Manuale del Norcino

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Manuale del Norcino
Il Purcitâr te tradizion furlane
Manuale del Norcino
Manuale
del Norcino
Il Purcitâr te tradizion
furlane
a cura di
Lucilla Iacumin
Manuale
del Norcino
Il Purcitâr te tradizion
furlane
a cura di
Lucilla Iacumin
a cura di
Euro 15.00
Lucilla
Iacumin
CORVINO
EDIZIONI
CORVINO
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Manuale
del Norcino
Il Purcitâr te tradizion
furlane
a cura di
Lucilla Iacumin
CORVINO
EDIZIONI
Manuale del Norcino (Il Purcitâr te tradizion furlane)
La presente pubblicazione è stata realizzata da:
- Università degli Studi di Udine
- Museo della Vita Contadina Cjase Cocèl - Fagagna.
- Comune di Fagagna
Con il sostegno di:
Associazione “Pro Loco” Fagagna.
Promosso da:
Associazione del Museo della Vita Contadina Cjase Cocèl - Fagagna
Progetto grafico e impaginazione
Renzo Schiratti
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Litostil ® sas di Corvino Nicola e Michele & C.
Via G.A. Pilacorte, 2 - 33034 Fagagna - Udine
Tel. +39 0432 800640
Fax +39 0432 801241
www.litostil.com
Prima edizione gennaio 2015
Casa editrice
© Corvino Edizioni - Fagagna
Proprietà letteraria riservata
www.corvinoedizioni.com
ISBN 978-88-6955-002-7
Manuale del Norcino (Il Purcitâr te tradizion furlane)
- Introduzione a cura del Prof. Enrico Peterlunger (UniUd)
INDICE
1 - Il benessere dei suini in allevamento
(Francesco Da Borso, UniUd)
pag. 12 - 23
2 - Tipi genetici per il maiale da norcineria
(Edi Piasentier, UniUd)
pag. 24 - 45
3 - Alimentazione del suino in accrescimento
(Mauro Spanghero, UniUd)
pag. 46 - 57
4 - Aspetti sanitari nell’allevamento suino
(Paola Beraldo, UniUd)
pag. 58 - 81
5 - Lavorare in sicurezza
(Claudia Zuliani, Laura Cividino, Federico Lui, Patrizia Edilma Scandale,
Cristina Schellenberger, Livio Tomini, AAS4)
pag. 82 - 101
6 - La macellazione dei suini per il consumo domestico privato
(Ivonne Caliz, Ivan Poli, Emanuela Tesei, AAS3 - AAS4)
pag. 102 - 115
7 - Cenni di microbiologia degli alimenti
(Giuseppe Comi, Lucilla Iacumin, UniUd)
pag. 116 - 149
8 - La carne suina: classificazione merceologica e qualità
(Edi Piasentier, UniUd)
pag. 150 - 187
9 - Il Salame friulano: tecnologia di produzione, microbiologia e difetti
(Giuseppe Comi, Lucilla Iacumin, UniUd)
pag. 188 - 211
10 - I prodotti tradizionali
(Giuseppe Comi, Marisa Manzano, UniUd)
pag. 212 - 225
Manuale del Norcino (Il Purcitâr te tradizion furlane)
Il maiale ha accompagnato e accompagna tutta la storia dell’umanità. Segno di
abbondanza, la sua utilità è stata centrale tanto nell’alimentazione quotidiana, quanto
nell’economia delle famiglie friulane. Con il maiale è in simbiosi una figura altrettanto centrale quella del purcìtar, il norcino autentico e unico continuatore di una
tradizione che si perpetua nel tempo e non conosce origine.
Il norcino, depositario di una sapienza e di un rito che si mantiene nel tempo
acquisita solamente dalla pratica e sorretto da una grande passione, è la figura centrale nella lavorazione del maiale. Il rischio di una difettosa macellazione un tempo
rischiava inevitabilmente di compromettere la sopravvivenza di una famiglia che difficilmente avrebbe avuto i mezzi alternativi di sostentamento alimentare, particolarmente nel lungo periodo invernale.
