Un ricercatore clinico per rari tumori del sangue

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Un ricercatore clinico per rari tumori del sangue
VITA DI RICERCATORE
Le malattie mieloproliferative
Un ricercatore clinico
per rari tumori del sangue
Dagli esordi faticosi come medico volontario
e ricercatore senza fondi alla direzione
di un ambizioso progetto finanziato grazie
al 5 per mille di AIRC: Alessandro Vannucchi
spera così di aiutare i pazienti a vivere a lungo
a cura di FABIO TURONE
tto anni da ricercatore volontario, non pagato: tanto ha
dovuto resistere, dopo la
laurea, prima di ottenere un
posto come medico ospedaliero nella struttura in cui tutte le mattine timbrava metaforicamente il cartellino dopo aver preso un treno locale da Pistoia e poi lo scooter fino all’Ospedale
universitario di Careggi. È attraverso questa
ostinata gavetta che
Alessandro Vannucchi
è arrivato a vincere il
concorso per l’abilitazione all’insegnamento e infine – nel 2002, a vent’anni dalla
laurea – la cattedra di ematologia all’Università di Firenze.
Lunghi anni in cui la giornata dedicata all’attività di laboratorio – grazie
alla quale aveva cominciato a pubblicare ricerche su importanti riviste già
prima di laurearsi – era spezzata dal lavoro necessario a portare a casa lo stipendio: “Partivo poco prima delle otto
da Pistoia e la mia giornata lavorativa
iniziava alle nove” racconta l’ematologo. “Alle due del pomeriggio, sempre
con lo scooter, andavo a lavorare in un
O
laboratorio privato di analisi, a leggere
e interpretare i risultati degli esami.
Verso le cinque tornavo in laboratorio,
fin verso le otto di sera”.
Notte e festivi erano spesso dedicati
all’attività di guardia medica, nelle montagne attorno a Pistoia. “Dal sabato dopo
pranzo al lunedì alle otto del mattino
presidiavo un ambulatorio dotato di una
branda e ben pochi confort, dove spesso
arrivavano telefonate
con richieste di visite
domiciliari in località
sperdute tra le montagne, assai difficili da
raggiungere. Ricordo il
contrasto tra la durezza dell’ambiente e l’estrema gentilezza
delle persone, che al medico riservavano
un’accoglienza come in famiglia” ricorda. “È stata un’esperienza importante,
perché lavorando in un contesto di frontiera, in cui in ogni momento potevo
trovarmi a fronteggiare situazioni drammatiche, credo di aver acquisito la capacità di affrontare l’imprevisto e le emergenze con tranquillità e freddezza”.
Una notte fu svegliato da una telefonata che lo informava che era scoppiato
un incendio in ospedale: “Un’apparecchiatura di quelle che funzionano giorno
La costanza
di perseguire
l’obiettivo
di fare ricerca
e notte per portare avanti gli esperimenti
aveva preso fuoco” racconta. “Corsi immediatamente in ospedale, dove i vigili
del fuoco mi aspettavano per mettere in
sicurezza il materiale radioattivo presente in laboratorio. Poi con l’aiuto del caposala e dei colleghi lavorammo alcune ore
per attrezzare in una zona diversa dell’ospedale il day hospital per le chemioterapie. Alla fine ero stremato, ma i pazienti
che arrivarono alle otto e mezza non ebbero alcun disagio”.
Era il 1995, e tutta l’attrezzatura di ricerca messa insieme negli anni era andata distrutta: “L’assicurazione risarcì i
danni solo in parte, ma anche grazie ai
fondi che già allora ricevevo da AIRC riuscimmo a non interrompere l’attività
di ricerca, seppure accampati per alcuni
mesi nei locali che erano stati una piccola cucina, mentre i laboratori venivano
ristrutturati”.
GENNAIO 2012 | FONDAMENTALE | 5
VITA DI RICERCATORE
Le malattie mieloproliferative
Le cenerentole
dell’ematologia
Il suo filone di ricerca è rimasto sempre quello delle malattie mieloproliferative (forme di crescita incontrollata delle
cellule del sangue che possono dare origine a tumori o che sono maligne già nelle
fasi iniziali), “cenerentole dell’ematologia”, su cui Vannucchi aveva pubblicato i
primi studi ancor prima della laurea, conseguita nel 1982 all’Università di Firenze.
