Rovigatti: Nuovi media e cittadinanza attiva

Transcript

Rovigatti: Nuovi media e cittadinanza attiva
“Le pietre e i cittadini”
IDEE e STRUMENTI per Educare al Patrimonio Culturale:
saper vedere, saper leggere i documenti cartacei e digitali, sviluppare il senso critico
21-23 marzo 2014
I nuovi media come supporto alla “comunicazione del territorio” e alla cittadinanza attiva
Come cambia (e può cambiare) la percezione e il governo partecipato del territorio grazie alle nuove tecnologie e alle
nuove modalità di informazione a distanza.
P. Rovigatti, Dipartimento di Architettura, Università di Chieti-Pescara
Quasi senza accorgercene, qualcosa sta cambiando, da qualche tempo, rispetto al modo in cui
guardiamo e prendiamo coscienza dello spazio geografico in cui siamo immersi. L’uso crescente di
nuovi strumenti informatici –il computer portatile, il telefono cellulare, e la sua ‘naturale’
evoluzione nello smart phone, assieme alla crescita delle funzioni e delle cose che riusciamo a fare
attraverso di essi, come comunicare, ricevere informazioni, orientarci e trovare una direzione e un
percorso, anche attraverso la disponibilità di reti wifi sempre più diffuse e potenti - stanno di fatto
costruendo una condizione del tutto nuova rispetto alla capacità che avevamo, in un tempo appena
precedente, di relazionarci col territorio e con i nostri orizzonti geografici. Si tratta,
prevalentemente, di una condizione che riguarda, in particolare, i contesti di maggior sviluppo
economico e culturale, dove vigono condizioni di buon accesso alle reti immateriali di
telecomunicazione, ed è prevalente la disponibilità all’acquisto – magari anche a rate - di strumenti
di comunicazione (smart phone o tablet) avanzati. Ma è anche vero che tale condizione tende
sempre più a essere diffusa anche tra i paesi meno sviluppati, e/o tra strati di popolazione a medio e
a basso reddito1. Per quanto non così prevalente, è più facile che un giovane lavoratore extra
comunitario, che abita e lavora nelle periferie delle città “mondiali” disponga di un i-phone di
recente generazione piuttosto che di un’automobile moderna e accessoriata. E’ il lusso, o l’accesso
alla modernità forse più accessibile, lo status symbol contemporaneo più ambito, visibile e
ostentabile, e forse anche più a buon mercato.
E’ attraverso questo genere di strumento che l’accesso alla rete esce, in questi ultimi anni, dagli
uffici e dalle stanze private, e diventa esperienza immediata e immanente. E’ attraverso questo
genere di dispositivi elettronici che l’uso delle mappe stradali, per i più, o degli strumenti più
sofisticati della rappresentazione geografica tradizionali – atlanti, cartografie tematiche, sistemi di
gestione compiuterizzata di dati territoriali – lascia rapidamente il posto all’uso di strumenti di
informazione che utilizzano la rete e le piattaforme globali come Google maps, che possono essere
facilmente utilizzati sia attraverso un normale personal computer, sia attraverso – e questa è forse la
novità decisiva – proprio attraverso proprio uno smart phone2.
1
La capacità di ricevere e fornire informazioni geografiche e di orientamento è stata alla base di molti recenti eventi
politici collettivi, a cominciare dai disordini dei giovani extra comunitari inglesi nelle periferie londinesi del 2011, e in
particolare nei numerosi episodi di rivolta collettiva delle cosiddette primavere arabe, in particolare in Tunisia ed
Egitto,tra il 2011 e il 2012. Da allora, non c’è stato evento di questa natura che non abbia visto un utilizzo di tali
sistemi. Si può anzi ritenere che lo sviluppo dei cosiddetti social forum costituisca a tutti gli effetti non soltanto un
potente mezzo a supporto delle mobilitazioni politiche collettive, ma sia parte integrante di esse, “piazza virtuale” a
carattere permanente e sempre più pervasiva e complementare delle relazioni sociali e collettive.
