News: Honda CRF 450 2017 e CBR 250 RR. Guy Martin

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News: Honda CRF 450 2017 e CBR 250 RR. Guy Martin
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
NUMERO 256
2 AGOSTO 2016
113 PAGINE
MXGP: Strijbos e Anstie
vincono il GP del Belgio
Il belga si impone a nove anni dalla
sua ultima vittoria, il messinese
ritorna sul podio dopo 5 gare andate a
vuoto. Doppietta Anstie nella MX2
Prova: Beta Enduro RR
Dopo averle descritte, siamo
pronti per raccontarvi come vanno
nell'enduro più difficile le nuove
Beta Enduro 2017 a 2 e a 4 tempi.
Migliorata la forcella, confermati gli
ottimi motori
Nico Cereghini:
"Melandri e Dj Ringo"
Amano la SBK ma il pre-gara col dj non
gli garba e il rientro di Melandri neppure.
La SBK non è mai stata trattata così
bene in tivù, e serve pubblico
| PROVA NAKED |
BMW R NINET
SCRAMBLER
da Pag. 02 a Pag. 13
All’interno
News: Honda CRF 450 2017 e CBR 250 RR. Guy Martin tenta il record a Bonneville | M. Clarke: I motori ad alte prestazioni |
SBK: il nostro Speciale. Bradl e Melandri nel mondiale 2017 | Endurance: 8 Ore Suzuka | Enduro: a lezione con Edmondson
PREGI Motore | Cambio | Facilicità di guida e leggerezza
DIFETTI Spazio per il passeggero | Sospensione posteriore rigida
Prezzo 14.000 €
PROVA NAKED
BMW R NINET
SCRAMBLER
Costa meno della R nineT ed è meno rifinita, ma il
nuovo telaio e la ruota anteriore da 19" le regalano una
guida più rotonda e piacevole su strada.
Impiega il primo boxer Euro 4 di BMW
di Andrea Perfetti
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Prove
Media
L
a nuova BMW R nineT Scrambler
ha fatto il suo ingresso in società
al salone di Milano del 2015. E'
costruita e progettata sulla base
dall'apprezzata R nineT che nel
mondo ha già conquistato la bellezza di 23.000 motociclisti.
La Scrambler allarga la famiglia e si offre con
un'estetica equilibrata e meno ricercata. Sono
infatti meno raffinati diversi particolari, che consentono un risparmio di quasi 2.000 euro rispetto alla R nineT. La Scrambler costa infatti 14.000
euro. Ma chi la sceglierà, non lo farà - crediamo
- sulla spinta del risparmio (sono comunque cifre importanti). Della nuova BMW apprezzerà lo
spirito minimal ed essenziale.
In effetti la Scrambler dal vivo, più che in foto,
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mostra una grande pulizia estetica e un'eleganza
che non lasciano indifferenti.
Ma sta a voi giudicare la bellezza di una moto,
passiamo quindi a raccontarvi com'è fatta.
Cerchi a razze con anteriore da
19 pollici
La base di partenza è la R nineT.
Cambia la posizione di guida con l'adozione di un
manubrio rialzato, della differente sella (con cuciture a vista) e delle pedane riposizionate.
Cambia l'avantreno, qui la ruota da 17 lascia il
posto a quella da 19 pollici, la forcella rovesciata
Sachs è rimpiazzata con una telescopica tradizionale Showa con steli da 43 mm e dotata di soffietti in gomma; la sua escursione è di 125 mm.
La sospensione posteriore sfrutta ancora il mono
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Prove
Video
Sachs, ma vede l'escursione crescere da 120 a
140 mm. Le pinze dei freni passano da radiali ad
assiali, ma sempre a quattro pistoncini.
Il cannotto di sterzo risulta più aperto di 3 gradi.
La sella è a 820 mm da terra e il peso in ordine di
marcia è di 220 kg con 17 litri di benzina.
Il serbatoio è in acciaio e contiene un litro in
meno rispetto a quello rifinitissimo, e in alluminio, della R nineT. L'impianto frenante ha dischi
anteriori da 320 mm e ABS, mentre il controllo di
trazione ASC è optional. Lo scarico doppio corre
alto ed è realizzato da Akrapovic.
La strumentazione è molto semplice e fa a meno
persino del contagiri.
Di serie, sulla nuova Scrambler, ci sono le ruote
a razze in lega leggera, ma ci sono in optional
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quelle a raggi (al prezzo di 400 euro), mentre si
possono montare gomme con battistrada maggiormente scolpito. Di serie infatti la Scrambler
impiega le eccellenti Metzeler Tourance Next,
ma senza aggravi ulteriori la si può ordinare con
le tassellate Metzeler Karoo 3.
Debutta il primo boxer Euro 4
Il motore e la trasmissione sono gli stessi della
R nineT, mentre cambiano lo scarico e la mappatura. La Scrambler è infatti la prima boxer a
rispettare la normativa Euro 4.
Il bicilindrico di 1.170 cc eroga in questa versione
110 cv a 7.750 giri, e una coppia massima di 113
Nm a 6.000 giri. La frizione a secco è sempre a
comando idraulico e il cambio è a sei marce.
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Prove
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Come va su strada
La Scrambler ci ha sorpreso e non poco.
Se in foto ci era sembrata una versione povera
della R nineT, dal vivo l'effetto è diverso.
Ci troviamo davanti a una moto meno vistosa,
con una linea ancora più classica e gradevole rispetto a quella della sorella sportiva.
Quest'ultima sfoggia infatti tanti dettagli moderni (pinze dei freni ad attacco radiali, forcella rovesciata, strumentazione) che sulla Scrambler
sono stati riposti negli scatoloni.
E' diversa anche la posizione in sella. I
l manubrio è infatti più vicino al pilota grazie ai
diversi riser. L'avantreno è poi più alto in virtù del
cerchio più grande.
La moto si rivela ospitale e molto comoda con
il pilota, mentre al passeggero è riservato uno
spazio angusto in sella e pedane piuttosto alte.
Il busto è eretto e il peso è davvero basso per
una moto 1.200. Questa posizione si rivela più
scomoda nei trasferimenti autostradali, dove già
i 120 km/h risultano impegnativi sulle lunghe distanze. Il boxer ha un tasso ridotto di vibrazioni
e scalda pochissimo. Una bella sopresa arriva
dall'omologazione Euro 4, che non ha tolto nulla
al piacere di gudia.
Si sono persi per strada soltanto 3 Nm, ma è rimasta la risposta prontissima ai bassi.
A ogni colpo di gas corrisponde uno splendido
braap dallo scarico Akrapovic.
Il cambio è rapido e preciso, tanto che lo rimpiangiamo sugli attuali boxer raffreddati a liquido. La frenata è potente e ben modulabile.
Ci è piaciuta molto la nuova forcella Showa; non
è regolabile, ma non affonda mai troppo e lavora
correttamente sulle buche.
Rimane invece brusca la risposta del mono ammortizzatore, quando si passa sull'asfalto rovinato. La differenza più significativa arriva dal
comportamento dinamico della Scrambler.
La ruota anteriore da 19" ha reso l'avantreno un
po' meno svelto rispetto a quello della R nineT
(che monta un 17"), ma ora è molto più semplice
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e immediato condurre la moto in piega.
La guida è infatti più fluida e rotonda.
La Scrambler sarà meno efficace quindi nella
guida sportiva, ma tra le curve pennellate col
motore in coppia regala grandi soddisfazioni.
Eh già, la credevano una versione economica.
La Scrambler è invece un modello a parte, dotato di una linea ancora più classica e di una guida
che regala grandi soddisfazioni.
ABBIGLIAMENTO
Giacca Tucano Urbano Straforo
Casco AGV
Stivali TCX Infinity
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SCHEDA TECNICA
BMW R NINE T 1200 SCRAMBLER 14.000 euro
Cilindrata 1.170 cc
Tempi 4
Cilindri 2
Raffreddamento ad aria
Avviamento elettrico
Alimentazione iniezione
Depotenziata No
Emissioni Euro 4
Capacità serbatoio 17 Lt
Potenza 110 cv - 81 kw - 7.500 giri/min
Coppia 12 kgm - 116 nm - 6.000 giri/min
Pneumatico anteriore 120/70 R 19
Pneumatico posteriore 170/60 R 17
ABS Sì
Peso in ordine di marcia 220 Kg
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PROVA ENDURO
BETA
ENDURO
RR 2017
Dopo averle descritte, siamo pronti per
raccontarvi come vanno nell'enduro
più difficile le nuove Beta Enduro 2017
a 2 e a 4 tempi. Migliorata la forcella,
confermati gli ottimi motori
di Andrea Perfetti
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eta da record nelle vendite e
nel Mondiale Enduro
Di Beta c'è tanto da dire.
