REGOLAMENTAZIONE NAZIONALE DEL CONTRATTO DI LAVORO
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REGOLAMENTAZIONE NAZIONALE DEL CONTRATTO DI LAVORO
INFORMATIVA SULLA NORMATIVA COMUNITARIA N. 094 – MARZO 2015 REGOLAMENTAZIONE NAZIONALE DEL CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO INDETERMINATO E ATTUAZIONE DEL DIRITTO DELL’UNIONE La Corte di giustizia CE, in merito all’introduzione da parte della normativa nazionale della possibilità di stipula di un contratto a tempo indeterminato con un periodo di prova di un anno, fornisce indicazioni sulla corretta interpretazione ed attuazione delle previsioni della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché in tema di lavoro a tempo determinato, di cui all’accordo quadro del 18 marzo 1999 (allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999). In particolare, si chiarisce che i singoli Stati membri, a fronte della crisi economica e nell’ottica della promozione dell’occupazione a tempo indeterminato, possono adottare le misure più opportune, garantendo comunque la tutela in caso di licenziamento ingiustificato e rispettando le disposizioni in materia di contratto a termine, relative al principio di non discriminazione e alla prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di rapporti di lavoro a tempo determinato. La particolare tipologia contrattuale in oggetto non è qualificabile come rapporto di lavoro a termine e la determinazione del periodo di prova nei contratti non è sottoposta a particolari obblighi. In definitiva, la Corte dichiara la sua incompetenza a decidere, in quanto la situazione prospettata dinanzi al giudice del rinvio non rientra nella sfera applicativa del diritto dell’Unione. RIPRODUZIONE VIETATA 38121 Trento – Via Solteri, 74 – Tel. 0461 805111 – Fax 0461 805161 – Internet: http://www.seac.it - E-mail: [email protected] AP Comunitaria n. 094 Marzo 2015 pagina 2 di 5 IL CASO La pronuncia della Corte di giustizia CE del 5 febbraio 2015, concernente la causa C117/14, analizza alcuni aspetti della disciplina comunitaria in tema di instaurazione e svolgimento dei rapporti di lavoro a tempo determinato (accordo quadro CES, UNICE e CEEP del 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999), con riferimento all’introduzione da parte di uno Stato membro di una tipologia di rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un periodo di prova delle durata di un anno, durante il quale è ammesso il libero licenziamento. In particolare, il parere del giudice europeo è richiesto in merito alla legittimità di un periodo di prova di tale durata e all’eventuale violazione degli obiettivi fissati dalla direttiva sul contratto a termine, ovvero rispetto del principio di non discriminazione; prevenzione del ricorso abusivo nell’ipotesi di una successione di rapporti a tempo determinato. La vertenza riguarda una cittadina di nazionalità boliviana, assunta come cuoca in Spagna con un contratto di lavoro a tempo indeterminato di sostegno agli imprenditori con periodo di prova di un anno. Si tratta di una nuova fattispecie contrattuale introdotta mediante la normativa nazionale, recante misure urgenti per la riforma del mercato del lavoro dovute alla crisi economica. A fronte del licenziamento da parte del datore dopo alcuni mesi di prestazione lavorativa, per mancato superamento del periodo di prova, la lavoratrice propone ricorso dinanzi al Tribunale del lavoro di Madrid, sostenendo: l’illegittimità del recesso datoriale; il diritto alla reintegra o al versamento a proprio favore di un’indennità (nella misura di 33 giorni di retribuzione per ogni anno di servizio). Il giudice nazionale evidenzia che la durata del periodo di prova non corrisponde a quella solitamente applicata ed è fissata senza considerare le caratteristiche professionali della persona assunta. Infatti, il Legislatore spagnolo, in seguito alle raccomandazioni dell’UE ed allo scopo di favorire l’occupazione, ha istituito per le imprese con almeno 50 lavoratori un contratto atipico a durata determinata di un anno che prevede benefici fiscali e previdenziali, con possibile trasformazione dello stesso in contratto a tempo indeterminato alla conclusione del periodo di prova. Inoltre, si sottolinea che, durante il suddetto periodo di prova, al lavoratore non è garantita la tutela contro un eventuale licenziamento, sia in termini di