COMUNE DI PIETRAMELARA RELAZIONE SULL`APPLICABILITÀ

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COMUNE DI PIETRAMELARA RELAZIONE SULL`APPLICABILITÀ
COMUNE DI PIETRAMELARA
Provincia di Caserta
Oggetto: P.S.R. Campania 2007-2013. "Infrastrutture connesse allo sviluppo ed
all'adeguamento dell'agricoltura e della silvicoltura". Misura 125 - Sottomisura 2.
"infrastrutture a servizio di aziende agricole".
PROGETTO RELATIVO ALLA SISTEMAZIONE DELLE STRADE
RURALI DENOMINATE SAN NICOLA-CINQUEVIE, GRASCIANO,
GURVO-SAN MARTINO
Ditta committente: Comune di PIETRAMELARA
RELAZIONE SULL'APPLICABILITÀ' DELLE
TECNICHE D'INGEGNERIA NATURALISTICA
1. Premessa
Termine di Ingegneria Naturalistica si riferisce all'insieme di quelle tecniche che,
praticate per ridurre il rischio di erosione del terreno negli interventi di
consolidamento, prevedono l'utilizzo di piante vive o parti di esse (semi, radici, talee),
da sole o in combinazione con materiali naturali inerti (legno, pietrame o terreno),
materiali artificiali biodegradabili (biostuoie, geojuta) o materiali artificiali non
biodegradabili (reti zincate, geogriglie, georeti, geotessili).
In Italia di I.N.(Ingegneria Naturalistica) si cominciò a parlare intorno alla fine dell'800,
quando cioè iniziarono a diffondersi in Europa le tecniche di gestione (manutenzione)
forestale. Furono soprattutto i tempi brevi di realizzazione e la relativa economia con
cui si lavorava (ad esempio l'uso di materiali naturali reperibili direttamente sul luogo
di intervento) che ne garantirono il successo e la rapida diffusione anche in altri
ambiti applicativi. Peraltro è importante evidenziare come ogni opera di I.N., proprio
perché realizzata con materiali naturali, necessiti di controlli e manutenzione
periodica (sfalcio della copertura erbosa, potatura delle piante arboree), nonché
come tali operazioni comportino un automatico incremento dei costi.
Negli ultimi anni, in Italia, si è registrata una maggiore sensibilità nei confronti
dell'ambiente in generale ed in particolar modo della tutela del paesaggio, con un
conseguente incremento nella diffusione delle tecniche di I.N.
Campo di applicazione
Le tecniche di I.N. vengono applicate in diverse tipologie di ambiente:
corsi d'acqua: consolidamento di sponde soggette ad erosione,
rinaturalizzazione; costruzione di briglie e pennelli; creazione di rampe di
risalita per l'ittiofauna;
zone umide: realizzazione di ambienti idonei alla sosta e alla riproduzione
degli animali;
coste marine e lacustri: consolidamento dei litorali soggetti ad erosione e
assestamento delle dune sabbiose;
versanti: consolidamento e inerbimento dei versanti;
infrastrutture viarie e ferroviarie: costruzione, inerbimento e rinverdimento di
scarpate e svincoli; realizzazione di barriere antirumore;
cave: recupero ambientale di cave estrattive abbandonate;
discariche: inerbimento e rinverdimento dei rilevati.
Tecniche di intervento
Le tecniche di I.N. prevedono l'utilizzo di piante intere o parti di esse (semi, radici,
talee) in combinazione con materiali naturali inerti (legno, pietrame o terreno) o, in
alternativa, con materiali artificiali biodegradabili (biostuoie, geojuta) e non ( reti
zincate, geogriglie, georeti, geotessili). Le piante utilizzate devono essere:
autoctone, originarie cioè dell'ambiente in cui devono essere inserite (ad
esempio in montagna si dovrebbe evitare l'uso di specie marino-costiere);
compatibili con l'ambiente e non dannose alle altre specie naturalmente
presenti, nel rispetto di tutto l'ecosistema;
pioniere, ossia capaci di colonizzare e resistere in ambienti non favorevoli e/o
sterili;
con specifiche caratteristche biotecniche (resistenza a trazione delle radici,
resistenza alla sommersione e all'inghiaiamento).