Grazie a quei primi lavori, aveva conquistato rapidamente visibilità a livello internazionale, tanto che nel 1986 fu chiamato
a Londra, all’Ospedale St. Thomas, nel cui
laboratorio volevano allestire una metodica originale che aveva ideato e pubblicato. Erano anni in cui per mettere insieme
un laboratorio sperimentale con pochi
soldi occorreva molta inventiva: “Il laboratorio non esisteva, e io avevo pochissimi fondi per lavorare. I primi apparecchi
costosi arrivarono in virtù di un accordo
con un collega più anziano, che disponeva di
fondi per la ricerca: a
lui serviva qualcuno
che studiasse le caratteristiche immunologiche dei tumori nei suoi
pazienti, e io in cambio usavo l’apparecchiatura anche per le mie ricerche”. Accanto ai macchinari sofisticati trovavano
posto anche apparecchiature autocostruite con i materiali più vari: “Le mie prime
In questo articolo:
5 per mille
ematologia
malattie mieloproliferative
colonne cromatografiche, impiegate per
separare una proteina dalle urine dei pazienti, le realizzai con dei tubi da gronda e
filtri in vetro. Con quell’apparecchiatura
ho portato a termine esperimenti che mi
hanno fruttato alcune pubblicazioni importanti” ricorda con l’orgoglio del bricoleur.
Dal bricolage
all’open access
La passione per i lavori manuali (“abbastanza comune a quei tempi per chi lavorava in laboratorio: oggi tutto è sempre
più automatizzato”) trovava sfogo anche
nel tempo libero, nel garage di Pistoia in
cui passava le domeniche a restaurare
vecchie Moto Guzzi, prima un Airone 250
e poi un Nuovo Falcone 500, con cui ha
sempre amato fare lunghe escursioni in
montagna. Parlando oggi delle apparecchiature da laboratorio usa una curiosa
immagine: “Se vedo
uno strumento, anche
da pochi soldi, lasciato
sporco, mi arrabbio
peggio che se mi sporcano la moto”.
Oggi i fondi del 5
per mille AIRC hanno decisamente elevato di rango le malattie “cenerentole”
di cui Vannucchi si occupa da sempre, e
il gruppo di ricerca – che coinvolge 68
persone in 7 centri – ha finalmente
Si dedica
a tumori rari,
cenerentole
dell’ematologia
“
Informazioni
per i pazienti
Con lo stesso spirito, l’équipe di Vannucchi ha realizzato un ricchissimo sito
internet e volumetti informativi (vedi il
riquadro) attraverso i quali aggiorna pazienti e familiari sulle malattie e sui progressi della ricerca. “Queste malattie stanno diventando un modello molto interessante per la ricerca oncologica, per cui in
termini generali la loro importanza va
ben al di là della diffusione modesta che
fa di loro delle malattie rare” spiega Vannucchi, secondo il quale parecchi elementi fanno pensare che spesso vengano sottodiagnosticate. “Le nostre ricerche
hanno come primo obiettivo quello di caratterizzare meglio le cellule dei pazienti
dal punto di vista molecolare, così da individuare quelli che rischiano un’evoluzione verso la trombosi, cioè la formazione
LIBERO ACCESSO ALLE INFORMAZIONI
pen access: accesso aperto,
a medici, malati e familiari.
È questa la filosofia che
anima l’attività di ricerca e cura
di Alessandro Vannucchi, che ha
messo in piedi un ricchissimo
sito internet (all’indirizzo
www.progettoagimm.it) per
rendere conto di tutte le novità di
rilievo sulle ricerche in corso con
fondi AIRC e in generale sulle
malattie mieloproliferative di cui
si occupa (con in testa
O
tutto ciò che serve.
“Già nel primo anno abbiamo completato uno studio che è stato da poco pubblicato sulla prestigiosa rivista Blood” racconta l’ematologo toscano, aggiungendo
un dettaglio significativo: “Sapendo che
per molti medici l’accesso alla letteratura
comporta costi proibitivi, abbiamo deciso
di pagare noi la rivista per ottenere che
l’articolo sia disponibile anche ai non abbonati, con la logica dell’open access, dell’accesso aperto”.
mielofibrosi, trombocitemie
essenziale e policitemia vera,
che complessivamente colpiscono
circa tre-quattro persone su
100.000 e quindi sono considerate
malattie rare).