E sono tutte cose belle. Le
moto made in Italy (vicino
a Firenze) sono sempre più
apprezzate in Italia, ma anche e soprattutto nel
resto del mondo. Pensate che la Beta ha chiuso
il 2015 con un fatturato di 63,4 milioni di euro.
Erano 50 nel 2014, 43 nel 2013. Tradotto in moto,
la Casa italiana si appresta a chiudere il 2016
con 18.000 due ruote vendute. Un numero importante, che si traduce in nuovi posti di lavoro
frutto degli investimenti della proprietà, che fa
capo alla famiglia Bianchi.
Nel 2016 si punta a vendere 8.000 moto da enduro, 3.000 da trial e altre 7.000 tra Alp, 125 e 50
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cc. Stefano Soldani (Responsabile Marketing di
Beta) sottolinea la forte crescita in tutti i mercati.
Su 100 moto prodotte, ben 87 vanno all'estero (in
Francia, Germania, Austria, UK e Spagna.
USA e Canada assorbono una quota pari al 20%
della produzione). L'Italia si conferma un mercato di primaria importanza. Nel 2015 Beta ha
conquistato 850 clienti (contro i 950 della leader
KTM) e ha piazzato una sua moto al primo posto
assoluto delle vendite: la RR 300 due tempi.
Si tratta di un risultato incredibile, se pensiamo
che Beta ha iniziato a produrre nuovamente
moto da enduro nel 2005.
Oggi Beta è un marchio riconosciuto e apprezzato dagli appassionati. E la stagione 2016 vede
la Casa fiorentina primeggiare anche nelle corse,
grazie a Steve Holcombe, attuale leader della
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Classe E3 del Mondiale Enduro, seguito dal compagno di squadra Jonny Aubert (entrambi corrono con la RR 300 2 tempi). Alex Salvini sta invece
ottenendo risultati di rilievo nella Classe E2 in sella alla RR 430. Sempre Beta è inoltre prima nella
classifica Costruttori. A Firenze incrociano le dita:
il 2016 sembra proprio l'anno giusto per portare a
casa risultati incredibili.
Cosa cambia nel 2017
La gamma 2017 RR non subisce stravolgimenti,
anche perché andava e va veramente bene.
Troviamo la nuova forcella Sachs con corsa aumentata di 5 mm. Viene adottato il nuovo olio Liqui Moly (viscosità 5), che ha migliori caratteristiche di tenuta alle alte temperature.
Sono rivisitati internamente i monoammortizzatori al fine di garantire regolazioni più distanziate
tra basse e alte velocità.
Sono nuove le piastre di sterzo. I cerchi a raggi
sono in color alluminio, con raggi neri (Excel).
E' nuovo il cruscotto digitale, che ora indica la
carica della batteria (essenziale da sapere con i
motori a iniezione). Tutte le moto, 2 e 4 tempi in
configurazione stradale, sono ora Euro 4.
Troviamo anche un nuovo tappo della benzina e
grafiche riviste. Su 250 e 300 2 tempi è confermata la presenza del miscelatore separato, apprezzato dagli utenti. Sui 4 tempi (350, 390, 430,
480) ci sono diversi affinamenti, che comprendono nuovi assi a camme e nuove molle valvola al
fine di avere un'erogazione ancora più lineare e
meno freno motore. Gli ingranaggi dell'avviamento sono stati alleggeriti. Segnaliamo anche che i
prezzi sono invariati rispetto al 2015. Solo la Xtrainer 300 2 tempi cresce di 100 euro e costa ora
6.690 euro.
La nostra prova
L'agriturismo Viamaggio, a pochi chilometri da
Siena, rappresenta l'ambientazione perfetta per
la nostra prova delle nuove Beta.
La Toscana offre splendidi scenari, ma le sue colline nascondono anche torrenti in secca e mulat20
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Media
tiere, terreno ideale per un test a tratti hard delle
moto italiane. La gamma è davvero completa, se
si esclude l'ipotetica 125 2 tempi racing che però
un giorno potrebbe anche diventare realtà. Abbiamo infatti le 2 tempi RR 250 e 300, e le 4 tempi
declinate in ben quattro cilindrate: 350, 390, 430
e 480. Le Racing, versioni con tante parti speciali,
arriveranno invece dopo l'estate. I prezzi, che trovate nei nostri listini, spaziano dagli 8.190 euro
della RR 250 2t su fino ai 9.190 euro della RR
480 4t. Vediamo ora come vanno, iniziando dalle
due tempi. La Beta Enduro RR 250 2t si presenta
come sempre molto piccola e leggera.
Pesa 104 kg a secco e ha un capiente serbatoio
da 9,5 litri. E' una moto dal guizzo immediato nello stretto, dove mostra un DNA quasi trialistico.
Il motore è molto lineare e docile ai bassi regimi,
dove si apprezza la carburazione perfetta, che
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non porta a fastidiosi riempimenti del carburatore nemmeno in discesa. L'allungo del motore è
convincente, mentre con le marce lunghe manca
la botta di coppia della sorellona di 300 cc.
La nuova forcella Sachs da 48 m spicca per due
caratteristiche: da un lato ha una scorrevolezza
ottimale ed è molto rapida a partire; dall'altro
vanta una taratura un pelo morbida nella guida più aggressiva (tipica ad esempio dei test in
fettucciato). Durante la nostra prova abbiamo
preferito non intervenire sull'idraulica, perché
questa taratura improntata alla scorrevolezza
si è rivelata perfetta per affrontare in sicurezza i
tratti hard, disseminati di radici e massi.
La frenata Nissin (con disco anteriore da 260
mm e posteriore da 240) conferma le doti di
potenza e di modulabilità, mentre la frizione a
comando idraulico e il cambio a 6 marce sono
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sempre affidabili e precisi nell'utilizzo.
La Beta Enduro RR 300 2t ricalca la scheda
tecnica della quarto di litro, eccezion fatta per
la cilindrata (qui pari a 293 cc). Anche il peso è
invariato. Il grosso motore a miscela (con miscelatore separato, vale la pena ricordarlo) conquista sotto tutti i punti di vista. Certo, qualche
smanettone incallito potrebbe desiderare ancora più cavalli, ma a noi pare che qui si raggiunga
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un equilibrio tra guidabilità e prestazione pura
davvero invidiabile. Il monocilindrico ha una carburazione perfetta e riprende dai bassi regimi
senza brutalità, ma con grande forza. Le vibrazioni sono ridotte e la maneggevolezza nello stretto
è da riferimento.Alle alte velocità la poca massa
inerziale limita in parte la stabilità, ma la forcella
Sachs garantisce comunque un ottimo controllo
dell'avantreno. L'allungo appare appena inferiore
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rispetto alla 250, ma basta inserire una marcia in
più per comprendere la forza di questo splendido
motore. Passiamo alle 4 tempi e iniziamo dalla
Beta Enduro RR 350 4t. La moto è molto maneggevole, ma non può ovviamente vantare l'agilità
da gazzella delle due tempi.
Pesa 111 kg a secco (come la 390) e il serbatoio
ospita 8 litri. Nello stretto si guida però benissimo, il motore ha poca massa volanica e un freno
Prove
in rilascio inavvertibile, che rende la moto sicura
anche nelle discese accindentate.
Lineare e privo di strappi ai bassi, il 350 cresce ai
medi e si produce poi in un allungo impressionante. Ci sono le prestazioni giuste per affrontare le
prove in linea anche difficili.
Infatti la forcella rivista garantisce un grande controllo dell'avantreno sui tratti bucati, senza scuotimenti dello sterzo o scarti di traiettoria.
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Prove
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La Beta Enduro RR 390 4t non si discosta in
modo significativo dalla 350.
Rispetto a questa vanta prestazioni ancora più
semplici. Simile nell'allungo, esibisce una coppia
più sostenuta in basso e a metà; si rivela quindi
la scelta ideale per chi fa un enduro amatoriale
e predilige la guida scorrevole a quella più fisica.
Se parliamo di massime prestazioni nelle gare
della categoria E2, dobbiamo per forza spostarci
sulla adrenalinica Beta Enduro RR 430 4t.