A Fagagna si è voluto celebrare questa figura istituendo, per la prima volta
in Italia, un albo di tutti norcini del Friuli e organizzare per loro una festa in contemporaneità della ricorrenza di San Antonio Abate. Alcuni anni orsono è stato dato
alle stampe un originale volume ricco di immagini e di biografie di molti dei norcini
tutt’ora operanti, comprensivo delle istruzioni per una corretta macellazione.
In questo spirito, continua edizioni dopo edizioni la Festa del Purcitâr, iniziativa voluta per impulso del Comune di Fagagna e dal Museo di Cjase Cocel.
Manuale del Norcino (Il Purcitâr te tradizion furlane)
La terza domenica di gennaio si danno convegno nei locali del Museo fagagnese tutti i norcini del Friuli, chiamati ad approfondire gli aspetti legati all’esercizio
dell’arte della norcineria ed essere coinvolti con divagazioni sul valore della tradizione legata al maiale.
Il Convegno, pur ricco di spunti scientifici utilissimi all’esercizio dell’arte della norcineria, pur dimostratosi insostituibile, ha suggerito il ricorso alla pubblicazione a
stampa di un manuale, indispensabile a fissare esperienze, studi, ricerche da preservare a sostegno della pratica attività che, non può ormai essere lasciata all’improvvisazione e alle sole capacità empiriche del norcino.
Il coinvolgimento dell’Università degli Studi di Udine, ma anche di veterinari ed operatori sanitari del Friuli, ha reso possibile la pubblicazione di uno strumento che, per
la prima volta, vede la luce nella nostra terra.
Viva riconoscenza mi sento di esprimere al Museo di Cjase Cocel, che, ancora una
volta, si è dimostrato pienamente all’altezza del ruolo di salvaguardia della tradizione
e dei valori del passato che ancora è presente nelle nostre campagne, ma con una
visione aperta al futuro.
Con questa pubblicazione, unica nel suo genere, Fagagna non si limita solamente ad
assicurare la conservazione di una tradizione che tutt’ora mantiene tutti i protocolli
del passato, ma anche a tramandare il piacere di ritrovare e gustare sapori autentici e
genuini che solo la mano esperta dell’uomo può tutelare.
Daniele Chiarvesio
Sindaco di Fagagna
Manuale del Norcino (Il Purcitâr te tradizion furlane)
L’arte della macellazione del maiale e della trasformazione delle sue prelibate
carni rappresenta un patrimonio delle tradizioni del nostro Friuli. Un tempo, l’arrivo
del Purcitàr nelle famiglie contadine rappresentava il preannuncio di una giornata di
grande festa, della quale il norcino era il gran cerimoniere. Questa figura è sempre
stata percepita dalle nostre comunità rurali come un’entità in grado di fornire elevato
valore aggiunto al lavoro dell’allevatore, connotata anche di saperi e conoscenze, molto spesso ignote ai più, ma preziose per la riuscita dei prodotti.
Quello del Purcitàr era un lavoro per lo più stagionale, concentrato nel periodo tardo autunnale e invernale che i padri tramandavano ai figli arricchendolo di
conoscenze empiriche, piccoli segreti e suggerimenti dettati dall’esperienza. Carpire
i segreti del Purcitàr era infatti arduo, se non impossibile. Spesso, una volta consci
dell’inesorabile ciclo della vita, i più anziani che non avevano eredi disponibili a
continuare la loro arte, accoglievano alla propria “scuola” solo quei due o tre seguaci
ritenuti più meritevoli di essere iniziati all’arte norcina e ai suoi segreti.
