Il ferro: il materiale della rivoluzione industriale

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Il ferro: il materiale della rivoluzione industriale
MATERIALI
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Il ferro:
il materiale
della rivoluzione
industriale
(Dal volume “Atlante dell’acciaio” di H. Schulitz, W. Sobek,
K. Habermann. UTET Scienze Tecniche, 1999)
Nella rivoluzione industriale il ferro occupa un posto
fondamentale. In campo artistico, i processi di produzione
diventano un tema iconografico e rispecchiano in maniera
impressionante le condizioni di lavoro dell’epoca. Nel suo
quadro “La ferriera di Cyfarthfa” (Figura 1), il pittore inglese
Julius Caesar Ibbetson (1759-1817) ha riprodotto una scena
da una fucina. I masselli di ferro incandescenti vengono
posti sotto un pesante maglio, in genere azionato da acqua,
per essere fucinati.
“Nulla è più maestoso del modo in cui la mano dell’uomo
domina il metallo ribelle. Dovunque si volge lo sguardo si
Figura 1.
“La ferriera di Cyfarthfa”,
Julius Caesar Ibbetson (1759-1817)
incontrano mani attente. Un vigoroso artigiano lamina con
la pesante leva il pane di ferro nel forno di puddellatura,
che egli osserva attraverso un foro praticato nella parete del
forno. Si perderebbe infatti la vista fissando troppo a lungo
il metallo incandescente. Un altro lavoratore apre le porte
del forno di affinazione, prende con la tenaglia una enorme
barra e la trascina velocemente sulle piastre di ghisa del
pavimento sotto il possente maglio... È in queste officine che
si vede realmente il trionfo dello spirito umano sulla massa
informe, qui si può seguire al meglio il suo progresso. Qui si
trovano gli archetipi del corpo umano, in quanto un lavoro
così pesante raddoppia la forza muscolare, e i modelli adatti
agli scultori.”
Questa rappresentazione dell’attività lavorativa, come si
svolgeva nelle ferriere di Fourchambault, apparsa nella
“Illustrierte Zeitung” del 1849, idealizza con il suo tono
eroico le dure condizioni lavorative dell’epoca. Il passaggio
dal carbone di legna al carbon fossile e al coke nel caricamento
degli altiforni rende possibile la produzione di massa del
ferro, oltre a una serie di altri sviluppi. Le conseguenze
che tutto ciò avrebbe avuto per il paesaggio, l’urbanistica e
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Figura 2.
Altoforno degli stabilimenti Laura
Figura 3.
Sezione di altoforno
Figura 4.
Sezione di forno di puddellaggio
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l’ambiente, vengono mostrate dal complesso di altiforni degli
allora avanzati stabilimenti Laura (Figura 2).
Le fasi essenziali della lavorazione vengono descritte con l’ausilio
di una sezione verticale di un altoforno (Figura 3). L’inclinazione
rende inutile l’impiego di un ascensore di caricamento.
Carbone, minerale e fondente vengono continuamente versati
dall’alto. I gas prodotti possono fuoriuscire senza ostacoli.
Il livello scende in relazione al processo di fusione. Dal basso
viene soffiata aria preriscaldata e la carica viene fatta colare a
intervalli regolari.
La ghisa ora prodotta in grandi quantità è caratterizzata da
fragilità e bassa resistenza alla trazione. La qualità del materiale
di partenza influenza il risultato finale. Ma, grazie a una
resistenza alla compressione 100 volte superiore alla pietra, non
bisogna attendere molto per vedere i primi impieghi in edilizia,
motivati soprattutto dalla possibilità di risparmiare materiale e
peso. Mancano i relativi procedimenti di calcolo e le proprietà
metalliche della ghisa non sono pienamente conosciute,
pertanto si fanno esperimenti su scala 1:1. I primi tentativi si
registrano nella costruzione di ponti e di strutture industriali.
Con la seconda lavorazione del ferro grezzo nel cosiddetto
forno di puddellaggio, inventato nel 1784 da Henry Cort
(figura 4), si riduce il contenuto di carbonio del ferro. Il ferro
viene portato a fusione, mescolato e formato in lingotti. Questi
lingotti vengono invece fucinati con il maglio a formare cilindri
di lunghezza di circa 50 cm e diametro di 7-10 cm. Dopo la
laminatura in barre, attraverso le ulteriori fasi di pacchettatura
e saldatura (le barre, squadrate a 50 cm, vengono affiancate
quattro a quattro, riscaldate al punto di saldatura e sottoposte
alla laminazione finale), si ha il confezionamento finale del
ferro puddellato.
Parallelamente al costante progresso della tecnica dei forni
e della metallurgica, la macchina a vapore e la ferrovia
rappresentano importanti pietre miliari dell’industrializzazione,
da un lato traendo vantaggio dallo sviluppo della tecnica del
ferro e dall’altro contribuendo direttamente al suo ulteriore
sviluppo. Mentre la macchina a vapore espleta importanti
compiti nell’azionamento di altiforni, fucine e laminatori, la
ferrovia diventa indispensabile per il trasporto delle materie
prime e dei semilavorati. Anche lo sviluppo delle macchine
utensili (invenzione del tornio di Maudslay nel 1810) è
determinante per la seconda lavorazione del nuovo materiale.