2
“Uno smartphone o in italiano telefonino intelligente, cellulare intelligente, telefonino multimediale è un dispositivo
mobile che abbina funzionalità di telefono cellulare a quelle di gestione di dati personali. Può derivare dall'evoluzione
di un PDA a cui si aggiungono funzioni (non sempre tutte) di telefono (per questo detti anche PDA-Phones) o
viceversa, di un telefono mobile a cui si aggiungono funzioni di PDA. La caratteristica più interessante degli
1
Fino a poco tempo fa, questo genere di servizio era poco più che un curioso accessorio delle
automobili di lusso, poi è diventato un dispositivo a più buon mercato (navigatore satellitare3), ora
le sue funzioni e la sua utilità può essere notevolmente incrementata attraverso una delle tante app4
che ognuno di noi può scaricare, più o meno gratuitamente, sul proprio cellulare intelligente.
L’uso di un piccolo computer portatile multi tasking – come andrebbe meglio definita la nuova
frontiera tecnologica dei sistemi di comunicazione telefonica di massa – rende anzi l’operazione
dell’orientamento e della indirizzo geografico – dove ci troviamo e dove possiamo/vogliamo andare
– un’operazione al tempo stesso immediata e immanente. Potremmo anche dire, che chiunque di noi
abbia fatto rapidamente esperienza di tali strumenti, vive già in quella che alcuni esperti
chiamavano – e proponevano, come nuova frontiera esperienziale della contemporaneità – come
“realtà aumentata”5. Non soltanto possiamo conoscere dove siamo e dove siamo diretti – un pallino
verde scorre sul nostro visore indicando in tempo reale dove ci troviamo e il nostro movimento su
una mappa geografica semplificata, o a scelta su una mappa satellitare o ibrida – ma possiamo
sapere attorno al nostro tragitto della disponibilità di una stazione di servizio, di un centro
commerciale, o di un sito archeologico o di un museo da visitare.
Dalla realtà aumentata alla democrazia aumentata
smartphone è la possibilità di installarvi ulteriori applicazioni (App), che aggiungono nuove funzionalità. Questi
programmi possono essere sviluppati dal produttore dello smartphone, dallo stesso utilizzatore o da terze parti, rilasciate
poi in genere in forma gratuita o a pagamento sul mercato”. Wikipedia, accesso del 15 aprile 2013.
3
“Un navigatore satellitare, detto anche navigatore GPS o semplicemente navigatore, è un dispositivo elettronico
digitale dotato di capacità di ricezione del segnale radio satellitare GPS (Global Positioning System) integrato con un
sistema di database stradale, progettato per assistere nella navigazione stradale il conducente di un'automobile
indicandogli interattivamente il percorso stradale da seguire per raggiungere una qualsiasi destinazione preimpostata
dall'utente a partire dalla sua posizione iniziale”. Wikipedia, accesso del 15 aprile 2013.
4
“App: Dicitura abbreviata per indicare un'applicazione software, sia ludica che di utilità, per dispositivi Smartphone,
palmari e più recentemente Tablet Computer.
Il termine ha avuto larga diffusione dopo che il costruttore Apple ha
chiamato così i software scaricabili dal proprio sito (non a caso chiamato "App Store") ed installabili sui dispositivi
delle famiglie iPhone, iPod Touch e, successivamente, iPad.
Da allora, più in generale, sono stati chiamati così
anche i software per dispositivi mobili dotati di un proprio Sistema Operativo (indipendentemente dal fatto che si tratti
di Apple IOS, Symbian, Android o altro).
Le "App" sono in generale disponibili sui siti dei costruttori dei terminali
mobili, oppure su appositi repository online; Ve ne sono di tutti i tipi, sia gratuite che a pagamento, e permettono di
personalizzare al massimo il proprio dispositivo.
Tra le più diffuse e scaricate vi sono quelle che permettono l'invio
di messaggi e l'accesso facilitato ai siti di Social Networking e quelle che permettono la lettura online di
notizie.
Altre app molto utili sono quelle catalogate come "reference" (si immagini di poter portare in tasca un'intera
enciclopedia , oppure una collezione di dizionari e vocabolari, nello spazio di pochi gigabyte su una scheda di memoria)
e quelle che permettono di ottenere l'effetto della cosiddetta "Realtà Aumentata" (Augmented Reality), che consiste nel
poter disporre di informazioni aggiuntive nel momento stesso in cui si osserva la realtà.