E’ attraverso questi canali che il grande patrimonio della norcineria friulana è
giunto fino a noi ed è una fortuna che oggi si sia salvato grazie alla caparbietà di pochi
Manuale del Norcino (Il Purcitâr te tradizion furlane)
nonostante nei nostri giorni molte cose siano cambiate, si sia modificato lo stile di vita
delle nostre comunità, siano intervenute nuove norme (non sempre illuminate…) a regolare la materia della macellazione e a complicare la vita degli allevatori e dei norcini.
Nel ventunesimo secolo il Purcitàr rimane ancora un protagonista centrale nella
filiera suinicola, rappresentando un mix tra esperienza, tradizione e innovazione. Ai
norcini del nostro tempo non mancano le indispensabili conoscenze in campo veterinario nonché delle più importanti prescrizioni in materia sanitaria riguardanti il
settore della lavorazione delle carni. Molto utile è anche il confronto con le tradizioni
di altri territori, per venire incontro alle esigenze di un mercato molto più allargato
rispetto a un tempo.
La Provincia di Udine ha voluto sostenere il lavoro, intrapreso dal Museo della
Vita Contadina Cjase Cocèl di Fagagna in collaborazione con Università degli Studi
di Udine, per la realizzazione di questo manuale che è uno strumento fondamentale
di studio e preparazione per i moderni norcini al fine di qualificare un mestiere che
può anche rappresentare un’interessante opportunità lavorativa.
Pietro Fontanini
Presidente della Provincia di Udine
Leonardo Barberio
Assessore Provinciale all’agricoltura
e alle attività produttive
Manuale del Norcino (Il Purcitâr te tradizion furlane)
Sant’Andree, il purcit su la bree
Il purcit al è rivât in Friûl cu lis migrazions indo-europeanis zà cualchi mileni: si stime che a
sedin rivadis di 6 a 4 mil ains indaûr in Europe lis principâls specis di nemâi di arlevament,
partadis dai contadins-arlevadôrs, che e àn sburtât innâ i cjazzadôr racueidôrs. Ta chistis specis
al ere comprindût ancje il purcit. Duncje al ere cognossût prin dai Romans, al ére tirât su dai
Romans e dopo dai Langobarts e vie vie pala Ete di Mieç, rivant fin a nô.
Ta la Ete di Mieç i purcits a vignevin tirâts su a passon tal bosc, oltri che ta lis stalis e a erin
considerâts une vore preseâts. Tal Edit di Rotari, re langobart, (643 d.C.) la pene par cui c’al
copave un vuardian di purcits cjazadors plui alte di che par un âtri vuardian di nemâi. A
mangjavin glant di rôl, e a cressevin mancul di cumò. Podopo lis forestis, cul cressi da la popolazion, a son stadis un pôc a la volte tajadis, e il purcit al e stât simpri plui tirât su in cjase.
In certis situazions di miserie, però, al deventave adiritûre un concorint dal omp pa la robe
di mangjâ. Tal Votcent, cul cressi da la produzion agrarie e cu la disponibilitât dal sîr da lis
latarîs c’a fasevin formadi, cul noli dai mulins, e cun ce che al vansave dal mangjâ di cjâse,
ogni famée di contadins
a tirave su un o doi purcits.
La iconografie popolâr o colte e à fat viodi dispés ta lis pituris in glesie (ex-voto) o tai cjscjêi
o vilis il côri da lis stagjons o dai mês, e in novembar o dicembar spes si cjate piturât il purcit, parceche in chel moment lì j fasevin la ‘fieste’: il proverbi furlan che duç cognossin al è:
“Sant’Andree, il purcit su la bree” (30 di novembar).