Pesa 112 kg a secco e ha un serbatoio da 8 litri
(stessi numeri per la 480). E' la moto portata in
gara da Alex Salvini e vanta prestazioni ragguardevoli. Il motore parte dai bassi con un'ottima
trazione e sprigiona già a metà una potenza di
tutto rispetto che rimane costante anche ai regimi più alti. Terminiamo la nostra prova con la
poderosa Beta Enduro RR 480 4t.
Il grosso mono ha tanta forza già ai medi regimi. Sfruttarne la potenza nei passaggi stretti
dell'enduro significa arrivare presto alla riserva.
E non parliamo di benzina, ma di energie del pilota. Il 480 va guidato con le marce lunghe, dosando con criterio la potenza, che è davvero sostenuta. Questo è un motore che vi farà godere
sui percorsi rallistici (infatti spopola nel Motorally) oppure se amate girare sui tracciati sabbiosi.
Cambio a 6 marce, frizione e freni hanno un
funzionamento inappuntabile e nel complesso
lavorano bene anche le sospensioni riviste per la
stagione 2017. La forcella Sachs ha una taratura
non troppo rigida e una buona scorrevolezza;
solo i piloti più aggressivi sentiranno l'esigenza
di lavorare sui settaggi per ottenere una risposta
più controllata nei tratti veloci. Nel complesso le
nuove Beta si confermano all'altezza della fama
conquistata con la gamma 2016 e si presentano
al via della stagione 2017 con un mix di motori e
di prestazioni davvero invidiabile.
ABBIGLIAMENTO
Casco Acerbis Impact
Completo Acerbis
Stivali Acerbis X-Move
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News
HONDA CRF450R 2017
CAMBIA TUTTO!
di Andrea Perfetti | La regina della MXGP cambia radicalmente. Arriva
un nuovo telaio e il motore è rivisto per essere più potente. Le foto spia
lasciano presupporre il ritorno alla forcella con le molle, la frizione resta
a cavo. E l'avviamento elettrico?
L
a Honda CRF 450 2017 è la novità più
attesa della stagione crossistica. Tim
Gajser con la moto realizzata da HRC
e gestita dal Team Gariboldi è il grande
dominatore della stagione 2016.
E Honda sta facendo molto bene nel Campionato Giapponese, che vede il collaudatore Akira
Narita in testa proprio con il prototipo della moto
che vedete in questo servizio pronta per la com-
Video
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mercializzazione (le immagini di Michael Lindsay
sono tratte dal sito Vitalmx).
In California Michael è riuscito a fotografare una
sessione di test della nuova Honda, probabilmente durante la realizzazione delle immagini e dei
video dedicati al lancio stampa che avverrà nel
mese di agosto.
La CRF 450 è tutta nuova.
Cambiano le plastiche e la livrea, ma è inedita
soprattutto la parte relativa al telaio e al motore.
L'ammortizzatore ha una diversa inclinazione,
che consente tra l'altro un diverso giro del collettore, dove questo si sdoppia per confluire nel
doppio silenziatore.
L'ammortizzatore è posizionato sulla sinistra e in
basso; si ottiene così un un posizionamento del
sistema di iniezione più lineare rispetto alla cassa
filtro, il tutto è finalizzato ad avere una maggiore
potenza dal motore. Il monocilindrico conferma
la distribuzione UNICAM.
Non c'è la frizione idraulica, Honda ha preferito
mantenere il classico cavo.
Soprattutto non ci sarebbe più la forcella Kayaba
ad aria, ritroviamo infatti - a giudicare dai tappi
sopra i foderi - una Showa con le molle!
Honda sembra così assecondare una fetta importante di clientela, che non ha mai digerito le
forcelle ad aria.
Nelle foto non c'è traccia del tanto discusso motorino elettrico di avviamento, presente invece
sulla CRF450R HRC ufficiale che vi mostriamo
nel video sotto.
Qualche rumors ha riportato la possibilità che
l'avviamento elettrico sia disponibile come optional. Le immagini smentirebbero queste indiscrezioni.
Staremo a vedere, ormai manca pochissimo alla
presentazione ufficiale della moto alla stampa internazionale.
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HONDA CBR 250 RR
IERI, OGGI E LA STORIA CHE CAMBIA
di Maurizio Gissi | E' stata lanciata in Indonesia, dove viene costruita, la
nuova supersportiva 250 di casa Honda. Ha la stessa sigla di un modello
raffinatissimo di quasi 30 anni fa costruito in Giappone. Un altro segno
del mutare dei tempi
O
t La nuova Honda CBR 250 RR è stata
lanciata ufficialmente in Indonesia dalla
PT Astra Honda Motor, che lì la costruisce. E' la declinazione di serie del concept mostrato al Tokyo Motor Show di fine 2015 e
potrebbe arrivare in Europa, forse con la cilindrata maggiorata, in un futuro non lontano.
La super sportiva d'ingresso nel mondo della fa-
Media
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News
Video
miglia CBR è nata per i mercati sud asiatici, quelli
che stanno registrando la maggiore crescita e
che, soprattutto, mostrano le migliori progressioni di sviluppo futuro.
Da tempo sono realizzati modelli via via più ricchi
per gli standard di quei Paesi e di cilindrata progressivamente crescente. Alcuni di questi, la cui
costruzione è stata localizzate in quelle aree per
ragioni di costi, sono adatti anche al più maturo
mercato europeo, dove queste moto diventate
economicamente interessanti si fanno strada
grazie alla semplicità d'uso e rispondono alle
esigenze di neopatentati come di appassionati
meno pretenziosi.
La stessa Honda propone in Italia la CBR 300R
(una monocilindrica in vendita a 4.800 euro), Kawasaki offre la bicilindrica Ninja 300 (39 cavalli e
prezzo di 5.590 euro), KTM è presente con la RC
390 (la monocilindrica costruita in India da Bajaj
e a listino a 5.800 euro) a cui dedica un trofeo in
molti Paesi, e Yamaha ha recentemente rilanciato
con la R3, una bicilindrica da 321 cc e da 42 cv
venduta a 5.490 euro.
E poi si attende l'arrivo in autunno della BMW G
310R, una versione naked che dovrebbe essere
seguita da un modello carenato, costruita in India
grazie alla joint venture con la locale TVS.
Tornando alla nuova CBR 250 RR, il prezzo non è
stato comunicato ma la sensazione è che Honda
abbia cercato di essere competitiva pur offrendo
una base tecnica – oltre che stilistica – interessante. L'inedito due cilindri parallelo ha distribuzione bialbero otto valvole e tre mappe motore
grazie all'acceleratore ride by wire.
Ha costruzione razionale grazie all'integrazione
delle pompe di acqua e olio e alla primaria che
sfrutta il comando della distribuzione. Honda
racconta di aver ottenuto in questo modo un ingombro paragonabile a un motore monocilindrico. Il telaio in acciaio è a costruzione mista, tubolare e stampata, mentre il forcellone d'alluminio
ha il braccio destro curvato per lasciare spazio ai
collettori di scarico che confluiscono nel doppio
terminale sovrapposto.
Le ruote sono da 17 pollici, la forcella è una Showa
rovesciata da 37 mm, il mono posteriore regola33
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appunto la categoria 600 che proprio negli anni
Novanta fu vendutissima, e il successivo declino
delle supersportive che ha colpito l'Europa e gli
Usa nell'ultimo decennio, hanno fatto sparire le
medie cilindrate: nei listini si passava dalle 125
alle 600. La diminuzione dei nuovi motociclisti
ha reso il mercato delle moto di ingresso poco
interessanti dal lato degli investimenti e anche le
normative sulle patenti come l'aumento dei costi
assicurativi hanno contribuito a complicare l'avvicinamento alla moto.
Peraltro la crescita del mercato della moto in
Asia, seppur partendo dalle cilindrate basse, ha
offerto opportunità ai costruttori.
E' un mercato che tira, accelerando di anno in
anno, e la moto sta diventando in quelle aree un
mezzo di svago oltre che da trasporto; un po'
bile è nel precarico e con articolazione Pro Link,
mentre i freni – singolo anche l'anteriore – sono
da 320 e 240 mm e dotati di Abs.
La prima Honda CBR 250 RR risale al 1990 ed
era l'evoluzione di un modello lanciato due anni
prima con un'estetica molto simile alla contemporanea RC30 ma che aveva una “R” sola dopo
la cilindrata.