Un turista che si trovi di fronte
ad un monumento, ad esempio, potrà leggerne la storia sul display, oppure un astrofilo potrà conoscere la posizione
attuale dei corpi celesti semplicemente puntando la videocamera del proprio dispositivo verso il cielo stellato; Il tutto,
lanciando un'apposita App precedentemente installata sul proprio dispositivo tascabile”. Fonte: http://www.pcfacile.com/glossario/sistema_operativo/
5
“Per realtà aumentata (in inglese augmented reality, abbreviato AR), o realtà mediata dall'elaboratore, si intende
l'arricchimento della percezione sensoriale umana mediante informazioni, in genere manipolate e convogliate
elettronicamente, che non sarebbero percepibili con i cinque sensi (…) Il cruscotto dell'automobile, l'esplorazione della
città puntando lo smartphone o la chirurgia robotica a distanza sono tutti esempi di realtà aumentata”. (Fonte:
http://it.wikipedia.org/wiki/Realtà_aumentata ).
2
Le nuove condizioni di accesso ai dati geografici e territoriali offerte dalla rete e dai nuovi
dispositivi elettronici ad alta portabilità – in un mondo tecnologico in costante e perenne crescita e
innovazione – aprono in realtà non soltanto alla crescita dell’informazione – o come si usa dire
proprio a proposito delle funzioni della rete, dell’infotainment6 – ma anche a nuove opportunità per
quanto attiene le pratiche di cittadinanza e il miglioramento delle condizioni di accesso
all’informazione, alla produzione di nuove conoscenze, e addirittura all’esercizio di pratiche di
partecipazione diretta, o di governo democratico dal basso.
E’ quanto sostengono da tempo diversi autori, ed è quanto sta diventando occasione di esperienza
reale per molte associazioni, enti no profit, singoli cittadini, prima ancora di enti pubblici e di
amministrazioni territoriali7. Come ad esempio nel caso dell’Associazione Italiana per
l’Informazione Geografica Libera, la cui missione principale è quella di “sostenere il progetto per lo
sviluppo, la diffusione e la tutela del software libero ed open source per l’informazione geografica;
principio che in ogni paese democratico dovrebbe essere alla base per una più ampia diffusione e
utilizzo dei dati territoriali, il che porterebbe tra l’altro ad una maggiore conoscenza, tutela e
rispetto del proprio territorio”8, e che si occupa, attraverso il suo sito, di monitorare la disponibilità
di dati e di informazioni geografiche resi disponibili dalle Regioni italiane attraverso i siti web. Di
fatto, sono sempre più numerose le iniziative che usufruiscono del contributo volontario dei
cittadini alla costruzione di mappe e di data base territoriali condivisi, e che impiegano “le persone
come sensori della città” (P. Ratti, A. Townsend, 2013), molto spesso le iniziative di base
prevalgono o anticipano quelle istituzionali o delle pubbliche amministrazioni9.
6
Si tratta di un termine del linguaggio televisivo, teso a definire programmi che uniscono informazione e
intrattenimento, ma che ben si presta, ancora, a caratterizzare anche l’uso e la funzione prevalente della rete.
7
Carlo Ratti e Antohny Townsend, autori di un fondamentale articolo pubblicato sull’edizione italiana di “Le Scienze”,
rilevano come: “Negli ultimi dieci anni le tecnologie digitali hanno preso piede nelle nostre città, formando la struttura
portante di infrastrutture intelligenti a larga scala. Fibre ottiche a banda larga e reti di telecomunicazione senza fili
supportano cellulari, smartphone e tablet che sono sempre più alla portata di tutti. Allo stesso tempo banche dati
liberamente accessibili - soprattutto governative - stanno rivelando ogni tipo di informazione, e punti di accesso e
schermi pubblici facilitano il compito a persone con e senza conoscenze informatiche. Se si aggiunge una rete in
continua crescita di sensori e tecnologie di controllo digitale, il tutto tenuto insieme da computer economici e potenti, le
nostre città si trasformeranno in un "computer a cielo aperto". La grande quantità di dati che sta emergendo è il punto di
partenza per rendere programmabili infrastrutture efficienti in modo che le persone possano ottimizzare la vita di una
città”. Cfr.: Carlo Ratti e Antohny Townsend, “La rete sociale. Il modo migliore per sfruttare il potenziale creativo e
innovativo di una città è collegare i cittadini in rete lasciandoli liberi di agire, in: Le Scienze, n. 519, 2011. Una sintesi
dell’articolo è disponibile alla pagina: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/11/01/con-socialnetwork-citta-misura-uomo.html .