In relazione alle diverse condizioni ambientali di intervento (ad esempio,
geomorfologiche) si possono utilizzare più tecniche di ingegneria naturalistica, anche
con applicazione di tipo associata.
Normativa di riferimento
E' fatto esplicito riferimento alle tecniche di I.N. nella Legge n.415 del 18 Novembre
1998 (Legge Merloni) e in leggi e circolari regionali.
Vantaggi e limiti
L'impiego delle tecniche di I.N. presenta numerosi vantaggi:
funzionali. Le piante svolgono un'elevata funzione antierosiva, riducono la
forza battente delle piogge, con le radici trattengono le particelle di terreno
impedendo un loro dilavamento e aumentano la resistenza al taglio dei terreni;
ecologici. Gli interventi di I.N. presentano una elevata compatibilità ambientale
ed una discreta biodiversità, creano habitat paranaturali per la fauna (luoghi di
alimentazione, riproduzione, rifugio) e consentono un ridotto impatto
ambientale nella fase di cantiere (ad es. con l'utilizzo dei 'ragni', particolari
mezzi per lo scavo, molto agili e di ridotte dimensioni, è possibile limitare al
minimo le piste di accesso al cantiere);
economici. I costi di realizzazione sono concorrenziali rispetto alle analoghe
opere di ingegneria classica ed i costi per il ripristino ambientale del cantiere
sono ridotti.
Per un pieno successo degli interventi realizzati con tecniche di I.N. occorre
effettuare un'analisi di diversi parametri e fattori condizionanti:
geomorfologici. Le tecniche di I.N. possono essere impiegate per la
sistemazione di versanti con dissesti superficiali (scivolamenti corticali);
funzionali. L'efficacia delle tecniche di I.N. non è sempre immediata e vi è un
aumento della stessa nel tempo grazie allo sviluppo delle piante. Per esempio,
quando l'obiettivo è la riduzione immediata del rischio geologico-idraulico per
centri abitati e infrastrutture lineari, occorre effettuare un'attenta valutazione
delle scelte progettuali;
tecnici e costruttivi. Generalmente le opere di I.N. sono di ridotte dimensioni
(ad esempio le palificate doppie, che nel consolidamento dei versanti svolgono
una funzione assimilabile ai muri a gravità, possono raggiungere al massimo i
3 metri di altezza. Per quanto riguarda gli interventi in ambito fluviale, alcune
tipologie di difese spondali, come ad esempio la copertura diffusa, presentano
vari limiti di applicabilità legati alla pendenza dell'alveo, alla velocità delle
acque e al trasporto solido;
climatici. L'elevata variabilità dei caratteri climatici (regime pluviometrico e
termometrico) del territorio italiano condiziona le scelte delle specie vegetali da
impiegarsi nell'I.N. (ad es. lo stress idrico estivo);
esecutivi. Il periodo di realizzazione delle opere di I.N. è limitato al periodo di
riposo vegetativo delle specie vegetali utilizzate; talvolta vi possono essere
delle difficoltà nel reperimento delle specie vegetali autoctone necessarie per
l'intervento (ad es. miscugli non commerciali di specie erbacee per
l'idrosemina).
L'ingegneria naturalistica può svolgere importanti funzioni quali:
a) funzione idrogeologica: consolidamento del terreno, copertura del terreno,
trattenuta delle precipitazioni atmosferiche, protezione del terreno dall'erosione
eolica, drenaggio;
b) funzione naturalìstica: creazione di macro e microambienti, naturali divenuti
ormai rari, recupero di aree degradate, sviluppo di associazioni vegetali
autoctone, miglioramento delle caratteristiche chimico - fisiche del terreno;
e) funzione estetico - paesaggistica: rimarginazione delle "ferite" del paesaggio,
inserimento di opere e costruzioni nel paesaggio, protezione dal rumore;
d) funzione economica: risparmio sui costi di costruzione e di manutenzione di
alcune opere.