Sul finire degli anni Ottanta, e nei primi Novanta,
le super sportive 250 conobbero il loro apice in
Giappone, dove la classe 250 era la più venduta,
seguita dalla categoria 400.
Quella 250 RR era spinta da un quattro cilindri in
linea, ovviamente bialbero e raffreddato a liquido, capace di 40 cv a 14.500 giri. Il telaio era in
una pregevole costruzione in lega di alluminio e
con forcellone in lamiera di alluminio scatolata, il
resto della ciclistica offriva il meglio del periodo
tanto che il peso a secco era dichiarato in soli 143
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News
come è successo cinquanta è più anni fa in Europa, ma con una popolazione numericamente
molto superiore se non lo è nel reddito.
I piloti della MotoGP, Honda e Yamaha in testa, visitano Indonesia, Thailandia, Malesia per lanciare
novità e persino i programmi sportivi.
La Superbike e la MotoGP già corrono in alcuni di
quei Paesi e in futuro vedremo un maggior numero di appuntamenti iridati spostarsi dall'Europa
all'Asia.E' lì che si fanno volumi ed è naturalmente
il mercato a comandare le strategie di sviluppo.
Il modello motociclistico che possiamo definire
occidentale resta ancora quello di riferimento,
nel design, nell'immagine ma non solo.
Per ora il sogno raggiungibile è una 250, come la
nuova CBR-RR, il che finisce per tornare utile alla
vecchia Europa e ai suoi giovani motociclisti.
kg. L'estetica replicava quella della 250 da gran
premio, ma con il doppio fanale rotondo che si
sarebbe visto sulla prima CBR 900 RR.
Di quelle formidabili 250 a quattro tempi, Yamaha e Suzuki non erano certo da meno, poco
o nulla arrivò in Europa; diversamente da alcune
due tempi race replica come Suzuki RGV 250 e
Kawasaki KR1. Qualcosa si vide in cilindrata 400,
ad esempio la FZR Yamaha o la NC30 Honda, ma
i limiti di quei modelli erano nel costo inevitabilmente elevato e nel fatto che la cilindrata 400
non rappresentava da noi una soglia normativa:
insomma una 600 si guidava con la stessa patente, era dimensionata come a noi serviva e andava
più veloce.
Ciò non toglie che quei modelli fossero tecnicamente molto evoluti, pur come una taratura ciclistica più morbida dedicata alla realtà nipponica.
Lo spostamento verso cilindrate maggiori, come
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Videogiochi
RIDE 2
PER CHI SOGNA LA MOTO
di Marco Congiu | Abbiamo messo le mani su una copia di Ride 2 di
Milestone, il gioco in uscita il prossimo autunno sviluppato dalla casa
milanese. Andiamo a vedere com’è in questo video di prime impressioni
S
ognate da tempo una moto? Volete
mettervi in sella ad un mito del passato? Vi piacerebbe vedere come ve
la cavate con un joypad in mano contro giocatori in giro per il mondo? Milestone ha
pensato anche a voi. Ride 2, videogames disponibile in autunno per Play Station 4, Xbox One
Video
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e Steam PC, è il seguito del fortunato Ride, lanciato nel 2015 e accolto con calore dalla critica
e dagli appassionati. Stavolta, però, la software
house meneghina non lascia nulla di intentato.
Sono presenti, per prima cosa, tutti i marchi motociclistici mondiali, eccezion fatta per HarleyDavidson, con un parco moto che tocca le 230
unità. Tante le due ruote “storiche”, alcune delle
quali entrate nell’immaginario collettivo, come la
Honda NSR 250 o la Suzuki RGV 250 R, senza dimenticare i veri e propri “mostri” dei giorni nostri,
come la Yamaha R1.
Piacevole – e benedetta – l’aggiunta della modalità relativa al supermotard: derivata direttamente dagli studi resisi necessari per Valentino Rossi:
the Game, rappresenta forse la sfida più importante per i videogiocatori non esperti delle due
ruote, con continui traversi e derapate di potenza
che danno quel tocco di pepe in più, assistiti da
una buona fisica di gioco.
La versione sulla quale abbiamo potuto concentrarci non era ancora definitiva, ma il lavoro
dei ragazzi di Milestone su Ride 2 si fa davvero
apprezzare nel suo complesso. Ottima l’introdu-
zione di circuiti mitici e alcune delle Road Races
più famose, come il Nurburgring Nordschleife o
Macao, passando per la Northwest 200.
Occhio di riguardo anche per il pubblico femminile, che adesso potrà avere la propria controparte
virtuale con avatar dedicati.
Ampio lavoro è stato concentrato sulle customizzazioni di ogni particolare, da quelli estetici
sia dell’abbigliamento del pilota che della moto,
a per quelli funzionali, come utilizzo di soluzioni
meccaniche differenti rispetto a quelle di serie.
Insomma, se non volete rischiare nel traffico quotidiano, se vi volete concedere il lusso di sfrecciare a oltre 200 all’ora su piste iconiche che hanno
fatto la storia del motorsport, o se più semplicemente volete “possedere” la moto dei vostri sogni, Ride 2 è il videogame che fa per voi.
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Attualità
GUY MARTIN VUOLE IL RECORD DI
VELOCITÀ CON TRIUMPH
Sarà il 34enne inglese a guidare lo streamliner, spinto da due motori
Triumph, da 1.000 cv che dal 2013 tenta di stabilire il record del mondo
di velocità sul lago salato di Bonneville
L'
anno scorso la missione era salta
perché Guy Martin si era fratturato
due vertebre, e altro ancora, all'Ulster
Grand Prix. Ma questo fine mese tenterà di superare il record di 605,6 km/h detenuto
da Robinson con e dal suo siluro Ack Attack dal
2010. Per farlo guiderà lo streamliner Castrol
Rocket, già a Bonneville per lo stesso tentativo
nel 2013 con il pilota SBK Jason DiSalvo, che si
presenta con nuovi sponsor e piccole modifiche.
Il nome di Guy Martin è stato iscritto nell'elenco
della FIM e il tentativo si terrà alla fine di agosto
sul lago salato di Bonneville, caro a Triumph per
avervi scritto il record mondiale nel 1955: da
quell'impresa il nome della sua famosa bicilindrica stradale venduta a partire dal 1959.
Lo streamliner costruito grazie alla collaborazione fra Carpenter Racing e il preparatore
Conspiracy Hot Rod contiene due motori Triumph Rocket III turbo compressi (turbine Garrett
GT2876R) per una cilindrata complessiva di
2.970 cc e rientrando così nel tetto regolamentare dei tre litri. Sono alimentati da metanolo e
forniscono la potenza di 1.000 cv a 9.000 giri.
Lungo 25 piedi (7,6 metri), largo 2 (609 mm) e
alto tre (914 mm) il Castrol Rocket sfrutta una
Video
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sospensione a forcellone di disegno automobilistico anche per la ruota anteriore.
Se nel 2013 l'impresa era stata ostacolata da noie
meccaniche, nel 2014 la Bonneville Speed Week
venne cancellata per ragioni meteo e lo stesse è
capitato l'anno scorso per le cattive condizioni
dello strato di sale e terra.
Il pilota specialista nelle road racing, e conduttore televisivo, non pare impressionato dalle diffi-
coltà: «Non vedo l'ora di guidare per la prima volta questo razzo sul sale di Bonneville – ha detto
– Gli ingegneri Triumph ha costruito un mezzo
incredibile per darci le migliori possibilità di battere il record».
Che sia la volta buona? Lo scopriremo fra non
molto. Intanto nel video del passato tentativo
prende confidenza con le misure dell'abitacoloe
con il "manubrio".
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IERI E OGGI: EVOLUZIONE DEI MOTORI DI
ALTE PRESTAZIONI
di Massimo Clarke | Terza puntata dedicata all'evoluzione tecnica dei
motori motociclistici, stavolta quelli di alte prestazioni. Dopo aver
parlato di testa, distribuzione e struttura generale del motore passiamo
al cuore: i pistoni
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
P
pistoni sono forse i componenti dei
motori che hanno visto cambiare
il loro disegno e il loro dimensionamento in misura maggiore, nel
corso del tempo. Quelli degli anni Sessanta
sono notevolmente diversi da quelli degli anni
Novanta, e questi ultimi differiscono a loro volta da quelli odierni. Tali differenze sono particolarmente accentuate nei pistoni destinati ai
motori di prestazioni più elevate.