8
Cfr.: http://localmapping.wordpress.com/2008/12/18/a-quando-uninformazione-geografica-democratica/
.
9
Senza alcuna pretesa di essere esaustivi sull’argomento, indicando piuttosto la direzione di una ricerca da compiere,
gli esempi al riguardo spaziano dal caso del progetto “Eyeonearth”, promosso da European Environment Agency
(EEA), Esri and Microsoft Corporation, come “global public information network’ for creating and sharing
environmentally relevant data and information online through interactive map-based visualisations. The overall goal is
to improve the environment by sharing information and knowledge. We believe ‘sharing is everything’ - by sharing
relevant information, we can expand and improve our knowledge about the environment, to understand better what’s
happening, and to underpin the need for actions to improve the environmental situation” (http://www.eyeonearth.eu/enus/Pages/Home.aspx ), al caso di “Citypulse”, promosso da una struttura dell’MIT, “come “first multi-city dataset on
urban perception, collected using a high-throughput method, and is based on people’s preferences over random pairs of
geo-tagged images”, (http://pulse.media.mit.edu ); agli esempi italiani di Rieti Emergency Alarm, l’iniziativa promossa
dal Centro Studi di Protezione Civile CESISS, che “offre gratuitamente ai cittadini di Rieti la possibilità di utilizzare
una nuova piattaforma web interattiva, per conoscere l’evoluzione di una situazione di allerta o di emergenza, oppure
pubblicare proprie notizie, foto e filmati, riguardo alla situazione di criticità che stanno vivendo”
(https://rietialert.crowdmap.com/reports/view/13 ), o del progetto Aci (Antropentropia dei comuni italiani), che
coinvolge cinque regioni: Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Puglia, Sardegna e la provincia autonoma di Trento,
con l'obiettivo “di misurare l'impatto dell'uomo sull'ambiente a partire dai dati messi a disposizione dagli enti locali ma
3
La nozione di smart city e di città piattaforma
Molte delle notazioni fin qui svolte conducono, più o meno direttamente, all’idea, oggi molto
praticata anche in senso politico e urbanistico, di smart city e di smart territory.
Da tempo, molte città contemporanee tendono a presentarsi come città frizzanti, intelligenti10,
all’interno di un’idea di sviluppo che se da una parte tende a veicolare forti contenuti ideologici confondendo elementi del linguaggio politico, proprio delle amministrazioni pubbliche, con quello
del linguaggio pubblicitario, nell’idea di sviluppo e di “competizione tra città” che tanto benessere
e sviluppo dovrebbe portare alle città stesse e alle popolazioni di ogni classe sociale che le abitano
dall’altra può essere invece interpretata in modo più democratico e progressivo.
