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LA MERIDIANA, 54 MM M OUNTAIN M AN IX° CENT. D I M A S S I M O P A S Q U A L I Tra la fine del diciottesimo e l’inizio del diciannovesimo secolo, nel nord del continente americano la civilizzazione occidentale era ben lungi dell’essere completa. Fiorivano, certo, diverse città, principalmente costiere; e poi villaggi, fortini, fattorie, avamposti militari. Ma se si avanzava verso l’interno del continente e verso ovest, i segni della presenza dell’uomo bianco diminuivano velocemente, fino a sparire in un vastissimo territorio del tutto selvaggio, inesplorato, in mano alle tribù di nativi americani. La “Frontiera” insomma, non si estendeva solo nelle immense pianure a sud, ma anche fra i laghi e le montagne che oggi conosciamo come Stati Uniti del nord e Canada. In questi territori la Legge e il Governo erano presenze solo teoriche e spaventosi i rischi per i pochi che vi si inoltravano. Per un lungo periodo furono le compagnie commerciali a rivestire il ruolo di governo de facto attraverso l’esplorazione, il controllo e lo sfruttamento del territorio. La Hudson’s Bay Company fu la più grande e la più antica fra queste compagnie (così antica che le sue iniziali – HBC - venivano spesso storpiate in “Here Before Christ”, cioè “qui da prima di Cristo”). Il suo potere fu tanto grande che per molto tempo la società, operando dal quartiere generale posto nella baia di Hudson, controllò attraverso i suoi agenti il commercio delle pellicce in tutto il territorio nord americano occupato dagli inglesi, favorendo l’esplorazione e l’insediamento in nuovi territori ed i contatti commerciali con gruppi di nativi. Quando alla fine dell’ottocento gran parte del territorio in cui operava venne ufficialmente incluso nel nuovo dominion del Canada, la HBC si ritrovò ad essere il più grande proprietario terriero di questo nuovo stato. Con il declino del commercio delle pellicce la società si riconvertì alla distribuzione di beni di prima necessità attraverso l’apertura di spacci e punti vendita in tutto il Canada. La HBC, come le altre compagnie di pellicce, si serviva principalmente di cacciatori che lavoravano con un rapporto di dipendenza diretta, ma non disdegnava di acquistare pelli anche da cacciatori autonomi, i Mountain Men o Trapper. Questi uomini rudi e solitari vagavano per mesi fra foreste, fiumi e laghi alla ricerca di preziosi animali come castori (portati quasi all’estinzione), volpi, lupi e persino orsi. In particolare, nella caccia al castoro (la preda più richiesta) venivano utilizzate trappole posate nelle acque dei fiumi e dei laghi, rese particolarmente attraenti con alcune gocce di “castoreo”, una sostanza estratta dal castoro stesso che fungeva da efficace richiamo. Le pellicce venivano accumulate e, spesso, conservate in profonde buche nel suolo allo scopo di isolarle dagli agenti atmosferici in attesa che il cacciatore le recuperasse per la vendita o lo scambio. I raduni erano gli appuntamenti più attesi nella dura vita dei Mountain Men: si incontravano amici che non si vedevano da mesi e si vendeva il sudato bottino, mettendo così a frutto la fatica della caccia. I raduni si svolgevano perlopiù in due giorni e vi partecipavano anche rappresentanti delle tribù indiane. Il primo giorno era dedicato agli incontri ed alla socializzazione; cacciatori ed indiani raccontavano le loro esperienze e si scambiavano opinioni e trucchi del mestiere; gli alcolici scorrevano a fiumi e gli “incidenti” erano quanto di più normale ci si potesse aspettare. Anche le sfide di vario genere erano caratteristiche degli incontri. Il secondo giorno veniva eretta la tenda della Compagnia delle Pellicce ed iniziavano le trattative vere e proprie. I rapporti con i nativi americani portarono spesso i Trapper a farsi accompagnare da donne indiane (comprate dai parenti o scambiate con pellicce) che si occupavano di sistemare le pelli e preparare i pasti. Questi erano principalmente a base di “pemmican”, una focaccia indiana di carne secca di bisonte, grasso e bacche macinati insieme. Vi furono anche casi di vere e proprie “adozioni” di Mountain Men da parte delle tribù, che trovavano comodo avere con sé qualcuno pratico delle cose dei bianchi. Verso la metà del 1800 la moda europea cambiò improvvisamente e il prezzo delle pellicce di castoro crollò in pochi anni. Con la fine del commercio di pellicce molti Mountain Men decisero di convertirsi ad altre attività che garantissero la sopravvivenza. Alcuni, tra cui Kit Carson e Tom Fitzpatrick, si impiegarono come guide; altri si riciclarono nella caccia al bisonte, altro animale che sarebbe stato “cancellato” dal suolo americano. Si deve comunque a questi uomini intraprendenti la gran parte delle esplorazioni di zone sconosciute ai bianchi e una larga fetta dei primissimi contatti con i gruppi tribali che risiedevano nelle regioni occidentali del Canada e degli Stati Uniti. Al loro coraggio il popolo americano deve l’apertura delle strade verso il west. Pittura Questo bel soldatino, opera dello scultore Pongsatorn Kanthaboon per La Meridiana, si compone del classico abbigliamento di un Trapper di fine ‘700. Si va dalle pelli di castoro o volpe utilizzate per cappelli o come decoro, a pantaloni e mocassini in stile indiano, passando per il più tipico dei capi di vestiario: una coperta della Hudson’s Bay Company tagliata e cucita in modo da formare un lungo e confortevole cappotto. Queste coperte, di svariati e sgargianti colori, furono utilizzate in grande quantità sia dai Mountain Men che dalle tribù indiane ed erano contraddistinte dai “points”, bande colorate che indicavano il peso delle lane; una coperta a “3 points” pesava, infatti, 3 libbre. Dopo le consuete operazioni di pulizia del pezzo ho dato un paio di mani di fondo con il bianco Humbrol (che uso al posto del primer) e ho dipinto i fondi colorati (sempre con gli smalti). A questo punto sono passato alla pittura vera e propria, realizzata esclusivamente con colori ad olio. Come sempre ho iniziato dalla carnagione, tenendomi su di un tono abbastanza freddo e pallido. Ho utilizzato una mescola composta da Bianco, Terra Rosa, Ocra Dorata e Blu Cobalto, incrementando la percentuale di quest’ultimo per aumentare l’effetto della pelle pallida. Dopo aver dato ombre e luci (Blu cobalto e Ombra Bruciata per le prime e bianco per le seconde) ho messo il pezzo ad asciugare in un fornetto (una scatola di latta con dentro una lampadina) per un paio d’ore. A questo punto ho velato la carnagione (colore disciolto in una mistura di olio di lino ed essenza di trementina) con un tono più chiaro e ho ridipinto, intensificandole, le luci. Sono poi passato al cappello di pelo di volpe, ispirandomi a qualche foto per essere il più realistico possibile. La mescola base l’ho ottenuta con Terra di Siena Naturale, Terra di Siena Bruciata, Bianco e una punta di Ocra Gialla, sfumando con il Terra d’Ombra Bruciata per le ombre ed il bianco per le luci. Il cappotto, parte centrale di questo pezzo, è stato dipinto con un grigio molto chiaro, per il quale ho utilizzato Bianco, Bruno van Diyk, Terra d’Ombra Bruciata e Terra Rosa. Per le ombre ho aggiunto Bruno van Diyk e per le luci sono arrivato quasi al bianco puro. Le frange rosse le ho invece dipinte con Rosso Cadmio Scuro e Vermiglione Olandese, scurendo con il Terra verde (colore complementare del rosso) e schiarendo con un colore ottenuto mescolando arancione, rosa e carnicino ( il segreto è tentare di schiarire il rosso senza farlo virare verso una specifica tonalità arancione o rosata). I “Points”, le strisce nere che attraversano la stoffa, sono dipinte con Nero Avorio e Bruno van Diyk e bordate da piccole righe bianche. La sciarpa rossa in vita è realizzata invece aggiungendo al Rosso Cadmio Scuro del Caput Mortum e del Rosso di Marte, per ottenere una tonalità scura e leggermente marrone – violacea. Per il tascapane alla tracolla ho pensato ad una tela grezza, realizzata con una mescola di Terra d’Ombra Naturale, Bianco, Ocra Gialla e Caput Mortum; il tutto sfumato con del Nero Avorio e del Bianco più una punta di Ocra Gialla. Il corno pieno di polvere da sparo è invece stato dipinto simulando con il colore le venature dell’avorio, attraverso striature eseguite sulla base fresca con il Bruno van Diyk e con il Bianco. Ho cercato di dipingere i pantaloni di un colore molto caldo e visibile, per enfatizzare il contrasto con il cappotto, di una tonalità di grigio decisamente fredda. Il colore prescelto è stato un giallo ocra molto intenso, ottenuto con Ocra Gialla, Ocra Dorata, Terra d’Ombra Bruciata e Bianco, aggiungendo Ombra Bruciata e una punta di Blu Cobalto per le ombre e Bianco per le luci. A colore asciutto ho eseguito una velatura con il colore base e ritoccato luci ed ombre, venute in un primo momento meno intense e profonde del voluto. Per l’ambientazione ho cercato di riprodurre il sottobosco tipico delle foreste nord – americane: pietre aggredite dai licheni, radici contorte e il terreno umido cosparso di un “humus” indefinibile composto da foglie, rametti, corteccia ed altro... Ai piedi del nostro la preda appena recuperata (un castoro) e la trappola utilizzata per catturarla (entrambe presenti nella confezione del soldatino). www.laruotadeltempo.eu - [email protected]