Una volta il mantello era intero. A un certo punto all’esterno delle portate per lo spinotto hanno iniziato ad apparire delle sfiancature che,
inizialmente appena accennate, col tempo
sono diventate sempre più evidenti.
Lo step successivo è stato il passaggio alla
Tecnica e Storia
COL TEMPO SI È GRADUALMENTE
VERIFICATA ANCHE UNA
DIMINUZIONE DEL RAPPORTO
ALTEZZA/DIAMETRO. NEL
BICILINDRICO DUCATI 1199 DI
SERIE È PARI A 0,44
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conformazione “ad H”, con il mantello che si è
ridotto a due pattini di appoggio alla canna, di
estensione circonferenziale che con il passare
degli anni è andata progressivamente diminuendo. Sui motori più spinti di recente sono comparsi pistoni con disegno del tipo box-n-box (definiti
“bridged pistons” dai costruttori giapponesi),
con nervature di rinforzo tra le portate per lo spinotto e la parte esterna del cielo e con ponticelli
di collegamento tra le pareti che uniscono le portate stesse ai pattini di appoggio.
Questo schema arriva direttamente dai motori di Formula Uno. Col tempo si è gradualmente
verificata anche una diminuzione del rapporto al-
In questo pistone per una moto da competizione della seconda metà anni Cinquanta
spiccano i due segmenti raschiaolio posto
uno sopra e l’altro sotto lo spinotto. Il
mantello è intero, senza alcuna traccia di
sfiancature all’esterno delle portate
Periodico elettronico di informazione motociclistica
tezza/diametro. In altre parole, i pistoni moderni
sono molto più bassi di quelli di non tanti anni fa,
a parità di alesaggio. Senza andare tanto indietro,
sul finire degli anni Settanta il rapporto altezza/
diametro dei pistoni di una policilindrica sportiva
era mediamente compreso tra 0,86 e 0,77; oggi
nelle 1000 a quattro cilindri da 180-200 cavalli
è dell’ordine di 0,55-0,49. Nel bicilindrico Ducati
1199 di serie è pari a 0,44. Valori ancora più bassi
vengono raggiunti nei motori da competizione; in
quelli da cross siamo dalle parti di 0,40.
Il peso di un pistone con un diametro dell’ordine
di 76 – 80 mm, alla fine degli anni Settanta andava indicativamente da 290 a 325 grammi; oggi
La foto mostra il pistone ad H di un moderno monocilindrico
da cross. L’altezza è incredibilmente ridotta in relazione al
diametro e il cielo è quasi perfettamente piano.
Poiché è destinato a un motore da competizione i segmenti
sono due soltanto
va da 172 a 196! Pure la forma del cielo è fortemente mutata. Nei motori di alte prestazioni di
una volta, con due valvole per cilindro notevolmente inclinate tra loro, per ottenere un rapporto di compressione elevato era necessario che
il cielo fosse fortemente bombato. Ciò andava a
discapito della geometria della camera (e quindi
del rendimento termico) e del peso del pistone
stesso. Oggi l’angolo tra le quattro valvole è modesto e il cielo è quasi piano; si vedono solo gli
incavi in corrispondenza dei funghi delle valvole
e (in genere) un lieve rialzo nella parte centrale.
Ben 6.000 G di accelerazione
La stragrande maggioranza dei pistoni impiegati sulle moto è ottenuta per fusione in conchiglia. Solo quelli utilizzati sui modelli di potenza
specifica molto alta sono realizzati per forgiatura, procedimento notevolmente più costoso ma
che consente di ottenere componenti nettamente più robusti, a parità di peso (o più leggeri,
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Tecnica e Storia
a parità di resistenza).
L’impiego di tale soluzione si spiega col fatto che
le sollecitazioni che questi organi meccanici devono sopportare nei motori moderni sono elevatissime. Prendendo come riferimento i 1000
quadricilindrici sportivi di ultima generazione, le
velocità medie dei pistoni, al regime di massima
potenza, vanno da 21,5 a 23,8 metri al secondo.
Pertanto le velocità massime sono all’incirca
comprese tra 35 e 39 m/s.
Questo significa che subito dopo essere arrivato al punto morto superiore, dove si ferma momentaneamente per invertire la direzione del suo
movimento, un pistone deve raggiungere i 125 –
140 km/h in meno di un millesimo di secondo! Le
accelerazioni massime positive sono arrivate a
valori dell’ordine di 6000 volte quella di gravità!
Dall’inizio degli anni Ottanta sono quasi raddoppiate e ormai si avvicinano a quelle delle superbike che correvano nel mondiale nei primi anni
Novanta. Poiché una forza è uguale a una massa
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per una accelerazione, è chiaro che quelle in gioco sono sollecitazioni impressionanti.
Pure il carico termico ha raggiunto livelli elevatissimi, per dei motori aspirati.
La potenza specifica areale, fedele indice di questo tipo di sollecitazione, ormai nei quadricilindrici 1000 di serie è arrivata a superare 1,0 CV/
cm2 ed è ormai assai vicina ai valori che venivano raggiunti dai motori di Formula Uno all’inizio
degli anni Duemila. La funzione dei getti di olio
che, emessi da appositi getti, vanno ad asportare
calore della parte inferiore del cielo dei pistoni,
diventa sempre più importante. Anche i segmenti hanno subito una notevole evoluzione. Ormai
quasi ovunque la ghisa è stata sostituita dall’ac-
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Tecnica e Storia
ciaio, in molti casi nitrurato. Questo ha consentito di ridurre via via lo spessore di questi componenti; da diversi anni a questa parte nei motori
sportivi quello dei segmenti di compressione è
sceso al di sotto del millimetro. Pure l’altezza dei
raschiaolio (quasi sempre del tipo in tre parti) è
comunque diminuita fortemente. La superficie di
lavoro dei segmenti, ossia quella che contatta la
parete del cilindro, è stata ulteriormente migliorata come geometria e sempre più spesso viene
dotata di riporti di ultima generazione, depositati
con tecniche PVD. Questo, grazie anche a una
diminuzione del carico radiale, ha consentito di
ridurre l’attrito, cosa molto importante ai fini del
rendimento meccanico.
La foto mostra un moderno pistone forgiato, con mantello ridotto a due pattini di appoggio, nel quale le zone
di collegamento tra il cielo e l’esterno delle portate per lo spinotto sono state irrobustite mediante nervature
I pistoni del tipo “bridged” sono stati inizialmente sviluppati per le Formula Uno; oggi vengono impiegati su
diversi motori motociclistici di altissime prestazioni. Qui uno di essi (a sinistra) è a confronto con un pistone
di fine anni Ottanta
Media
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Editoriale
Periodico elettronico di informazione motociclistica
NICO CEREGHINI
“MELANDRI E DJ
RINGO”
posto suo- possano dare fastidio
al purista, come si fa a criticare
Mediaset per questo?
Anche Carlotta può sembrare
estranea al nostro mondo, ve lo
concedo, ma se bastano queste
sfumature per farvi andare lo
spettacolo di traverso allora dovete essere piuttosto pignoli.
E di scarsissima memoria.
Perché la SBK non è mai stata
raccontata così bene come nelle
ultime tre stagioni.
Vi rinfresco un po' i ricordi.
Dal '95 al '97 il mondiale delle derivate era trasmesso da Telepiù,
criptato; dal 1999 la Rai passava
qualche gara, non tutte, negli orari più improbabili.
Molti dicono di amare la SBK e
poi sono incontentabili: il pre-gara
col dj non gli garba e il rientro di
Melandri neppure. Ma la SBK non
è mai stata trattata così bene in
tivù, e poi servono richiami per il
grande pubblico.
Poi TMC, e La 7 (che finalmente ci dava anche il mondiale
Supersport) detentrice dell'esclusiva.
Il mitico Di Pillo si sgolava e ci
metteva l'anima, va bene, ma
non disponeva nemmeno di un
inviato dentro i box.
Qui abbiamo due voci in cabina, spesso anche Max Biaggi,
e fior di inviati nel paddock,
gente che si è fatta le ossa in
MotoGP e che, come Porta, ha
seguito anche Dakar e mondiale cross per anni.
E lo stesso Dj Ringo non è uno
sprovveduto ed è pure un motociclista appassionato.
Leggo alcuni commenti sull'al-
tra vicenda SBK di questi giorni: il ritorno di Marco Melandri.
Anche a me Melandri non convince del tutto, bella manetta
ma persona troppo complicata; anch'io preferirei vedere
promosso un giovane e ho già
in mente un paio di nomi.