3. Ambiti di azione
Le tecniche di ingegneria naturalistica possono essere applicate in diversi
ambienti, quali:
a) corsi d'acqua: consolidamento e rivestimento delle sponde, costruzioni di
briglie e pannelli, creazione di rampe di risalita per l'ittiofauna;
b) zone umide: realizzazione di ambienti idonei alla sosta ed alla riproduzione
degli animali;
e) coste marine: consolidamento delle dune sabbiose;
d) cave: recupero ambientale di ex cave;
e) versanti: consolidamento ed inerbimento di pendici franose o piste da sci;
f) discariche: inerbimento e rinverdimento dei rilevati;
g) infrastrutture viarie: inerbimento e rinverdimento delle scarpate e degli svincoli,
realizzazione di barriere antirumore.
4. Tecniche di intervento
Le tecniche di intervento prevedono l'utilizzo di piante intere o di loro parti
(semi, radici, talee) per cui, a seconda delle diverse combinazioni, si possono avere
le seguenti tipologie di intervento:
a) semina (a spaglio, idrosemina, con coltre protettiva);
b) messa a dimora di talee (viminate, fascinate, copertura diffusa con astoni,
palificate, ecc.);
e) piantagione di piantine radicate (erbacee, arbustive o arboree).
Qualora l'impiego di piante o di loro parti non sia sufficiente per ottenere gli
obiettivi prefissati, si può fare riferimento anche ad altri materiali quali: pietrame,
legname, reti metalliche, griglie o reti in materiale sintetico o in fibra naturale.
Emblematica, come esempio di coniugazione di diversi materiali, è la palificata
in legname con talee ("parete Krainer") consistente in una struttura in legname, in
grado di consolidare il piede in una frana superficiale, rivestita da una compagine
vegetale arborea (salici, ontani, frassini, ecc.), arbustiva ed erbacea che ne
accresce la funzione statica e quella estetica.
In definitiva, le possibili combinazioni dei diversi materiali offrono una vasta
gamma di soluzioni per uno specifico problema e compete al tecnico individuare,
in base alla propria esperienza, quella più idonea da applicare.
5. Le infrastrutture viarie 5.1
Concetti generali
L'ingegneria naturalistica è un insieme di tecniche che, come esposto in
precedenza, consentono di mitigare gli impatti negativi causati dai vari interventi
antropici sul territorio.
Tra le numerose applicazioni di tali metodologie vanno senz'altro ricordate
quelle legate al miglioramento dell'inserimento nel paesaggio delle infrastrutture
viarie e ferroviarie.
Infatti è possibile intervenire al fine di ridurre alcuni effetti negativi di natura
estetica ed ambientali connessi alle vie di comunicazione già realizzate, anche se va
ricordato che è sempre più efficace predisporre certi interventi direttamente nella
fase progettuale dell'infrastruttura, in modo tale che le caratteristiche ed i limiti di tali
tecniche possano essere considerate e ponderate a priori e possano, quindi,
rientrare tra i vari fattori che determinano le scelte progettuali.
Le diverse tipologie di mitigazione di impatto applicabili possono essere
ricondotte a quattro principali categorie funzionali:
a) funzione statica: strutture di sostegno;
b) funzione antierosiva: inerbimene e reti protettive; e)
funzione antirumore: barriere fono-assorbenti;
d) funzione estetica: piantumazione di specie arbustive ed arboree.
Per quanto concerne la funzione statica, qualora lo spazio disponibile consenta
solo la realizzazione di scarpate con pendenza elevata, è possibile costruire
strutture di sostegno rinverdirli quali le terre rinforzate o i muri modulari a gravità che
possono essere griglie o tessuti in fibre sintetiche, travi o elementi planari in
calcestruzzo, pali o travi in legno.
