leggi - Libreria Piave

Transcript

leggi - Libreria Piave
50
Dieci… e poi basta
di Michele Pizzuti
- Allora?
- Allora che?
- Beh, com’è andata stavolta?
- E come vuoi che è andata, come con gli altri otto...
- Cioè?
- Niente. Nisba.
- L’hanno pubblicata almeno?
- No. Non hanno l’hanno pubblicata e neanche una menzione. Come se avessi scritto
sull’acqua. Eppure mi piaceva quella storia... forse si, un po’ troppo spinta. Però scorreva...
I giurati saranno suore. E con le monache, dove si arriva?... A nulla. Anzi, sai che ti dico:
mai vince il migliore, ma chi ha più “conoscenze”.
- Dai, non ci credo. E’ una libreria quella, c’è una ricorrenza. Il premio è poco o niente...
Tanto per stare insieme... Si, lo so che questo racconto ti piaceva... Però te lo avevo detto.
Quando è troppo è troppo. Troppe parolacce... Taglia quella scena, è troppo spinta... E tu
no. Taglia quelle frasi, sono eccessive, forzate... E tu no. E il titolo, poi... Il sesso da solo
non fa più notizia...
- Si me lo hai detto, me lo hai detto. Ma a me piace scrivere così. Con la passione, mica
con la carta carbone. Chi legge vuole emozioni impetuose... vuole robba forte. Vuole il
sesso.
- Vabbè, hai sempre ragione tu... Hai rispettato il titolo? No. E alla fine ti hanno fatto fuori
un’altra volta.
- Si, ma mica per il titolo....
- E perché allora?
- Per il casino. Per il casino che ho fatto dopo.
- Casino? Che casino... Oddio, che hai fatto dopo?
- Ho litigato con i proprietari.
- Hai litigato? Con i padroni della libreria?
- Non chiamarli padroni. Iene. Sono iene. Ce n’era uno che avrei strozzato... Quello che ha
cassato il racconto. Strombazzava fino a Piazza Fiume. Credeva di avermi fatto perdere il
premio Strega, ma che non lo sa...
- Che pure per lo Strega, mica conta saper scrivere...
- Quindi lo sai pure tu che anche il premio Strega è teleguidato...
- E certo che lo so. Escluso qualche edizione, è tutto truccato. Ti ricordi di Risi?
- Dirisi? E chi è?
- Risi, non Dirisi. Dino Risi
- Ah, Dino Risi. Che ha fatto?
- E che diamine, sei proprio un ignorantone... Ha fatto film. Nel film i Mostri, l’episodio della
Musa, non ti ricordi Gassman...?
- Gassman?
- Si, Gassman. Impersonava una critica letteraria toscanaccia, cialtrona e ruffiana, che
tramava per far vincere un vero analfabeta. Per portarselo a letto... No ti ricordi di Poldino...
- Si, mi pare di ricordare... Poldino... Si... Si. E come finiva? Se lo porta a letto Poldino?
- Ovvio, si porta a letto l’autore, non Poldino. Ma il finale non centra nulla... Non conta. Risi
ridicolizzava la filosofia della vita che c’è dietro l’episodio: interessi personali, mancanza di
etica. Proprio come nei concorsi letterari, piccoli e grandi. Li dipingeva tutti intellettuali,
giurati e scrittori, ma mai nessuno che avesse lavato i piatti in vita sua. Perciò vince...
Poldino.
- Per i piatti, cioè perché Poldino li lavava?
- Aho, ma sei rincoglionito? E’ la metafora della distanza che c’è tra mondo reale e mondo
intellettuale... Due mondi che è difficile che si parlino, salvo nelle birrerie e nelle librerie...
- Cioè uno scrive e l’altro beve e compra?
- Esatto. Hai capito. Uno fa i soldi perchè l’altro li spende...
- Cazzo, hai proprio ragione. Che mondo di merda. Ecco perchè scrivo bene solo i racconti
di sesso...
- Ancora con il sesso? Non ti basta? Che c’entra adesso il sesso?
- C’entra, c’entra. Cosa dicevi? Uno paga e l’altro riceve, vero? Esatto. Proprio come si fa
con le puttane
- Aho, ho capito perché non vinci mai niente. Troppo forzato, troppo nichilista...
- Boh, forse hai ragione... Forse dovrei essere più tenero... Vabbè, che facciamo,
entriamo?
- Entriamo, si entriamo. E chiudi bene, che dobbiamo riconcentrarci.
La porta di ingresso si chiuse alle loro spalle con un tonfo. Le voci della strada si spensero.
Antonio e Valerio salirono la rampa di scale e accesero la luce dello studiolo. Sulla
scrivania, tra i cavi del PC, il portatile e le solite cianfrusaglie, otto, anzi nove fascicoli,
emergevano senza suscitare troppo entusiasmo. Antonio riguardò quei titoli di quelle nove
storie che Valerio aveva così dileggiato: “Dieci chiavi inglesi – Vengo dieci volte e poi vado
– I capricci di Miriam – La donna dal bel lato B – Dieci puttane una sola storia...”. Insomma,
dei nove racconti inviati a quel cribbio di concorso, neanche uno ammesso. Nove racconti,
uno più brillante dell’altro. Nessuno pubblicato. Nessuno. Dannati loro, pretini di secondo
piano.
Valerio risvegliò Antonio dai sovrappensieri, e lo riportò di botto alla realtà:
- Allora, ci riproviamo, scriviamo il decimo?
- Va bene, riproviamoci. Però questo è l’ultimo racconto. Dieci e poi basta. Stop. Ci si
ferma. Facciamo in tempo ad inviarlo?
- Si, si, siamo in tempo. Scade il primo giugno...
- Allora cominciamo, dai...
La voce di Valerio si affievolì, si fece più sottile, più dolce. Poldino... Il nome gli risuonò
ancora per un istante, poi Valerio guardò verso il divano. Antonio ci si era già accoccolato.
Si era tolto le scarpe. Stava stirandosi. L’aria era umidiccia, afosa. Sapeva di chiuso.
Valerio girò lo sguardo verso il PC dove c’era scritto “titolo” e poi di nuovo si volse verso il
compagno. E gli sussurrò teneramente:
- “Antò, facaldo...”
Il giorno dopo la decima mail partì per la solita destinazione. Anche questa volta l’obbligo
del titolo non venne rispettato.