E’ quanto sostiene un autore come Tim Berners-Lee, tra i creatori del WEB, quando contrappone
all’idea, forse già usurata, della smart city – spesso intesa come realtà tecnocratica e regressiva,
quella della “città piattaforma”. “L’intreccio di storia, geografia e innovazione è la chiave
interpretativa delle smart cities, tutt’altro che un fenomeno meramente tecnologico. E’ la logica
della piattaforma, congegnata in modo da motivare la collaborazione, la nascita di nuove imprese e
servizi, la partecipazione alle decisioni. “Una città piattaforma può contare sulla disponibilità di dati
aperti, sula personalizzazione dei servizi, sull’integrazione della connessione di persone, oggetti,
sensori e molto altro”, dice Berners-Lee. “E su questa base può avviare uno sviluppo cogliendo le
opportunità della rete globale”11 . E ancora: “La smart city non va vista ome un’ente erogatore di
servizi, ma come una struttura che abilità la loro generazione: publbica, privata, associativa”.12
Occorre anche osservare come al programma Smart City la stessa Unione Europea ha deciso, dal
2010, di dedicare risorse importanti: la previsione è tra i 10 ed i 12 miliardi di Euro, in un arco di
tempo che si estende fino al 2020, ed è molto probabile che tali risorse verranno indirizzate per
colmare il digital divide13 interno ai paesi dell’Unione, e a progetti complessi dove una buona parte
delle azioni verrà indirizzata sul versante delle telecomunicazioni e dei sistemi di comunicazione
immateriale, se è vero che uno dei principali caratteri della città e dei territori smart è dato
dall’attenzione data dai amministratori e dagli attori della governance locale alla crescita e alla
diffusione dell’economia della conoscenza14.
coinvolgendo gli stessi utenti che potranno segnalare aree a rischio degrado o degradate inserendo una serie di
informazioni specifiche richieste. Le informazioni così raccolte saranno poi rielaborate in una mappa web in base ai
criteri del progetto europeo Corine Land Cover” (http://www.ilghirlandaio.com/top-news/71122/una-mappa-web-permonitorare-il-degrado-ambientale-anche-con-l-aiuto-degli-utenti/ ).
10
L'espressione città intelligente (dall'inglese smart city) indica, in senso lato, un ambiente urbano in grado di agire
attivamente per migliorare la qualità della vita dei propri cittadini. La città intelligente riesce a conciliare e soddisfare le
esigenze dei cittadini, delle imprese e delle istituzioni, grazie anche all'impiego diffuso e innovativo delle TIC, in
particolare nei campi della comunicazione, della mobilità, dell'ambiente e dell'efficienza energetica. (…) Benché il
significato di tale espressione non sia ancora stato univocamente definito nei dettagli, si riscontra un certo accordo sulle
caratteristiche di attenzione ai bisogni delle persone, di gestione oculata delle risorse, di sviluppo sostenibile e di
sostenibilità economica. (…)
11
Cfr.: L. De Biase, Così cresce la città-piattaforma, in Il Sole24 Ore, suppl.to Nòva, n. 82, pag. II, 24 marzo 2013.
Ibidem.
13
“Il digital divide, o divario digitale[1], è il divario esistente tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie
dell'informazione (in particolare personal computer e internet) e chi ne è escluso, in modo parziale o totale. I motivi di
esclusione comprendono diverse variabili: condizioni economiche, livello d'istruzione, qualità delle infrastrutture,
differenze di età o di sesso, appartenenza a diversi gruppi etnici, provenienza geografica[2]. Oltre a indicare il divario
nell'accesso reale alle tecnologie, la definizione include anche disparità nell'acquisizione di risorse o capacità necessarie
a partecipare alla società dell'informazione. Il divario può essere inteso sia rispetto a un singolo paese sia a livello
globale”. Wikipedia, accesso del 15 aprile 2013.
14
D. Foray, L’economia della conoscenza, Il Mulino, Bologna, 2006.
12
4
Le occasioni del web 2.0
Se colmare il digital divide tra stati e stati e tra strati e strati delle popolazioni può apparire un
obiettivo da condividere, occorre anche dire che le strategie e le filosofie di pensiero al riguardo
possono essere molte e variegate.
Tanto per tornare alla linea centrale di questa riflessione, è possibile favorire la diffusione di
strumenti telematici, programmi e applicazioni che mettano il cittadino utente di questi servizi in
una posizione centrale, ma passiva, come da sempre ha fatto il mezzo televisivo – il cittadino come
spettatore del web, soggetto passivo di una informazione geografica e territoriale mono direzionale
– oppure è possibile, secondo i dettami della cosidetta filosofia del web 2.015, costruire strumenti e
programmi che favoriscano l’interazione tra cittadini e amministrazioni, associazioni, strutture di
produzione di informazioni, dati, conoscenze di un territorio, secondo l’idea che da tale sistema si
acquisisca maggiore partecipazione, consapevolezza delle questioni e delle possibili soluzioni,
conoscenza comune.