Tali metodologie consentono la realizzazione dei cosiddetti "muri cellulari versi"
che hanno caratteristiche meccaniche, di durata e costi competitivi rispetto ai
tradizionali muri in calcestruzzo e, nel contempo, un grado di inserimento nel
paesaggio più elevato.
Le suddette strutture possono essere anche impiegate allo scopo di creare
delle barriere fonoassorbenti; l'inquinamento da rumore, infatti, sta diventando un
problema sempre più importante legato soprattutto all'enorme sviluppo della rete
viaria e ferroviaria che, molto spesso, non ha tenuto conto delle conseguenze
negative connesse all’attraversamento di aree urbane intensamente abitate.
Nel contempo, una barriera antirumore costituisce un efficace ostacolo al trasporto di
polveri e particolati, a volte ricchi di metalli pesanti, e quindi può anche svolgere una
funzione di protezione dall'inquinamento delle aree urbane situate troppo vicine a strade
caratterizzate da traffico intenso.
In tali realizzazioni risulta di fondamentale importanza la scelta di un'opportuna
compagine vegetale, in quanto le finalità estetiche e fonoassorbenti vengono maggiormente
ottenute, se lo sviluppo degli arbusti è ottimale.
Le condizioni ambientali all'interno di tali strutture sono particolari, soprattutto per il
difficile approvvigionamento idrico e, di conseguenza, nella scelta delle specie vegetali da
inserire andranno preferite quelle più rustiche e con uno sviluppo epigeo ed ipogeo
proporzionato agli spazi disponibili.
Al fine di ridurre i fattori limitanti la crescita e lo sviluppo degli arbusti messi a dimora
nelle strutture di sostegno rinverdibili sono da preferirsi, ove possibile, quelle che
consentono all'apparato radicale di penetrare in profondità nel terreno retrostante e che non
creano i cosiddetti "vasi" o "tasche", in quanto isolerebbero la componente vegetale dal
contesto del rilevato o del versante.
Anche il materiale di riempimento dei vuoti di queste strutture dovrà essere finalizzato
ad un corretto sviluppo delle piantine o delle talee messe a dimora e, quindi, dovrà
contenere una discreta percentuale di terreno ricco di humus.
Per quanto concerne i rilevati caratterizzati da pendenze più modeste, le tecniche
d'intervento di ingegneria naturalistica consentono la realizzazione di scarpate rinverdite
attraverso l'inerbimento con miscugli di sementi di specie erbacee idonee; qualora sia
necessario assicurare una certa protezione di superficie, si potranno anche impiegare reti o
stuoie in fibra naturale (yuta, coco, paglia, ecc.) o in materiale sintetico (poliammide,
polietilene, polipropilene o poliestere).
Per quanto riguarda l'obiettivo di migliorare l'inserimento estetico -paesaggistico delle
infrastrutture viarie, qualora gli spazi disponibili lo consentano, è consigliata la
piantumazione di specie arbustive ed arboree appartenenti alla vegetazione autoctona, ai
bordi delle strade, negli svincoli, nelle aree di sosta, ecc.
5.2 I materiali
In funzione dei problemi da risolvere o dei miglioramenti da apportare ad un
ecosistema paranaturale, le tecniche di ingegneria naturalistica utilizzano diversi
materiali tra cui le piante.
Attualmente, infatti, la tecnologia offre anche prodotti non naturali, ma di sintesi
e, perciò, è opportuno suddividere i veri materiali disponibili in:
a) materiali organici (o naturali):
•
materiali vegetali vivi;
•
materiali organici inerti;
b) materiali di sintesi;
e) altri materiali.