Il ricuart par mê plui vivarôs e biel al è cuant c’a si purcitave. Cuant ch’i eri frut, a cjase di me
nôno, une volte ad an si purcitave: di solit si sielgeve la sabide, e va da sé che i fruts a podevin
saltâ scuele. Mi visi – ma chel ricuart chi al è di duç, i soi sigûr – che par nô fruts a ere une
fieste, e i sintiments che nô i provavin a erin chei dai granç, ven a staj une robe normâl, ansit,
miôr che il normâl di ogni dî. La persone plui impuartante di dute la cerimonie a ere, nancje
dîlu, il purcitâr, mestri di ceremonis e depositâri da lis ricetis; i miôr purcitârs a èrin famôs e
contindûts e prenotâts par timp da lis varis faméis. A copavin cul curtis fin tal cûr, e il purcit
par fuarce al sigave, ma a nô no nus faseve nuje impresion. Cu l’âghe di bol si netave il pêl, si
separavin lis parts e si tacave a fâ salam e musét, un osocol, une sopresse, une pancete, disfâ il
gras e emplâ la bufule. I fruts a judavin secont la lôr pusibilitât. Podopo a tacave la mangjative
di cui c’al veve lavorât: il risot cul fiât, il sanc cuet cu la civole, c’al lave ancje tal sanganél, i
vués, lis brusàdulis, cueste, lujànie…
Dut il lavôr, dal tirâ su il purcit fin a rivâ ai salams al ere une vore inserît tal ambient contadin
furlan, e ore presint al continue a sedi.
Un augûri, duncje, a chiste opare che a esamine in detaj tanç aspiets di un mistîr tant preseât
e di une produzion cusì tipiche e gustôse.
Enrico Peterlunger
Universitat dal Friul
Manuale del Norcino (Il Purcitâr te tradizion furlane)
Sant’Andrea, il maiale sul tavolo del norcino
Il maiale è arrivato in Friuli al seguito delle migrazioni indo-europee qualche millennio fa:
si stima che da 6000 a 4000 anni fa siano arrivate in Europa le principali specie di animali
da allevamento, portate dai contadini-allevatori che hanno spinto ai margini i cacciatori-raccoglitori. Fra queste specie era compreso anche il maiale, che dunque era conosciuto prima
dei Romani, è stato allevato dai Romani, dai Longobardi nel Medioevo continuando via via
fino ai giorni nostri.
Nel Medioevo i maiali erano allevati pascolando in branchi nei boschi, oltre che in stalle, ed
erano considerati animali di pregio. Nell’Editto di Rotari, re longobardo, (643 d.C.) la pena
per chi uccideva un porcaro era più alta rispetto ad un altro pastore di armenti. I maiali si
nutrivano di ghiande, e avevano un accrescimento inferiore rispetto a quello attuale. Successivamente le foreste col crescere della popolazione sono state un po’ alla volta ridotte e
il maiale sempre più è stato allevato nell’azienda domestica. In certe situazioni di penuria
alimentare, però, diventava addirittura un competitore dell’uomo per il nutrimento. Nell’Ottocento, con il crescere della produzione agraria e con la disponibilità di siero da parte delle
latterie che producevano formaggio, di cruschello da parte dei mulini e degli avanzi della
cucina di casa, ogni famiglia contadina allevava uno o due maiali.
L’iconografia popolare o colta ha mostrato spesso nelle raffigurazioni pittoriche in chiesa (es.
ex-voto), nei castelli o nelle ville lo scorrere delle stagioni o dei mesi, e in novembre o dicembre spesso si trova dipinto il maiale, perché era in quel periodo che gli facevano “la festa”: il
proverbio friulano molto noto dice “Sant’Andree, il purcit su la bree” (30 novembre).
Il ricordo per me più vivo e bello è quello della “festa” dell’uccisione del maiale. Da bambino, a casa di mio nonno, una volta l’anno si uccideva il maiale: di solito avveniva di sabato,
ed era naturale che i bambini saltassero la scuola. Mi ricordo – ma questo è un ricordo condiviso, ne sono convinto – che per noi bambini era una festa, e i nostri sentimenti erano quelli
dei grandi, ovvero si trattava di una cosa normale, anzi, migliore della normalità quotidiana.