Però capisco la mossa e alla
fine l'approvo. Servono nomi
noti, servono numeri in tivù prima ancora che sugli spalti, altrimenti la SBK torna indietro.
E questo non significa spendersi per il business a scapito
dello sport: questo serve allo
sport.
Chi non lo capisce non fa i conti
con la realtà.
Media
C
iao a tutti!
Nei tre quarti d'ora dello
Speciale sulla
SBK ho dimenticato di chiedere a Giulio Rangheri come mai
nelle telecronache di Mediaset
hanno infilato Dj Ringo e Carlotta, una domanda che tanti di voi
-si capisce dai commenti- avrebbero voluto fare. In realtà mi ero
segnato l'appunto in scaletta
per il finale, quando si parlava di
ascolti TV; poi come al solito gli
argomenti si accavallano e nella
concitazione mi è scappata.
La risposta la immaginavo e nei
46
minuti precedenti alla registrazione, mettendo a punto i dettagli, ho detto a Giulio. "Guarda
che poi ne parliamo".
E lui mi ha confermato che la
scelta di Ringo e di Carlotta deriva dalla voglia di rendere più
popolare la SBK.
"Noi lo sappiamo -ha precisato- che allo zoccolo duro degli
appassionati questo genere non
garba tanto, però vogliamo parlare a un pubblico più vasto possibile, perché con i numeri dei
soli appassionati non faremmo
tanta strada.
E poi siamo abbastanza sicuri
che gli appassionati hanno co-
munque il miglior servizio:
Alberto Porta, Ronnie Mengo,
Max Temporali sono voci preparate, molto apprezzate da
anni..."
E io la penso come Giulio.
Sono collaboratore di Mediaset dal 1985, dei motori in televisione un po' ne so.
Ogni direttore di rete vuole vedere dei risultati, i numeri degli
appassionati non bastano.
E mi spingo un po' oltre.
Anche ammesso che i giochetti di Ringo prima del via
-quando ruba i guanti al pilota
di turno o cerca di infilarsi il casco all'altro pilota per partire al
DEI MOTORI IN TELEVISIONE UN PO' NE
SO: OGNI DIRETTORE DI RETE VUOLE
VEDERE DEI RISULTATI, I NUMERI DEGLI
APPASSIONATI, DA SOLI, NON BASTANO
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SUPERBIKE
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Superbike
SPECIALE SBK
PRESENTE E FUTURO DEL MONDIALE
di Nico Cereghini | Si sente dire che Dorna sta distruggendo la SBK, che lo
spettacolo langue, che il pubblico è in fuga. Ma c’è qualcosa di vero in tutto
questo? Analizziamo il campionato superbike 2016 con Giulio Rangheri,
Carlo Baldi e con i conduttori di DopoGP, Nico e Zam
D
el mondiale SBK si parla sempre tanto, sono numerosi gli appassionati che
lo seguono, e ultimamente si …sparla
volentieri. Si sente dire che Dorna sta
distruggendola, che lo spettacolo langue, che il
pubblico è in fuga. Ma c’è qualcosa di vero in tutto
questo?
Noi di Moto.it, che la SBK la amiamo da sempre
e la seguiamo con passione, ci siamo detti: facciamo uno Speciale sulla SBK attuale e quella del
prossimo futuro, cerchiamo di fare chiarezza.
Condotto da Nico e Giovanni Zamagni – e nello
stesso studio salotto della redazione del DopoGP
- questo Speciale ha due ospiti adeguati: Carlo
Video
Baldi che racconta per noi da una decina d’anni il
campionato delle derivate, poi Giulio Rangheri che
da tre anni è la prima voce del commento televisivo per i canali Mediaset.
La nuova formula 2016, quella delle due gare nei
due giorni, è premiante? Non per i nostri lettori,
che in larga maggioranza preferivano il formato
2015. Sì per Carmelo Ezpeleta, che ci racconta le
ragioni della scelta e ci assicura che il pubblico aumenta. Noi proviamo a ragionarci sopra, di sicuro
non ci piace il calendario e il buco estivo di mesi
che abbiamo davanti fino al 18 settembre.
Però pare che il pubblico sulle tribune sia aumentato nella giornata di sabato ed è stabile nella do50
menica. Come è vero che Dorna ha ereditato un
campionato che stava morendo e prova a riportarlo agli antichi splendori.
E che Mediaset sta facendo un lavoro molto più
professionale di chi l’aveva preceduta con i diritti
televisivi. Gli ascolti tivù crescono anche quest’anno, benché ci siano state tre criticità: Imola domenica primo maggio, Donington con i suoi orari
sballati, Laguna Seca.
Si può far meglio, ed Ezpeleta dice di avere dei
progetti. Il nostro Carlo Baldi sottolinea che sarà
difficile tornare ai tempi mitici della migliore SBK:
c’è un rapporto preciso tra livello della SBK e mercato; che in Europa, per le supersportive, è preci51
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Superbike
pitato. Lo spettacolo tuttavia c’è. L’ultima gara di
Laguna è stata bellissima.
Si può far meglio? Kawasaki si impegna ed ha il
miglior pilota, è normale che non si possa vedere
sempre lo show. E la Ducati, è vero che terrà Davies e non Giuliano?
C’è un fondamento alle voci di un nuova rossa a
quattro cilindri? E se invece la cilindrata del bicilindrico potesse salire ancora un po’? Nel dubbio, il
nostro ingegner Bernardelle, via telefono, ci illumina sul corretto rapporto teorico tra quattro cilindri
e bicilindrico. Che non è riferibile alla cilindrata.
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Superbike
STEFAN BRADL
DAL 2017 IN SBK CON HONDA TEN KATE
di Carlo Baldi | Ora è ufficiale: Stefan Bradl sarà il compagno di squadra di
Hayden nel team Honda Ten Kate. Un altro ex campione del mondo per una
griglia SBK 2017 davvero stellare
S
i completa un’altra casella del campionato mondiale Superbike 2017.
Come avevamo preannunciato Stefan Bradl ha firmato il contratto che
lo lega al team Honda Ten Kate, che questa mattina ha diramato il comunicato ufficiale. Grazie al
lavoro del manager Marco Chini e di Honda Motor Europe, la griglia della Superbike si arricchisce di un altro ex campione del mondo (Moto2
nel 2011) che pur essendo ancora giovane (26
anni), può già vantare un curriculum di tutto rispetto, avendo corso in tutte le classi della GP.
Nel comunicato il team olandese ringrazia e saluta Michael VdMark che come sappiamo è passato alla Yamaha, rifiutando l’offerta di rinnovo del
team Honda che il prossimo anno disporrà della
nuova CBR. Chi avrà avuto ragione tra il giovane
olandese ed il tedesco?
Stefan Bradl «Sono davvero felice di far parte
del WorldSBK Team Honda per la stagione 2017.
E’ una grande opportunità per me e non vedo
l'ora di iniziare questa nuova sfida con una squadra molto competitiva. Sono sicuro che faremo
grandi cose insieme. Naturalmente, questa sarà
un'esperienza completamente nuova per me, ma
cercherò di adattarmi il più rapidamente possibile alla Superbike, al fine di ottenere i migliori
risultati possibili. Non vedo l'ora di provare la
Fireblade e, ovviamente, sarà fantastico lavorare
assieme a Nicky. Penso che andremo a comporre una squadra davvero fantastica. Sono supermotivato per questa nuova esperienza».
Marco Chini, Honda WorldSBK Operations Manager: «Siamo lieti di accogliere Stefan Bradl
nel WorldSBK Team Honda e siamo onorati che
abbia accettato questa nuova sfida, con l'obiettivo di competere ai massimi livelli in Superbike.
Se guardiamo alla nostra line-up per il 2017, non
possiamo nascondere il fatto che dovremo puntare ad ottenere grandi risultati l'anno prossimo.
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Non vediamo l'ora di iniziare questo nuovo entusiasmante progetto. Per il momento rimaniamo
totalmente concentrati sulla stagione in corso,
al fine di mettere Nicky e Michael nella migliore
condizione posizione possibile, in vista delle ultime quattro gare della stagione».