Materiali Vegetali vivi Sono materiali provenenti dal mondo vegetale che hanno la
capacità di rinnovare rapidamente rendendo più stabile il terreno:
a) sementi;
b) semenzali e trapinate di specie arbustive o arboree;
e) talee di specie arbustive o arboree: la talea è un segmento di fusto separato
dalla pianta madre capace di produrre radici avventizie e di rigenerare così un
altro esemplare, a volte con sviluppi considerevoli ed in breve tempo; questa
capacità è insita in diverse specie quali: salici, pioppi, noccioli, ecc. Le talee
possono presentarsi sotto diverse forme:
•
culmo: stelo di graminacea, in genere alofita, che produce un tallo;
•
talea piccola: fusto legnoso di 20-50 cm di lunghezza ed un diametro <
1-2 cm;
•
talea grossa: fusto legnoso di 50-100 cm di lunghezza ed un diametro di
4-15 cm;
•
ramaglia: rami dei quali non vengono eliminate le ramificazioni
secondarie;
•
astone: fusto legnoso di 1-3 m di lunghezza ed un diametro di 4-15 cm;
d) rizomi e radici: parti di organi sotterranei di riserva, in prevalenza di alofite,
capaci di produrre nuove piante;
e) piote erbose (zolle): insieme compatto di radici e fusti erbacei, di origine
naturale o prodotti in vivaio; vengono commercializzati in elementi di
dimensioni variabili (0,3-0,5 x 0,5-2,5 m), hanno uno spessore di 1-5 cm ed un
peso di 20-30 Kg/mq.
Materiali Vegetali inerti I materiali di origine organica, ma senza capacità vegetativa,
vengono detti inerti o "morti"; il loro uso può rendersi necessario, ad esempio, qualora
il periodo di intervento non sia idoneo all'impiego di quelli viventi;
ovviamente è auspicabile, ove tecnicamente possibile, un uso combinato dei diversi
materiali:
a) legname: tronchi, ramaglia, sciaveri, ecc;
b) reti di juta, fibra di cocco o di altri vegetali: idonee al rivestimento di terreni
soggetti a erosione ed al successivo inerbimento; sono materiali caratterizzati
da una decomposizione abbastanza rapida;
e) stuoie in fibra di paglia, di cocco o di altri vegetali: sono costituite da uno
scheletro in materiale vegetale ed hanno impieghi simili alle precedenti; in
commercio sono disponibili anche stuoie preseminate;
d) paglia o fieno: fissati al suolo mediante picchetti e fili di materiale
biodegradabile consentono una buona protezione dall'erosione superficiale;
e) compost: a base di cellulosa e lignina, viene utilizzato nell'idrosemina per la
realizzazione di un feltro di protezione del terreno, del seme e delle sostanze
fertilizzanti e per il mantenimento di un certo grado di umidità;
f) concimi organici: da impiegarsi qualora il substrato sia povero di sostanze
nutritive.
Materiali di Sintesi Esistono
diversi
materiali
di
sintesi
che
consentono
di
integrare efficacemente le tecniche "biologiche" ed assolvere al ruolo di protezione
del suolo fornendo una maggiore stabilità al terreno, soprattutto nelle prime delicate
fasi di intervento di consolidamento:
a) griglie, reti o tessuti di materiale sintetico: sono in poliammide, poliestere o
polipropilene e sono particolarmente idonee per:
•
il rivestimento dei terreni soggetti ad erosione e da consolidare;
•
il sostegno del terreno senza l'impiego di materiali quali ferro o
calcestruzzo in quanto il tessuto è in grado di sopportare da solo le
spinte e le tensioni esercitate dal terreno stesso;
•
il trattenimento delle sementi lungo i pendii instabili;
•
il drenaggio;
•
l'impermeabilizzazione.
Possono essere bi-trimensionali o a struttura alveolare (romboidale o
esagonale) e vengono commercializzate in rotoli; dopo essere state messe in
opera possono essere eventualmente ricoperte con terreno ed inerbite;
b) fertilizzanti chimici: da impiegarsi qualora il substrato sia povero di sostanze
nutritive;
e) collanti chimici: da utilizzarsi qualora vi siano fenomeni erosivi di una certa
rilevanza;
d) sostanze miglioratrici del terreno: idonee in substrati poveri di sostanze nutritive
o con una struttura ed una tessitura del terreno non ottimali.