forma, di motivazione che di controllo giurisdizionale sullo stesso. Il giudice del rinvio, nutrendo dubbi sulla conformità di tale tipologia contrattuale alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in tema di licenziamento, nonché alla direttiva 1999/70 sul contratto a termine, ha deciso di sospendere il processo, in attesa dei chiarimenti della Corte europea sulla corretta applicazione delle disposizioni comunitarie. RIPRODUZIONE VIETATA 38121 Trento – Via Solteri, 74 – Tel. 0461 805111 – Fax 0461 805161 – Internet: http://www.seac.it - E-mail: [email protected] AP Comunitaria n. 094 Marzo 2015 pagina 3 di 5 CONTESTO NORMATIVO EUROPEO DI RIFERIMENTO Secondo la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 30): “Ogni lavoratore ha il diritto alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato, conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali.” L’accordo quadro sui contratti a tempo determinato, allegato alla direttiva 1999/70/CE, trova applicazione nei confronti di tutti i lavoratori con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi vigente in ciascuno Stato membro dell’Unione. Si sottolinea che, secondo la clausola 3 dell’accordo, il rapporto a tempo determinato, definito da datore e lavoratore, si caratterizza per la fissazione di un termine determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento. Le disposizioni dell’accordo hanno come finalità (clausola 1): il miglioramento della qualità del lavoro dei dipendenti assunti a termine, nel rispetto del principio di non discriminazione, nonché la definizione di tutele normative per evitare l’insorgere di abusi derivanti dall’utilizzo di successivi contratti a tempo determinato. A quest’ultimo riguardo, la prevenzione degli abusi è affidata ai singoli Stati membri, ai quali spetta, sentite le parti sociali e valutate le esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, l’introduzione di una o più misure riguardanti (accordo quadro, clausola 5, punto 1, lettere a, b e c): ragioni obiettive che giustifichino il rinnovo dei contratti; la durata massima complessiva dei rapporti a termine successivi; il numero dei possibili rinnovi di tali contratti. Infine, lo stesso accordo quadro (clausola 5, punto 2) prevede che: “Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato: a) devono essere considerati “successivi”; b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato.” QUESTIONI PREGIUDIZIALI Il giudice del rinvio evidenzia che, per effetto dell’introduzione del contratto a tempo indeterminato di sostegno agli imprenditori, si configura una discriminazione tra i lavoratori assunti con tali rapporti di lavoro e quelli che hanno concluso un contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato ordinario in quanto, nell’ipotesi di cessazione anticipata del rapporto nel primo anno di instaurazione, ai primi non è riconosciuto alcun indennizzo. Di fatto, in violazione della disciplina comunitaria sul lavoro a termine, la legislazione nazionale ha introdotto un nuovo contratto a tempo virtualmente determinato, con condizioni lavorative più sfavorevoli per i lavoratori cui è applicato. RIPRODUZIONE VIETATA 38121 Trento – Via Solteri, 74 – Tel. 0461 805111 – Fax 0461 805161 – Internet: http://www.seac.it - E-mail: [email protected] AP Comunitaria n. 094 Marzo 2015 pagina 4 di 5 Pertanto, sono sottoposte alla Corte di giustizia CE le seguenti questioni pregiudiziali: se l’introduzione da parte della normativa nazionale di un contratto a tempo indeterminato con un periodo di prova di un anno, durante il quale al datore è consentito recedere liberamente dal rapporto, risulti in contrasto con le previsioni in tema di tutela in caso di licenziamento ingiustificato; se la fissazione del periodo di prova di un anno sia contrario agli obiettivi fissati dalla disciplina comunitaria sul tempo determinato. LA SOLUZIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA CE In via preliminare, viene precisato che le disposizioni della Carta dei diritti fondamentali trovano applicazione soltanto nelle situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione e, di conseguenza, va verificato se il contratto a tempo indeterminato di sostegno agli imprenditori rientri in tale ambito. Inoltre, vista la nozione di lavoratore a tempo determinato e le modalità di svolgimento della prestazione a termine