Accanto ai nomi e ai recapiti di
tutti i ricercatori coinvolti, il sito
elenca le pubblicazioni del gruppo
e offre un notiziario per medici e
ricercatori. A breve ospiterà in pdf
due volumetti informativi sulla
mielofibrosi e sulla policitemia
”
rivolti ai malati: “Li abbiamo
realizzati con la Società italiana
di ematologia e li distribuiremo
gratuitamente in tutte le
ematologie italiane” spiega
Vannucchi, che nella primavera
del 2011 ha anche realizzato
un’apprezzata giornata dedicata
ai pazienti con malattie mieloproliferative croniche (cioè a rischio
di evoluzione cancerosa), che sarà
ripetuta il 20 aprile di quest’anno
(www.mpn-florence.com).
“
TUTTI I MEMBRI
DEL GRUPPO
di pericolosi coaguli, e più in generale
quelli che devono aspettarsi una minore
sopravvivenza”.
Uno dei problemi che medici e malati
si trovano spesso davanti con una diagnosi di malattia mieloproliferativa in fase
precancerosa è l’enorme incertezza sull’evoluzione futura, che rende assai difficile
decidere l’approccio da tenere, al di là
della vigilanza con controlli regolari. Se si
sapesse quali persone hanno le prospettive peggiori a brevissimo termine si potrebbe indirizzarle verso un trapianto di
staminali, che oggi viene usato in casi
molto rari perché presenta una mortalità
del 50 per cento, un rischio che però varrebbe la pena di correre se non ci sono alternative. Il passo successivo, che dovrebbe aumentare la percentuale di pazienti
curabili, sarà di individuare nuovi farmaci o nuove combinazioni capaci di offrire
benefici a specifiche sottopopolazioni di
pazientii. “Attualmente i trattamenti sono
fondamentalmente palliativi, per ridurre i
sintomi, mentre si interviene con l’educazione del paziente, per ridurre tutti gli
altri fattori che espongono a un maggior
rischio di trombosi, dovuta alla presenza
di un eccesso di cellule nel sistema vascolare, come accade in molti cancri del sangue” spiega Vannucchi.
Ricerca al servizio
del paziente
Il progetto legato al 5 per mille prevede una sperimentazione multicentrica
che coinvolgerà 20 giovani donne con
una grave trombosi addominale causata
da una proliferazione incontrollata delle
cellule del sangue, così come accade ai
malati di tumori ematologici: lo scopo è
valutare l’efficacia di un farmaco (un inibitore del gene Jak2, che verrà fornito gratis dall’azienda farmaceutica) nel ridurre i
danni a fegato e milza, migliorare la qualità della vita e la sopravvivenza.
L’assegnazione dei fondi AIRC ha
avuto anche un effetto indiretto sulla
vita professionale di Vannucchi: “Questo finanziamento non ci ha solo messo
in condizione di lavorare al meglio –
cosa assai difficile nelle strutture pubbliche – ma ha anche accresciuto all’interno dell’università l’apprezzamento
per il lavoro del nostro gruppo, perché
diamo la dimostrazione di riuscire a
unire, nell’interesse del paziente, la ricerca alla diagnostica e alla terapia”. È
proprio l’immagine che descrive la medicina traslazionale e la ragione principale per cui AIRC ha scelto di finanziare
progetti dalle sicure ricadute concrete.
”
i chiama AIRC-Gruppo
Silvia Marsoni
italiano
col marito (in
malattie mieloproliferative
nel giardino
sigla AGIMM) e riunisce
68
dellagruppi,
casa
ricercatori in sette distinti
torinese
coordinati da Firenze da Alessandro
Vannucchi e finanziati grazie ai
proventi del 5 per mille. Uno su tre è
un medico che passa continuamente
dal laboratorio al reparto,
trasferendo ogni nuovo progresso
dall’uno all’altro. Accanto alla
Sezione di ematologia dell’Università
di Firenze operano:
S
•l’Unità di epidemiologia
clinica/Centro per lo studio della
mielofibrosi, IRCCS Fondazione
Policlinico S. Matteo, Pavia
(Giovanni Barosi);
•il Dipartimento oncoematologico,
Fondazione IRCCS Policlinico San
Matteo e l’Università degli Studi di
Pavia (Mario Cazzola);
•l’IFOM- Istituto FIRC di oncologia
molecolare, Milano (Elisabetta
Dejana);
•l’Unità di ematologia, Ospedali
riuniti di Bergamo (Alessandro
Rambaldi);
•il Dipartimento di scienze cliniche e
biologiche dell'Università di Torino
(Daniela Cilloni);
•il Dipartimento di scienze
biomediche dell’Università di
Modena e Reggio Emilia, Modena
(Rossella Manfredini).
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