Altri Materiali Vi sono altri materiali che vengono spesso utilizzati nelle tecniche di
ingegneria naturalistica e, in particolare, si ricordano:
a) pietrame: viene impiegato spesso per opere di protezione, di consolidamento
e, più raramente, di sostegno, nonché per la realizzazione di opere trasversali
quali le rampe di risalite per pesci;
b) ferro e acciaio: sono normalmente utilizzati quali elementi accessori di alcune
tipologie di opere quali, ad esempio, le difese spondali flessibili e le terre
rinforzate.
6. Aspetti economici dell'ingegneria naturalistica
Per quanto concerne l'aspetto economico dell'ingegneria naturalistica, i costi di
realizzazione dipendono dalle seguenti fasi di lavorazione:
1. acquisto o approvvigionamento del materiale;
2. trasporto del materiale;
3. realizzazione dell'opera;
4. manutenzione dell'opera.
In diverse realizzazioni effettuate soprattutto nei paesi alpini si è potuta
registrare una notevole convenienza economica (40-90%) rispetto ad interventi di
tipo tradizionale che richiedevano l'impiego del calcestruzzo.
Ovviamente, non tutte le tipologie di intervento tradizionali possono essere
sostituite con le tecniche di ingegneria naturalistica, ma è più opportuno cercare di
ottenere una loro integrazione sinergica.
La sperimentazione e applicazione di tale metodologia si applica, soprattutto in
ambienti mediterranei, al fine di meglio quantificare i relativi aspetti economici,
anche in relazione alle possibili varianti nella progettazione o nella organizzazione
del lavoro.
In alcuni paesi alpini, ad esempio, nei diversi lavori di consolidamento dei
versanti o di costruzione di infrastrutture viarie, è consuetudine destinare per le
opere a verde una percentuale (1-15%) dell'importo totale dell'intervento: ciò
determina il positivo effetto di rendere obbligatoria una serie di opere di mitigazione
degli impatti che utilizzano proprio il materiale vegetale vivo.
Nella valutazione degli aspetti economici delle diverse metodologie da
adottare, infine, bisogna anche tenere presente il fatto che l'impatto ambientale degli
interventi antropici sul territorio è difficilmente quantificabile in termini economici, ma
indiscutibilmente deve essere considerato con attenzione in una moderna e corretta
fase progettuale; in tale prospettiva la mitigazione degli impatti riveste un ruolo
fondamentale e, pertanto, le tecniche e le opere di ingegneria naturalistica hanno un
valore intrinseco ancora più elevato.
7. Finalità progettuale
Sinteticamente si riportano le varie finalità che con l'uso di tali tecniche
naturalistiche si intendo perseguire con il presente progetto.
La considerazione che a priori va segnalata è che l'area oggetto di intervento
non presenta particolari problemi di instabilità per cui si farà ricorso solo all'uso di
quelle tecniche che assicurano la stabilità dell'infrastruttura viaria in funzione della
destinazione dell'infrastruttura stessa.
Altro aspetto che in definitiva va considerato è quello della conservazione
dell'ambiente naturale esistente unitamente ad un costo contenuto delle opere
progettate.
Non si farà molto uso di opere in calcestruzzo, ad eccezione delle opere di
regimazione idraulica, ai fini della eliminazione delle erosioni e delle incisioni dovute
alle infiltrazioni delle acque superficiali, o degli attraversamenti trasversali delle
carreggiate con tubazioni prefabbricate.
Le finalità, quindi, sono quelle di:
a) consolidare gli strati superficiali dei terrapieni, ove esistano tratti in trincea,
con l'impiego di inerbimento e riverdimento delle scarpate e degli svincoli;
b) consolidare e stabilizzare le scarpate con l'uso di gabbionate, viminate e
graticciate;
e) migliorare dal punto di vista visivo la natura ai lati della strada con semine di
specie arboree tipiche della zona limitatamente alle zone di pertinenza
stradale.
