Bianca del Rio Rubino Prima di appoggiarsi alla ringhiera del
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Bianca del Rio Rubino Prima di appoggiarsi alla ringhiera del
Bianca del Rio Rubino Prima di appoggiarsi alla ringhiera del terrazzo la donna accompagna lentamente i capelli bianchi verso il fermaglio che li raccoglie. La città si è espansa, risalendo verso le colline assolate con nuove realtà fra le palme e gli ulivi. Lei non si cura della vista verso il mare e i due porti, i suoi occhi guardano in basso verso il vecchio fico. Accanto, il rudere di un casone si appoggia al ponticello sul rio. Una mano si stacca a fatica e indica un mare inesistente di colorati ranuncoli. Li vede ondeggiare nel piano davanti alla casa che pare di nuovo solida e viva mentre un gruppo di operai si anima nei suoi ricordi. Ne ascolta il vociare e gli scherzi anche se non ne comprende i discorsi. Osserva con ammirazione sua madre che sta tirando la pasta sul tavolo. La sfoglia viene avvolta abilmente nel lungo mattarello, girata e capovolta sul piano infarinato per essere di nuovo stesa e assottigliata. All’impasto per la torta di verdura sta pensando lei, Bianca, ha raccolto le zucchine ancora bagnate di rugiada e le ha tagliate nel tempo che la sua età consente, ha poi unito riso, uova, tre belle manciate di formaggio grattugiato, un giro d’olio e ha provato a dimenticare la cipolla. La grossa terrina ondeggia pericolosamente sulle sue ginocchia mentre è intenta a mischiare tutto con un forchettone e, più di una volta, riesce ad agguantarla per misericordia prima che rovini a terra. Allunga le braccia cariche e consegna il ripieno con un sorriso soddisfatto. E’ pronta per il compito preferito e che sua sorella le invidia: tagliare la sfoglia di copertura per impedire che la torta si gonfi nel forno. La madre sbuffa impaziente alzando gli occhi al cielo mentre Bianca, con un paio di forbici di ferro che impugna a malapena, pizzica la superfice realizzando delle piccole V. Non respira mentre serra le labbra e procede attenta e millimetrica quasi cadendo sopra la teglia rotonda di rame. Ora che ha finito, spera che sia avanzata un poco di farcitura per riempire anche qualche fiore di zucca insieme ad Aurora così da farla contenta. A cuocere! La torta di zucchine dovrà essere servita tiepida, per buona creanza. Che diamine, calda vorrebbe dire essere in ritardo e fredda, beh fredda manifesterebbe il totale disinteresse verso chi ha diritto di mangiare dopo una mattinata di lavoro. Sarà accompagnata da un fiasco di quello buono, un vermentino lasciato a raffrescarsi nell’ansa del ruscello e protetto da un gruppo di canne . C’è però da stare attenti nell’andare a prenderlo, una serpe gira da qualche giorno e spaventa tutti i bambini del Rio Rubino. Basta chiedere a Bacì, lui non ha paura di niente. E’ il più forte degli operai che stanno sistemando il muro a secco del viottolo che porta alla vigna dai grappoli coperti di verderame. Ha un passato da boxeur e i più monelli lo prendono in giro per il naso rotto. Quando finge di arrabbiarsi ne solleva tre o quattro alla volta agguantandoli per il fondo dei pantaloni. A volte si staccano i bottoni che agganciano le bretelle e allora arrivano le madri. Quelle sì, le teme. Suona mezzogiorno. Bianca riempie i pesanti gotti sfaccettati ed è subito un accalcarsi intorno alla tovaglia a quadretti. Il vino scende fresco a lenire la stanchezza, i bicchieri si alzano e attraverso il vetro segnato di polvere e lavoro s’intravvede il colore che unito all’assaggio fa annuire soddisfatti gli uomini. Un rabbocco, un altro sorso. La lama del coltello affonda nella fragranza della torta. Le mani scivolano a pulirsi sui pantaloni. - Alla salute! Bacì si leva il fazzoletto che tiene sulla testa con quattro nodi agli angoli e lo infila in tasca. Un sorriso di contentezza accompagna il gesto, pregusta i frutti zuccherini e il breve riposo sotto i rami ombrosi del fico… Le voci si quietano, i ranuncoli gialli e viola si fondono nel profumo del cibo e del vino fino a scomparire. Resta solo la vecchia pianta, pronta a offrire un antico conforto.