La persona più importante di tutta la cerimonia era, ça va sans dire; il norcino, maestro di
cerimonie e depositario delle ricette; i norcini migliori erano famosi e contesi e prenotati per
tempo dalle varie famiglie contadine. Il maiale era ucciso con il coltello e gridava, certo, ma
non ci impressionava. Con l’acqua bollente si pulivano le setole, le parti venivano separate
e si iniziava a fare salame e cotechino, ossocollo, soppressa, pancetta, si scioglieva il grasso riempiendone la vescica. I bambini aiutavano secondo le loro possibilità. Poi iniziava il
pranzo per i lavoranti: risotto col fegato, sangue cotto con la cipolla, che entrava anche nella
composizione del sanguinaccio, le ossa bollite, le braciole, costa, salsiccia…
Tutto il lavoro, dall’allevamento fino al salame finito, era inserito in modo molto pregnante
nell’ambiente contadino friulano, e continua ad esserlo.
Un augurio, dunque, a questa opera che esamina in dettaglio vari aspetti di un mestiere così
apprezzato e di una produzione così tipica e gustosa.
Enrico Peterlunger
Università di Udine
Manuale di Norcineria (Manual dai Purcitârs)
1 Il benessere dei suini in
allevamento
Francesco Da Borso
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali, Università degli Studi di Udine
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Manuale del Norcino (Il Purcitâr te tradizion furlane)
In un ambiente naturale gli animali hanno la possibilità di scegliere, tra le molteplici
alternative ambientali e comportamentali, quelle che garantiscono le migliori condizioni di benessere.
In condizioni di allevamento gli animali non hanno a disposizione molte alternative.
E’ l’allevatore che deve effettuare le scelte per gli animali allevati, selezionando e
controllando l’ambiente in modo da assicurar loro le migliori condizioni di vita.
L’esigenza di definire scientificamente le condizioni di benessere degli animali allevati ha iniziato a manifestarsi a metà del secolo scorso, quale diretta conseguenza del
rapido sviluppo dell’allevamento intensivo confinato. I primi a muoversi, dal punto
di vista della regolamentazione, sono stati i Paesi anglosassoni. Infatti, fu il governo
inglese ad ordinare un rapporto scientifico sul benessere degli animali tenuti in allevamento e nel 1965 venne pubblicato il Rapporto Brambell, ancor oggi riconosciuto
come punto di partenza degli atti legislativi in materia. Il rapporto introdusse il concetto di benessere fisico e mentale degli animali, sostenendo che “ogni animale dovrebbe avere una sufficiente libertà di movimento per essere in grado senza difficoltà
di girarsi, pulirsi, alzarsi, sdraiarsi e distendere gli arti”. Queste libertà erano quasi
esclusivamente ricondotte ad una sola questione di spazio disponibile.
Circa 10 anni più tardi, nel 1976 venne stipulata e firmata da tutti gli Stati membri
la Convenzione Europea sulla protezione degli animali negli allevamenti, entrata a
far parte integrante della Direttiva sulla protezione degli animali negli allevamenti,
attualmente in vigore (1).
Si può dire che quest’ultimo atto riconosce in modo definitivo,
le 5 fondamentali libertà degli animali negli allevamenti:
Libertà 1 dalla denutrizione (fame e sete)
Libertà 2 dallo stress termico (caldo e freddo) e fisico
Libertà 3 da lesioni e malattie
Libertà 4 di esprimere la maggior parte dei comportamenti normali
Libertà 5 da paura e stress
(1) Convenzione di Strasburgo sulla protezione degli animali negli allevamenti, ratificata il 10 marzo
1976, approvata con la Decisione 78/923/CEE del Consiglio, poi modificata con la Decisione 92/583/
CEE del Consiglio, e quindi entrata a far parte integrante della Direttiva 98/58/CE del Consiglio del
20 luglio 1998.
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Manuale di Norcineria (Manual dai Purcitârs)
Infatti, finalmente si provvede “affinché i proprietari o i detentori adottino le norme
adeguate per garantire il benessere dei propri animali e per far sì che a detti animali
non vengano provocati dolori, sofferenze o lesioni inutili”.
