ricordi di vita.

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marzo 2006
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Giorgio Rinaldi
RICORDI DI VITA.
Lo spirù
di Luigi Paternostro
Lo spirù
A guerra finita gli Americani ci regalarono anche il
ballo dello spirù.
Il ritornello faceva: lo spirù, lo spirù, piega le gambe e le ginocchia anche
tu, braccia a me, braccia a te, vedrai che bello è fare lo spirù!
Si poteva ballare in coppia o in più persone.
I movimenti prevedevano piegamenti sulle ginocchia e agitare di braccia
al suono di un serrato ed incalzante ritmo binario sincopato.
Il ballo divenne popolare e la sua stessa coreografia assicurava gran
divertimento anche agli spettatori.
Tra i tipi estrosi di cui è pieno il mondo ne ricordo, a quei tempi, due.
Il primo, Don Ga persona intelligente e spirito acuto, si divertiva ad
organizzare scherzi e macchiette.
Il secondo, Don Ema, poeta lirico calabro, come amava definirsi, un
tipico soggetto ricettivo e un sognatore stravagante.
Un giorno, come fu e come non fu, sul marciapiede della piazza
s’incontrarono e dopo un po’ dettero inizio ad uno spettacolo insolito,
imprevisto ed irripetibile, consistente nel ballo dello spirù.
Entrambi erano divertiti dal capannello che intanto si era formato intorno
e seguiva l’esibizione.
Don Ga cantava e rideva, incitando Don Ema che si agitava come un
ossesso spedendo a destra e sinistra le sue scricchiolanti ossa tra risate e
battimani d’incitamento.
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