E’ interessante osservare come gli stessi sistemi di descrizione/informazione geografica che tutti noi
utilizziamo, o che tendiamo sempre più ad utilizzare, usando il computer da casa o lo smart phone,
siano soprattutto strumenti monodirezionali di informazione geografica, spesso anche per finalità
commerciali – si pensi alla pagina Google maps che ci appare apparentemente discreta, con le sue
informazioni di utilità comune, ma con sulla destra l’elenco di possibili consigli commerciali - .
Allo stesso modo, la versione appena più avanzata di questo sistema, ma potremmo citare molti altri
apparati analoghi - Google earth - apre, in maniera non diretta, ma possibile, per un utente di medie
capacità informatiche, anche alla costruzione di informazione geografica, condivisa e condivisibile,
attraverso lo stesso strumento con cui passano le informazioni di uso comune e quelle di più
evidente significato commerciale. Ogni utente mediamente esperto, grazie anche ai tutorial del
programma stesso, viene guidato alla costruzione di un segnaposto, di un poligono, o di un
percorso, attraverso cui individuare un sito d’interesse, o d’affezione, un percorso per montain bike
così come l’antico tracciato di una strada romana. E’ il sistema stesso a produrre un file
estremamente leggero – la desinenza .kmz traduce il suo essere un file zippato – che può essere poi
facilmente inviato per posta elettronica ad amici o membri di una organizzazione, o ancora meglio
editato sul programma generale, affinché sia visibile in forma stabile da ogni successivo utente del
programma.
In ragione di questa possibilità offerta dal web e da programmi e sistemi che offrono pressocchè
gratuitamente la condivisione e l’uso di una piattaforma informativa geografica – in genere una
immagine satellitare costantemente aggiornata, con la possibilità di proiettare su di essa il reticolo
stradale e un ordine crescente di informazioni – molti siti internet sono nati con l’ambizione di
“descrivere il mondo”16, oltre che di offrirsi come sistema commerciale a buon mercato per utenti
della rete remoti (non è un caso che il successo di tali sistemi sia stato massimo in tanti paesi del
terzo mondo). Occorre ancora notare come a tutto tutto ciò si contrapponga il mondo pervasivo e
impellente delle app, pronto a risolvere ogni piccolo problema quotidiano, spesso sfiorando il
parossismo17
15
Fonte: http://localmapping.wordpress.com/2008/12/18/a-quando-uninformazione-geografica-democratica/
16
Tra questi, uno dei primi progetti è stato quello di Wikimapia: “Wikimapia is a multilingual open-content
collaborative map, where anyone can create place tags and share their knowledge”, (www.wikimapia.org ).
17
Geniale al riguardo la parodia di questo mondo messa in scena nella trasmissione radiofonica Seiunozero, nella serie
di sketch dedicata alle nuove mirabolanti app per ‘I-phone”….
5
Forse semplificando un po’ troppo, forse il mondo digitale è oggi davanti a questa doppia scelta:
favorire lo sviluppo di sistemi apparentemente friendly, che facilitano l’utente a una serie di
funzioni relativamente faticose; oppure costruire sistemi il cui scopo è quello di favorire la
condivisione e la costruzione partecipata di conoscenze ed esperienze.
Stando a questa parte di nuovo mondo digitale, solitamente definito dalla formula, forse oggi già
usurata, del web 2.0, conviene rilevare come sia qui, ancora, l’innovazione più evidente, e come un
mondo che si caratterizza attraverso le parole d’ordine del friendly, sharing, oper source ….,
costituisca oggi la vera occasione da percorrere.