Ronald Ten Kate, Honda WorldSBK team manager : «Siamo davvero entusiasti di accogliere
Stefan Bradl nella nostra squadra e nel paddock
WorldSBK. Stefan ha scelto di correre con la Honda nel Mondiale Superbike e cercheremo di ripagare nel migliore dei modi la fiducia che ha avuto in noi. Negli incontri che abbiamo avuto fino
ad ora, ci ha dato una visione chiara dei sui suoi
obiettivi e del modo con il quale vuole ottenerli. E’
chiaro che condividiamo lo stesso approccio alle
competizioni. Come ogni altro pilota proveniente
dalla MotoGP, avrà bisogno di abituarsi al diverso
carattere di moto ed agli pneumatici Pirelli, così
come dovrà imparare alcune nuove piste, ma
considerando che è ancora molto giovane, sono
sicuro imparerà in fretta».
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Superbike
MONDIALE 2017
MELANDRI FIRMA CON DUCATI
di Carlo Baldi | Con un comunicato il team Aruba.it Racing–Ducati
annuncia l’ingaggio di Melandri e la conferma di Davies per la stagione
Superbike 2017. Il binomio tutto italiano riuscirà ad interrompere il
dominio Kawasaki?
M
ancava solo l’ufficialità.
E' arrivata con un comunicato con il
quale il team Aruba.it Racing Ducati
annuncia di aver siglato un accordo
con Marco Melandri, che farà quindi parte della
formazione 2017 della casa italiana, andando ad
affiancare il confermatissimo Chaz Davies.
I due sono già stati compagni di squadra nel team
BMW ufficiale del 2013, quando l’italiano chiuse
il mondiale al quarto posto seguito dal gallese al
quinto.
E’ un accordo che accontenta tutti, ad iniziare ovviamente dallo sponsor Aruba, che è quello che
più di ogni altro ha voluto l’ingaggio del ravennate, per proseguire con la Ducati, che potrà schierare una squadra davvero temibile, formata da
due top rider molto esperti, ma con ancora tanta
voglia di vincere.
Melandri in Ducati fa felice anche la Dorna e Mediaset, che sperano di trovare in Marco il personaggio in grado di riaccendere l’entusiasmo di
quei tifosi italiani che guardano più alla nazionalità dei piloti che non allo spettacolo in pista.
Ed è ovviamente contento anche Melandri, che
smette di fare il disoccupato di lusso ed ha l’occasione per tornare a lottare per quel titolo mondiale che in precedenza gli era sfuggito con Yamaha,
BMW ed Aprilia.
Con l’ex campione mondiale della 250 la Ducati
riuscirà a colmare il gap che la separa della co56
razzata Kawasaki? L’italiano si adatterà in fretta
alla scorbutica Panigale?
Davies e Melandri riusciranno a riportare a Bologna il titolo Superbike che la casa italiana insegue senza successo da cinque anni?
Ecco le dichiarazioni di tutti i diretti interessati ad
iniziare dai piloti
Chaz Davies
«Sono felicissimo di rinnovare il sodalizio professionale con Ducati per altre due stagioni.
La continuità è un aspetto fondamentale nel nostro lavoro, e ad oggi abbiamo fatto progressi costanti, avvicinandoci al nostro obiettivo.
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Superbike
Ora siamo in grado di lottare per la vittoria praticamente su ogni pista, e sono convinto che possiamo fare ulteriori passi avanti.
Correre per Ducati poi è speciale: tutto viene
fatto con cuore e passione, ti senti parte di una
famiglia ed hai un collegamento diretto tra la
produzione e le corse. Sono davvero molto motivato».
Marco Melandri
«Sono entusiasta di tornare a correre, è un sogno che si avvera. Ho sempre detto che puntavo
esclusivamente ad una squadra e ad una moto di
vertice, e quindi non potevo chiedere di meglio.
Ho continuato a seguire la Superbike da vicino e
sono convinto che la Panigale R possa adattarsi
perfettamente al mio stile di guida. Dovremo solo
fare un passo alla volta, ma il potenziale indubbiamente c’è.
Sono consapevole che non sarà facile riprendere
gli automatismi ma ho tutto il tempo per rimettermi in sella, macinare chilometri e farmi trovare
preparato ai primi test: infatti salterò le vacanze
per allenarmi con una Panigale R stradale».
Luigi Dall’Igna, Direttore Generale di Ducati Corse «Chaz Davies è ormai parte integrante della
famiglia Ducati ed è entrato nel cuore dei tifosi
grazie ai risultati raccolti in pista con la Panigale
R, per cui siamo felici che abbia accettato di correre con noi per altri due anni.
Chaz ha mostrato una crescita costante, e siamo convinti che porterà la nostra moto verso
traguardi ancora più ambiziosi. Al suo fianco nel
2017 troverà Marco Melandri, che ha raccolto
questa nuova sfida con grande entusiasmo.
Marco è un pilota dal grande talento, ha già ottenuto risultati di prestigio in Superbike, e siamo
convinti che l’anno trascorso lontano dalle piste
non abbia intaccato le sue qualità.
Siamo ovviamente dispiaciuti per Davide Giugliano, che alla fine della stagione lascerà la nostra
squadra e a cui facciamo i nostri migliori auguri
per la sua carriera. Davide ha dimostrato di possedere una grande competitività, raccogliendo
numerosi podi e giri veloci, e ha dato un contribu58
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to significativo allo sviluppo della Panigale R Superbike. Per questo lo vogliamo ringraziare e gli
garantiremo il massimo supporto fino all’ultima
gara di questa stagione per consentirgli di ottenere i risultati importanti che si merita».
Stefano Cecconi, Amministratore Delegato di
Aruba S.p.A e Team Principal
«Partendo dal presupposto che la scelta dei piloti
è sempre tra le più importanti e difficili da compiere, perché i posti a disposizione sono sempre
meno di quelli che idealmente vorremmo avere,
abbiamo dovuto fare appello alla nostra ambizione e coraggio e prenderci tutto il tempo necessario per finalizzare lo schieramento 2017.
Chaz ha dimostrato di poter puntare alla vittoria
ogni weekend. Davide è un pilota giovane e velo-
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Superbike
ce, può crescere ancora e mi auguro che il nostro
non sia un addio ma un arrivederci.
Marco ha un curriculum che parla da solo e ci
mette ulteriore pressione addosso, in ogni caso
positiva: vogliamo permettergli di cogliere quel
risultato in Superbike che, sicuramente non per
mancanza di talento, finora gli è sfuggito».
Davide Giugliano, che dopo tre anni saluta senza
rancore il team ufficiale di Borgo Panigale
«Con Ducati ho passato degli anni bellissimi.
Ho imparato tanto e mi è stato messo a disposizione un bagaglio di esperienza molto importante per un pilota giovane. Abbiamo passato anche momenti difficili, soprattutto lo scorso anno
quando sono rimasto fermo a lungo, rimanendo
sempre molto uniti. Abbiamo deciso di prende-
re strade differenti, ma il nostro rapporto resta
ottimo: io sono ancora molto giovane quindi le
nostre strade potrebbero riunirsi in futuro. Faccio un grande in bocca al lupo a Marco Melandri e
ringrazio tutta la Ducati, in particolare Paolo Ciabatti, e Aruba.it per il grande sostegno. È stata
una bella esperienza che ha dato buoni risultati
anche se avremmo voluto fare di più, ma darò il
massimo da qui a fine campionato per toglierci
delle soddisfazioni ancora più grandi».
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MOTOCROSS
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Motocross
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MXGP
STRIJBOS E ANSTIE SI AGGIUDICANO IL
GP DEL BELGIO
di Massimo Zanzani | Il belga si impone a nove anni dalla sua ultima
vittoria, il messinese ritorna sul podio dopo 5 gare andate a vuoto.
Doppietta Anstie nella MX2
M
omento migliore per ritornare sul
gradino più alto del podio Kevin
Strijbos non poteva trovarlo.
Lo ha fatto quando ormai nessuno
ci sperava più, tanto che il suo posto in Casa Suzuki sembrava in forse nonostante avesse già un
accordo per il prossimo anno. Lo ha fatto di fron-
te al pubblico di casa, ed è arrivato alla vittoria
in sella alla Suzuki dal design “vintage”, uguale a
quello delle RM 2 tempi del ’92 voluta da Stefan
Everts per dare un tocco di novità in occasione
del GP, distante poche decine di chilometri dal
suo quartier generale.
Una giornata memorabile per il fiammingo, dedi-
cata alla moglie in dolce attesa, che ha costruito
la sua vittoria con estrema regolarità terminando
3° in entrambe le manche.
La prima dietro a Shaun Simpson e al mattatore
Max Nagl, che nella frazione di chiusura ha mandato all’aria una possibile vittoria a causa di una
scivolata a metà gara mentre era 3° e che lo ha
relegato in 7ª posizione.