Le più importanti figure nella fase successiva della storia
della produzione del ferro sono Kelly negli Stati Uniti ed
Henry Bessemer in Europa.
Con l’invenzione del “convertitore Bessemer” (la prima
idea risale al 1855) (Figure 5 e 6) diventa possibile produrre
direttamente l’acciaio dalla ghisa di prima fusione. Con
l’iniezione di aria compressa il carbonio presente nella ghisa
si combina con l’ossigeno e viene eliminato. Purtroppo non
è ancora possibile garantire la qualità, e si possono lavorare
solo i minerali che non contengono fosforo. A partire dal
1879 viene utilizzato il procedimento sviluppato da Sidney
Gilchrist Thomas.
Il procedimento Martin-Siemens (principio del forno a
rigenerazione) viene all’inizio impiegato per la fusione di
rottami e scorie dei laminatoi. Dopo il superamento di molti
ostacoli tecnici, il nuovo “forno Martin-Siemens” diventa
idoneo anche per la produzione di massa di acciaio dal
minerale.
Un’ulteriore tappa nello sviluppo storico che stiamo
delineando è data dalla produzione di acciaio attraverso
l’elettricità, le cui radici risalgono al XIX secolo ma che
diventa economica solo in tempi più recenti, ovvero da
quando esiste una disponibilità di quantità sufficienti di
energia elettrica.
Figura 5.
Convertitore Bessemer
Figura 6.
Immagine dell’acciaieria Bessemer
Il miglioramento qualitativo della tecnologia del materiale
nel corso degli ultimi cento anni può essere illustrato
prendendo come esempio la Torre Eiffel. Se l’edificio, per la
sua epoca all’avanguardia in termini di struttura e impiego di
materiale, era composto da circa 7000 tonnellate di acciaio,
oggi si riuscirebbe a costruirlo con 2000 tonnellate. Anche
l’effetto ottico sarebbe sicuramente molto diverso...
In riferimento al periodo dal quale è noto il ferro (3000
anni), l’impiego di ferro e acciaio in edilizia occupa un
lasso di tempo (250 anni) relativamente breve. Per quanto
riguarda le strutture portanti, l’uso di ferro e acciaio può
essere diviso in tre periodi: il periodo della ghisa (17801850), il periodo del ferro battuto (1850-1900) e il periodo
dell’acciaio, dal 1880 fino ad oggi. I momenti di passaggio
tra un periodo e l’altro non sono tuttavia netti. A seconda
delle necessità, ghisa e ferro battuto vengono impiegati
anche insieme. Se nei primi anni dell’impiego di strutture
portanti in ferro in edilizia sono necessari molti tentativi,
tra il 1850 e il 1870 si nota una modifica nelle modalità
di dimensionamento, essendo ora possibile elaborare
con calcoli strutture portanti semplici. Grazie alla teoria
dell’elasticità elaborata da William Rankine nel 1859 in base
a considerazioni pratiche (“Manual of Civil Engineering”), a
un maturo procedimento grafico per la determinazione delle
forze (che si basa sulle precedenti esperienze dell’edilizia in
legno) e ai valori di resistenza dei chiodi, l’ingegnere è in
grado di determinare al tavolo da disegno le dimensioni
delle strutture portanti.
Il passaggio dal ferro fucinato all’acciaio (circa 1880-1900)
consente di incrementare le tensioni ammesse e di impiegare
sezioni laminate maggiori, ma solo negli anni Trenta
del nostro secolo si ha il salto successivo. L’introduzione
della saldatura modifica in maniera radicale le tecniche di
produzione e pure progetto e dimensioni devono adeguarsi.
Raggiungere la stabilità con spigoli resistenti a flessione invece
che con controventi diagonali porta al principio strutturale
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Figura 7.
Produzione di travi forate
con una tagliatrice
a controllo numerico
del portale, una struttura portante che ha caratterizzato in
maniera fondamentale l’architettura del successivo periodo.
Nei procedimenti di dimensionamento accanto alla teoria
dell’elasticità appare quella della plasticità. Oggi, grazie
ai computer, è possibile ottimizzare le strutture portanti
attraverso calcoli estremamente sofisticati, che riescono a
operare una valutazione della struttura generale, per esempio
inserendo gli effetti di tutti gli elementi secondari come
facciate, rivestimenti e pareti divisorie.
Lo sviluppo di semilavorati sempre più accurati (fusione
di precisione) con proprietà definite con esattezza e la loro
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lavorazione con procedimenti di taglio, punzonatura e
saldatura a controllo numerico rendono le costruzioni in
acciaio una opportunità degna della massima considerazione,
anche in prospettiva futura. L’aspetto della riutilizzazione
e della riciclabilità del materiale occupa un ruolo non
marginale anche in edilizia, in un’epoca di aumentata
consapevolezza ecologica. Non è infatti necessario partire
sempre dall’impiego della materia prima e nessun altro
materiale mostra una analoga capacità di adattamento
alle situazioni più diverse e una uguale possibilità di
cambiamento, demolizione e ricostruzione.