8. Verifica di stabilità di una viminata
8.1 Premessa
Si è ritenuto doveroso procedere a questo tipo di verifica per sopperire alle
incertezze sulla stabilità dell' opera nel periodo transitorio iniziale, durante il quale le
talee non hanno ancora attecchito allo strato di terreno vegetale; in tal caso la
stabilità dell'opera è data solo dall'interazione tra la viminata, intesa come opera
inerte, ed il terreno.
La viminata, per struttura e comportamento rientra nella categoria delle opere
di sostegno flessibili.
Il modo di procedere, comunemente accettato, per calcolare le opere di
sostegno in genere, si basa sui metodi dell' equilibrio limite.
! risultati che si ottengono sono necessariamente approssimativi e non
consentono di indagare direttamente i processi di deformazione, tuttavia le misure
effettuate su numerose opere realizzate e tenute in osservazione hanno confermato
che tale procedura è applicabile con accettabile grado di sicurezza nella
maggioranza delle opere di sostegno flessibili.
8.2 Riferimenti normativi
•
D.M. 11/03/1988 "Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle
rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le
prescrizioni per la progettazione, l'esecuzione e il collaudo delle opere di
sostegno delle terre e delle opere di fondazione ";
•
D.M. 03/04/1975 "Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche";
•
D.M. 16/01/1996 "Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche".
8.3 Criterio di calcolo
Le ipotesi di calcolo delle spinte e delle resistenze del terreno devono essere
giustificate sulla base di considerazioni sui prevedibili spostamenti relativi viminataterreno, in relazione alla deformabilità dell'opera, alle sue condizioni di vincolo, alle
modalità esecutive ed alle caratteristiche del terreno.
Nel caso specifico di verifica della viminata il calcolo consiste nell'individuare la
profondità di infissione dei pali attraverso l'equilibrio dei momenti delle forze agenti
rispetto al punto "C" e la verifica alla traslazione orizzontale.
Il codice di calcolo utilizzato per la stima dei coefficienti di spinta attiva e
passiva deriva dalla formulazione analitica della teoria di Rankine: ka =
tg2(45°-0)/2)
kp = tg2(45°+0)/2) con O angolo di attrito del
terreno. Considerando che tf> = 27° si ricava ka = 0,37 e kp
= 2,66
La verifica alla traslazione orizzontale e quindi allo scorrimento lungo il piano di
appoggio dell' opera consiste nell'assicurare che la risultante delle forze orizzontali
passive, mobilitate dallo scorrimento della viminata contro il terreno a valle (Spinta
passiva), sia adeguatamente superiore alla componente orizzontale della forza
attiva applicata dal terreno di monte alla viminata (Spinta attiva).
Il margine di sicurezza viene generalmente espresso come il rapporto tra le
due quantità suddette e in base a quanto richiesto dalle norme deve essere Fs >1,3.
Il secondo tipo di verifica consiste nel determinare la profondità di infissione
dei pali oppure nel verificare che il momento rispetto al piede di valle (punto "C")
della risultante delle forze passive sia maggiore del momento della risultante delle
forze attive secondo il coefficiente di sicurezza Fr che secondo le nome deve essere
>1,5.
•
Calcolo della spinta attiva con y = 17 kN:
Sa = 0,5 Hi2KaY = 5,31 kN/m (Applicata ad Hi/3)
•
Calcolo della spinta passiva con y = 17 kN:
Sp = 0,5 H22 Kp Y = 22,61 kN/m (Applicata ad H2/3)
•
Verifica di stabilità allo scorrimento:
Fs = F/Fm = Sp/Sa = 22,61/5,31 =4,25 > 1,3
•
Momento resistente per H^= 1,30m e H? = 1,00 m: Mr =
SpH2/3= 22,61 x 0,33 = 7,46 kN m
•
Momento motore:
Mm = SaHT/3= 5,31x0,43 = 2,28 kN m
• Verifica di stabilità al ribaltamento:
Fr = M/Mm = 3,27 > 1,5.
9. Verifica di stabilità di una gabbionata 9.1
Premessa
La gabbionata, per struttura e comportamento rientra nella categoria delle
opere di sostegno rigide. Il modo di procedere, comunemente accettato, per
calcolare le opere di sostegno in genere, si basa sui metodi dell'equilibrio limite.