Per un misero punticino l’ufficiale Husqvarna si
è piazzato 2° nell’assoluta davanti a Tony Cairoli
che pur non ancora al suo livello abituale ha mandato in porto una consistente seconda frazione
chiusa in 3ª posizione, dopo una prima manche
in cui ha faticato a trovare il ritmo a causa della
ancora non competa dimestichezza con la sua
nuova SX-F 350.
Anche per Tim Gajser poteva essere una giorna64
ta trionfale, come ha dimostrato con la meritata
affermazione in Gara 2, ma nella precedente è finito a terra due volte, la seconda della quale gli ha
fatto perdere tanto tempo perché la moto non si
riaccendeva, ed ha tagliato il traguardo 15° spezzando di fatto la sua continuità sul podio.
Le terribili buche di sabbia hanno messo in difficoltà anche Romain Febvre, 5° in apertura dopo
una rimonta da metà gruppo ma caduto e ritirato
a cinque giri dalla fine della prova successiva.
Buona la prova di Jeremy Van Horebeek, che ha
sfruttato il fattore “casa” per assicurarsi il 4° posto assoluto davanti a Gajser.
MX2
La MX2 ha registrato la battuta a vuoto nella
prima manche di Dylan Ferrandis causata da un
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Motocross
problema meccanico, che si è rifatto in parte nella seguente col 3° posto.
La sabbia belga ha quindi dato ragione al grintoso Max Anstie, che nonostante la partenza in
5ª e 8ª posizione si è lasciato alle spalle l’ottimo
Jeremy Seewer che grazie al 4° e al 2° posto si
è portato a 87 punti dal leader Jeffrey Herlings,
la cui partecipazione al prossimo GP è ancora in
forse. Consistente anche la prova del bravo Michele Cervellin, 7° assoluto, e buona anche quella
di Ivo Monticelli 11° che comincia a vedere i benefici del suo passaggio ad un trainer del calibro di
John Van De Berk.
Giornata esaltante anche per il giovane Andrea
Adamo che si è guadagnato il posto d’onore
dell’Europeo 150 dove ora è 6° assoluto.
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GLI SCATTI PIÙ
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DEL GP DI
REPUBBLICA CECA
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ENDURO
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Enduro
ENDURO CON PAUL EDMONSON
LEZIONE COL SUPER CAMPIONE DELLA 125
di Andrea Perfetti | Sandro Tramelli (Jolly Racing) ha organizzato
un giorno di corso per i suoi piloti con la leggenda del passato Paul
Edmondson. Ecco com'è andata col campionissimo delle 125
S
andro Tramelli (Team JET) ha organizzato un giorno di corso per i suoi
piloti con la leggenda del passato
Paul Edmondson.
Le lezioni, sotto un sole caldissimo, si sono svolte
a Canevari dove il Tram e il Moto Club Vigolzone
hanno realizzato un campo di enduro in un'area
privata. Il percorso è impegnativo, con tratti ripidi sia in discesa che in salita e un fondo duro col
grip prossimo allo zero.
C'è persino la zona hard, molto utile per allenare
i piloti alle estreme sempre più presenti sui campi di gara. Paul Edmondson è stato il prestigioso
istruttore a uno degli allenamenti settimanali
organizzati da Alessandro Tramelli (Team JET)
nel piacentino e dedicati sia ai piloti che agli appassionati che vogliano divertirsi e migliorare le
proprie prestazioni.
Video
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Paul è ancora oggi un grande protagonista nel
Mondiale di Enduro; nel 2016 ha infatti aiutato
suo figlio Jack a vincere con una 125 (buon sangue non mente) il Mondiale Youth con una gara
di anticipo.
Il team JET ha seguito la parte tecnica e l'assistenza di questo successo che parla anche italiano. Un bel gruppo di allievi (il più giovane, Paolo,
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di soli 9 anni!) ha partecipato con entusiasmo
alla fantastica lezione di Paul Edmondson.
Il 47enne campione inglese è stato gentile e disponibile con tutti gli allievi (persino con l'unico
giornalista presente, a tratti molesto per via del
caldo soffocante). Ha inforcato la Honda di Sandro e ha mostrato le traiettorie, ma non si è mai tirato indietro di fronte alle domande e ai dubbi dei
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suoi scolari smanettoni. Ai più giovani ricordiamo
che Paul Edmondson è una leggenda dell'enduro.
Nei mitici anni 90 nessuno era più veloce in sella
alle agili e potenti moto della classe 125.
L'inglese dominò la scena per anni, vincendo i
Mondiali di Enduro in questa categoria nel 1989,
1990 e 1991, e poi ancora nel 1994. Detiene tra
l'altro il record di medaglie vinte alla Sei Giorni.
Enduro
Gli abbiamo chiesto cosa ne pensa delle moto
125 oggi. Ha confermato che sono le moto migliori per iniziare, mentre non le trova molto indicate per i quarantenni come noi.
Peccato! Dopo una giornata trascorsa coi sedicenni indiavolati, c'era venuta voglia di tornare
giovani con una bella ottavo di litro.
Cosa dite, avrà davvero ragione Paul?
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ENDURANCE
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8 ORE SUZUKA
TRIONFO YAMAHA. MALE HONDA
Per il seconda anno di fila è la Yamaha R1, guidata da Pol Espargaro,
Lowes e Nakasuga, a imporsi nell'importante gara giapponese del
mondiale Endurance. Hanno regolato la Kawasaki di Haslam e la Suzuki
di Haga. Yamaha vuole Rossi per il 2017
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A
lll'interno del mondiale di durata la
8 Ore di Suzuka fa gara a sé affermandosi come uno dei principali
eventi agonistici dell'anno non soltanto in Giappone. L'anno scorso Yamaha vinse
ponendo fine a un digiuno che durava 19 anni e
quest'anno la squadra ufficiale con Pol Espargaro, Alex Lowes (che ha sostituito Bradley Smith)
e Katsuyuki Nakasuga ha guidato la YZF-R1 mantenendola in testa alla gara sin dalla prima ora di
corsa dopo aver dominato anche le prove libere e
ufficiali grazie al tempo di 2:06.258 ottenuto da
Pol Espargaro. I tre piloti Yamaha hanno stabilito
Endurance
anche il record di distanza della gara avendo percorso 1.263 km (pari a 218 giri) in 8h00'40”124 e
ottenuto pure il giro veloce in gara con il tempo
di 2:08.411.
Contro la perfetta organizzazione e l'abilità dei
piloti Yamaha poco ha potuto Honda, con la moto
del team FCC TSR messa subito fuori gioco a
causa di una caduta di Dominique Aegerter e con
la moto teoricamente più forte (quella del team
HARC Pro con Nicky Hayden) ferma per rottura
meccanica.
E' stato così che alle spalle di Yamaha si sono
classificate la Kawasaki ZX-10R del Team Green
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Endurance
di Akira Yanagawa, Leon Haslam e Kazuki Watanabe e al terzo, staccata di un giro, la Suzuki GSXR 1000 del team Yoshimura con Takuya Tsuda,
Josh Brookes e il 41enne Noriyuki Haga.
Per quanto riguarda i piloti italiani in gara, Niccolò
Canepa (Yamaha GMT 94) ha finito al 14° posto
– attardata di 8 giri - assieme a David Checa e
Lucas Mahias (che guidava la classifica mondiale). Subito dietro, 15° posto staccata di 9 giri, la
Kawasaki ZX-10R del team Bolliger Switzerland
guidata da Horst Saiger, Michael Savary e da
Gianluca Vizziello.
Finita la gara con i fari accesi, la luce del tramonto, e festeggiati i nove piloti sul podio con i fuochi
d'artificio, si è cominciato a pensare all'edizione
del 2017. Quando Yamaha tenterà nuovamente di
convincere Valentino Rossi a ritornare a Suzuka,
dove vinse con la Honda nel 2001 in coppia con
Colin Edwards.
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EDITORIALE
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CAPO REDATTORE
Edoardo Licciardello
REDAZIONE
Maurizio Gissi
Maurizio Tanca
Cristina Bacchetti
Marco Berti Quattrini
Aimone Dal Pozzo
Francesco Paolillo
COLLABORATORI
Nico Cereghini
Giovanni Zamagni
Carlo Baldi
Massimo Zanzani
Piero Batini
Antonio Gola
Enrico De Vita
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
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