definite dall’accordo quadro, si sottolinea che il rapporto di lavoro oggetto della vertenza è a tempo indeterminato ed è disciplinato dallo Statuto dei lavoratori e dai contratti collettivi applicabili ai contratti a tempo indeterminato, con la sola eccezione della durata del periodo di prova (rispetto al quale la normativa europea non impone alcun obbligo particolare). Quest’ultimo consente la verifica dell’idoneità e delle capacità del lavoratore, mentre si ricorre al rapporto di lavoro a tempo determinato quando la cessazione dello stesso è determinata da condizioni oggettive. Pertanto, la particolare fattispecie contrattuale prevista dal legislatore spagnolo non costituisce un contratto a termine come disciplinato dalla direttiva 1999/70. In ragione di tali considerazioni, la situazione del procedimento principale proposta alla Corte UE non rientra dell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, nonostante il contratto di lavoro a tempo indeterminato di sostegno agli imprenditori possa essere eventualmente finanziato da fondi strutturali Di conseguenza, la Corte dichiara la propria incompetenza a rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal giudice nazionale. CONSIDERAZIONI NORMATIVE La sentenza della Corte di giustizia CE si pronuncia sulla compatibilità comunitaria di una fattispecie contrattuale, introdotta nell’ordinamento di uno Stato membro per fronteggiare la particolare situazione di crisi economica, in accoglimento delle raccomandazioni dell’UE sulla politica dell’occupazione. Si sottolinea che, analogamente, il Legislatore italiano, per incentivare il ricorso a nuove assunzioni e rilanciare la ripresa economica, ha previsto il nuovo contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti (D.Lgs n. 23 del 4 marzo 2015). RIPRODUZIONE VIETATA 38121 Trento – Via Solteri, 74 – Tel. 0461 805111 – Fax 0461 805161 – Internet: http://www.seac.it - E-mail: [email protected] AP Comunitaria n. 094 Marzo 2015 pagina 5 di 5 Con tale fattispecie contrattuale è stato introdotto un nuovo regime di tutela per i casi di licenziamento illegittimo, per cui l’istituto della reintegrazione nel posto di lavoro rappresenta l’eccezione ad una regola che, invece, è costituita dall’indennizzo economico. Pertanto, secondo le recenti disposizioni viene reso più snello il percorso di uscita del lavoratore dall’azienda e, nell’ambito delle vertenze di lavoro, viene eliminato quell’elemento di discrezionalità giudiziale, che finora aveva caratterizzato il nostro sistema processuale lavoristico. In ragione della nuova regolamentazione, la sussistenza del fatto materiale rende fondato il provvedimento espulsivo, indipendentemente da come quel fatto sia considerato dal punto di vista giuridico. Seppur presente, la valutazione giuridica rimane confinata alla sfera risarcitoria, non rappresentando un elemento che il giudice potrà utilizzare per giustificare la sua decisione nella direzione dell’illegittimità del recesso datoriale. La Corte di giustizia CE, riguardo alla situazione prospettata dal giudice del rinvio, fornisce anche alcuni chiarimenti sulla corretta interpretazione dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 1999/70/CE. Con riferimento al nostro ordinamento, si ribadisce che la direttiva sul contratto a tempo determinato è stata pienamente attuata dal D.Lgs n. 368/2001 e successive modifiche ed integrazioni. Da ultimo, il DL n. 34/2014 (c.d. “Jobs Act”), convertito con modifiche nella Legge n. 78/2014, ha previsto, tra l’altro, l’estensione in via generale della possibilità del ricorso al contratto acausale e l’introduzione di limitazioni quantitative per il ricorso a tale fattispecie contrattuale. Riguardo le misure preventive degli abusi, contemplate dalla disciplina comunitaria (clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro), il Legislatore italiano, oltre a fissare degli intervalli minimi tra due assunzioni successive a termine, ha stabilito, in caso di successione di contratti a termine tra le stesse parti, per lo svolgimento di mansioni equivalenti, una durata massima complessiva di trentasei mesi (comprensivi di proroghe e rinnovi), superata la quale il rapporto deve considerarsi a tempo indeterminato. RIPRODUZIONE VIETATA 38121 Trento – Via Solteri, 74 – Tel. 0461 805111 – Fax 0461 805161 – Internet: http://www.seac.it - E-mail: [email protected]