I risultati che si ottengono sono necessariamente approssimativi e non
consentono di indagare direttamente i processi di deformazione, tuttavia le misure
effettuate su numerose opere realizzate e tenute in osservazione hanno confermato
che tale procedura è certamente affidabile nel caso delle opere di sostegno rigide.
9.2 Riferimenti normativi
•
D.M. 11/03/1988 "Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle
rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le
prescrizioni per la progettazione, l'esecuzione e il collaudo delle opere di
sostegno delle terre e delle opere di fondazione ";
•
D.M. 03/04/1975 "Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche";
•
D.M. 16/01 /1996 "Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche".
9.3 Criterio di calcoIo
Nel caso specifico, le verifiche di stabilità vengono condotte assimilando la
gabbionata ad un muro di sostegno a gravità.
Le verifiche geotecniche dei muri riguardano:
a) Verifica alla traslazione lungo il piano di posa;
b) Verifica al ribaltamento;
e) Verifica della rottura del complesso fondazione-terreno; d)
Verifica di stabilità globale.
La verifica alla traslazione lungo il piano di appoggio (punto a) del muro
consiste nell'assicurare che la risultante delle forze di attrito al contatto muro-terreno
sia adeguatamente superiore alla componente orizzontale della risultante della più
sfavorevole combinazione di forze esterne (F > 1,3).
Per soddisfare la verifica al ribaltamento del muro (punto b) si deve assicurare
che il momento rispetto al piede di valle della risultante del peso sia maggiore del
momento della risultante delle azioni orizzontali (Fr > 1,5).
La verifica della fondazione (punto e) consiste nel valutare il carico limite e il
carico ammissibile e assicurarsi che il loro rapporto sia pari ad F, con F > 2.
La verifica di stabilità globale (punto d) viene condotta per valutare la
variazione dello stato tensionale del pendio dovuta all'inserimento dell'opera; il coefficiente
di sicurezza nei confronti di potenziali fenomeni di instabilità è F > 1,3; nel caso specifico si
omette tale verifica data l'esigua variazione dello stato tensionale dovuta alla particolare
orografia del territorio interessato da tali opere.
Le ipotesi di calcolo delle spinte e delle resistenze del terreno devono essere
giustificate sulla base di considerazioni sui prevedibili spostamenti relativi gabbionataterreno.
Il codice di calcolo utilizzato per la stima dei coefficienti di spinta attiva e passiva
deriva dalla formulazione analitica della teoria di Rankine:
ka = tg2(450-(D/2)
kp = tg2(45D+(D/2) con cp angolo di attrito del terreno.
Considerando che O = 27° si ricava ka = 0,37 e kp = 2,66.
•
Calcolo della spinta attiva con y = 17 kN e H = 1,00 m: Sa 0,5 Hi2 Ka y = 3,14 kN/m (Applicata ad Hi/3)
•
Calcolo della forza di attrito del muro con 5 = 20° ym = 22 kN: Sm =
BHYm = 0, 50x1 , 0 0 x1 9 = 11 kN/m
•
Verifica di stabilità allo scorrimento:
Fs = Smtgò/Sa cosò = 4,00/2,95 = 1,4 > 1,3
•
Momento resistente:
Mr = SmH/3= 11 x 0,33 = 3,63 kN m
•
Momento motore:
Mm = SaH/3= 3,14x0,33 = 1,03 kN m
•
Verifica di stabilità al ribaltamento: Fr =
Mr/Mm = 3,52 > 1,5.
•
Verifica di stabilità della fondazione:
o Determinazione del carico ultimo:
quit viene determinato con la formula di Brinch-Hansen, tenendo conto che:
e' - o
sy = 1
q=0
dy = 1
c]ult = 109,4 kN/m
qult = sy dy iy 0,5 y Ny
iy = 0,38
2
Determinazione del carico massimo:
q max = P/BL = 22 kN/mq.
Il Progettista
Nq = 33,26
Ny = 33,88