Si può capire che un ruolo determinante per la protezione degli animali è attribuito
alle strutture di allevamento, ed in particolare viene concentrata l’attenzione su alcune decisive variabili costruttive e dimensionali, che dovranno rispettare specifiche
norme minime:
- le superfici unitarie da rendere disponibili agli animali,
- le caratteristiche dei materiali da costruzione,
- l’isolamento, la climatizzazione e la ventilazione dei fabbricati,
- la possibilità di contatto fisico e di relazione tra gli animali.
Le norme minime per la protezione dei suini sono oggi dettate dalla Direttiva
2008/120/CE, definitivamente recepita in Italia dal D.Lgs. 7 luglio 2011 n.122, e si
applicano a tutti i suini confinati in azienda per l’allevamento e l’ingrasso. Per non
redigere un noioso elenco di articoli e specifici provvedimenti, in modo più descrittivo è possibile riallacciare i contenuti di queste norme alla luce delle 5 libertà degli
animali in allevamento (Webster, 2005).
Libertà dalla denutrizione (fame e sete)
Questa potrebbe sembrare una condizione scontata, e molto probabilmente lo è: allevare suini significa in primo luogo nutrirli. La tecnica esasperata, tuttavia, può portare a sconvolgimenti dei tempi naturali del ciclo biologico degli animali, ed ecco che le
norme minime di protezione stabiliscono che “nessun lattonzolo deve essere staccato
dalla scrofa prima che abbia raggiunto un’età di 28 giorni”, anche se lo svezzamento
potrebbe avvenire “fino a 7 giorni prima di tale età, qualora i suinetti siano trasferiti
in impianti specializzati”.
Un altro punto sul quale si pone attenzione è la competitività alimentare che tende
a stabilirsi quando i suini in gruppo non dispongono di adeguati spazi individuali di
mangiatoia. Nelle norme minime viene specificato chiaramente che “tutti suini devono essere nutriti almeno una volta al giorno”, che “ciascun suino deve avere accesso
agli alimenti contemporaneamente agli altri suini del gruppo” (Figura 1) e che “a partire dalla seconda settimana di età ciascun suino deve poter disporre in permanenza
di acqua fresca sufficiente” (Figura 2).
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Manuale del Norcino (Il Purcitâr te tradizion furlane)
Figura 1 - Ciascun suino deve avere accesso agli
alimenti contemporaneamente agli altri suini del
gruppo.
Figura 2 - A partire dalla seconda settimana di
età ciascun suino deve poter disporre in permanenza di acqua fresca sufficiente.
Infine, vengono indicati requisiti qualitativi specifici dei mangimi per scrofe e scrofette, le quali anche “tenendo conto del bisogno di masticare, devono ricevere mangime riempitivo o ricco di fibre, così come alimenti ad alto tenore energetico”.
Libertà dallo stress termico (caldo e freddo) e fisico
Va subito detto che per quanto riguarda i principali parametri del micro-ambiente di
allevamento, pur riconoscendone la fondamentale importanza, poco o nulla di veramente specifico viene fissato dalla legge per i suini. Si rimanda, in termini generici, a
quanto già esposto per tutti gli animali, e cioè che “la circolazione dell’aria, la quantità di polvere, la temperatura, l’umidità relativa dell’aria e le concentrazioni dei gas
devono essere mantenute entro limiti non dannosi per gli animali”. Ma questi limiti
ancora non sono stabiliti.
La ricerca scientifica è da molto tempo attenta a questi temi e le osservazioni emerse
potrebbero costituire la base di futuri limiti normativi, soprattutto per quanto riguarda
temperatura, umidità relativa, ammoniaca e anidride carbonica (Tabella 1), così come
recentemente è avvenuto per i polli da carne.
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Manuale di Norcineria (Manual dai Purcitârs)
Tabella 1 - Definizione dei livelli di stress da caldo e limiti massimi consigliati per i gas.
