorio raggiungibile con le loro armi.
± atque omne ignotum… est: «e tutto ciò che è sconosciuto è giudicato splendido». La sententia non va
letta con gli occhi e la mente dell’Ulisse dantesco: Calgaco non vuole porre l’accento sul brivido dell’ignoto, che spinge tanti uomini a percorrere impervi sentieri per soddisfare virtute e canoscenza, ma sull’insaziabilità di un popolo bramoso sia delle terre note, e magari ricche e prospere, sia dei luoghi ignoti.
± sed nulla iam ultra gens: «ma ormai al di là non c’è nessun popolo». La prima di tre frasi nominali, due
delle quali propongono scenari desolati di una natura ostile; i veri pericoli, però, provengono dai Romani, insolenti e tracotanti.
± infestiores: il comparativo presuppone un secondo termine di paragone quam haec.
± per obsequium ac modestiam: complementi di mezzo, «con la sottomissione e l’ubbidienza»; se nell’espressione si rileva un’endiadi, si può tradurre “con arrendevole sottomissione”.
± effugias: congiuntivo potenziale. La seconda persona singolare non implica un riferimento a un interlocutore reale: è il cosiddetto “tu generico”.
[4] Raptores orbis: «Predatori del mondo»; il sostantivo raptor deriva da rapio e presenta il suffisso -tor proprio dei nomina agentis, ossia di quei sostantivi indicanti persone che compiono per abitudine o per dovere determinate azioni. L’espressione, assai simile a quella adoperata da Sallustio nell’epistola di Mitridate
ad Arsace (latrones gentium), esprime efficacemente il punto di vista di quanti erano costretti a subire il
dominio dei Romani, dopo essere stati sconfitti in guerra. È molto probabile che Tacito, presentando a
tinte così fosche gli aspetti peggiori dell’imperialismo romano, pensasse alla voracità dei procuratori imperiali, degni eredi dei governatori che in epoca repubblicana avevano vessato gli abitanti delle province.
Non si può escludere inoltre il desiderio di Tacito di far risaltare ancora di più, con queste parole di condanna pronunciate da Calgaco, lo spessore morale di Agricola, fedele e integerrimo rappresentante dell’impero romano.
± postquam: la congiunzione subordinante introduce una temporale con soggetto terrae e predicato verbale defuere, forma arcaica per defuerunt, terza persona plurale dell’indicativo perfetto di desum, composto
di sum.
± vastantibus: il termine, di incerta analisi, viene a volte inteso come participio sostantivato (“a quelli
che devastano”), a volte come predicato verbale di un ablativo assoluto con soggetto sottinteso (“poiché
essi devastano”), a volte come participio congiunto a un dativo sottinteso iis con valore causale o relativo.
La traduzione che proponiamo segue quest’ultima analisi: «dopo che le terre sono venute a mancare a loro, poiché tutto devastano»; cuncta è oggetto di vastantibus.
± et mare scrutantur: «frugano persino il mare»; et vale etiam. Osserva la disposizione chiastica in defuere terrae… mare scrutantur. Interessante l’etimologia di scrutor; il verbo, che deriva da scruta, “roba vecchia”, “cenci”, dall’idea di frugare rovistando, come fanno i cenciaioli con gli stracci, passa a quella di scrutare, investigare, cercare minuziosamente.
± si locuples… ambitiosi: periodi ipotetici della realtà, entrambi con ellissi del soggetto e della copula
nelle apodosi, costituite solo dai due nomi del predicato allitteranti. Il parallelismo della costruzione sintattica e l’antitesi si locuples… si pauper smascherano due aspetti dell’espansione imperialistica romana: la
spietata rapacità con i nemici ricchi, la smania di supremazia con quelli poveri.
± quos… satiaverit: proposizione relativa con valore consecutivo, «che né l’Oriente, né l’Occidente sono riusciti a saziare»; satiaverit potrebbe tuttavia esprimere anche una potenzialità nel presente. Nota
l’anafora non… non.
± soli omnium… concupiscunt: la nuova frase principale chiarisce meglio il concetto poco prima
espresso e ribadisce la paradossalità di una brama di potere e di possesso che spinge a volere con forza perfino l’indigenza: «soli tra tutti desiderano ardentemente con pari veemenza ricchezze e miseria»; omnium
è genitivo partitivo, pari adfectu è ablativo di modo, concupisco è composto dal preverbio cum- e cupio ed
esprime il desiderio con più intensità. Nota l’efficace collocazione dell’aggettivo soli, che pone immediatamente all’attenzione del lettore i responsabili di tante efferatezze, e l’antitesi con figura etimologica opes…
inopiam; quest’ultimo termine è composto dal prefisso privativo in- e ops e indica la mancanza di risorse, il
contrario di copia, composto a sua volta da cum e ops.
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[5] Auferre, trucidare, rapere… appellant: «Con falsi nomi chiamano impero il rubare, il massacrare, il rapire, e, dove fanno il deserto, lo chiamano pace». Nota l’asindeto trimembre degli infiniti presenti sostantivati, che fungono da complemento oggetto di appellant, predicato verbale anche della principale coordinata.
± falsis nominibus: i falsi nomi sono eufemismi, ossia espressioni attenuate che riducono la durezza di
quelle proprie; il plurale si giustifica perché si fa riferimento a due predicativi dell’oggetto, imperium e pacem.
± ubi solitudinem faciunt: la proposizione relativa è in variatio rispetto ai tre infiniti sostantivati.
± pacem: la funzione predicativa del sostantivo è un po’ anomala, perché manca il complemento oggetto, che va ricavato dalla relativa.
QUESTIONARIO
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Quotiens… intueor (par. 1): che proposizione è?
mihi… toti Britanniae… fortibus… ignavis (par. 1): che valore hanno i dativi?
securum (par. 1): qual è l’etimologia dell’aggettivo?
certatum est (par. 2): come si giustifica la forma passiva di un verbo intransitivo?
inviolatos (par. 2): qual è la funzione sintattica dell’aggettivo?
per obsequium ac modestiam (par. 3): che cosa esprime il sintagma: causa, mezzo o modo?
effugias (par. 3): che tipo di congiuntivo è?
vastantibus (par. 4): in quali modi può essere inteso il participio?
Individua nel testo le seguenti figure retoriche: endiadi, chiasmo, variatio, antitesi, figura etimologica.
Scrivi un commento sulle frasi che maggiormente ti hanno colpito.
Calgaco era un condottiero dei Caledoni. Dov’era stanziato questo popolo? In quale delle odierne
parti della Gran Bretagna? Se hai bisogno di aiuto, puoi ricorrere agli Strumenti del CD-ROM, consultando le Carte storico-geografiche.
APPROFONDIMENTO
La posizione geografica della Britannia
secondo Tacito e Cesare
Nel capitolo 10 dell’opera Tacito, interrompendo la biografia di Agricola, descrive la forma e la collocazione geografica della Britannia, iniziando un excursus etnogeografico e storico che si protrae fino al capitolo 17.
Nel periodo iniziale si accenna ad altri scrittori che in passato avevano descritto la Britannia: tra i greci,
Pitea di Marsiglia (IV sec. a.C.), Posidonio di Apamea (II-I sec. a.C.), Timeo di Taormina (IV-III sec. a.C.),
Strabone di Amasia Pontica, vissuto al tempo di Augusto; tra i romani, Cesare, Pomponio Mela e Plinio il
Vecchio, senza tener conto di Livio e Fabio Rustico citati nel paragrafo 3.