Che l’informazione geografica e territoriale costituisca una formidabile occasione di cittadinanza se
ne sono accorte molte associazioni di cittadini, spesso in modo spontaneo, sviluppando progetti
interessanti ad alto valore sperimentale. Innumerevoli sono, in potenza, le occasioni e i temi su cui
costruire e condividere nuove mappe digitali condivise tra associazioni e cittadini, per avviare
“osservatori territoriali” sulle condizioni di degrado del territorio, sulla sicurezza urbana, sulla
prevenzione e mitigazione dei rischi territoriali (a partire da quello sismico), sulla condizione d’uso
delle reti e delle infrastrutture, sulla gestione e l’uso dei beni comuni, a partire ad esempio dal tema
dell’acqua inteso come bene pubblico primario. Reti sociali di conoscenza dovrebbero divenire
strumento primario di interesse collettivo e pubblico, e favorire addirittura la soluzione concreta di
alcuni problemi, meglio e prima del ricorso agli esperti e a complesse e spesso inefficaci misure di
intervento pubblico, come nel caso della gestione del traffico urbano18.
Cosa fanno le pubbliche amministrazioni?
Cosa si può/deve fare, verso un governo partecipato del paesaggio?
Aldilà di alcune rassicuranti esperienze, sono ancora molto pochi i comuni e le amministrazioni
pubbliche che hanno intrapreso questo percorso, favorendo lo sviluppo di reti sociali di produzione
e condivisione di conoscenze territoriali. Anzi, in molte regioni, l’accesso all’informazione
geografica e territoriale è apparentemente resa accessibile da farraginosi quanto costosi sistemi
web-gis spesso inabili anche all’uso dei professionisti. Su questo versante c’è ancora molto da fare,
e uno spazio importante, sia in termini di ricerca che di partenariato inter istituzionale, potrebbe
essere svolto proprio dalle Università pubbliche, verso l’obiettivo di produrre nuove modalità di
governo partecipato del paesaggio e del territorio.
In conclusione, se cambia la nostra percezione del nostro spazio geografico, se aumenta la nostra
capacità di leggere e comprendere il territorio in cui abitiamo, costruire, incrementare, sorreggere
“reti di rilevamento a base popolare”, all’interno di strutture di dialogo e partecipazione dei cittadini
al governo condiviso del paesaggio dovrebbe diventare uno degli obiettivi primari di ogni
amministrazione territoriale locale. A condizione di rinunciare ad un’idea tecnocratica delle
18
“La funzione del traffico su Google Maps è un buon esempio. Invece di costruire una costosa rete di appositi sensori
lungo le strade, Google interroga costantemente una grande rete di volontari anonimi i cui dispositivi cellulari riportano
lo stato dell' ultima ora, rivelando così dove il traffico è scorrevole, rallentato e bloccato. L' informazione è inviata agli
automobilisti attraverso applicazioni di mappatura in diversi modi: strati colorati che indicano la velocità del traffico,
stime dei tempi di percorrenza che indicano i ritardi o un fattore per determinare percorsi alternativi. Questi dati
consentono agli utenti di analizzare la rete di circolazione della città in tempo reale e capire quanto tempo è necessario
per andare dal punto A al punto B. Sebbene Google sia senza dubbio una piattaforma non di base, questo esempio
mostra come la condivisione di dati all' interno di un gruppo possa avere un impatto enorme nell' aiutare la gestione
delle infrastrutture urbane. Questo scenario illustra inoltre il modo in cui le città intelligenti possono essere sia un luogo
in cui socializzare sia un luogo più efficiente senza imporre ordini dall' alto; scegli il percorso migliore sulla base delle
osservazioni di persone come te, invece di essere diretto da ingegneri del traffico”. C. Ratti, A. Townsend, Op. cit.
6
tecnologie e dei sistemi d’informazione e di costruzione delle conoscenze territoriali, e nella
condizione che “I cittadini devono essere sicuri, però, che il governo della città non consideri il
lavoro «da fonte popolare» come un modo conveniente per scaricare i propri obblighi”19.
In attesa che tutto ciò avvenga20, spetta forse proprio alle scuole, alle Università, al mondo
dell’associazionismo culturale, ambientale, sociale, svolgere un ruolo di apripista su questo
interessante mondo dell’innovazione, anticipando, guidando, governando l’uso dei nuovi media,
piuttosto che subirne in modo supino la diffusione e il probabile dominio, così come spesso avviene
osservandone l’uso da parte delle nuove generazioni, “native digitali”.
19
Cfr. C. Ratti, A. Townsend, Op. cit.
20
7