Temperatura (°C) (1)
Condizioni di sicurezza dallo stress termico
Insorgenza di condizioni di allarme di stress termico
Condizioni di pericolo di stress termico
Emergenza per lo stress termico
Ammoniaca Limite massimo (ppm)
Anidride carbonica Limite massimo (ppm)
U.R. 65%
< 26,1
26,2 – 28,8
28,9 – 32,3
> 32,4
20
3000
U.R. 70%
< 25,3
25,4 – 27,9
28,0 – 31,1
> 31,2
(1) I valori di temperatura che definiscono i diversi livelli di stress termico da caldo sono variabili in funzione dell’umidità dell’aria: all’aumentare dell’umidità relativa i suini riescono a sopportare temperature sempre meno elevate. Ad esempio, i valori di temperatura riportati in tabella sono riferiti all’umidità
relativa ambientale del 70%.
Per comprendere l’importanza di questa tematica, si può considerare che recenti studi
svolti dall’Università di Udine in allevamenti di suini del Friuli Venezia Giulia hanno evidenziato che nel periodo estivo, nelle situazioni più critiche, le condizioni di
sicurezza dallo stress termico sono risultate limitate a meno del 40% del tempo. Ciò
significa che nel periodo più caldo dell’estate i suini sono stati esposti a condizioni
stressanti più o meno gravi per la maggior parte del tempo (Figure 3 e 4). Per quanto
riguarda la concentrazione dei gas, invece, le condizioni rilevate negli allevamenti
controllati non hanno evidenziato situazioni di allarme.
Figura 3 - Nel periodo più caldo
dell’estate si possono verificare condizioni di stress termico più o meno
gravi per la maggior parte del tempo.
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Manuale del Norcino (Il Purcitâr te tradizion furlane)
Ore di esposizione (%)
70
60
50
40
30
20
10
0
Esterna
All. A
All. B
All. C
S
48,0
17,0
14,9
16,7
A
23,0
33,2
32,1
37,6
D
26,6
44,1
44,6
43,3
E
2,3
5,7
8,4
2,3
Figura 4 - Percentuale del tempo di esposizione a condizioni di
stress da calore in 3 allevamenti
del Friuli Venezia Giulia, in relazione alle condizioni climatiche
esterne (S = condizioni di sicurezza, A = condizioni di allarme, D
= condizioni di pericolo, E = condizioni di grave emergenza).
L’ambiente di allevamento è caratterizzato anche da altri parametri fisici, quali la
luce ed i rumori, spesso non considerati, ma che possono essere causa di gravi stress
e paure nei suini. A differenza degli altri parametri ambientali, per questi è richiesto
un preciso controllo al fine di rispettare le norme minime imposte (Tabella 2).
Tabella 2 – Indicazioni sui parametri luce e rumore negli allevamenti (D.Lgs. 7 luglio 2011 n.122).
Luce
I suini devono essere tenuti alla luce di un’intensità di almeno 40 lux per almeno 8 ore al giorno.
Questa intensità luminosa corrisponde a quella di una strada di notte ben illuminata.
Rumore
Vanno evitati rumori continui di intensità superiore a 85 dBA, nonché i rumori improvvisi. Questo
livello di rumorosità corrisponde a quello di una strada trafficata nell’ora di punta.
Libertà da lesioni e malattie
Partendo dal presupposto che “i metodi di allevamento che provocano sofferenza o
lesioni non debbano essere praticati”, le norme minime di protezione vietano tutti gli
interventi effettuati sui suini “per scopi diversi da quelli terapeutici o diagnostici o
per l’identificazione dei suini”, permettendo però una serie di pratiche comunemente adottate (spuntatura dei denti, mozzamento di parte della coda, castrazione dei
maschi, riduzione della zanne dei verri, apposizione di anello al naso). A parte la
castrazione, le altre operazioni non devono essere considerate operazioni di routine,
ma possono essere praticate “soltanto ove sia comprovata la presenza di ferite ai
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